Urca, gente: mi costringete a fare uno sforzo di memoria non indifferente. E' il classico guaio dei vecchiacci quando sono attorniati da tanti ragazzini... :D

Il primo tubo contorto nel quale pompai aria era un tenore Ariston (giÃ*, si chiamava proprio come le cucine). Era venduto per corrispondenza da una certa ditta Bagnini di Roma. Me lo regalò mio padre per evitare che facessi altre capzate: pensate che alla veneranda etÃ* di 14 anni avevo tentato di truffare quella ditta spacciandomi per mio padre, nel tentativo di farmi spedire una batteria. Infatti avevo chiesto ai miei "vecchi" di comprarmela, ottenendo la tipica risposta dell'epoca: "Non se ne parla nemmeno. Tu devi solo studiare e basta. E poi che ti salta in mente? La batteria fa solo chiasso." Di fronte a questo diktat architettai la truffa. Fui scoperto, presi un fracco di mazzate e la cosa finì lÃ*.

Mio padre, tuttavia, era un tipo burbero ma generoso e intelligente. Capì che avevo nel cranio il "germe" della musica e si impegnò con quella ditta ad acquistare prima o poi uno strumento. Dopo qualche mese tornai a casa da scuola e mia madre mi mostrò uno strano involto di cartone, piuttosto voluminoso. Dentro c'era il sax tenore sopra nominato. Era il più economico disponibile, ma costava 90 mila lire che per l'epoca (1965) erano giÃ* parecchie. Solo tre tasti per la mano sinistra.

Nel pomeriggio provai a soffiare sotto il severo sguardo del genitore ma, nonostante muovessi le mani, usciva sempre lo stesso suono. Il "vecchio" si spazientì e mi disse: "Te l'avevo detto di non insistere! Suonare uno strumento è una delle attivitÃ* umane più difficili. Bisogna esserci tagliati!". Mi tirò via il sax dalle zampe e provò lui, che aveva una breve esperienza giovanile su sax e oboe. Anche a lui veniva fuori sempre la stessa nota. Stupito, guardò l'aggeggio e si accorse che c'era il Mi alto laterale bloccato aperto. Prese un cacciavite, allentò una delle viti della relativa asta e finalmente quello sporcaccione del piattello si chiuse. Rabbonito, mi ridiede lo strumento e gli dimostrai che ero in grado di emettere la mia prima, stonatissima ed incompleta scala di Do maggiore. Infatti, dato che avevo "subodorato" che prima o poi mi sarebbe arrivato un sax, mi ero procurato il Pasquale Bona di solfeggio e un metodo popolare con la "tavola delle posizioni" e ci avevo dato dentro giÃ* da qualche tempo.

Per quell'epoca, mio padre aveva sostenuto uno sforzo economico non indifferente: in famiglia era l'unico lavoratore e aveva moglie e tre figli da mantenere totalmente. Un grande vecchio, ragazzi. In pratica decise per me e aveva ragione: quel poco che ho imparato sulla musica, sul sax e su tutti gli aspetti primari dell'umana esistenza, a 44 anni di distanza, lo devo a lui.