Ciao a tutti e scusate il periodo di silenzio, ma ero con gli Atem per un master nelle marche (peraltro andato benissimo).

Crine, come spesso accade hai centrato appieno il nocciolo della questione: perché, pur notando da subito le immense capacità dello strumento, pochissimi compositori dell'epoca degni di nota si sono impegnati a scrivere opere per sax mentre abbondano pagine pressoché inutili (e ad oggi poco presentabili) di variazioni e variazioncine su temi d'opera di valore musicale pari al nulla soprattutto se paragonate alle pagine dei grandi compositori romantici contemporanei?

Dirò di più: perché per avere le prime pagine di un certo rilievo dobbiamo attendere l'azione di una ben nota mecenate, ovverosia la Elise Hall? Peraltro a detta delle cronache del tempo (prima fra tutte la testimonianza di Debussy) pare che la Hall non fosse una brillante interprete ma piuttosto una appassionata fervente (oltre che facoltosa in quanto poté permettersi le onerose paghe per le commissioni). Che non fosse una brillante interprete è testimoniato dalla scrittura di queste opere: lo strumento viene utilizzato quasi esclusivamente in passi lenti e cantabili e quasi sempre nel registro comodo (vedi la Rapsodia di Debussy o il Chorale Variée di D'Indy). Opere precedenti all'azione della Hall sono molto più complesse dal punto di vista tecnico e fanno ampio sfoggio delle qualità virtuosistiche dello strumento (vedi i brani di Demersseman).

Dal mio punto di vista la risposta è la seguente e secondo me ce la tiriamo dietro ancora oggi: gli strumenti che gravitano attorno alla musica bandistica oggi come allora rappresentavano un business miliardario. Pensate che chi si accaparrava gli appalti per rifornire le orchestre di fiati dell'epoca (come di oggi, ci tengo a sottolinearlo) firmava contratti miliardari in quanto doveva rifornire centinaia di corpi bandistici (la sola francia vantava oltre 50 bande militari più le relative fanfare). Di conseguenza le problematiche che fanno capo a un sistema organizzato in questo modo riguardano più l'industria che non aspetti legati all'arte e al fare musica. La produzione musicale (oggi come allora) di conseguenza deve essere diretta, di facile ascolto e deve mettere in luce le potenzialità "esteriori" dello strumento: insomma variazioni su arie d'opera a gogo.
A mio parere è triste dirlo ma tale atteggiamento ce lo portiamo dietro ancor oggi. Basti pensare che ad esempio le pochissime pagine di rilievo scritte per il nostro amato strumento restano ignote e sono rimaste sepolte nelle biblioteche di conservatori e accademie per decenni (vedi ad esempio il Konzertstuck di Hindemith che è rimasto ineseguito per oltre 40 anni, ma ce ne sono decine di esempi). I cosiddetti "grandi interpreti" preferiscono ricorrere ancor oggi (e siamo nel 2012) a trascrizioni dagli archi o dal clarinetto piuttosto che suonare opere originali di rilievo.