Caro Max, è vero, è dura. Per chi non è figlio di imbucati è sempre più dura. Chi ha il lavoro passa quasi tutto il tempo (bisogni a parte: ma qualche azienda ha regolato anche quelli) immerso nel lavoro. Per mangiare, fare un minimo di moto, studiare, suonare un po', resta pochissimo tempo, ed è tempo di bassa qualità: si è stanchi, sfiniti, e già si pensa al momento di ritornare al lavoro.

Chi il lavoro non ce l'ha - beh, se non ti sequestrano gli strumenti, al massimo si può suonare solo con rabbia.

Ma poter suonare è anche un privilegio. Non tutti hanno l'illuminazione di dedicarsi alla musica, e magari passano il tempo in modo più inutile di noi. Una sequenza di note intonate è una ricompensa enorme. Dà un'enorme energia. Anche le note lunghe: sono esercizi di respirazione, cioè la base di un ritrovato rapporto con noi stessi. Emanuel Pahud (flautista dei Berliner) dice che non sono tanto le note lunghe a servirci, ma note lunghe che vanno verso altre note lunghe. Insomma, il respiro che forma un'azione, un movimento, musica. Coscienza di un atto, consapevolezza di un'azione fisica che ha trasformato il respiro in un frammento di musica. Ha più senso dello yoga.

Non mollare: nella tua cantina, al riparo da orecchi indiscreti, stai vivendo. Portati qualcun altro che sta studiando come te, e scambiatevi ritmo e armonia.