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Discussione: concerto Dave Holland e Chris Potter al New morning di Parigi

  1. #1

    concerto Dave Holland e Chris Potter al New morning di Parigi

    Salve a tutti, ho avuto la fortuna di assistere a questo concerto in club di Parigi.

    Esperienza unica e livello top.
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  2. #2
    Vorrei fare alcune considerazioni su questo live rivolte gli appassionati di jazz. Chris Potter è il sassofonista del momento, grande tecnica, musicalità, controllo totale sul registro acuto del tenore. Il quintetto di Dave Holland propone una musica di tipo avant-garde largamente improvvisata, insomma non i soliti standard ed anche questo è importante. A Parigi, resiste ancora la cultura del club, mentre in genere in Italia, i musicisti di alto livello suonano nei teatri o ai festival, dove il contatto con gli artisti è molto meno immediato. Inoltre un concerto in teatro in genere si esaurisce in un set più eventuale bis, nel club si suonano almeno due set più eventuale jam. Inutile anche dire che i jazzisti americani sono di un altro livello, rispetto ai nostri che sono sì bravi, ma a volte finiscono per essere autoreferenziali come Rava oppure scadono nel cabaret come Bollani. Insomma penso che il Jazz italiano ha tanto da invidiare alla Francia, dove molti nostri risiedono e tanto da imparare dagli yankee. E' un po' come Pavarotti che canta 'O sole mio....
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  3. #3
    Potter è molto attivo sia come leader (ultimamente mi sembra porti in giro il progetto Underground) sia come sideman (nel quintetto di Kenny Werner), sia in un gruppi "all stars" (vedi Holland/Louke/Potter/Harland).

    La dimensione della musica proposta nel club è diversa da quella proposta in teatro.
    Poi dipende anche dalla gestione del club.

    In Italia non mancano i luoghi per fare "un club", più che altro manca il modo di gestirli (anche per questioni fiscali).
    Comunque ci sono club pure in Italia... con programmazioni di tutto rispetto, vedi il Torrione a Ferrara e il Blue Note a Milano (questi sono i primi due che mi vengono in mente... ma ce ne sono sicuramente anche altri).

    In Italia abbiamo eccellenti musicisti, famosi anche all'estero e che girano anche all'estero.
    Poi la grande popolarità è spesso legata al circuito dei grossi festival ed essendo grossi festival spesso i "prodotti musicali" che trovi nella programmazione di un grosso festival sono legate anche a dinamiche di mercato (... cioè il promoter deve fare degli investimenti... alcuni ripagano più di altri).

    Non credo che il discorso sia proprio semplice da analizzare.


    Però Chris Potter è Chris Potter è al momento probabilmente è quello sta evolvendo maggiormente il linguaggio improvvisativo sul sax tenore.

  4. #4
    No, non è proprio semplice ed è per questo che l'ho postato...si senz'altro ci sono club anche in Italia anche se io non li ho frequentati, però a me sembra che la maggior parte dei concerti sia nel circuito dei festival. Per quanto riguarda il Jazz italiano concordo che ci sono ottimi musicisti però come accennavo il tipo di musica proposta è basata troppo sugli standard jazz e sullo stile hard bop. Non capisco per esempio un Enrico Rava che parla di Chat Baker come un genio della musica, quando qualsiasi critico serio lo considera un mediocre trombettista. In questo c'è un po' di provincialismo...Personalmente ho apprezzato moltissimo, su disco purtroppo Gianni Basso e Massimo Urbani, loro sì senz'altro in grado di reggere il confronto con gli americani. Le cose da dire sono tante...grazie per il contributo
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  5. #5
    Credo che tutto sia dimensionato in base al mercato... a quello che la gente vuole sentire.

    Da noi (in Italia) è vero che si fa jazz di qualità da quasi 50 anni... però a livello sociale non c'è quel riconoscimento che c'è per esempio in altre "culture" (diciamo così).
    C'è una scena vasta anche in Italia... si fa tanto jazz mainstream in Italia.
    Ma c'è tanto mainstream anche negli Stati Uniti.

    Poi è vero la scena americana è più vasta e se si fa qualcosa di nuovo o di "avanguardia"... le notizie arrivano in fretta anche qui. Però è facile conoscere i vari "portavoce" dei vari stili, più difficile magari che questi artisti arrivino in Europa in festival grossi (Vienne, Montreux, Marciac, North Sea... Umbria Jazz... e via così).


    Rava ha quasi 80 anni... quello che doveva dire l'ha detto ora viene celebrato e fa il Rava della situazione... è giusto così.
    Anche tra i jazzisti americani succede... esempio: senti come suona Hancock adesso (a 75 anni) e senti come suona Chick Corea (che ha 74 anni)... ma oltre a come suonano, anche la produzione discografica attuale.

    Credo che lo scopo dei grossi jazzisti europei (escluso qualcuno veramente grosso... mi viene in mente solo Dado, ora come ora) non sia proprio quello di emulare quello che fanno gli americani.

    Anche la comunità di jazzisti europei che sono stabili a New York (esclusi i sideman ovviamente) tendono a fare cose cose diverse (qualitativamente) da quello che fanno gli americani... è un discorso anche di cultura personale, secondo me. Poi chiaramente in un ambiente molto attivo (in termini di circolazione di idee e di persone) è naturale che salti fuori qualcosa di nuovo e "rivoluzionario", a intervalli diciamo quasi regolari.

  6. #6
    Si sicuramente il mercato influenza i gusti, mentre forse dovrebbe essere il contrario!!!! Fra gli italiani attivi a New York c'è l'ottimo Fabio Morgera ad esempio che certo non gode della popolarità di un Bosso...comunque non ho niente contro il mainstream posto che il 90% dei miei dischi sono di jazz anni 50/60 e nemmeno contro l'establishment del jazz italiano!! Circa il festival di Perugia, dove ho vissuto vari anni, che hai più volte citato, a guadare la programmazione direi che la sua epoca d'ora è finita, probabilmente quando hanno dato la direzione artistica al buon Renzo Arbore. Non dimentichiamoci che l'Italia è il paese che ha fatto fuori il più grande clarinettista della storia del jazz, come titola il bel documentario di Meresco su Tony Scott, quello sì ottimo musicista, finito a dormire sotto i ponti...
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  7. #7
    "Chat Baker come un genio della musica, quando qualsiasi critico serio lo considera un mediocre trombettista"

    la mia opinione è che se un critico considera Chet Baker un mediocre trombettista è il caso che cambi mestiere .
    Chet Baker è un musicista grandissimo e la poesia dei suoi soli è studiata non solo dai trombettisti.

    per il resto condivido gran parte di ciò che dite
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    ancia di plasticazza (bari) m

  8. #8
    No mi dispiace ma su Chet Baker, non sono d'accordo! Tecnicamente era modesto, soprattutto se a confronto di Davis, Hubbard ecc. Ha costruito la sua fama anche grazie al suo aspetto e alla sua vita dissoluta. E' stato molto osannato dai jazzisti italiani perché ha vissuto molto in Italia. Lo stesso Davis disse testualmente:"quello non era capace di suonare bene neanche quando era strafatto.." ed al di là della rivalità professionale, penso che il giudizio sia condivisibile. Ovviamente parliamo di un Jazzista americano anni 50, uno che ha suonato con i grandi, di cui ho vari dischi...
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  9. #9
    mmmmmm. hanno detto lo stesso di Monk, di Davis , di Trane e dello stesso Parker

    un dato è però emerso con il tempo : tutti i citati musicisti sono considerati oggi dei Maestri .

    se intendi poi solo la tecnica strumentale dello strumento possiamo aggiungere Armstrong che suonava la tromba con bocchini apertissimi e fracassandosi il labbro in maniera che oggi apparirebbe la anti tecnica strumentale.
    l'aspetto singolare è che oggi musicisti dotati di grandissima tecnica strumentale provano a suonare alla stessa maniera .

    non posso che invitarti a riascoltare il grande Chet .
    https://www.youtube.com/watch?v=z4PKzz81m5c
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    ancia di plasticazza (bari) m

  10. #10
    Bè quelli che hai citato sono capisaldi, Baker è un esponente del west coast jazz, ma non il più importante. A ben vedere anche Davis, da cui Baker deriva (cit. genealogia dei trombettisti di J.McNeil), non aveva uno stile virtuosistico ed era in difficoltà sul registro acuto, che anche in Baker è carente. Stile tra l'altro ripreso in Italia da Rava e qui il cerchio si chiude.

    Comunque è anche questione di gusti e opinioni ed è giusto siano divergenti...

    In un momento di intimismo chi non mette su un pezzo di Baker che canta con la sua voce un po' sbilenca!!!!
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  11. #11
    Si sono susseguiti molti "capisaldi" nel corso della storia del jazz... ognuno con il proprio ruolo all'interno della storia.
    Se consideri il jazz come un "linguaggio"... puoi identificare chi si "limitava" a raccontare storie, chi "a dipingere scene"... ma c'è anche chi "evolveva il linguaggio".

    Su un piano qualitativo... semplicemente non si possono usare gli stessi metri di confronto per figure/personalità molto differenti, che hanno avuto ruoli molto differenti.

    Ed è il motivo per cui tanti "critici musicali" moderni non capiscono letteralmente un cazzo.
    Si può magari discutere sull'influenza che hanno avuto queste personalità nel jazz di oggi... e di conseguenza si può discutere su che influenza avranno le figure di riferimento odierne sul jazz di domani.

    Chet Baker (o anche Tony Scott) erano osannati in Italia, perchè giustamente un conto è leggere la storia da un libro... un conto è avere uno che l'ha vissuta in prima persona e che te la racconta. E c'è una bella differenza.

    Il resto credo sia una questione di estetica musicale e di gusti personali.
    Io per esempio annoierei di più ad ascoltare un disco di ballad di Chet Baker che non un disco hard bop di Kenny Dorham, Blue Mitchell, Donald Byrd (per non dire Clifford o Lee Morgan... o Freddie Hubbard).

    ----
    Umbria Jazz, come festival, si è evoluto tantissimo... il peso di Arbore nell'organizzazione musicale credo sia risibile.
    La programmazione rimane sempre di livello.
    Ma il jazz è libero mercato... e un jazzista che vuole fare il jazzista di sicuro non può aspirare di vivere come un dipendente pubblico (che può svolgere bene o meno bene la propria mansione... ma comunque rimane "intoccabile").
    Ogni tanto sui social network (e non solo sui social network) vengono fuori piccole scintille di polemica... poi però vai a vedere la produzione artistica di chi "accede gli animi" e spesso capisci che non ci sono fondamenti per alimentare la discussione.

    Per quel che mi riguarda... ci sono grandi musicisti che producono musica adatta ai club e musica adatta ai grossi palchi, ma le cose non sono spesso intercambiabili.

  12. #12
    i gusti sono gusti ed ha poco senso parlare dei propri.
    Ma il concetto che Chet Baker o Davis fossero " tecnicamente limitati" è fuorviante e aggiungerei risibile.
    ancora oggi intere frotte di trombettisti e non solo provano a toccare le stesse vette studiano il linguaggio ed il suono e l'armonia ecc.. e questo accade un po in tutto il mondo non solo in Italia.
    In italia il trombettista jazzista più dotato tecnicamente probabilmente e Bosso e provate a chiedergli se non ha studiato pure lui qualche solo del grande Chet.
    Oltretutto anche noi sassofonisti possiamo trarre grandi lezioni dal modo di suonare di questi due.
    proprietà di linguaggio.
    conoscenza degli accordi e loro estensione
    armonia .
    logica improvvisativa ecc eccc...
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    ancia di plasticazza (bari) m

  13. #13
    Citazione Originariamente Scritto da fcoltrane Visualizza Messaggio
    i gusti sono gusti ed ha poco senso parlare dei propri.
    Ma il concetto che Chet Baker o Davis fossero " tecnicamente limitati" è fuorviante e aggiungerei risibile.
    Dipende in che termini...
    L'errore è il metro di paragone. Non ha senso fare paragoni.
    Baker e Miles avevano un'estetica diversa. Era inutile confrontarli con Dizzy o altri virtuosi dell'epoca.

    Però il fatto di avere più tecnica ti offre più possibilità di linguaggio.
    E infatti poi chi ha più tecnica generalmente ha più "lavoro" o è più versatile.

    Ma comunque anche questa cosa non va confusa con il fatto che Miles Davis non avesse bisogno di cacciare fuori semicrome a 280 bpm per 40 secondi...


    Citazione Originariamente Scritto da fcoltrane Visualizza Messaggio
    Oltretutto anche noi sassofonisti possiamo trarre grandi lezioni dal modo di suonare di questi due.
    proprietà di linguaggio.
    conoscenza degli accordi e loro estensione
    armonia .
    logica improvvisativa ecc eccc...
    Studiare il fraseggio di altri strumenti (in generale) aiuta tantissimo a svincolarsi da quella che è la "geometria" propria dello strumento... aiuta a rompere gli schemi e ad ampliare la propria visione.

  14. #14
    Forse mi hai frainteso Miles è Miles e non ho detto che era tecnicamente limitato quanto che non era supertecnico come Hubbard ad es. poi musicalmente è stato uno dei 4 o 5 musicisti più influenti del Jazz e secondo me in assoluto il più importante avendo praticamente fatto da caposcuola per 50 anni. Se vogliamo anche la svolta elettrica che a me non piace per niente può essere inquadrata nella sua vocazione al rinnovamento continuo. Monk suonava con una tecnica anticonvenzionale e anche la sua musica lo era. Un sound molto ostico e dissonante, difficile da seguire (io non lo reggo più di 5 min.), però ha scritto alcuni fra gli standard più importanti del Jazz. Circa la tecnica di Coltrane e Parker, quanto meno sulla diteggiatura nulla questio. Parker aveva praticamente le mani fuse col sax, movimenti impercettibili e frasi velocissime e melodiche. Lo stesso si può dire di Coltrane quando scarica arpeggi e scale ad elevata velocità sia nel modale, più monotono, sia su giri armonici e cambi tonalità come in Giant Steps ad es.
    Armstrong appartiene al Jazz tradizionale, di cui non sono esperto, ha imparato a suonare la tromba in riformatorio e a leggere la musica sulle orchestrine da ballo dei battelli che solcavano il mississipi, un grande si, però siamo lontani dalle vette che toccheranno Davis e compagni qualche decennio più tardi...

    Umbria Jazz negli anni 90 aveva in cartellone quel poco di grandi del Jazz rimasto in circolazione, erano altri tempi. A dare un occhiata oggi mi sembra che il genere si sia spostato sulla pop music o world music e sia allontanato un bel po' dal Jazz propriamente detto, però non vado a Perugia da 15 anni...Li ho visto Getz, Gilberto, Thredgill...
    Arbore è un galantuomo, grande showman, ho paura che però per lui il Jazz si riduca alla marching band di New Orleans...
    Bosso è molto tecnico e difatti suona cose che Rava non riuscirebbe a fare, poiché Rava per sua stessa ammissione ha imparato a suonare la tromba a orecchio...Con questo non voglio dire che non sia bravo e Bosso sia superiore sono diversi. Bosso ha dichiarato di considerare Chet un genio...però come ho già sostenuto gli italiani lo hanno forse un po' esaltato.
    That's All....forse
    sax tenore grassi professional 2000 - berg larsen 105 sms - ance vandoren n. 2

  15. #15
    mi ero scordato una cosa...io sono un dipendente pubblico è vero ho un posto fisso e lo stipendio sicuro, però invidio i jazzisti che possono alzarsi quando vogliono, lavorare divertendosi in un ambiente stimolante, in giro per il mondo....
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