Beh, Ctrl, diciamo che possiamo mettere la faccenda pure in questi termini, ma con qualche "distinguo", che vado ad esplicitare:Originariamente Scritto da Ctrl_alt_canc
Passare dal classico al jazz o viceversa sul sassofono equivale ad aspettarsi che una cantante come la Maria Callas si metta ad eseguire improvvisazioni "scat" in stile Ella Fitzgerald o, al contrario, che una simil-Fitzgerald mostri di saper eseguire "La Traviata" esattamente come faceva la Callas. Sono due situazioni che mi sembrano piuttosto improbabili. O no?
Se invece partiamo dall'ipotesi di un jazzista moderno sufficientemente "acculturato", allora dobbiamo presumere di trovarci in presenza di 1) un "alfabetizzato" musicale; 2) un buon "compositore istantaneo", altrimenti detto improvvisatore. 3) un individuo capace di controllare perfettamente la "componente ritmica", e quindi di far battere all'ascoltatore le manine e i piedini istintivamente.
Costui, sempre in linea teorica, dovrebbe avere facilissimo accesso a molte frammentazioni "pseudo-jazzistiche" della musica moderna e contemporanea.
Un esempio lampante delle trasmigrazioni tra il jazz e le sue "propaggini" è rappresentato dal Miles Davis, che negli ultimi 20 anni di attivitÃ* sperimentò varie possibilitÃ* alternative, ivi compresa la cosiddetta musica elettronica.
Il discorso è ancora lungo, ma mi fermo qua per non annoiarvi.
Per quanto riguarda le scale, ho dato un'occhiatina tempo fa al "Lydian Chromatic Concept Of Tonal Organization" del George Russell. E' duro da digerire, ma se volete c'è da divertirsi, ragazzi.
Comunque, secondo me aveva ragione il grande Charlie Parker quando affermava: "Impara tutto quello che puoi sulla musica e sul tuo strumento. Poi dimentica tutto e suona come ti pare". Un concetto estremamente jazzistico... :D