Albysax, è un discorso di onestà intellettuale, certo.

Sul "ghettizzare" o "discriminare" ognuno porta avanti il comportamento che desidera e preferisce. Questo è l'ultimo dei miei problemi. Forse è più un problema di identità culturale. Diciamo che, dopo rivoluzioni politiche, sociali, culturali (e quindi musicali) è un po' curioso, ma tant'è. Come dice Jacoposib, si usa "bullshit". Soprattutto in America. In America, ad esempio, si usano anche i ghetti (e non quelli a parole).

Io, come dico sempre, non ho problemi ad ascoltare chiunque, qualunque cosa dica. E' il dover dire a prescindere e per sentirsi tranquilli di essere "quelli nel giusto" che rappresenta una delle componenti della involuzione in ogni campo.

Io non sto qui per farmi dire "bravo": anche per l'impegno nel muovermi, sicuramente, ho un pubblico di ascoltatori (che oltre ad ascoltare, acquistano i miei album, mi contattano, mi raccontano chi sono e cosa fanno e perché lo fanno, mi ascoltano dal vivo, quando c'è da ascoltare) ben più ampio di quanto avessi potuto immaginare prima di cominciare a far conoscere la mia idea, ed ottengo delle soddisfazioni inizialmente insperate (anche nella semplice interazione con il "pubblico", nella musica sperimentale o comunque "di nicchia", così difficile).
Qui parlo con musicisti, lo so benissimo (anche se qualcuno si può reputare più musicista di altri, perché segue un certo tipo di cammino) e da musicisti ascolto idee. Le idee sono una cosa, i modi da avanspettacolo, un altro (sottolineo che io amo l'avanspettacolo), però. Questo non va dimenticato, anche quando chi ci sta davanti sembra tentare (e non è così) di destabilizzare il proprio universo di certezze.

Grazie.
Piertomas