Spesso i brani vengono imposti dai festival vuoi per dare continuità alle varie stagioni o per soddisfare diverse "tematiche", altre volte invece si crea un repertorio organico e unitario che può rispondere a vari criteri (cronologico, geografico, di stile e così via).

In fase di studio invece andavo a documentarmi sulla bontà e sull'importanza degli autori (magari tramite una buona enciclopedia della musica) cercando sempre di indirizzare lo studio verso autori importanti e di grande spessore anche se magari si trattava spesso di rinunciare al virtuosismo nudo e crudo (quindi mi sono sempre rifiutato categoricamente di studiare i francesini neoclassici (Bozza, Bonneau, Boutry etc...) pieni di note ma di poco o nullo spessore musicale).
In generale la mia preferenza è andata sempre a autori di capitale grande importanza ad esempio: Hindemith, Schulhoff, Milhaud, Jolivet, Frank Martin, Anton Webern, Villa-Lobos, Haba, Debussy, Caplet, D'Indy, Larsson, Babbitt, Elliott Carter, Tcherepnine, Denisov, Berio, Stockhausen, Karg-Elert, etc... ce ne sono molti di grossi autori senza andare sulla contemporanea che hanno scritto per sax è che spesso sono sconosciuti ai sassofonisti stessi perché si tende a preferire l'autore minorino con le frasette simpatiche e mille note al secondo piuttosto che musica di spessore, senza considerare che la tecnica digitale nel sax è semplice in quanto la meccanica è moderna e razionale rispetto a legni più "arcaici" (tipo oboe e fagotto). Ecco perché l'ennesimo videino del sassofonino che fa Paganini non mi impressiona ne mi colpisce mentre i fraseggi interminabili e sublimi di un Rascher o di un Mule mi fanno letteralmente impazzire.