Non so se sia possibile spiegare o interpretare frasi o concetti che, appartenendo all'evoluzione interiore di una persona, al suo cammino verso una rinnovata e piu' "sottile" consapevolezza della realtÃ* e quindi di se stessa, appaiono come le "visioni intuite" dei "mistici" di ogni epoca...una percezione che supera la mera comprensione razionale, come è stata intesa soprattutto dalla cultura europea...quella che segue è una "ipotesi di lettura", fatta di riflessioni/ analogie "dubitative"...

"Non c'è mai fine: ci sono sempre suoni nuovi da immaginare, nuovi sentimenti da sperimentare..."
Paradossalmente, questo incipit è molto "europeo" rispetto a ciò che segue...se non sapessimo che fosse Coltrane a parlare...descriverebbe bene il percorso evolutivo della tradizione musicale occidentale sempre volto a superare le "conquiste musicali" delle epoche precedenti...in fondo, anche il jazz, in un periodo ben piu' ristretto è stato animato dallo stesso tipo di "motivazione"...rimane il dubbio "umano"...l'uomo è in grado di immaginare suoni indipendentemente da tutte le "fonti produttive" (strumenti e non) o il suo "immaginario musicale" o sonoriale è strettamente collegato all'esperienza che dei "suoni" ha, ha avuto o può avere? Sappiamo che Beethoven scrisse la 9^ Sinfonia in uno stato di totale sorditÃ*...ma aveva una "bussola interiore" guidata da un'esperienza pregressa intensa e profonda...se, invece, si nasce sordomuti, quale "immaginario sonoriale" si possiede? Se la ns. conoscenza dipende dal "corretto" funzionamento dei ns. sensi, esiste un tipo di "conoscenza" o esperienza che supera le ns. parziali percezioni sensoriali? E' un'attivitÃ* immaginativa della mente o una "abilitÃ* mentale" che non siamo stati in grado di identificare o di indagare opportunamente? Il metodo scientifico è una "risposta parziale" a questo "interrogativo aperto"...
In "To Be" (Expression), Coltrane "dialoga" al flauto con l'ottavino di Sanders...esplora nuovi suoni con un nuovo strumento...
se fosse vissuto di piu' si potrebbe ipotizzare che avrebbe approfondito anche il flauto oppure che si sarebbe rivolto verso altre "fonti sonore"...se non avesse ad un certo punto "scoperto" il sax soprano, la sua musica si sarebbe evoluta lo stesso verso una "ricerca modale"? Quali "sentimenti" sperimentiamo veramente...quelli che sappiamo ci caratterizzano o solo quelli che non ci appartengono e che circostanze, eventi, occasioni particolari "risvegliano" in noi?
La corrispondenza tra scale musicali e sentimenti umani è stata "codificata" dalla tradizione musicale millenaria del Nord India...Coltrane faceva in qualche modo riferimento ad essa od era giunto o stava per giungere ad una sua "percezione sonoriale" o "organizzazione musicale" transculturale?

"C'è la necessitÃ* di purificare sempre piu' questi sentimenti, questi suoni per arrivare ad immaginare allo stato puro ciò che abbiamo scoperto, in modo da riuscire a vedere con maggior chiarezza ciò che siamo."
La "purificazione" di tutti i sentimenti è nell'Amore! VorrÃ* forse dire...che solo amando qualsiasi sentimento si "purifica"? E che soltando esprimendo quei "suoni", purificati dall'amore siamo in grado di fare delle "scoperte" e riusciamo ad esprimere ciò che siamo?
Oppure lo "stato di purezza" è uno stato di non-identificazione, di accettazione "sic et simpliciter", l'attimo di non-mente...simile al concetto di esperienza espresso nei sutra di Patanjali o tipico della tradizione orientale? Se fosse vera, questa seconda ipotesi, la "posizione" di Coltrane sarebbe simile a quella di Cage...ma Coltrane non era "cinico" come Cage...istintivamente, mi convince di piu' la prima ipotesi...

"Solo così riusciamo a dare a chi ci ascolta l'essenza, il meglio di ciò che siamo."
Potrebbe tradursi..."solo ciò che facciamo con amore, parla di noi..."

"E per far ciò bisogna pulire lo specchio..." Nell'amore, non abbiamo bisogno di dimostrare altro, non ci sono i "riflessi dell'Io"...
ma "diventiamo ciò che siamo, col ricordo di ciò che eravamo diventati", come recita un antico adagio sufi...