Raccontare una storia o puntare all'effetto: due modi opposti di concepire l'improvvisazione.
Io preferisco il primo.
E voi?
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Raccontare una storia o puntare all'effetto: due modi opposti di concepire l'improvvisazione.
Io preferisco il primo.
E voi?
eheheheh magari una bella storia ad effetto. :D
ciao fra
quando l'improvvisazione si trasforma in una dimostrazione di virtuosismo tecnico (esasperata ricerca dell'effetto) allora molto meglio raccontare una barzelletta se in quel momento non si ha una buona storia. :mha!(
Per me, conta solo la storia. L'effetto deve essere funzionale alla storia, se no è fine a se stesso.
se posso permettermi,di solito chi parla così O sa essere anche virtuoso,o lo fa per convenienza perchè NON sa suonare virtuosamente. Nel secondo caso è lecito porre la domanda...
E' come il bluesman che dice che l'armonia è merda e che il blues è libero ma conosce solo una pentatonica e non saneppure gli accordi che girano in quelle 12 battute.
Beata ingnoranza! Sono curiosissimo di sapere di più sull'improvvisazione :half:
Ma putroppo ancora non ci capisco niente di quello che dite :zizizi))
Anche le storie bisogna saperle raccontare... in genere l'improvvisazione ha sempre qualcosa di magico che nessuno sa definire; è un pò come la vita che si crea con i musicisti nel momento in cui si svolge l'improvvisazione... come fai a definirla? Io cerco di godermela fino a quando ne ho da godere poi... bye!
per me e' come dice luiCitazione:
Originariamente Scritto da fcoltrane
l' importante è fare un bel solo alla fine... per me l'improvvisazione è un commento, riguardo a un tale pezzo il solo che farò dimostrerÃ* che cosa penso di quel pezzo. oppure sviluppo delle idee... secondo me "raccontare una storia" è un po' astratto come modo di concepire un solo... poi dipende che cosa ti dice la tua coscenza! la mia mi dice:"fai un solo soggettivamente e oggettivamente bello, cerca di stupire gli altri (e te stesso se ci riesci). sii preciso e marziale, non lasciare nulla al caso!) :D
Avete presente i grandi del jazz, come dire i musicisti che il jazz lo hanno creato, come Louis Armstrong o Sonny Rollins? Forse che non sapevano suonare? Certo, la tecnica di Armstrong non era quella di Winton Marsalis, ma tutto va contestualizzato.
Mi meraviglia sempre il senso architettonico, di superiore intelligenza musicale, degli assoli di questi geni musicali, assoli che hanno davvero un inizio, uno svolgimento e una conclusione, con idee che si concatenano in maniera logica e coerente, come il discorso di un grande retore.
Certo che l'"effetto" è di per sè prova di virtuosismo e personalmente non ho nulla contro chi ha una buona tecnica, nella misura in cui l'"effetto" non resti "effetto" fine a sé stesso.
D'altronde, il discorso è alquanto complesso, perché il virtuosismo oggi è legato ad un certo approccio di matrice in ultima analisi accademica, per cui un Thelonious Monk resterebbe fuori dalla cerchia dei virtuosi. Ma quante storie sapeva raccontare!!! In fondo, l'improvvisazione è o non è una sorta di composizione istantanea?
Non mi si fraintenda: non sono uno che scrive certe cose perché non sa suonare, ma esprimo semplicemente la mia concezione della musica, cioè i presupposti su cui la mia musica si baserebbe comunque, anche se, come mi piacerebbe, suonassi molto meglio di come suono.
Gunther Shuller e musicologi italiani anche importanti, come Marcello Piras e Stefano Zenni, hanno espresso i medesimi concetti!
Se per "effetto" intendi il virtuosismo tecnico, secondo me dovrebbero essere l'uno funzionale all'altro e strettamente complementari, non sostituti..
Un assolo di Coltrane sarebbe stato bello anche se avesse tenuto la tessa note per 2 minuti così come se Chet Baker avesse iniziato a fraseggiare hard bop!
Rimanendo sulla metafora della storia io posso raccontare cappuccetto rosso con un linguaggio aulico e ricercato oppure la divina commedia con un linguaggio terra terra, la storia non cambia, può solamente migliorare o peggiorare leggermente..
Più che la storia o l'effetto in se secondo me è necessario puntare sull'intenzione!
Se non sono io per primo che credo a quello che stò raccontando difficilmente potrò stupire chi mi ascolta, indipepndentemente dalla storia o dala ricercatezza del linguaggio
si ma nessuno di essi suona! ;) poi per caritÃ* la logica improvvisativa dei grandi non si tocca! nessuno dice che il saper mitragliare 200 note al secondo serva a fare un buon solo! però c'è differenza tra un grande solista che le sa fare da un altro grande solista che non lo sa fare! io penso che, per poter esprimere improvvisando esattamente quello che si vuole, una tecnica solida sia fondamentale!Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
La metafora del racconto di Cappuccetto Rosso o della Divina Commedia non è calzante, perché si tratterebbe di raccontare una storia che altri hanno giÃ* concepito, per cui il racconto, rispettivamente, con un linguaggio aulico e terra terra è assimilabile piuttosto ad una elaborazione: come il lavoro di Gil Evans su "Up from the Sky" di Jimy Hendrix.
Invece, sono calzanti sia Cappuccetto Rosso che la Divina Commedia, se considerati nella trama interna così com'è stata pensata dai rispettivi autori: sia la fiaba che il poema, pur nella loro distanza siderale, hanno un senso preciso che nasce anche dalla costruzione, frase dopo frase, evento dopo evento, di un qualcosa che alla fine si regge saldamente in piedi.
D'altronde, ciò non contrasta col fatto che la Divina Commedia è un capolavoro solo in quella veste formale che Dante ha voluto, per cui la peggioreremmo assai più che leggermente, se volessimo raccontarla, ad esempio, con il linguaggio di tutti i giorni.
La musica non nasce sulle dita o sulla lingua, ma nella nostra mente, per cui l'intenzione è effettivamente di fondamentale importanza. L'intenzione, però, va tradotta in un gesto e a questo fine occorre appunto la tecnica. Chi ne possiede oltre un certo grado è un virtuoso.
Naturalmente, ciò vuol dire che era un virtuoso anche Thelonious Monk, che non sarebbe stato in grado di affrontare con sufficiente destrezza il Mozart più elementare, ma era in grado di tradurre esattamente in suoni tutto ciò che concepiva.
Ma, a parte questa considerazione, io apprezzo la tecnica e ancor più il virtuosismo, appunto nella misura in cui è uno strumento finalizzato a porre in essere i gesti necessari per raccontare una storia, piccola o grande, come Capopuccetto Rosso o La Divina Commedia o Giant Steps. Non l'apprezzo, se si risolve in una sequenza di effetti speciali che vogliono soltanto significare "quanto sono bravo"!
Ti basta andare su Wikipedia per leggere quanto importante sia stato Schuller non solo come padre di tutti i teorici del jazz, ma anche come musicista.Citazione:
Originariamente Scritto da Jacoposib
Zenni non lo so, ma Piras è diplomato in pianoforte.
Anche molti musicisti, come Carlo Cattano, che è stato mio maestro (e maestro di Francesco Cafiso), condividono gli stessi concetti e, se è vero che i grandi erano capaci di improvvisare in maniera logicamente coerente, penso che condividessero pure loro.
Per me, comunque, non si tratta di suonare o non suonare 200 note al secondo, ma solo di suonare ciò che veramente si è in grado di concepire nella propria mente, che le note al secondo siano 200 o soltanto una.
Durante un corso di musica d'insieme a Siena, Enrico Rava disse ad un mio amico chitarrista che stava suonando un sacco di note: se non hai niente da dire, taci!
Era quello che volevo dire, tecnica e racconto devono essere complementari. Non si sceglie di puntare sull'uno o sull'altro. se qualcosa manca si sente.Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
Puoi avere tanto da raccontare ma se il vocabolario è poco ricco è un limite, se hai un gran vocabolari e niente da ire è lo stesso un limite. E secondo me è qui che si vede l'artista (nel vero senso della parola non l'abuso che viene fatto oggi del termine).
Se Ho qualcosa da raccontare cerco i mezzi migliori per raccontarlo al meglio. E i grandi, ognuno con i propri mezzi, chi con la tecnica, chi con l'innovazione, con la sperimentazione, chi con il naturale talento, hanno fatto tutti così
Puoi avere tanto da raccontare, ma se il vocabolario è poco ricco è un limite: giusto!
Ma è anche vero che puoi avere un vocabolario ricchissimo e pur tuttavia avere poco o nulla da raccontare: è quanto accade alla maggior parte dei virtuosi di oggi!
Sacrosanto!Citazione:
Originariamente Scritto da FaX
Secondo me la tecnica dev'essere assoggettata all'intenzione, e direi che in questo modo definisce il Virtuosismo: esempi eclatanti sono Coltrane e Parker; quest'ultimo usava una tecnica spaventosa per esprimere la propria musica, e per quelli che non la capivano e lo tacciavano di tecnicismo rispondeva che era un espediente per evitare di essere facilmente copiato!
;)
non è vero. Monk era un pianista con una tecnica solidissima. proprio zenni durante una lezione di Analisi sfatò questa diceria sulla presunta mancanza di tecnica di Monk.Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
beh Rava è famoso per questo. oggi mi sono tirato giù l'assolo di sonny stitt e di sonny rollins di "on the sunny side of the street" del disco "sonny side up" (se siete davvero tenoristi dovete averlo). entrambi i soli di un solo chorus sono meravigliosi e finemente strutturati. io mi chiedo come si faccia a dire che puoi esprimere qualsiasi cosa tu voglia se non sviluppi una tecnica solida? per fare un solo molto lontanamente bello e complesso come quelli sopra citati è impossibile! il fatto è che magari non si riesce a concepire facilmente frasi di sedicesimi, passaggi complicati ecc. la tecnica di un jazzista è funzionale a quello che vuole suonare! che vuol dire fare un sacco di note??? è una cavolata! non è per forza detto che se fai un sacco di note fai schifo mentre che se ne fai una vai bene! c'è un sacco di gente che o perchè non ha volglia di studiare a fondo la tecnica strumentale o non riesce a concepire frasi di sedicesimi o addirittura di ottavi si nasconde dietro alle poche note ben ponderate (che spesso non sono in timing, sono banali, ...). i soli dei due Mitici Sonny sono pieni di sedicesimi e soprattutto Stitt, come direbbe Rava, fa un sacco di note! senza tecnica non ne sarebbe stato capace! fare note a caso è un conto, ma dire che i virtuosi mostrano solo i muscoli secondo me è sbagliato. conosco molta gente che fa poche note (a caso). poi ritornando sul discorso "raccontare una storia", senza una tecnica infallibile non so come ci si possa riuscire in pieno! sarebbe come appunto cercare di raccontare una storia avendo a disposizione un vocabolario limitato, costretti a usare sempre le solite parole! prendete Chris Potter (se ne potrebbero prendere come esempio tanti altri ma secondo me lui è maggiormente rapparesentativo): i suoi soli sono di una logica pazzesca, prende un modello e lo sviluppa in ogni modo possibile. non potrebbe fare ciò se non avesse una tecnica poderosa! a volte una certa idea magari stravolta all'eccesso lo porta a dover fare passaggi difficili, veloci, molto acuti, ecc. e lui lo fa! ;)Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
poi non confondiamo tecnica con velocitÃ* delle dita!
Anch'io penso che Monk avesse una tecnica solidissima, ma, prescindendo dalle basi, funzionale alla propria musica e assolutamente inadeguata a suonare, per fare l'esempio di un pianista suo contemporaneo stilisticamente agli antipodi, come un Lennie Tristano, la cui tecnica era di tipo fondamentalmente accademico.Citazione:
Originariamente Scritto da Jacoposib
D'altronde, nessuno potrebbe suonare come Monk.
E' il concetto di tecnica che va rivisto: oggi è tecnica solo quella di derivazione accademica, un tempo - e Monk è solo uno degli esempi più eclatanti, cui mi piacerebbe aggiungere Frank Teschemacher e Djando Reinhardt - la maggior parte dei musicisti di jazz si formavano, almeno in parte, in una dimensione orale che restava al di fuori dell'ambito accademico e ciò comportava una inevitabile personalizzazione della stessa tecnica strumentale.
"... Il jazzista lavora per poter esprimere il proprio, personale mondo sonoro: quindi, oltre ad affrontare gli studi regolari dello strumento, è chiamato anche ad inventare tecniche specifiche che concretizzino quel mondo. Per questo nel jazz non esiste un'ortodossia della tecnica: ogni mezzo è possibile e lecito per ottenere il suono desiderato. Ecco allora ... la posizione piatta delle dita di Thelonious Monk ..." (Stefano Zenni - I Segreti del Jazz).
Ed è evidente che gli studi regolari di un Monk si fermano proprio lì dove iniziano quelle tecniche specifiche che hanno concretizzato il suo mondo sonoro.
Questo discorso mi sa un pò di chitarrista metal :lol:Citazione:
Originariamente Scritto da Ctrl_alt_canc
Ognuno si può concentrare su quello che preferisce, a mio parere il virtuosismo fine a se stesso è quanto di più noioso si possa trovare nel jazz. La prima cosa è la comunicazione ed essere sinceri nella propria musica. Charlie Parker era un grande virtuoso ma cavolo se comunicava, John Coltrane non ne parliamo. Però Sidney Bechet non avrebbe mai potuto suonare Giant Steps, eppure... ;)
Con buona tecnica, secondo me, è bene intendere il punto in cui intenzione e prodotto coincidono: ci può volere un sacco di pratica anche per imparare a suonare "male". La prioritÃ* deve essere sempre raccontare una storia, i mezzi scelti (per cui perché no, anche la ricerca dell'effetto), devono essere funzionali a quello che si intende comunicare. Mi viene in mente una frase detta da Dexter Gordon in Round Midnight, film che regala una perla di saggezza dietro l'altra: il protagonista lo trova seduto dietro il locale, mentre cerca di suonare una melodia senza riuscirci "che succede?" gli chiede, e Dexter risponde "non riesco a suonarla, non ricordo le parole"
Ripeto che non si tratta di suonare o non suonare 200 note al secondo, ma solo di suonare ciò che veramente si è in grado di concepire nella propria mente, che le note al secondo siano 200 o soltanto una.
Come puoi esprimere qualsiasi cosa tu voglia se non sviluppi una tecnica solida? Non puoi farlo, ma la questione resta il concetto di tecnica e, quindi, il rapporto tra la propria tecnica, teoricamente anche del tutto eterodossa, e il proprio mondo sonoro.
Il mondo sonoro dei grandi è stato originalissimo ed è stato espresso attraverso una tecnica che si piegava all'originalitÃ* del proprio mondo: ecco perché Colema Hawkins e Lester Young suonavamo in maniera così differente! Ecco perché Steve Lacy suonava poche note e John Coltrane ne suonava tante! Ma entrambi raccontavano una storia personale, erano molto lontani dal dare sfoggio di una tecnica (e di un'abilitÃ* improvvisativa) fine a se stessa (gli effetti!), al di fuori di un discorso intrinsecamente e musicalmente coerente e originale.
ma dai il paragone non calza... un metallaro non sa che farsene di tutta quella velocitÃ*! tanto fa solo scale andate e ritorno alla velocitÃ* della luce! poi Sidney Bechet aveva una tecnica mostruosa! forse non l'hai ascoltato bene!Citazione:
Originariamente Scritto da Olatunji
Era una battuta non un paragone :BHO:
Sidney Bechet è uno dei miei sassofonisti preferiti, mi sa che non hai capito il senso di quello che intendevo dire :mha!(
Occhio a sparlare di Bechet, che sembrava tanto buono e pacioso: a Parigi fu arrestato dopo aver sparato in una gamba ad un passante a Pigalle; veramente aveva mirato ad un pianista dopo averlo sfidato a duello perchè questi dopo aver suonato con lui gli aveva detto che i suoi accordi di quel pezzo erano sbagliati! Certo era meglio al clarinetto o al soprano che con una pistola!
:lol:
Ussignur :lol:
Bechet, meraviglioso sia al clarinetto sia al soprano, che divenne presto il suo primo strumento. Pensate che allora l'intonazione dei sassofoni soprani lasciava molto a desiderare, ragion per cui non li suonava nessuno. Eppure, Bechet aveva un'intonazione perfetta! E che suono! Che espressivitÃ*! Che fantasia! E' stato il primo grande solista di sassofono (giÃ* assai eloquente nelle registrazioni del 1923-24), precedendo lo stesso Coleman Hawkins, e, con pochi altri, Louis Armstrong in testa, uno dei primi in assoluto. Ma, se attribuiamo alla parola "tecnica" il significato accademico di oggi, neppure Bechet era un gran che!
Da medico resto affascinato quando il cervello pensa, le mani vanno, il diaframma spinge la colonna d'aria che viene controllata dalla gola con l'aiuto della lingua. Tutto questo avviene mentre elaboriamo un concetto armonico, lo traduciamo in improvvisazione, la mettiamo in rapporto di interplay con altri suonatori. Poi ci sono le emozioni, il vissuto...
Una roba micidiale.
Come si fa a poter scindere in questo complesso "mondo" di variabili la tecnica dal vissuto, il virtuosismo dalla liricitÃ*.
Parliamo solo di uomini. Parliamo di saxofonisti.
Ogniuno è unico, è irripetibile.
Io tra il raccontare un storia o puntare all'effetto suggerisco che bisogna puntare ad essere l'uomo (o la donna) che devi essere, cioè solo te stesso.
Ma la faccenda è terribilmente complicata (spero solo di avere tempo...).
Bè dopo aver letto tutti i commenti, e ultimo quello di docmax, riesco a visualizzare nella mente un nome che riusciva a dire quello che voleva lui come voleva lui, una o duecento note era uguale, l'intensitÃ* di quello che aveva dentro era ciò che veniva fuori: Massimo Urbani! :half:Citazione:
Originariamente Scritto da docmax
Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
credo però che il discorso si sia spostato: contrapporre una "storia" ad un "effetto " mi sembra facilmente comprensibile, molto meno contrapporlo alla tecnica.
credo sia unanimemente condiviso che la tecnica è solo funzionale all'espressione dell'artista.
ciao fra
Che "la tecnica è solo funzionale all'espressione dell'artista" è esattamente una parte fondamentale del concetto che - con scarsi risultati, ma me ne assumo la responsabilitÃ* - ho tentato di significare fino ad ora.
Va aggiunto, però, che l'espressione dell'artista è espressione del suo proprio modo di concepire, nella propria mente, i suoni (se è un musicista), cioè espressione del suo proprio mondo sonoro.
Insomma, la musica nasce a livello mentale e, attraverso la tecnica, può essere rappresentata all'esterno.
Ora, posto che la tecnica è funzionale all'espressione e questa è espressione del mondo sonoro proprio del musicista, è ovvio che la tecnica deve essere adeguata al mondo sonoro che si vuole esprimere: si pensi alla posizione piatta delle dita di Thelonious Monk, che in tal modo otteneva il suono percussivo che aveva in mente; oppure ai multiphonics del trombone di Albert Mangelsdorff.
L'adeguamento della tecnica alle esigenze espressive del mondo sonoro del musicista al di fuori di ogni regola accademica rigorosa (che è sempre stato del tutto normale nelle musiche di tradizione orale) ha caratterizzato, come retaggio africano, tutta la musica afroamericana e particolarmente il jazz, fino a quando anche il jazz - con i manuali, le scuole e la rottura, in massima parte almeno, dell'oralitÃ* - ha subito un processo di accademizzazione che può dirsi ormai concluso.
Ciò ha portato ad un livello tecnico in media di molto superiore sul piano accademico, ma, se esiste, come personalmente penso, una corrispondenza tra tecnica, espressione e musica interiore, anche ad un appiattimento dei contenuti e ad un irrigidimento del linguaggio in formule, troppo spesso ad effetto.
E' come se il jazz abbia perduto in soggettivitÃ* ed acquistato in oggettivitÃ*, assimilandosi sempre più alla mera esecuzione della musica classica: raccontare la stessa storia che raccontano tutti, possibilmente con una tecnica superiore a tutti, è diventato molto più importante che raccontare la propria diversa storia, con una tecnica anch'essa, all'occorrenza, eterodossa.
Naturalmente, non faccio di tutta l'erba un fascio, ma faccio un ragionamento di carattere generale.
Mi trovi completamente d'accordo su queste tue ultime riflessioni...
Quale mostruositÃ* è uscita dalle tue "ditine" leste grande Jacopo.... :ghigno:Citazione:
Originariamente Scritto da Jacoposib
Per la cronaca Zenni è diplomato in piano classico e si arrangia a saper suonicchiare anche del jazz. ;)
Gunter Schuller (cornista/compositore e direttore) ha suonato in Birth of the cool di Miles... :shock:
@ MyLady: Io studio con Zenni da ormai 3 anni e lui sarÃ* il relatore della mia prossima e quasi imminente tesi di laurea... :muro((((
Ho affrontato più volte il discorso dei primi padri del jazz ed è quasi sempre venuto fuori che i soli nelle incisioni di Armstrong erano praticamente tutte scritte (rinvenuti moltissimi manoscritti). Lui ha inventato un pezzo ed un solo ma poi anche quando suonava dal vivo teneva sempre quel canovaccio scritto e ne modificava alcune parti.
Dire che il Jazz è tutto improvvisato non è corretto...Poi chiaro che con il bebop le cose sono cambiate di un bel pò, ma all'inizio si suonava con dei paletti ben precisi.
Frank.
Questo l'ho notato e lo noto tutti i giorni anche io...ormai è quasi sempre un discorso di super tecnica ultra-mega fine, saper "parlare" a 3000 all'ora ma poi cosa resta?Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
Un sacco di volte sono rimasto "deluso" dalle "storie non dette (o da me non percepite)" di molti musicisti giovani che ho ascoltato dal vivo...
Spero che la soggettivitÃ* torni nel Jazz, Bergonzi ed il suo discorso astrale docet...
Frank.
Non posso nascondere l'invidia che provo pensando che Zenni sarÃ* addirittura il relatore della tua tesi! Io non ho avuto certe opportunitÃ*, per circostanze della mia vita che sarebbe inutile e in questa sede fuori luogo ricordare.Citazione:
Originariamente Scritto da FrankRanieri
Che Armstrong abbia improvvisato poco nell'arco di tutta la sua carriera è innegabile e, per rendersene conto, basta ascoltare i suoi dischi (io ne possego tanti, perché di Armstrong sono sempre stato innamorato). Ciò non toglie che Armstrong sia stato il più importante e influente solista del suo tempo. Basta non confondere solismo e improvvisazione. D'altronde, l'improvvisazione intesa come modifica del canovaccio era cosa del tutto normale negli anni '20.
A proposito, se non l'hai letto, ti suggerisco il libro che un po' di anni fa ha scritto proprio Zenni su Armstrong: succosissimo e veramente al di fuori di ogni preconcetto!
Sono contento che la pensi come me.
sostanzialmente concordo .
tuttavia è anche vero che il discorso può essere frainteso perchè se è vero che Monk suona alla sua maniera e con la sua tecnica singolare crea arte , il sottoscritto con la sua tecnica pianistica singolare difficilmente produce qualcosa di diverso da rumore .
(e non perchè manchi qualcosa da esprimere).
attribuisco un significato al termine "tecnica " molto diverso da quello che comunemente viene dato. (come ho inteso dalle vostre parole)
per un musicista la tecnica è innanzi tutto tecnica di produzione di suono.
da questo punto di vista credo vi sia un appiattimento .
ciao fra
vero,ne parla diffusamente anche nei podcast che ho postato in sezione "musica in generale"...!
Per tecnica, fra, non consideri che oltre alla produzione del suono vada considerata anche la capacitÃ* di ottenere determinati passaggi, anche veloci (e perchè no?), le scale, i vari fraseggi, le strutture armoniche, le triadi o tetradi, i multiphonics o subtones o overtones, :BHO: ?
Nella tecnica, secondo me, è da considerare tutto lo scibile attualmente conosciuto per armeggiare uno strumento musicale. Meglio averla a tua disposizione, puoi dire di più sempre se hai da dire.
Concordo con te sull'appiattimento, ma questo avviene quando porti all'estremo tecnica e linguaggio musicale e ti avvicini al limite: tutto tende ad appiattirsi; fare un passo in più rasenta l'impossibile.
una buona tecnica credo sia la base: l'impostazione giusta, una buona emissione,
e, soprattutto per un sassofonista, il suono. per me la tecnica è, soprattutto, il suono.
il virtuosismo è un'altra cosa. secondo me serve solo a chi ne ha bisogno per
esprimersi, come Parker e Coltrane, naturalmente. Ma Gerry Mulligan o Miles Davis,
mi sembra, non sono mai stati lapidati per il loro non-virtuosismo.
Sono d'accordo con MyLadySax: troppa accademia fa male al jazz. Poi, ognuno
suoni come può, come vuole, rispettando le orecchie del pubblico: tante note o poche,
forse l'importante è proprio che raccontino una storia.
:saxxxx)))
riskio & fiskioni!
andate e soffiate: questo è il verbo :saputello
D'accordo per Miles, ma Mulligan ho sempre creduto fosse anche un gran virtuoso, ma non sono un esperto del baritono...Citazione:
Originariamente Scritto da puffosky
cavolo Mulligan aveva un controllo dello strumento pazzesco!
Ciao MyLadySax!Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
Effettivamente quel libercolo l'ho giÃ* letto, ma come per tutti i libri scritti da Zenni è bello poterli riprendere e scoprire dettagli che magari ti erano sfuggiti ad una precedente lettura...
Sempre su suggerimento di Stefano ho acquistato un cofanetto degli Hot 5 and 7 restaurato da una casa discografica inglese, mi pare la jvp, non ne sono sicuro... Hanno fatto un'opera mostruosa di pulizia e al momento è un'opera "tecnicamente ineccepibile" a livello di Hi-Fi.
Armstrong viene letteralmente fuori dagli altoparlanti, come se lo avessi a 50 cm da te, impressionante...
Cmq per la cronca...Zenni è un computer vivente, anzi meglio...! Alla fine la mia tesi non sarÃ* su un saxofonista ma una roba molto strana e trasversale che mi ha fatto guadagnare un'attenzione particolare con Zenni, tanto da aver accettato subito di fare il relatore e anche con un discreto fervore...!
Infatti il musicista in questione sarÃ* Charles Mingus (e qui sarÃ* felice il grande Sax O' Phone in quanto grande fan di Mingus...) e i saxofonisti che hanno lavorato con lui, quindi un lavoro abbastanza serio che richiede un pò di tempo...anche perchè a parte Bird, Dolphy e gli altri noti ce ne sono stati di saxofonisti bravissimi che purtroppo non sono noti al grande pubblico, es. Shafi Hadi e molti altri...
Speriamo bene...
Frank.
Citazione:
Originariamente Scritto da FrankRanieri
Il grandioso Charles Mingus! Altro virtuoso che raccontava storie incredibili! Devi assolutamente vedere il documentario e leggere la sua autobiografia fantastica (se non lo hai giÃ* fatto) che hanno lo stesso titolo: Beneath The Underdog.
Visto! Sto leggendo l'autobiografia anche se l'avevo letta in passato...
Poi toccherÃ* a Tonight at noon, scritto da sua moglie e parallelamente all'ascolto leggo il libro su Mingus di Zenni, che non è un saggio storico ma solo di analisi delle forme...
Poi inizierò a lavorare sui vari saxofonisti che hanno collaborato con lui e ai "ruoli" che questi hanno avuto attivamente e/o passivamente nella musica Mingusiana...
Scusate l'OT... :oops:
Frank.
Non so se sia proprio OT, visto che stiamo comunque parlando di Musicisti che hanno posto delle pietre miliari: sempre rigurado Mingus, c'è un'interessante esplorazione delle sue composizioni fatta da Steve Lacy (grande adepto della musica di Monk) con Eric Watson al piano.
http://ecx.images-amazon.com/images/...TL._SS500_.jpg
Io rimango del parere che mi piace di più ascoltare qualcuno che mi rivela una storia interessante, anche con una tecnica non eccelsa ma che sia adeguata al suo raccontare, piuttosto che un'esibizione o sfoggio di una tecnica eccelsa che però non rivela nulla, né di chi è il narratore se non che ha studiato parecchio (ma forse NON a sufficienza), né del suo soggetto. Detto questo, posso comunque ammirarne la perfezione stilistica, ma non mi emozionerÃ*...
Zenni è un genio ed è anche la persona più divertente che abbia mai conosciuto! certe risate a Siena Jazz.... :lol: le battute sui batteristi... :lol:
con Furio Di Castri e Giampaolo Casati, docenti di jazz al conservatorio di torino, stiamo facendo con tutti gli allievi della classe un progettone su Mingus! che figata... facciamo "Passion of a Woman Loved" e altri pezzi super incasinati! :D
FrankRanieri, un mio amico contrabbassista, che ha superato la cinquantina, si è laureato al DAMS proprio con una tesi su Charles Mingus!