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Discussione: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

  1. #16

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    lungi da me di esser polemico....ma vorrei , lo spero, che qualcuno portasse con se delle prove che non possono in linea di massima essere contradette.....Alessio..non so perchè il bocchino da te citato suoni in quel modo...suona in un modo che non ti aspetti??? ci potrebbero essere mille motivi....forse appunto la grande camera di cui parlavi o lo spessore ...ma rimango ancora dell' opinione che non dipenda prevalentemente dal materiale...
    essendo poi ,da quel che ho capito, un bocchino artigianale, e difficile trovarne uno IDENTICO di diverso materiale.....per poter far un confronto reale...senza usare verbi al condizionale....quindi.
    ( comunque , meno male che i bocchini suonano tutti diversamente ,con le loro sfumature,se poi dipende dal materiale o da qualcosa di magico che sta nella nostra testa,poco importa.)
    "The Martin Tenor"....1954

  2. #17

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    È un bocchino prodotto artiginalmente, in parte a macchina in parte a mano: è un particolare modello standard... tra l'altro per averlo (nuovo) vanno via parecchi mesi.
    Le specifiche sono quelle... non è un bocchino costruito su misura.

    Le descrizioni del bocchino dicono chiaramente che il suono che esce è completamente diverso da quello che ci si aspetterebbe uscisse da un bocchino con una geometria interna. Tra l'altro c'è anche scritto che il motivo principale è il materiale particolare. Quindi niente di strano.

  3. #18

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Molto interessante gene! Grazie del tuo contributo. Mi hai chiarito alcuni dubbi.

    Per quanto riguarda l'OT qua sopra, credo che possa essere contraddetto anche il contrario, ossia che bocchini identici di materiale diverso hanno lo stesso suono. Neanche tu, $sax$ hai prove sufficienti per ottenere consensi. Vi propongo di aprire un altro topic o continuare su altri già aperti qualora ci siano per trattare questo argomento, che potrebbe essere comunque interessante e, con un titolo adeguato, visibile anche ad altri. ;)
    A: Grassi Professional 2000, Woodwind
    T: Grassi Professional 2000, Woodwind
    B: Grassi Professional 2000 disc., Meyer 7M
    C-Melody: Holton
    Akai Ewi 4000s
    Pocket sax

  4. #19

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    ;) sono curioso di sentire l'opinione di Gene......
    "The Martin Tenor"....1954

  5. #20

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Un PPT ce l'ho anch'io (per baritono), sinceramente non ricordo che si dica ne' sul sito di Pete Thomas ne' sul sito di Pillinger che sia il materiale a fare il suono, ma proprio il disegno della camera in combinazione con un baffle "alla Berg Larsen" oltre che al facing che e' un aspetto molto importante spesso non preso in considerazione. E' vero comunque che Pillinger sostiene che il materiale fa la differenza, ma per un Pillinger c'e' un Phil Barone che sostiene l'esatto contrario. Non ricordo se Francois Louis disse qualcosa a riguardo nella passata masterclass, anche lui usa una resina particolare e nel suo sito parla di risonanza e vibrazione, ma e' sempre difficile in questi casi separare la verita' dal marketing. E' vero pero' che c'e' piu' letteratura a sostegno della tesi che il materiale non influenzi il suono che il contrario, un esempio e' questo libro qui .
    Perche' si vanno avanti a fare bocchini in metallo? Beh credo semplicemente perche' ci sono persone che preferiscono sentirsi il metallo in bocca, l'imboccatura fa il suono almeno quanto il bocchino e il feeling col materiale che andiamo a imboccare e' fondamentale.
    Baritono L.A. Ripamonti, PPT bari, Rico 3 1/2
    Alto Yamaha Yas 275, Rico Graftonite B5, VanDoren Java 3

  6. #21

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Mi piacerebbe sentire il parere di David Brutti, col quale, in privato, abbiamo parlato di queste cose ...... per me, poi con calma ne parlerò, anche il materiale ha la sua importanza ...
    sinteticamente, non sulla "resa" timbrica del bocchino in tempi brevi, ma sulla resa timbrica nel corso degli anni, dopo un'utilizzo del bocchino prolungato ... forse questi materiali nuovi, resine ebanite miscelata con plastiche etc. , non hanno qualità acustiche paragonabili all'ebanite buona, insomma la faccio corta e la dico tutta ..... siamo sicuri che nel corso del tempo il bocchino non perda determinate caratteristiche timbriche, si impoverisca di armonici e di conseguenza il timbro risulti più piatto, anonimo, meno bello?
    Altra domanda, perchè non si utilizza più l'ebanite vera? Ci sarà un motivo? Ed inoltre, perchè molti moltissimi professionisti utilizzano i bocchini di un tempo, semplice vezzo oppure, perchè ad esempio, (quasi) nessun bocchino moderno a performance pari ad un vecchio Florida, Meyer e Selmer ....... ?????

  7. #22

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    La "scienza" mi sembra che stabilisca in maniera abbastanza inequivocabile che il suono e' determinato dalla forma e non dal materiale con cui gli strumenti vengono costruiti.

    Io personalmente, che pure ho la massima considerazione per scienza, scienziati e metodo scientifico, sono dell'idea che in queste conclusioni non venga considerato il "colore" del suono, ovvero le proporzioni tra i diversi armonici della frequenza fondamentale - la quale invece si' che dipende dalla forma dello strumento.

    In conclusione direi che le caratteristiche di intonazione piu' o meno corretta dipendono dalla forma geometrica dello strumento mentre il colore del suono viene influenzato anche dal materiale.

    Del resto che il colore dipenda dal materiale me lo dice inequivocabilmente la mia esperienza personale.
    Segretario Mark VI Society
    Non e' importante dire sempre tutto quello in cui credi, ma e' importante credere sempre in tutto quello che dici

  8. #23

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Se il materiale non influenzasse il suono, tutti costruirebbero bocchini in plastica... per una ragione di costi. La giustificazione sarebbe: "perchè spendere di più per ottenere gli stessi risultati?" E invece...

    Se la fisica garantisce geometria uguale <==> suono uguale... la meccanica garantisce materiale diverso <==> suono diverso.
    Se così non fosse per alcune cose si andrebbe ancora avanti basandosi solo sulle proprietà fotoelastiche di alcuni materiali e l'analisi FEM sarebbe priva di senso... cosa che non è reale. Che poi la fotoelasticità non di risultati in contrasto con l'analisi FEM è un discorso a parte, ma l'analisi FEM da molte informazioni in più.

    Il materiale ha la sua influenza perchè materiali diversi fanno propagare le vibrazioni in maniera differenza. La velocità di propagazione è proporzionale alla densità prima alla struttura microcristallina poi.

    Esempio: nel caso particolare della resina bianca del PPT, il materiale sostanzialmente genera un roll-off di alcune alte frequenze.
    È vero che il PPT è ispirato a un Berg Larsen... ma provata prendere un Berg Larsen in acciaio e vede come suona (anche se alcune quote sono più che simili).
    La prova si potrebbe tranquillamente fare con un Berg in acciaio, uno in bronzo e uno in ebanite.

    @gene: l'influenza psicologica del presunto valore economico di un bocchino con 40/50/60 anni di età è molto alta... sia per un newbie sia per un professionista: lo sappiamo tutti. Tanti lo dicono, tanti lo contestano.
    Che poi sia per gusti, che poi sia perchè qualche bocchino non sia stato ancora emulato a dovere... è una cosa che ha una certa rilevanza, ma scientificamente è poco giustificabile. La scienza non è tutto, c'è anche il "cuore"!

    Moltissimi professionisti preferiscono bocchini moderni a bocchini "antichi"... è una questione di gusti. Tra l'altro chi usa bocchini molto vecchi usa quasi nella totalità dei casi bocchini che sono stati modificati più volte (già Coltrane si faceva sistemare gli Otto Link da Frank Wells).

    Se provi un Drake in resina forse rivedresti le tue idee sulla resina.
    Ogni resina ha delle caratteristiche bene precise... e la resina dei Drake non è quella degli Aizen (che tende a diminuire la resistenza), non è quella dei bocchini brasiliani (che omogenenizza, però anche plasticizza un po' il suono) e non è nemmeno quella dei FL (che tende a far suonare tutto "legnoso" e comprimere).

    Alcuni paragoni secondo me non tengono perchè i termini di paragone non sono omogenei.

  9. #24

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    bene ..altra carne al fuoco ..altri contributi?
    Per Tza .. guarda che la mia non la tesi di quello che è fissato a tutti costi con il vintage, vorrei capire come stanno le cose ....
    p.s. Sono un grande fan dei Drake tant'è che tra i svariati bocchini che ho, suono il tenore soltanto con un Drake in ceramica .....
    L'Ever Ton per alto l'ho provato ed è buono, ben costruito e risponde alla grande ..... gli preferisco altri bocchini , ma siamo sul versante, gusti personali, resta un'ottimo bocchino.
    Nessuno risponde però, sul perchè del diffondersi delle resine a scapito dell'ebanite ... ci sarà un motivo ? ..... e l'altra risposta che attendo è sulla durabilità, e stabilità nel tempo (parlo di anni) del timbro dei bocchini in resina .... il fatto certo è che un Meyer NY od un Selmer Soloist, dopo 50 anni suonano ancora alla grande, gli altri quelli di resina, tra 5 anni avranno conservato le attuali peculiarità timbriche ?...... qualcuno dubita di ciò .... per cui chi SA parli ..... (astenersi perditempo ... :ghigno: )

  10. #25

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Se il suono di un bocchino cambia... o è perché chi suona è "cambiato"... o è perchè il sax è "cambiato" o perchè il bocchino è "cambiato".

    Nel bocchino o cambia la geometria (binari, tavola e ciglio) o cambia qualcosa nel materiale. Meccanicamente è difficile che cambi qualcosa nel materiale...

    Secondo me, si scelgono le resine perchè sono più facili da lavorare e perchè hanno caratteristiche meccaniche decisamente migliori: prendi la copia di un Guardala di Junior Barkley, in ebanite non riusciresti ma a creare geometrie cose spinte, si romperebbe il materiale... con la resina invece non ci sono problemi.
    Io non conosco la composizione chimica esatta delle varie resine (probabilmente non la conoscono nemmeno i produttori di bocchini, vanno a tentativi: fanno prove sperimentali e prendono la resina che suona meglio) però non faccio fatica a pensare che sia meno pericoloso produrre una resina dell'ebanite... e che sia più controllabile la produzione della resina rispetto alla produzione dell'ebanite.

    Il motivo principale però, secondo me, rimane essenzialmente tecnologico: la resina è più lavorabile (che non vuol dire più tenera o meno resistenza/resiliente).
    La lavorabilità non è solo correlata alle caratteristiche meccaniche del materiale... ma dipende da un mix di cose e in primis dal tipo di lavorazioni che deve subire il materiale.

  11. #26

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Rimango ancora perplesso.....e sostengo ancora la tesi che il materiale influisce sul suono se è veramente libero di vibrare!....e il bocchino non vibra così tanto,secondo me,a tal punto che l'orecchio umano ne possa cogliere le differenze! Certo se usiamo spettrometri vari...e facciamo test in laboratorio ....qualcosa cambierà in relazione ai diversi materiali; ma indistinguibili per il limitatissimo orecchio umano.......
    perchè si usino allora ancora diversi materiali?.....i motivi sono molteplici....tradizione....psicologia....ecc
    perchè si è cominciato con l'ebanite? materiale indeformabile facilmente lavorabile....e ricordo che prima i bocchini venivano fatti e rifiniti a mano , quale materiale migliore dunque?
    Con l'avanzare della tecnologia si è sperimentato anche il metallo..... con ottimi risultati direi e la materia prima forse più facilmente reperibile visto l'uso in larga scala anche in diversi usi.....adesso è più caro???? infatti lo paga l'acquirente non il produttore...
    Tzadik .....la propagazione delle onde dipende dalla densità del materiale ,certo, ma credo si intenda la propagazione delle onde nel corpo stesso fatto dal quel materiale.....ma nel sax ,credo che dobbiamo prendere in considerazione la vibrazione della colonna d'aria e questa vibrazione cambia alla sorgente del suono e dipende dalla geometria del bocchino e come vibra e reagisce l'ancia ....
    "The Martin Tenor"....1954

  12. #27

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Re Minore sostiene che il materiale dello strumento influenzi il suono....OK ,concordo...si ,ma dello strumento ,il sax dunque ,che vibra di sicuro e amplifica il suono prodotto dal bocchino+ ancia....influenzandone il finale.....tant'è vero che in genere,si tenda a slaccare il sax per farlo vibrare in diverso modo variandone il suono......o no? :???:
    "The Martin Tenor"....1954

  13. #28

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    All'inizio penso che i primi bocchini fossero in legno, non in ebanite. Poi l'ebanite ha sostituto il legno (a grandi linee) e si è giunti all'ottone/bronzo.
    In linea di massima mi sembra che nel passato ci si sia sempre orientati su materiali con caratteristiche meccaniche progressivamente più precise e omogenee.
    Esempio: di un pezzo di legno non si può mai sapere con certezza se la densità è costante in ogni punto, o se magari c'è qualche "nodo"...

    Ovviamente, ora ci sono tantissimi altri materiali adatti per costruire un bocchino. Spesso le ragioni un po' per creare prodotti diversi, un po' per creare suoni diversi, un po' per marketing.
    Quando suoniamo il bocchino vibra, eccome se vibra... provate a stringere con la mano destra il bocchino mentre suonate una nota con la mano sinistra (sol, la, si, do...) e sentite le variazioni che si ottengono.

  14. #29

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Volendo rispondere in maniera (pseudo) scientifica alla domanda di Gene sulla presunta superiorità dell'ebanite, si potrebbe dire che la densità elettronica del legame zolfo-monomero non è distribuita in maniera perfettamente equa, quindi l'ebanite può accumilare una modestissima carica elettrostatica in superficie.

    Quando si imbocca un bocchino in ebanite, si potrebbero pertanto verificare dei fenomeni curiosi:

    - si ha un riscaldamento dei tessuti a contatto con il bocchino, causato dalla pressione e dall'attrito (cosa che succede con tutti i bocchini);

    - inoltre si accumula una modesta carica elettrostatica sia sulla pelle che sul bocchino; l'inavvertibile miniscarica che segue causa una leggera ionizzazione dell'aria e gli ioni ad alta energia scaricandosi sulla pelle causano un ulteriore aumento impercettibile della temperatura negli strati sottocutanei;

    - in più , la presenza di una carica elettrica cutanea causa la formazione di un minimo campo elettromagnetico, il quale interagisce (fem indotta) con i fluidi corporei, che sono degli elettroliti. Come conseguenza di ciò si ha un aumento di temperatura dei tessuti della bocca.

    L'effetto combinato di tutto questo fa sì che si verifichi un aumento di flusso sanguigno e linfatico nel sistema buccale, che ti fa suonare meglio perché le labbra sono più turgide, quindi l'ancia vibra diversamente.

    Questo effetto non si verifica con i bocchini di altri materiali: infatti quando si suona con un bocchino in ebanite il leggero effetto di calore alle labbra scompare dopo rispetto a quando si suona con un bocchino in plastica.



    Scusate le stupidaggini infilate una dopo l'altra :oops:



    Edit: aggiungo una ulteriore considerazione

    Perché la bakelite è stata usata molto meno dell'ebanite per fare i bocchini? La bakelite è una resina fenolo-formaldeide inventata ad inizio del '900, in pratica la prima resina di sintesi a largo impiego. Perché allora non ha sostituito l'ebanite che ha continuato a essere il materiale più usato?

    Al mio confronto Giacobbo è un dilettante
    Tenore: Grassi Professional 2000, Borgani Jubilee - OL STM - Ance varie
    Soprano: cinese senza nome - Bari Hr - Rico SJ 3

  15. #30

    Re: Hard Rubber, Ebanite cos'è ? Leggende e curiosità

    Beccatevi questa ......

    The vulcanization of polyolefinic rubbers can be defined as the process by which the reaction between the polyolefin and sulphur results in greatly increased elastic properties of the polyolefin and the maintenance of these properties over a comparatively wide temperature range.

    The term ‘vulcanization’ was proposed by Mr Brockedon to Thomas Hancock who took out the first patent for the process in 1843, although it is now universally accepted that the action of sulphur, lead oxide and heat on natural rubber to ‘cure’ it of its propensity to turn brittle when cold and sticky when hot was discovered by Charles Goodyear in 1839. Indeed, in the US the terms ‘cure’ and ‘curing’ tended to be used instead of ‘vulcanize’ and ‘vulcanizing’ and this has resulted in a number of problems and anachronisms which will be addressed later.

    It was rapidly established that, whilst the basic ingredients of a vulcanizing system were sulphur, a base oxide such as lead oxide or zinc oxide and heat, the last ranging today from about 120oC to 200oC, other chemicals could be added to the mix to speed up the process at any given temperature and even today new chemicals (called generically ‘accelerators’) are being brought into commercial use. Apart from the obvious reason of getting a slice of an existing market the reasons tend to be threefold:

    To modify the vulcanization process in such a way as to make it more cost-effective.
    To modify the vulcanization chemistry and thereby obtain a product with improved performance characteristics.
    For environmental or ‘health & safety’ reasons.
    Because a rubber product can contain materials such as fillers and oils which are not part of the vulcanization process, it is the ratio of sulphur and accelerators to the rubber which is important in defining the type of vulcanising system so quantities are expressed not as %’s but as ‘parts by weight per hundred parts of rubber’ (pphr) or (phr).

    However, before considering actual quantities it is worth considering what happens during the vulcanization process. For close to a century after the discoveries of Goodyear and Hancock the argument raged as to what was the interaction between the rubber and sulphur. As early as 1898 Ostromislenski (Ostromuisslenski) had proposed a combined chemical/physical theory of vulcanization whilst in 1902 Weber proposed a purely chemical one and in 1910 Ostwald opted for some sort of physical mixture or ‘alloy’ formation. Although the evidence for a chemical inter-reaction became overwhelming to most scientists there was still a bitter argument between the two sides at an international conference on vulcanization as late as 1939.

    The chemical structure of the natural rubber vulcanizate was finally resolved during the 1960’s and 70’s at the Malaysian Rubber Producers’ Research Association by studies of the reaction between sulphur and various accelerators with low molecular weight olefins which could be taken as models of the rubber olefinic unit. This work led to the conclusion that the polymer chains of an unvulcanized rubber were joined together (crosslinked) by sulphur bridges to give a three dimensional network and it was this which provided the increased elasticity of the vulcanized product.

    The detailed picture was extremely complex, showing that the sulphur could initially attach itself to one of several carbons within the monomer unit and could then either remain there or undergo a chemical shift to another carbon atom. The length of the sulphur bridge was also variable, being 1, 2, 3 or even more sulphur atoms whilst the final complication was that the sulphur bridge might not have been formed between two adjacent polymer molecules but it could have looped back to the same polymer chain from whence it started.

    An understanding of these factors enabled some quantitative observations obtained almost a century ago to be understood.

    In the early days of vulcanization, before the introduction of modern accelerators but when the advantages of adding a little organic base were appreciated, trial and error had shown that around 2.5 pphr sulphur gave a good useful vulcanized rubber product and this came to be known as a conventional vulcanizate. This level of sulphur is used today, with around 0.5 pphr accelerator and what the model olefin studies, together with calculations of the crosslink density of the vulcanizate, showed is that it is not an efficient system. The polysulphidic crosslinks and other non-crosslinking sulphur chemistry means that it needs about 12 sulphur atoms to produce one crosslink. If the levels of the ingredients are reversed to 0.5 pphr sulphur and 2.5 pphr then we have an efficient vulcanizate (EV) with only about 3 sulphurs required for each crosslink. Not surprisingly it is possible to design semi-EV systems between these two extremes. Zinc oxide is today the preferred inorganic base, usually added at around 5 pphr, although for applications where transparency is desired (baby feeding teats, medical tubing etc.) it can be as low as 1 pphr.

    Just because the terms conventional and efficient are used these should not be equated with ‘old’ and ‘new’ (better). The different systems give different properties to the vulcanizates at the same level of crosslinks and the system chosen will depend on the anticipated use of the product.

    Many vulcanizing systems for rubbers using chemicals other than sulphur have been investigated over the last 150 years but very few exist commercially today and here we tend to move from the word ‘vulcanization’ to ‘cure’. The use of sulphur chloride (1846 - Parkes Process) is called the sulphur chloride cure process and we also have peroxide cured rubbers. Cold vulcanization processes, such as the ubiquitous cycle repair patch, are called ‘cold cure’ processes. To add a further layer of complication, the chemicals which may be added to a rubber mix to effect vulcanization, including the accelerators, are collectively called curatives and the remains of these chemicals after vulcanization, cure residues.

    It should also be remembered that early stories of the preparation of ‘dry’ rubber from latex in South America involved the smoking over open fires of layers of rubber built up on paddles whilst smoking sheets of coagulated and semi-dried natural rubber is still practised today in eastern plantations and cooperatives. This process was familiar to the British as it mirrored that used to smoke or ‘cure’ fish. Inevitably therefore the smoking process for rubber also became known as curing and for some time the two quite different meanings were used with much confusion. Eventually it became accepted that ‘curing’ only referred to the reaction with sulphur and the other process was called ‘smoking’.

    Vulcanization of Latex

    In the early 1920’s it was discovered that natural rubber latex could be vulcanized over a period of several hours by the addition of the usual ingredients – sulphur, zinc oxide and an accelerator – to the warm latex. Visually the vulcanized latex appeared indistinguishable from the untreated material but when it was coagulated and/or dried it behaved as if vulcanized. The procedure of treating the latex in this way is called pre-vulcanization and the further short heating period after coagulation, post-vulcanization. The chemistry of this process was finally understood in the 1990’s, again following work at the Malaysian Rubber Producers’ Research Association in the UK. It was shown using transmission electron microscopy that there was initial crosslinking between the different elastomer chains within each particle of latex and that, on drying to a film, loose ends of the polymer, projecting from the particle, acted like ‘Velcro’ to hold the particles together. Slowly at room temperature, or more rapidly at elevated ones, the vulcanization chemistry continued with S-S bonds in the polysulphidic crosslinks breaking and reforming. Some of the reformed bonds were inevitably between the entangled polymer ends of different particles and the whole product then became chemically ‘fused’ together.

    Two particular advantages of vulcanized latex over vulcanized ‘dry’ rubber are:

    that the latex tends to be very much stronger and elastic as the elastomer chains have not been degraded by the mechanical work needed to incorporate curatives into the dry material.
    since even post-vulcanization takes place at a relatively low temperature (generally below 120oC) it is possible to incorporate colouring chemicals which would not survive the high temperatures used for cost-effective conventional vulcanization (typically 160oC to 200oC).
    Moving from sulphur and polyolefinic rubbers to other systems is to move completely from vulcanize to cure. Perhaps the three most common materials in a domestic environment being the cold curing silicone or acrylate sealants, the peroxide cured car filler and the two part epoxy resins.

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