Decisamente apprezzabili le "finestre interpretative" di MyLadySax...credo, tuttavia, che una serie di dinamiche storico-culturali abbiano contribuito a spostare l'evoluzione del linguaggio jazzistico in Europa: il "free" degli anni '60 (quello di Coltrane, Ayler, Taylor, Coleman ecc.) è stato l'ultimo aspetto estremamente nero, alternativo e fortemente politicizzato della musica afro-americana.
A onor del vero, credo che certe attribuzioni "politicizzate" siano state (in piu' casi) strumentali piu' che effettive: quando i giornalisti domandavano a Coltrane, se la sua musica esprimesse la rabbia e la frustrazione dei nero-americani...Trane, rispondeva parlando di pace universale, di amore...non certo, di "orgoglio nero" o lotta armata, cara ai "Black Panthers"...Inoltre, bisogna dire che solo la "borghesia nera" e una certa "intellighenzia bianca", borghese di sinistra e/o "radical-chic", apprezzava il "free-jazz"...la "base" degli afro-americani si identificava musicalmente maggiormente con le forme del "rythm and blues" e "soul" sofisticato dell'epoca...Successivamente, tutti i musicisti che contribuirono a far nascere la Scuola di Chicago (AACM), manifestarono un'intenzionalitÃ* socio-didattica e motivazioni artistiche sempre piu' sperimentali...il movimento d'avanguardia afro-americano si trasformò in un'organizzazione istituzionale...con tutto il gran polverone e "ambiguitÃ*" che ciò generò...gran confusione tra tecnologia e progresso, apertura verso tutti i generi musicali e nello stesso tempo idee di chiusura (non solo musicale, ma anche umana...), gesti apparenti e idee piu' o meno abbozzate o contradditorie...la fine di ciò che il jazz era stato...
Ovviamente, ciò ha comportato, negli USA, un cambiamento significativo di "percezione/fruizione" del jazz: perduta la sua "diversitÃ*", non riflettendo piu' una visione o "modalitÃ* spirituale" del "sentire"...riuscirono a "sopravvivere" solo quei musicisti e quelle forme "jazz" funzionali ad un mercato in grado di trasformare sogni ed utopie in prodotti vendibili su larga scala, caratterizzati da una professionalitÃ* il cui "accademismo manieristico" era diventato l'unico segno distintivo: sotto questa luce è possibile inquadrare tanto i fenomeni musicali "estetizzanti" degli anni '50 dei vari Brubeck, Mulligan, Modern Jazz Quartet ecc. quanto quelli piu' recenti di Marsalis, Sanborn, Brecker, Kenny G. & C.
L'Europa era così diventata l'ultimo approdo per quei musicisti che intendevano proseguire la loro "ricerca" e nello stesso tempo volevano continuare a lavorare con la loro musica e non con ciò che il "mercato" imponeva: l'antesignano di tale "emigrazione" fu Eric Dolphy...a seguire Lacy, molti esponenti dell'AACM (per la cronaca...l'Art Ensemble of Chicago nacque occasionalmente per una tournée europea nel '78...per il successo inaspettato che ebbero soprattutto a Parigi, decisero di rimanere insieme...il resto è storia!) ma anche musicisti della "vecchia generazione"...uno fra tutti, il grande "giramondo" Tony Scott!
A mio avviso, la figura di Dolphy è stata il "nume tutelare" di tutti gli sviluppi d'"avanguardia" che il jazz ha avuto in Europa e non solo...il multi-strumentismo, la ricerca timbrico-formale, l'esplorazione strumentale verso le "fascie ardite", il vorace interesse verso le forme "colte" quanto per le tradizioni musicali "orali"...dopo di lui, un'infinita schiera di musicisti adotteranno il clarinetto basso (Breuker, Brotzmann, Portal, Trovesi, Surman, Pilz ecc.)...
Olanda e Germania, in primis, (soprattutto perchè questi Stati offrivano sovvenzioni economiche ai loro "free musicians") (seguite poi, dalle altre nazioni europee) iniziano ad "elaborare" l'idea di un "jazz nazionale": il "free" aveva liberato il jazz da una vasta gamma di "doveri rituali" e quindi poteva ora essere "interpretato" dai musicisti europei come emancipazione dalla radice nera, affrancandoli dal dover imitare i grandi della storia del jazz...la pratica musicale dadaista del duo Mengelberg/Bennink (sezione ritmica europea di Dolphy)...il teatro musicale irriverente di Breuker...l'estremismo "fonico" di Brotzmann...diventano i "simboli" di un "nuovo agire musicale" che contaminerÃ* l'intero Vecchio Continente...
Il recupero di materiali musicali di varia provenienza diventa il nuovo modo di considerare la musica...negli anni '70, il "settorialismo" è cancellato... complice un certo populismo demagogico, all'epoca imperante, della libera espressione...e il proliferare dei "circuiti alternativi"...il pubblico giovanile viveva la musica senza suddivisioni o sottospecificazioni di genere: per cui, lo stesso pubblico lo si trovava ad un concerto "free", ad un concerto di musica contemporanea, folk, rock o cantautorale... La musica europea basata sulla libera improvvisazione nata con il contributo degli "esuli americani" si caratterizza nella gestione diretta del proprio lavoro (autoproduzione) al di fuori dell'industria commerciale e nella solidarietÃ* cooperativistica fra i musicisti...senza l'Europa, musicisti come Braxton, l'AEOC e tanti altri...non avrebbero raggiunto una certa agiatezza economica, nè sarebbero diventati famosi...