Dany, posso capirti, e non son sicuro che un pezzo come Laura possa considerarsi giusto nel repertorio di Bechet, che secondo me eccelleva in pezzi più avventurosi!
E' curioso: riflettendoci mi son reso conto che il motivo primo per cui ho amato da subito p.e. Coltrane (indipendentemente se suonava il tenore oppure il soprano) era la quasi assoluta assenza del vibrato; il suo suono mi giungeva centrato, tagliente e pulito; arrivando da un ascolto del Jass di New Orleans/Chicago e persino delle big band swing ero abituato all'espressione, o forse meglio dire all'effetto, del vibrato che era spesso usato sopratutto con il clarino, ma comunque con le ance dove i fiati (trombe e tromboni) si erano proposti con tutti gli effetti di vocalizzazione e distorsione che conosciamo.
Insomma, ascoltando il Trane finalmente sentivo un bel suono penetrante e limpido, e così mi resi conto di quanto invece mi disturbava il vibrato.
Solo ultimamente, mentre mi esercito, a volte mi accorgo che involontariamente mi viene fuori il vibrato, che certo richiede pure un altro tipo di controllo dal suono lineare, e subito richiama quello stile specifico, che ancora mi sembra un po' ruffiano (non saprei come altro definirlo, scusate), e che però può anche starci, almeno in certi passaggi.
Certo è che Bechet lo aveva adottato sempre e comunque, quasi ad essere proprio un segno distintivo del suo suono sullo strumento, sia con il Clarino che con il Soprano...
Secondo me dovremmo fare un po' di terapia del vibrato cercando un utilizzo differente di questo effetto: presumo che qualche compositore contemporaneo lo abbia sicuramente tirato in ballo, usandolo in modi inaspettati ed alternativi.