volendo sintetizzare; il jazz nasce dall'incontro del blues con l'american songbook, (cioè dall'incontro di musicisti africani con musicisti ebrei o italiani), cioè dei modi tramandati per ascolto con la musica scritta.
C'è da dire che l'approccio iniziale è ancora essenzialmente di tradizione orale, ma procedendo, con la maturazione delle conoscenze armoniche e con le bande di dimensioni sempre maggiori, verso l'uso di partiture e schemi prefissati.
Una grandissima interprete, che invero rifiutava l'etichetta di "jazz singer", ma che ha certamente mantenuto il legame con la terra d'origine e la sua concezione magica della musica; Nina Simone, iniziò la sua carriera in locali dove suonava le canzoni classiche o del momento tutte completamente a memoria, apportando le variazioni che sentiva opportune di volta in volta, pur avendo avuto una preparazione classica rigorosa.
Consiglio caldamente a tutti la sua biografia; "Nina Simone, Una vita" di David Brun-Lambert, UE, la testimonianza drammatica di una delle più grandi musiciste afroamericane del secolo scorso, cioè di sempre :half: .
Due cose in fondo hanno portato il jazz verso una sempre maggiore formalizzazione, se non in partiture, in schemi e patterns; l'industria discografica che costringeva a moduli tipici come tema - improvvisazione - tema, e le grandi orchestre dell'era swing che per la complessità degli arrangiamenti, (ma anche per eseguire ogni volta il brano come si sentiva nei dischi) richiedevano partiture dettagliate anche negli accenti e nelle modulazioni.
Oggi sembra che il legame ancestrale con il suono che nasce dall'occasione, si sia sciolto per lasciare il posto a tecniche raffinatissime, (ormai gli insegnanti delle grandi scuole insegnano a imparare a memoria temi e improvvisazioni, a liberarsi sempre più dallo scritto, ma per mezzo di una sistematicità e di una grammatica estremamente rigide che nulla hanno a che fare con la vitalità delle origini, almeno a sentire dai risultati.
Acusticamente si potrebbe dire che si è passati dall'analogico al digitale, cioè dalla trasmissione alla simulazione.
Naturalmente si deve dire che ci furono musicisti diplomati fra i primi jazzmen e che ancora c'è chi non si lascia ingabbiare dalla classificazione che sta subendo il jazz oggi.