Ciao,
Da mesi non toccavo il sax, un po' perché sono stato male a lungo, un po' perché ho preso il vizio del flauto, e mi sono ostinato a prendere note sempre più alte – nemmeno fosse una sfida tra me e la famiglia di pipistrelli che abita qui vicino.
Stasera avevo voglia di una cosa di forza, non di delicatezza, e così ho agguantato la valigetta del soprano. In un certo senso mi aspettavo di peggio: montata un'ancia da 3 1/2, le prime note sono uscite. Addirittura ho preso senza problemi il Re e il Re# acuti (note del castelletto). E con un po' di lavoro ho riconquistato le note basse, fino al ritroso Sib.
Il fatto è che il suono era, quasi invariabilmente, brutto e incontrollabile. Ho lavorato tutta la sera sull'emissione, concentrandmi su quel fatidico bordino dell'ancia, quel punto di inizio turbolenza. Doveva essere un confronto tra il fondo dei polmoni e quella laminetta in vibrazione. Un po' l'ho domata, ma tutt'altro che abbastanza. Ho reimparato qualcosa sull'imboccatura, e certamente i mesi passati con il solo flauto, come un ritiro di meditazione, hanno affinato la sensibilità per le sfumature, il controllo minuzioso sul respiro.
Insomma, tornare al sax (perlomeno al soprano) è sempre un lavoro difficile. Bello, perché ci si accorge subito di quanto lo strumento costringa a dare interamente se stessi, a dare un senso all'idea di "pienezza di suono", "vigore", "controllo di un'immensa potenza". Ero nei pressi del porto, e quanto ho provato il Sib grave ad ancia libera e a pieni armonici ho temuto che qualche nave decidesse di mollare gli ormeggi.
Paolo