E' ovvio che bisogna studiare...ma non comprendo l'insistenza maniacale su un tipo di "pratica procedurale", che rasenta la paranoia, dove piu' che il raggiungimento di abilità espressive ci si sofferma sul "funanbolismo" e pirotecnie possibili: sapere tutte le scale su ogni possibile accordo ecc.ecc. E se solo su una scala di esse, qualcuno trovasse un universo infinito da esplorare? Dovrebbe considerarsi inferiore agli ..."acrobati"?
E poi, gli "acrobati" ascoltano davvero ciò che suonano o inseriscono il "pilota automatico"?
E poi...ciò per quale finalità? Sparare mille chorus per "dire tutto"...in quanto non si trova la semplicità/coerenza di sviluppare le implicazioni di poche ma chiare idee musicali, nello sviluppo di un solo...e quindi "giocare a volto scoperto"?

Se l'espressione coincide col "principio di prestazione", genera frustrazione in chi produce e indifferenza in chi ascolta: non si instaura nessun veicolo comunicativo perchè chi suona sta dietro alle "pippe" di ciò che vuol dimostrare e non di ciò che intende o si sforza di comunicare...e questo chi ascolta, esperto o profano che sia, lo percepisce: il pubblico non è così sprovveduto, come talvolta, per comodità/pigrizia, si tende a dire...

Quanti fra voi, invece di trascrivere/suonare soli altrui, meccanizzare arpeggi e quant'altro...hanno un quaderno dove scrivono, appuntano e perfezionano man mano le loro idee? E' così che lavora un musicista...con fatica, trova i "vocaboli" per le sue idee: e ciò è piu' difficile che "mangiare la pappa" già fatta dagli altri...
Certo, poi, ci sono gli "imitatori"...e allora...davvero non barate con voi stessi...
Decidete come/cosa volete essere...ma nessuno può dire ad un altro: "Questa è la strada!"
Ci sono i tratturi di campagna, i vicoli e tanti altri percorsi alternativi...ognuno deve trovare il suo percorso!