Sto studiando la Sonata in Sol minore di Händel (HWV364a, Op. 1 No. 6), e ne sono contentissimo. Ecco alcune osservazioni su un brano del genere usato a scopo didattico:

1) Poiché esistono molte interpretazioni dell'originale, è possibile confrontare direttamente il sax soprano con il violino, scoprendo una delle tante possibilità di questo versatilissimo strumento.

2) Mentre si studia, si può analizzare un brano musicale scritto benissimo. Ad esempio, il numero 25 dei Cinquanta studi facili e progressivi di Lacour si basa su due fondamenti: l'accordo di settima diminuita e la progressione cromatica - entrambi cascami di una banalizzazione della tradizione lisztiana filtrata nei tic della cattiva composizione del XIX e XX secolo. Le figure sono sempre le stesse, per paura di rompere una simmetria che è l'unico succedaneo di un'architettura altrimenti assente.

Nella Sonata di Händel si trovano chicche di invenzione: dall'inversione del moto degli arpeggi (per prima la nota mediana, poi la nota bassa per prima...), alla polifonia interna agli accordi (alto che scende e grave che sale), progressioni vivaldiane (salita di grado e improvvisa rottura), ecc. - è un piacere anche solo leggere una partitura del genere.

3) Si tratta di un vero brano musicale, in cui le varie parti hanno una giustificazione narrativa (alternanza di tempi lenti e veloci, rigorosi o liberi). L'Adagio (terzo tempo) è il classico miracolo barocco: dalla chiusa in Sol minore del tempo precedente si passa, con la sostituzione di una sola nota, ad un Mi bemolle maggiore dal carattere sospeso - su cui il solista è libero di improvvisare - per scivolare lentamente verso un Re maggiore conclusivo (molto ritardato da una preparazione estenuata che si propaga dalla misura precedente), che prelude come quinto grado al Sol minore del tempo finale.

4) Si può studiare un po' di storia della musica: l'Adagio non va letto così com'è. Sono note nude su cui si appoggia l'improvvisazione. In un mondo accademico che spesso prepara lettori automatici di note, è un bell'esercizio di apertura mentale.

5) L'interpretazione è impegnativa. Salti di dinamica, fraseggio continuamente variato, articolazioni che cambiano ogni due note (legato, staccato). Le triadi arpeggiate sono fantastiche formule per esercizi meccanici, che in massima parte non compaiono nel Londeix e sono non musica ipotetica, ma musica reale. Il Si maggiore arpeggiato mi sta davvero divertendo, e mi diverte studiarlo pensando che non si tratti di una semplice formula, ma di un accordo che precede il successivo accordo di Mi minore (come si esce da questo accordo, come si scivola su quello dopo?).

Evviva i classici, di qualsiasi epoca essi siano - comunque classici, musica, fatica ripagata!

Paolo