Ciao ptram,

di istituzionale nel mondo del sax per fortuna non c'è nulla: il sax è uno strumento relativamente "giovane" che subito dopo la sua invenzione è stato quasi totalmente dimenticato per poi essere riscoperto nel Jazz e nelle avanguardie europee.

La didattica per sax "classico" (termine poco utile per definire uno strumento che non ha MAI vissuto il classicismo e che ha toccato in modo del tutto marginale e indolore l'800) è purtroppo nella maggioranza dei casi inutile. A parte i testi del Londeix che più che essere un metodo vuole fornire un "metodo di lavoro" valido in realtà a qualsiasi livello e qualsiasi età, il Top Tones di S. Rascher indispensabile per la cura del suono e dell'emissione e qualche sporadico testo "illuminato", la maggior parte dei libri didattici per saxofono sono quasi inutili per vari motivi: spesso propinano roba di autori che più minori non si può (quanti di voi conoscono Berbiguier o Samie???), di conseguenza dal dubbio valore musicale, quindi no lavoro sull'interpretazione; molti testi sono poi scritti nelle tonalità cosiddette "facili" impigrendo di fatto l'allievo e abituandolo a "gerarchizzare" le tonalità in facili, meno facili e difficili, approccio da evitare come la peste soprattutto se un domani si vuole iniziare uno studio serio dell'improvvisazione; molti testi non presentano difficoltà ritmiche degne di nota ma sono pagine e pagine di quartine di semicrome, spesso sempre con la stessa articolazione e nello stesso tempo; dinamicamente tendono a polarizzarsi su dinamiche che vanno dal piano al forte dimenticando che uno dei punti di forza del sax sono proprio le dinamiche "estreme"; nella maggior parte dei casi sono trascrizioni di metodi scritti per altri strumenti di conseguenza raramente toccano le problematiche "reali" del saxofono.

Quindi, ptram, non solo ti dico che il tuo approccio allo studio del linguaggio "colto occidentale" è condivisibile, ma aggiungo anche che nel percorso di studi che propongo preferisco evitare a piè pari tutti i testi a parte i pilastri sopra elencati preferendo far studiare:

1) repertorio originale a patto che sia interessante (no ad esempio gli epigoni francesini tutti uguali e buoni per muovere le dita). Mi concentro di solito sui capisaldi del repertorio: Debussy, Hindemith, Jolivet etc...
2) trascrizioni di grandi autori del passato. Ai livelli medi e avanzati amo molto sottoporre ad esempio la Partita in la minore di J.S. Bach per flauto come anche la Sonata di C.P.E. Bach o le 12 fantasie di Telemann. Preferisco ricorrere al repertorio per fiati (e ce ne è davvero una caterva) ed evitare di affrontare la musica per archi poiché fortemente idiomatica (trovo controproducente studiare ad esempio le Suite per violoncello di Bach in quanto, fermo restando il fatto che sono un monumento della musica di tutti i tempi, sono strettamente correlate alla tecnica e all'acustica del violoncello).