Si terrà venerdì 5 febbraio, alle ore 21.15, presso l'Auditorium dell'Hotel Gio' Jazz Area, un nuovo appuntamento con Jazz Club Perugia. In scena il James Carter "Organ Trio". Il concerto, proposto anche grazie al contributo del Credito Cooperativo Umbro BCC di Mantignana, vedrà salire sul palco James Carter al sax, Gerard Gibbs all'organo Hammond B3 ed Alex White alla batteria.
Un'esibizione unica nel genere ed irripetibile: Carter, polistrumentista specializzato nel sax tenore, si è sempre speso in performance potenti ed energetiche. Negli anni Novanta attirò l'attenzione di stampa e pubblico per l'abilità con cui, così giovane, riusciva a plasmare a suo piacimento qualsiasi stile jazz, passando dallo staccato tipico del sax degli anni Venti ai fraseggi dixieland, al bop, al rock and blues ed al funky, pur mantenendo un'identità musicale molto ben delineata.
Al Jazz Club Perugia avrà con sé il suo gruppo più recente, l'Organ Trio, con la presenza di altri musicisti della scena di Detroit quali Gerard Gibbs e Alex White. Grazie all'Organ Trio, Carter si ricollega alle sue vere radici; quelle che affondano nel jazz muscolare degli anni Sessanta, dei piccoli combo con organo Hammond B3 e sassofono "rovente", di cui furono maestri Gene Ammons e Stanley Turrentine. In versione aggiornata, ecco rivivere quelle atmosfere funky.
James Carter è uno dei sassofonisti più stimati della sua generazione, proprio per il ruolo centrale che si è conquistato nella storia del jazz, degli ultimi venticinque anni. La sua musica è alimentata da profondo rispetto e una profonda conoscenza della tradizione jazzistica.
Nato a Detroit, Michigan, nel 1969, Carter ha iniziato a suonare il sassofono all'età di 11 anni, dapprima, nel 1986, registrando con un ensemble di studenti di Detroit. Nel 1991, poi, la prima grande esperienza, la collaborazione con il leggendario trombettista Lester Bowie. Il suo debutto discografico, "JC On The Set", avviene a soli 23 anni. Lavoro che uscì in Giappone e che segnò l'ingresso sulla scena musicale di una nuova figura, estremamente significativa, nel mondo del jazz, James Carter. Il musicista del Michigan, quindi, è una personalità di rilievo della scena contemporanea. Straordinario polistrumentista si alterna, con grande disinvoltura, su tutta la famiglia dei sassofoni: soprano, contralto, tenore, baritono e basso, ma anche il "bandistico" mezzo-soprano in Fa. Utilizza anche clarinetti e flauti, con una abilità che, di fatto, lo decretano quale erede più legittimo di Roland Kirk, scomparso nel 1977. E come Kirk è anche un disinibito amatore di ogni stile. Nei suoi "soli" si avvertono gli echi dei grandi sassofonisti classici come Coleman Hawkins e Ben Webster, ma anche di celebrati musicisti di transizione fra jazz tradizionale e moderno come Don Byas, di maestri come Coltrane e Sonny Rollins, di solisti d'avanguardia come Archie Shepp o Anthony Braxton. L'eclettismo, dunque, in lui è un marchio di fabbrica. La formazione dice già tutto: Carter privilegia la tradizione "groove" dei tardi anni Cinquanta, le atmosfere che incrociano la musica ecclesiastica nera con un forte senso del blues e un gusto per gli eccessi solistici tipici del rhythm and blues.