E' una questione complessa.
Il jazz, quello storico di Armstrong, Parker, Coltrane ..., è davvero morto!
Non è solo una questione di note suonate o non suonate: si tratta di fondere la propria vita, le proprie emozioni, i propri pensieri nella ricerca della propria musica, del proprio stile.
Il che oggi è possibile solo fino a un certo punto, perchè si è spezzata, irrimediabilmente, la tradizione orale attraverso la quale Armstrong, Parker, Coltrane e tutti gli altri hanno appreso tutto quanto serviva loro per forgiare ed esprimere, in modo naturale, la propria personalit*.
I manuali non possono sostituire questa tradizione.
Phil Woods, per esempio, ha detto in un'intervista che ha imparato, giovanissimo, un sacco di cose che non si trovano scritte da nessuna parte da gente come Bud Powell e Lester Young!
Nè quella tradizione può essere soppiantata dalle lezioni di un maestro che, a sua volta, ha imparato il jazz al conservatorio, senza veramente e profondamente averlo vissuto.
C'è qualcosa nel jazz di quei grandi che mi auguro tutti amiamo e che il jazz lo hanno di fatto inventato che non si può più recuperare: è perduto per sempre.
E' un qualcosa che potrete ancora sentire da un vecchio come Sonny Rollins, finchè ce la far* a soffiare, e da pochissimi altri ormai.
Dunque, quel jazz è morto, ma non il jazz.
Il grosso del jazz continuer* a vivere come musica da riproporre in maniera filologicamente corretta (Winton Marsalis docet), un po' come la musica classica e nonostante sia musica almeno in parte improvvisata (d'altronde, si potr* sempre riproporre un certo stile di improvvisazione riferito ad una determinata epoca, oppure uno stile mainstream).
Tuttavia, una piccola parte del jazz continuer* pure ad evolversi e, in effetti, sta gi* accadendo; parlo anch'io, come qualcuno ha gi* opportunamente fatto nel forum, di musicisti eccezionali come Tim Berne, Henry Threadgill, Steve Coleman (aggiungerei Butch Morris), ecc. (e chi non conosce la musica di questa gente, corra al più presto ai ripari).
Però, è un'evoluzione - proprio la musica, spesso straordinaria, dei suddetti lo dimostra - possibile solo accogliendo nel jazz elementi ad esso originariamente estranei e certo non facenti parte della sua essenza: è iniziato, da tempo, un processo irreversibile di globalizzazione che riguarda non solo la musica, bensì tutte le arti ed espressioni umane, un processo in cui anche il musicista è soggetto a stimoli numerosi ed eterogenei.
Il jazz è programmato forse meglio di qualsiasi altra musica per vincere la scommessa, perchè è una musica "aperta" a livello genetico.
La scommessa è quella dell'apertura senza smarrire del tutto gli elementi fondamentali del suo linguaggio.
Scusate la lungaggine, ma mi è venuto così di getto, perchè è un argomento che mi sta molto a cuore, come tutta la grande musica.