Ciao intanto grazie a tutti, mi fa piacere che i video diventino motivo di discussione, soprattutto parliamo anche di musica, non solo di ance, becchi, risuonatori in metallo, plastica o pelle umana....ok il set up conta, ma la musica di piu'!
La cosa piu' importante di tutte è cantare e poi riportare tutto sul sassofono, questo è il vero ear training fatto sui dischi, io sono abbastanza contrario a studiare i soli sugli spartiti.
Certo, posso dire che insegnando mi rendo conto della difficoltà di "tirare giù" le frasi ad orecchio quindi capisco che all'inizio possa essere utile scrivere su carta quello che si suona per poi trasferirlo allo strumento, ma bisogna sforzarsi di liberarsi il più presto possibile di questo aspetto e di far lavorare le nostre orecchie il più possibile.
Famoso è il modo in cui insegnava Lennie Tristano, ed insegnava a vari strumentisti, non solo pianisti....dovevi prima andare da lui e cantare il solo perfettamente altrimenti non ti faceva suonare lo strumento!!!
Bisogna suonare quello che abbiamo in testa non nelle dita! Ovviamente è molto difficile e complesso, serve tecnica, ascolto, linguaggio, ear training, conoscenze armoniche, insomma un bagaglio enorme.
Fatta questa premessa provo a rispondere ad ognuno di voi.

@fcoltrane la cosa che mi intriga di più quando tiro giù una frase da un disco non è tanto riprodurla sul sax, ma provare a capire come pensava il musicista, quale era la sua logica.
Sinceramente credo che la frase sia stata pensata più come un C7 per tre quarti della misura ed un G7 sull'ultimo quarto, in quanto all'inizio il sol che va al fa# è un classico movimento della 5 che va alla #11 (la famosa blue note di C7) con ritorno fino a procedere salendo al sib , la b7 di C7.
La cosa fantastica è come Rouse entri nel G7 attraverso il cromatismo sol solb fa cadendo sulla b7 dell'accordo fa e poi sol do fa, quindi di fatto G7 sus4 e risolvendo poi sul mi all'atterraggio di C7, la terza maggiore.
Puro linguaggio cromatico bebop fuso con frammenti di pentatonica.
Un grande equilibrio fra intellettualità e blues viscerale.

@marcus non ti preoccupare di quanto ci metti, quando stai un pomeriggio o una settimana su una frase ti resta sempre qualche cosa dentro oltre alla frase stessa.
Mi ricordo che le prime volte che provavo a rifare le frasi dai dischi ci mettevo una settimana per tre misure, è assolutamente normale.
La cosa importante è che per fare questo specialmente le prime volte sei costretto ad ascoltarti quella frase centinaia di volte e pian piano assorbi tutti gli aspetti della frase, dai piu' evidenti ai piu' profondi:
note, ritmo, pronuncia (utilizzo degli accenti, della lingua, ghost notes, ed altro), accordi che sono sotto alla frase, sostituzioni armoniche che puo' aver pensato il solista, modo di vibrare (non in questo caso) ecc...
Questo fa il linguaggio ed il bagaglio di un musicista, e questo è il motivo per cui se fai suonare questa frase ad un musicista bravo, ma che non conosce e non ha mai ascoltato un disco di jazz nella sua vita suonerà quelle note, ma il risultato sarà completamente diverso, di fatto sembrerà un'altra frase!
Il procedimento poi di trasportarla in tutte le tonalità senza scrivere la frase è un ottimo allenamento armonico e tecnico, anche se ci sono i pro ed i contro, ne ho parlato nel video

@ algola certo, ogni cosa puo' essere un'occasione di studio, ma anche di modo in cui studiare. Pero' ricordati che dobbiamo lavorare insieme al becco sul baritono!!!

@fabio runner grazie!