Ottima sintesi, Re minore. Mi permetto soltanto di commentare l'ultima parte del tuo ragionamento, qua sopra riportata:Originariamente Scritto da re minore
A mio modesto parere non è possibile lasciare il "vecchio strumento", se con tale denominazione ci stiamo riferendo al tubo sonoro sul quale uno "si è fatto le ossa". E' possibile tentare di estendere l'esplorazione ad altri strumenti più o meno "parenti" di quello principale, ma non "rinnegarlo". Nel mio caso, per esempio, a un certo punto ho tentato di mollare il tenore per lavorare esclusivamente sul baritono. La faccenda è andata avanti per qualche tempo. Poi ho avvertito l'irrefrenabile impulso di riprendere il tenore. E infatti, a tutt'oggi, mi ritengo prevalentemente un tenorista.
Per quanto riguarda le operazioni di "trasferimento tecnico" tra un saxofono e l'altro, direi che se uno è abituato a lavorare quotidianamente, i tempi necessari dovrebbero essere misurabili in mesi, non in anni. Oh... naturalmente mi sto riferendo ai 4 tagli principali: non ho alcuna esperienza sui registri "estremi", tipo soprillo o tubax.
Il sax, comunque, rimane uno strumento estremamente flessibile. Può darsi che alcuni musicisti, scontrandosi con i propri limiti "psico-fisici", avvertano la necessitÃ* di provare altri "colori" (come è successo a me). Ciò spiegherebbe una certa tendenza al poli-strumentismo, indipendentemente da motivi "di pagnotta". Il sax consente in modo discretamente accessibile questi "sperimentalismi", ma rimane il fatto che alla fine vince sempre lui, mannaggia... :D :D :D