Non essendo un letterato, per me non è tanto facile descrivere le emozioni che mi dà la musica e sicuramente sarò abbastanza impreciso ...
Come punto di partenza riporto una frase di Gustav Mahler che così descriveva il suo lavoro: "In una sinfonia io costruisco un mondo". Ecco la prima cosa che mi ha sempre affascinato nella musica è questo: un viaggio in un altro mondo e la prima conseguenza è che ho sempre preferito le forme estese. La canzonetta o il pezzo da 3 minuti mi dice poco anche se è un capolavoro. Al contrario, un assolo di Coltrane di 20 minuti, anche sconclusionato, infarcito magari di errori tecnici, mi dà un'emozione fortissima perché in qualche modo lo sto seguendo nel suo viaggio verso qualcosa (che cosa sia poi non riesco a spiegarlo ...). Quindi ho apprezzato il progressive perché aveva questa propensione ai grandi affreschi, delle sinfonie ho già detto, mi piaceva il Miles Davis elettrico dei concerti in cui la musica continuava ininterrotta per più di un'ora, ecc...
Per la seconda fondamentale caratteristica della musica che mi piace mi rifaccio anche qua ad una frase di un grande musicista, questa volta contemporaneo e di estrazione jazzistica, Henry Threadgill, che ad un giornalista che gli chiedeva perchè la sua musica fosse sempre così "ruvida", "dura", rispose che il mondo che lui vedeva era così: duro, violento dove i deboli sono sempre sconfitti, come poteva lui fare una musica diversa se quello che vedeva era solo dolore? Io questo "dolore" del mondo lo vedo esprimersi in musica in due aspetti per ognuno dei quali faccio due nomi: Albert Ayler e John Surman. Nel primo c'è la rabbia per quello che di brutto c'è in questo mondo nel secondo c'è una nostalgia per un mondo diverso. La via di mezzo ad esempio la vedo in un Wynton Marsalis, per cui il mondo sembra andare benissimo così com'è ed infatti la sua musica (aldilà delle indubbie capacità tecniche) mi dice poco.
Non so se si capisce qualcosa ... :D