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Cosa ne pensate del jazz europeo?
Vorrei lanciare un sondaggio sul Jazz Europeo e strutturarlo su delle "tracce"....che ognuno di voi può scegliere e...."improvvisare"....
1) Quando/come/perchè ritenete o no che si possa parlare di jazz europeo.
2) Linee di demarcazione: analogie/differenze/convergenze col jazz afro-americano.
3) Linee di sviluppo: rapporto scrittura-improvvisazione
4) Linee nazionali: musicisti/gruppi/lavori significativi - apporti, collaborazioni, differenze
Intervenite numerosi...
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Ciao
Questa questione d* per scrivere lungo, e io non sono nessun esperto, per questo meglio facciamo una brevissima sintesi. Secondo me, si può dire che il jazz europeo è nato in Francia (adesso cominciavano a sentirsi gli effetti della globalizzazione culturale, ma benvenuta sia in questo caso, hehehe). Chi no ha ascoltato il quintetto del Hot Club de France di Django reinhardt e Stèphane Grapelli agli anni trenta? più tardi, agli anni cinquanta, dopo la seconda guerra mondiale e l’esplosione del Be Bop, quasi tutti i jazzmen europei adottarono lo stilo americano, per a, fino agli anni settanta, andare un po` indietro dalle loro tendenze americane. Dopo di questo, un sacco di musicisti enormi, come John McLaughlin (chitarra), Martial Solal (pianoforte), Michel Portal (sax), Michel Petrucciani (pianoforte), ecc, cercarono di demarcarsi di quelle tendenze facendo un jazz personale e possibilmente più rockero che quello che si faceva all’America…
Ora, dopo di mostrare la mia magnifica capacit* di sintesi hehehe, boh, che dire… sto un po’ disconnesso degli novi musicisti e tendenze e sono in pieno viaggio indietro fino gli anni dello blues e lo Rag Time. Adesso sto con il gran Dexter Gordon, uno degli più grandi boppers.
Saluti
Martine
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Ma, cosa pensi tu dello jazz italiano?
Ho ascoltato un po' Enrico Pieranunzi e Pietro Tonolo, ma non abbastanza come per potere farmi un'idea giudiziosa. Forse mi può dire qualcosa sul questo tema.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Rivitalizziamo questo thread! mi sembra interessante!
Ottima sintesi di Martine!
Aggiungerei qualche nome di contemporanei Europei, in ordine sparso:
Eberhard Weber, Edward Vesala, Jan Garbarek, Scott Hamilton, Tomasz Stanko, Bobo Stenson, Alexander Von Schlippenbach, John Surman...
A mio avviso tutti grandissimi compositori e strumentisti! Forse la cosa che appare più interessante ascoltando la loro musica, è che hanno un approccio più svincolato dai canoni del mainstream attuale (Hard Bop); mi sembra che il jazz europeo abbia fatto tesoro delle esperienze del jazz (dal New Orleans al Free), e che si sia lasciato colorare dalle estese e profonde radici culturali della musica Europea, incluse il folk popolare nordico, o la musica colta degli ultimi secoli.
In particolare ho l'impressione che i musicisti europei che hanno abbracciato l'idioma Jazz abbiano quasi tutti una grande conoscenza musicale che proviene dalla tradizione classica, in particolare per l'uso dello strumento. Pensate che il Jass Creolo di inizio del '900 era suonato da musicisti che per lavoro erano in grandi orchestre sinfoniche o d'opera; quando a New Orleans subentrarono le leggi razziali, questi musicisti si ritrovarono emarginati, e costretti ad adattarsi a suonare in ambienti ben diversi, segregati, quindi a suonare musiche da ballo, con poliritmie di origini africane e le influenze del Blues provenienti dal Delta del Mississipi...
In USA, come anche in Eu, ora esistono molte scuole specifiche di Jazz, il che può essere un gran bene, innalzando la qualit* esecutiva degli strumentisti, ma allo stesso può diventare limitativo se i musicisti non si lasciassero influenzare anche da altre forme ed idiomi per poi reinterpretarle (impara l'Arte e mettila da parte)...
In Italia ci sono sicuramente ottimi musicisti Jazz tra i quali: Dado Moroni, Enrico Rava, Giorgio Gaslini, Franco Ambrosetti, Paolo Fresu, il giovane talento Francesco Cafiso, il compianto Massimo Urbani... Il problema è che in Italia la cultura della musica è veramente un ... disastro! e la cosa fa ancor più rabbia se si pensa alla grande tradizione musicale di questo paese! Se negli USA i giovani ragazzi prendono in mano uno strumento gi* alle elementari (da Armstrong a Coltrane), qui gli insegnanti di musica nelle scuole pubbliche hanno ben altri grattacapi da affrontare, oltre all'assoluta ignavia ed arroganza dei giovani 'studenti'!
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Pieranunzi, Rava, Fresu, Tonolo pianista, Tonolo saxman, Bollani, Gatto(ha vinto il premio come miglior batterista l'anno scorso), Antonello Salis, ecc ecc.... Senza sprecare tante parole, la crema della crema è a casa nostra.... e poco lontano Petrucciani non ha e non avr* mai un degno rivale, per l'eternit* e in qualunque dimensione.....
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Dici bene: Petrucciani è grandioso! La Francia ha una profonda tradizione jazz, e non a caso i musicisti Americani che hanno vissuto in Europa se ne stavano/stanno lì. Django Reinhardt e Grappelli (The Hot Club Of France Quintet) hanno piantato il seme (e Grappelli veniva dall'Accademie)... Anche se in Italia il professionismo jazz si è sviluppato solo in seguito, ora vi sono sicuramente molti musicisti di grande talento: ascoltavo ora Cocco Cantini che non conoscevo, e sono rimasto folgorato dalla sua bravura e raffinatezza tecnica. Ma.... remma! :saxxxx)))
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Innanzitutto chiedo scusa per il ritardo...il termine "jazz europeo" oggi non ha piu' senso...se non nell'identificare quella stagione (grosso modo fra il 1964 e gli anni '70) in cui certi musicisti europei cercarono di "liberarsi" del grosso fardello della propria lunghissima e densissima tradizione culturale e musicale per avventurarsi nei meandri della libera improvvisazione...quasi facendo da contraltare e forse un po'..."marameo"... alla cultura accademica del tempo, dominata da una massa sterminata di serialisti, strutturalisti...in Italia Berio, Nono, Rotondi...in Germania Stockhausen ecc.
Il jazz, oggi, è una sorta di "nouvelle" arca di Noè...in cui sono "imbarcati" musicisti con tendenze e orientamenti tra i piu' svariati che vanno dalle lusinghe piu' commerciali (lounge, nu jazz, smooth jazz ecc.), agli afecionados dei bei tempi andati (swing, bop, mainstream ecc.) alla "proto-avanguardia postuma" alle sedicenti/seducenti attrattive offerte dalla world music "riveduta e corretta"... Mi dispiace deludere i "laudatores temporis acti"...ma purtroppo quando un orientamento creativo, un modo di percepire la musica ma anche la vita quale era il jazz dei bei tempi...diventa materia accademica vuol dire che la sua funzione storica è stata assolta... tutto ciò prodotto diventa "rieseguibile", "rifruibile" al pari di una partitura di Mozart, Prokofiev ecc. perchè se ne è ricavato un metodo, delle regole, delle funzioni esecutive ovvero una tradizione che comporta la standardizzazione delle performances perchè è "così che si fa..." Insomma, come non si può "reiventare" nulla risuonando eternamente la V^ di Beethoven come "Blue Monk"!!!
Altri approfondimenti riguardanti il "jazz europeo" li affronterò in prossimi post...non vorrei che scada il tempo...e...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
Innanzitutto chiedo scusa per il ritardo...il termine "jazz europeo" oggi non ha piu' senso...se non nell'identificare quella stagione (grosso modo fra il 1964 e gli anni '70) in cui certi musicisti europei cercarono di "liberarsi" del grosso fardello della propria lunghissima e densissima tradizione culturale e musicale per avventurarsi nei meandri della libera improvvisazione...quasi facendo da contraltare e forse un po'..."marameo"... alla cultura accademica del tempo, dominata da una massa sterminata di serialisti, strutturalisti...in Italia Berio, Nono, Rotondi...in Germania Stockhausen ecc.
Per il ritardo non sei scusato! Oltre i 10.416 .beats in web tempo accademici gli studenti sono giustificati nel lasciare l'aula! ;) Dici delle cose molto vere, ma in un modo, scusami, assolutistico, e vale anche per ciò che segue delle tue considerazioni. Si percepisce che hai una profonda conoscenza del soggetto, ma mi sembra che tu abbia sviluppato una certa intransigenza, senza tener conto, IMHO, delle motivazioni e passioni personali dei musicisti coinvolti in questa forma espressiva. Lo so, sarebbe forse troppo lungo e complesso il discorso, dovendolo affrontare nei dettagli per ogni singolo musicista attivo...
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
Il jazz, oggi, è una sorta di "nouvelle" arca di Noè...in cui sono "imbarcati" musicisti con tendenze e orientamenti tra i piu' svariati che vanno dalle lusinghe piu' commerciali (lounge, nu jazz, smooth jazz ecc.), agli afecionados dei bei tempi andati (swing, bop, mainstream ecc.) alla "proto-avanguardia postuma" alle sedicenti/seducenti attrattive offerte dalla world music "riveduta e corretta"...
Anche qui, pur condividendo in pieno la tua analisi, per me è difficilissimo esprime giudizi: dato il presupposto che la musica Jazz nasce dalle influenze poliritmiche e dai cantastorie Africani, unite alla struttura armonica tonale, si dovrebbe fare un'analisi filologica dell'idioma, per confermare o negare l'appartenenza del dialetto a quell'idioma, appunto.
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
Mi dispiace deludere i "laudatores temporis acti"...ma purtroppo quando un orientamento creativo, un modo di percepire la musica ma anche la vita quale era il jazz dei bei tempi...diventa materia accademica vuol dire che la sua funzione storica è stata assolta... tutto ciò prodotto diventa "rieseguibile", "rifruibile" al pari di una partitura di Mozart, Prokofiev ecc. perchè se ne è ricavato un metodo, delle regole, delle funzioni esecutive ovvero una tradizione che comporta la standardizzazione delle performances perchè è "così che si fa..." Insomma, come non si può "reiventare" nulla risuonando eternamente la V^ di Beethoven come "Blue Monk"!!!
Parole Sante! A conferma di quanto dici c'è l'anèddoto di Beethoven che preso un proprio foglio di musica durante un concerto, lo rovesciò ed improvvisò un'intera composizione su questo nuovo tema. L'improvvisazione non appartiene solo al Jazz, ma faceva parte anche della cultura musicale Europea. Nel jazz l'improvvisazione (rif. Paul Berliner, Thinking In Jazz: The Infinite Art Of Improvisation) rimane comunque una caratteristica strutturale fondante: in questa il vero artista, pur potendo citare frasi o addirittura semplici battute di altri artisti, deve esprimere i propri concetti! proprio come nel linguaggio si condividono le parole e la costruzione grammaticale, ma quando si usa si esprimono i propri pensieri relativi all'argomento, nel jazz questo è il tema o la melodia. Per continuare nell'analogia, potrei imparare a memoria l'orazione funebre di Antonio dal Giulio Cesare di Shakespeare ed usarla, che so, al funerale del mio gatto, ma questo non giustificherebbe il mio essere Antonio e tanto meno l'essere del mio gatto (Cesare): ovvero, il tempo ed il contesto vanno contemplati e valutati su solide conoscenze.
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Originariamente Scritto da juggler
Altri approfondimenti riguardanti il "jazz europeo" li affronterò in prossimi post...[...]
Non avevo capito che questo thread fosse una trappola per noi ignoranti :lol: dove avremmo dovuto subire le taglienti lezioni del ns dotto giocogliere :!: :zizizi))
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Si possono accettare tutte le polemiche, anche le piu' feroci, perchè ciò fa parte della dialettica e scambi di visioni fra individui...ma non si possono proiettare su persone che non si conoscono intenzioni in modo paranoide e strumentale con toni ridanciani e da megalomane!
Sax'O...prima di vedere "trappole immaginarie" come un novello Don Chisciotte...dovresti vedere quelle in cui ti cali da solo
senza il complotto di chicchessia...Gi* nel post "Algoritmo del Jazz"...circa l'aforisma di Lacy su composizione e improvvisazione...hai citato Gil Evans...proponendo la lettura di un'intervista a Bill Evans (proprio la stessa cosa...) visto che ti trovavi potevi citare anche Bill Evans (saxman)...William Evans (alias Yuseef Lateef) e perchè no...a quel punto anche Zorro, Mazinga Z e Moana Pozzi...con conclusione finale di Pat Evans, povero nero sfigato della Bowery, che quando è fatto di efedrina ed alcool lancia aforismi musicali contro il cielo! Faresti bene prima di "sparare" citazioni e parole a casaccio...a far silenzio fra il rumore dei tuoi pensieri...per ridare qualche connotazione di senso agli stessi!
Riguardo alle accuse, poi, di assolutismo e intransigenza...quel periodo (anni '60/70) erano anni in cui si viveva come sulle barricate...c'era stato il '68...sono seguiti gli anni di piombo...allo stesso modo nelle Accademie musicali e soprattutto nei Conservatori italiani...il jazz era considerata una musica da night, da balera, volgare e non degna di alcuna considerazione...
Gaslini (che mai si finir* di ringraziare...) dovette subire l'umiliazione piu' volte di non essere neanche ascoltato quando andava a proporre corsi di jazz nei Conservatori...il M° Fasano che alla fine degli anni '60 diventò direttore del Conservatorio S.Cecilia, gli propose di aprire un Corso sperimentale di Musica Jazz che ebbe un successo straordinario...con una cinquantina di iscritti e parecchie migliaia di uditori, fra i quali c'erano Urbani, Giammarco, Vittorini, Liguori...giusto per citarne alcuni...dopo qualche anno, diventò direttore Iacopo Napoli (c'è un suo testo orribile di armonia che ancora viene usato nei Conservatori) e incurante del successo del corso lo soppresse senza troppe discussioni... Non ho espresso giudizi di merito su nessun musicista, ma sintetizzato la temperie di un epoca...
Riguardo alla tua definizione sulla nascita del jazz...potevi usarne una piu' aggiornata...quella che citi è vetusta e superata...potrebbe essere applicata anche a quanto è successo musicalmente in Africa...ma in Africa, non è successo nulla di paragonabile ad una 3^via chiamata jazz o a qualcosa ad essa assimilabile...l'esegesi della nascita del jazz è un rompicapo sul quale ancora dibattono fior di studiosi e musicologi...una delle ragioni è che ancora non si riesce a stabilire con esattezza in che modo fra gli afro-americani c'è stato il passaggio dalla musica vocale a quella strumentale...e poi l'Africa è un continente...quali sarebbero questi africani di cui parli? L'Africa ha grandi tradizioni musicali e molto diversificate fra loro...
E poi ciò che affermo sul jazz di oggi...non è un'analisi ma una constatazione...basta confrontare le locandine di Umbria Jazz
della fine anni '70, primi '80..con quelle delle ultime edizioni...è un intero mondo che è cambiato e modi di considerare quella musica chiamata jazz o che si insiste a chiamare ancora così...
Ti "intruppi" troppo facilmente da solo perchè qualcuno possa tenderti...delle trappole...sei troppo abile a creartele da solo!
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
Innanzitutto chiedo scusa per il ritardo...il termine "jazz europeo" oggi non ha piu' senso...
Probabilmente ha solo cambiato di significato, quello che era un distinto movimento musicale nel peiodo specificato, e' diventato in linea di massima un termine quasi geografico, viene spontaneo (e lo faccio anche io dall'alto della mia ignoranza) attribuire nomi e personaggi anziche' specificare un prorio stile musicale.
Non so voi se sento Tonolo e Redman cerco di capire dove vogliono arrivare e se mi piace quello che fanno, non sono in grado e non mi interessa neanche dire "Ah questo si che e' europeo" o altro.
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
purtroppo quando un orientamento creativo, un modo di percepire la musica ma anche la vita quale era il jazz dei bei tempi...diventa materia accademica vuol dire che la sua funzione storica è stata assolta... tutto ciò prodotto diventa "rieseguibile", "rifruibile" al pari di una partitura di Mozart, Prokofiev ecc. perchè se ne è ricavato un metodo, delle regole, delle funzioni esecutive ovvero una tradizione che comporta la standardizzazione delle performances perchè è "così che si fa..." Insomma, come non si può "reiventare" nulla risuonando eternamente la V^ di Beethoven come "Blue Monk"!!!
Il "cosi' che si fa..." inteso forse come applicare principi come ad esempio L'Aebersold e solo un modo per partire, nessuno e' nato "mostro", anche quelli bravi hanno avuto bisogno di guide, esperienze e punti stabili.
Parker ha iniziato suonando su Pres e Hawkins, poi ha sviluppato il suo linguaggio e guarda dove e' arrivato.
Coltrane non ha avuto vita facile con il primo quintetto di Davis, critici e fans chiedevano a Davis la sua testa, in seguito e' maturato velocemente come la pianta della piccola bottega degli orrori.
Anche oggi chi inizia a improvvisare guarda al passato, perche' per capire dove vuoi andare devi capire da dove vieni.
C'e ancora tanto da dire e ascoltare, io a livello di ascolto e di modernita' mi fermo al free e all;ultimo Coltrane, quello che e' venuto dopo onestamente faccio fatica a digerirlo ma ci sto provando.
I musicisti di oggi hanno guadagnato strumenti meccanicamente migliori, infiniti modi di apporofondire nozioni e insegnamenti ma purtoppo per loro le possibilita' di avere esperienza sul campo sono ben piu' scarse di una volta.
Prendi per esempio la foto di "A great day in Harlem", credo che quello sia stato in termini di popolarita' l'apice raggiunto dal jazz,dopo di quello un lento declino in termini di popolarita' e purtoppo l'associazione per il grande pubblico di Jazz = musica elitaria.
Adesso basta scrivere, perche' la musica va suonata + che parlata..
Ciao
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
...dopo qualche anno, diventò direttore Iacopo Napoli (c'è un suo testo orribile di armonia che ancora viene usato nei Conservatori)
Mamma mia quanto hai ragione...quel testo fa davvero ridere...!!
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
Si possono accettare tutte le polemiche, anche le piu' feroci, perchè ciò fa parte della dialettica e scambi di visioni fra individui...ma non si possono proiettare su persone che non si conoscono intenzioni in modo paranoide e strumentale con toni ridanciani e da megalomane!
juggler, tieni conto che la traduzione di una conversazione digitata con la tastiera rischia sempre di perdere il tono (a questo servirebbero le emoticon), e purtroppo rileggendo il mio messaggio di cui sopra capisco ora che tu possa aver frainteso, appunto, il tono con cui cercavo di aprire un dialogo: si può certo dire lo stesso di quello che tu scrivi nei miei riguardi, e non hai neppure introdotto nessuna emoticon per cercare di comunicare a chi legge anche l'emozione, appunto... Per il resto non voglio assolutamente polemizzare, e quindi non posso far altro che leggere con interesse le tue constatazioni e seppure le condivida, vorrei allo stesso modo che fossero in qualche modo sbagliate, non perchè le scrivi tu, ma perchè il fascino che esercita su di me questa forma di espressione artistica è tale che mi farebbe sperare in un jazz (Europeo, Americano, Africano) non ormai cosa del passato, un'arte accademica, ma vivo e che sa trasmettere ancora quel fascino...
Tante Belle Cose.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Sax'O...ricambio l'augurio con grande sincerit*...sar* per una "deformazione disciplinare" e forse anche generazionale...ma non mi trovo nell'uso degli emoticon...e questo può essere un mio limite... al di l* della polemica che è scaturita fra noi, ti ritengo persona motivata, intellettualmente vivace e che ama la musica. Ciò che piu' mi ha "infastidito" è stata la tua chiusa finale...perchè non do dell'ignorante a nessuno per partito preso, nè tendo trappole...emoticon o non emoticon...siamo tenuti ad "approfondire" il ns. pensiero per fasi successive per questioni di spazio e di tempo e anche per lasciare ad altri di fornire elementi per ulteriori riflessioni e spunti argomentativi...questo è sempre un forum...
Alla prossima...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Caro Giocogliere,
infatti ti dicevo che capivo il motivo del fraintendimento: nella chiusa finale "noi ignoranti :lol: ", ero appunto io a scriverla, ed era più intesa come 'la risata dello stolto' e non come 'la risata dell'arrogante', ma è più che comprensibile che tu l'abbia interpretata male (le emoticon sono un approssimativo modo di 'colorare' il tono di una frase, comunque)... come giustamente dicevi, mi creo da me stesso le trappole in cui poi cado! ;)
Ciao
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Guarda, io non mi dilungo in nomi, paragoni, date, innovazioni, esplosioni di masse etc, anche pèerchè ne so ancora troppo poco..
l'unica cosa di cui sono molto sicuro è che quando un "Negro" mette le mani, bocca, bacchette su uno strumento, è tutta un altra cosa. Clapton lo sentivi suonare e dicevi: però..niente male,.. ma quando Hendrix poggiava le dita su una corda, la faceva piangere. Loro hanno la capacit* di incendiare la musica..
La musica afroamericana mi fa impazzire... e secondo me, apparte precedenti europei, vedi musica classica, Loro sono di gran luga piu' geniali , sono magici. magici e magnifici.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da Ornette
[...]
La musica afroamericana mi fa impazzire... e secondo me, a parte precedenti europei, vedi musica classica, Loro sono di gran luga piu' geniali , sono magici. magici e magnifici.
Anche se queste generalizzazioni possono sembrare scontate se non addirittura banali, proprio in questi giorni mi capitava di fare la stessa riflessione: non posso che essere d'accordo con te.
Detto questo, nell'evoluzione del jazz Europeo, o comunque bianco (Jim Crow), trovo anche dei musicisti che mi entusiasmano, ma è vero! in maniera differente da quelli Afro-Americani.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Inanzitutto volevo ringraziare Sax o' Phon, per il suo intervento, che mi ha dato la speranza, che qualcuno ognitanto legga i miei messaggi. ;P
Per rispondere, certo, può essere banale generalizzare così, ma in effetti è vero. Il sound di un "Nero" lo riconosci giapprima di vedere il suo colore. Sar* il Mojo heheehe
stammi bene e grazie della risposta :saxxxx)))
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Proverò a dire la mia.
Occorre definire il jazz europeo:
1.Jazz europeo come il jazz suonato in Europa.
Definizione che non tiene conto né dello stile né della nazionalit* dei musicisti.
Per es., in tale accezione è di jazz europeo anche un concerto di Roscoe Mitchell a Roma così come non è di jazz europeo, bensì giapponese, un disco di Peter Brotzmann prodotto e registrato a Tokio.
Non vi è dubbio che, in tale accezione, il jazz europeo esiste almeno dagli anni ’20 dello scorso secolo.
2.Jazz europeo come jazz suonato dai jazzisti europei.
Definizione che tiene conto della nazionalit*, ma non anche dello stile dei musicisti.
Per es., in tale accezione è jazz europeo anche quello di Massimo Urbani, che è stato uno straordinario altosassofonista italiano di jazz, ma stilisticamente vicino ai grandi sassofonisti afroamericani.
Anche in tale accezione, non vi è dubbio che il jazz europeo esiste, sin da quando i primi musicisti europei, al volgere degli anni ’20 dello scorso secolo, si cimentarono con quella che veniva pure detta “musica sincopata”.
3.Jazz europeo come jazz che presenta marcatamente peculiari caratteri distintivi derivanti dalla musica accademica.
Definizione che tiene conto dello stile, ma non anche della nazionalit* dei musicisti.
Per es., in tale accezione è jazz europeo tanto quello di certa produzione dello statunitense Dave Brubeck (“Blue Rondò a la Turk” è un rondò parte in 9/8 parte in 4/4 che impiega il procedimento della fuga) quanto quello di alcune composizioni dello svedese Lars Gullin (Primula Veris, Laburnum Vulgare).
Anche in tale accezione, non vi è dubbio che il jazz europeo esiste, specificamente nello stile di ogni jazzista che, più o meno consapevolmente, sia europeo, americano, afroamericano, africano o siberiano, utilizzi elementi musicali propri della musica colta europea o di derivazione europea.
Tale definizione può essere molto utile allo studioso, ma è fuorviante, poiché, gi* quando, nei primi del ‘900, è nato il jazz, la musica accademica esisteva pure negli Stati Uniti e molti dei primi jazzisti creoli la conoscevano bene e ne vennero influenzati.
4.Jazz europeo come jazz suonato da jazzisti europei che presenta peculiari caratteri distintivi derivanti dalla musica popolare di una determinata area geografica dell’Europa.
Definizione che tiene conto sia dello stile sia, ancorché implicitamente, della nazionalit* dei musicisti.
Per es., in tale accezione è jazz europeo quello di certa produzione del norvegese Jan Garbarek che si fonde con le suggestioni della musica popolare norvegese (“Rosenfole”, ECM) o della formazione Mahanada (“Taranta’s Circle”, Splash Records) che si rif* ai ritmi della tarantella e della pizzica.
Il jazz europeo così inteso è solo una possibilit* nell’ambito più ampio dell’ethnojazz, che, com’è noto, ha radici negli anni ’60.
Tuttavia, più che jazz europeo è, di volta in volta, jazz norvegese, jazz italiano, jazz del Sud Italia, jazz balcanico, e chi più ne ha più ne metta.
5.Jazz europeo come jazz suonato da jazzisti europei che presenta peculiari caratteri distintivi derivanti sia dalla musica popolare di una determinata area geografica dell’Europa sia dalla musica accademica.
La definizione fonde le ultime due, per cui rinvio a quanto detto sopra.
In conclusione: il jazz europeo, come categoria a sé, non esiste - dal momento che tra "Uno" dei Mahanada e "Rosenfole" di Jan Garbarek non c'è meno differenza di quanto ce ne sia tra "Uno" dei Mahanada e "I'm All for You" di Joe Lovano -, se non:
- nella misura in cui sia in "Uno" che in "Rosenfole" la componente africana del jazz (il blues feeling, per esempio) appaia meno marcata (non vi è dubbio, infatti, che, soprattutto nei primi decenni di diffusione del jazz nel Vecchio Continente, i musicisti europei siano stati molto meno esposti, rispetto ai colleghi d'oltreoceano, alla musica nera);
- se non nella misura in cui sia "Uno" che "Rosenfole" si alimentino di tradizioni popolari del tutto (o quasi del tutto) assenti negli Stati Uniti.
Ancora una riflessione: il caso Django Reinhardt mi pare atipico, perché il grande chitarrista, nato in Belgio e vissuto la maggior parte della sua vita a Parigi, ha sì attinto dalla musica europea (sia colta che popolare), ma soprattutto dalla musica dei manouche (zingari alsaziani), essendo manouche egli stesso; musica manouche che, pur venendo a contatto con la musica europea, non ha, fino ad oggi, perduto le sue peculiarit* distintive.
E’ bello, cmq, pensare che colui il quale è ritenuto l’iniziatore del jazz europeo attinse, in realt*, da una musica senza nazionalit* (scusate, a volte mi faccio prendere dai sentimenti).
Considero queste semplici riflessioni della cui veridicit* non ho affatto certezza, per cui invito tutti a integrarle o contestarle, con la speranza che, alla fine, possiamo raggiungere almeno una verit* condivisa.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
MyLadySax, che dire, mi ha molto colpito la tua osservazione circa Reinhardt che trovo verissima. Si potrebbe anche pensare che la musica Manouche potrebbe in realt* risalire ai raga Indiani, parlando di Gitani. Per ora posso solo commentare con le parole di Goethe: 'Se nell'Universo ti vuoi orientare, prima divider devi, e poscia unire'.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Decisamente apprezzabili le "finestre interpretative" di MyLadySax...credo, tuttavia, che una serie di dinamiche storico-culturali abbiano contribuito a spostare l'evoluzione del linguaggio jazzistico in Europa: il "free" degli anni '60 (quello di Coltrane, Ayler, Taylor, Coleman ecc.) è stato l'ultimo aspetto estremamente nero, alternativo e fortemente politicizzato della musica afro-americana.
A onor del vero, credo che certe attribuzioni "politicizzate" siano state (in piu' casi) strumentali piu' che effettive: quando i giornalisti domandavano a Coltrane, se la sua musica esprimesse la rabbia e la frustrazione dei nero-americani...Trane, rispondeva parlando di pace universale, di amore...non certo, di "orgoglio nero" o lotta armata, cara ai "Black Panthers"...Inoltre, bisogna dire che solo la "borghesia nera" e una certa "intellighenzia bianca", borghese di sinistra e/o "radical-chic", apprezzava il "free-jazz"...la "base" degli afro-americani si identificava musicalmente maggiormente con le forme del "rythm and blues" e "soul" sofisticato dell'epoca...Successivamente, tutti i musicisti che contribuirono a far nascere la Scuola di Chicago (AACM), manifestarono un'intenzionalit* socio-didattica e motivazioni artistiche sempre piu' sperimentali...il movimento d'avanguardia afro-americano si trasformò in un'organizzazione istituzionale...con tutto il gran polverone e "ambiguit*" che ciò generò...gran confusione tra tecnologia e progresso, apertura verso tutti i generi musicali e nello stesso tempo idee di chiusura (non solo musicale, ma anche umana...), gesti apparenti e idee piu' o meno abbozzate o contradditorie...la fine di ciò che il jazz era stato...
Ovviamente, ciò ha comportato, negli USA, un cambiamento significativo di "percezione/fruizione" del jazz: perduta la sua "diversit*", non riflettendo piu' una visione o "modalit* spirituale" del "sentire"...riuscirono a "sopravvivere" solo quei musicisti e quelle forme "jazz" funzionali ad un mercato in grado di trasformare sogni ed utopie in prodotti vendibili su larga scala, caratterizzati da una professionalit* il cui "accademismo manieristico" era diventato l'unico segno distintivo: sotto questa luce è possibile inquadrare tanto i fenomeni musicali "estetizzanti" degli anni '50 dei vari Brubeck, Mulligan, Modern Jazz Quartet ecc. quanto quelli piu' recenti di Marsalis, Sanborn, Brecker, Kenny G. & C.
L'Europa era così diventata l'ultimo approdo per quei musicisti che intendevano proseguire la loro "ricerca" e nello stesso tempo volevano continuare a lavorare con la loro musica e non con ciò che il "mercato" imponeva: l'antesignano di tale "emigrazione" fu Eric Dolphy...a seguire Lacy, molti esponenti dell'AACM (per la cronaca...l'Art Ensemble of Chicago nacque occasionalmente per una tournée europea nel '78...per il successo inaspettato che ebbero soprattutto a Parigi, decisero di rimanere insieme...il resto è storia!) ma anche musicisti della "vecchia generazione"...uno fra tutti, il grande "giramondo" Tony Scott!
A mio avviso, la figura di Dolphy è stata il "nume tutelare" di tutti gli sviluppi d'"avanguardia" che il jazz ha avuto in Europa e non solo...il multi-strumentismo, la ricerca timbrico-formale, l'esplorazione strumentale verso le "fascie ardite", il vorace interesse verso le forme "colte" quanto per le tradizioni musicali "orali"...dopo di lui, un'infinita schiera di musicisti adotteranno il clarinetto basso (Breuker, Brotzmann, Portal, Trovesi, Surman, Pilz ecc.)...
Olanda e Germania, in primis, (soprattutto perchè questi Stati offrivano sovvenzioni economiche ai loro "free musicians") (seguite poi, dalle altre nazioni europee) iniziano ad "elaborare" l'idea di un "jazz nazionale": il "free" aveva liberato il jazz da una vasta gamma di "doveri rituali" e quindi poteva ora essere "interpretato" dai musicisti europei come emancipazione dalla radice nera, affrancandoli dal dover imitare i grandi della storia del jazz...la pratica musicale dadaista del duo Mengelberg/Bennink (sezione ritmica europea di Dolphy)...il teatro musicale irriverente di Breuker...l'estremismo "fonico" di Brotzmann...diventano i "simboli" di un "nuovo agire musicale" che contaminer* l'intero Vecchio Continente...
Il recupero di materiali musicali di varia provenienza diventa il nuovo modo di considerare la musica...negli anni '70, il "settorialismo" è cancellato... complice un certo populismo demagogico, all'epoca imperante, della libera espressione...e il proliferare dei "circuiti alternativi"...il pubblico giovanile viveva la musica senza suddivisioni o sottospecificazioni di genere: per cui, lo stesso pubblico lo si trovava ad un concerto "free", ad un concerto di musica contemporanea, folk, rock o cantautorale... La musica europea basata sulla libera improvvisazione nata con il contributo degli "esuli americani" si caratterizza nella gestione diretta del proprio lavoro (autoproduzione) al di fuori dell'industria commerciale e nella solidariet* cooperativistica fra i musicisti...senza l'Europa, musicisti come Braxton, l'AEOC e tanti altri...non avrebbero raggiunto una certa agiatezza economica, nè sarebbero diventati famosi...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Ritengo particolarmente utile alla discussione il seguente spunto di Juggler: "A mio avviso, la figura di Dolphy è stata il 'nume tutelare' di tutti gli sviluppi d' 'avanguardia' che il jazz ha avuto in Europa e non solo...il multi-strumentismo, la ricerca timbrico-formale, l'esplorazione strumentale verso le 'fascie ardite', il vorace interesse verso le forme 'colte' quanto per le tradizioni musicali 'orali'...dopo di lui, un'infinita schiera di musicisti adotteranno il clarinetto basso (Breuker, Brotzmann, Portal, Trovesi, Surman, Pilz ecc.)...
Olanda e Germania, in primis, (soprattutto perchè questi Stati offrivano sovvenzioni economiche ai loro 'free musicians') (seguite poi, dalle altre nazioni europee) iniziano ad 'elaborare' l'idea di un 'jazz nazionale': il 'free' aveva liberato il jazz da una vasta gamma di 'doveri rituali' e quindi poteva ora essere 'interpretato' dai musicisti europei come emancipazione dalla radice nera, affrancandoli dal dover imitare i grandi della storia del jazz...la pratica musicale dadaista del duo Mengelberg/Bennink (sezione ritmica europea di Dolphy)...il teatro musicale irriverente di Breuker...l'estremismo 'fonico' di Brotzmann...diventano i 'simboli' di un 'nuovo agire musicale' che contaminer* l'intero Vecchio Continente...".
In effetti, se un jazz propriamente europeo, non nazionale, è esistito ed esiste, è quello di Breuker, Bennink..., aggiungerei grazie pure ad una casa discografica importante qual è la FMP (Free Music Production).
Free come liberazione del jazz da una vasta gamma di doveri rituali e conseguente emancipazione dalla radice nera: vero! Quanto all'emancipazione dalla radice nera, aggiungerei solo: in maniera più intenzionale e programmatica rispetto ad alcune esperienze europee del passato.
Se così è, occorre circoscrivere il jazz europeo sia nel tempo che in un particolare codice, poiché non è che tutto il jazz che si fa in Europa sia europeo, anzi ... .
Il problema che a questo punto si pone, difficile, ma interessante, e che mi piacerebbe fosse affrontato, è individuare i criteri oggettivi di distinzione tra la musica che certi musicisti europei hanno iniziato a fare negli anni '70 e le coeve avanguardie statunitensi, nere e non (si pensi alle avanguardie nere di Chicago e di St. Louis, ma anche all'avanguardia bianca di New York), per tentare di stabilire se vi siano realmente differenze tra le avanguardie statunitensi e tra queste e la musica dei vari Breuker, Bennink e compagni e, se ve ne siano, se siano sostanziali.
A dire il vero, avevo pensato al movimento avanguardistico europeo - anche perché, ormai un bel po' di anni fa, lessi con interesse una notevole monografia che Musica Jazz pubblicò sull'argomento -, ma, per evitare di fare affermazioni fondate sulla sabbia, dovrei trovare il tempo di tornare a questa e ad altre letture e soprattutto di riascoltare un sacco di musica: tempo che, al momento, non ho.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Considerare la musica di Breuker, Bennink e compagnia bella...come europea e non olandese...è fuorviante e difficilmente condivisibile (ovvero è europea in quanto olandese, ma non rappresenta o sintetizza tutto quanto in Europa accadde a partire dalla fine degli anni '60).
La FMC (Free Music Production) fu fondata in Germania dal pianista Alexander Von Schlinppenbach nel 1969 insieme ad altri musicisti tedeschi e aveva scopi e finalit* simili alla Incus/Musicians Co-op (Londra) e alla olandese ICP (Istant Composer Pool) ovvero quello di organizzare attivit* didattiche, seminari, concerti, incisioni che documentassero l'attivit* dei nuovi improvvisatori europei in collaborazione fra loro e/o con quei musicisti americani che si erano stabiliti in Europa in modo piu' o meno stabile.
Il jazz degli olandesi (in particolare quello di Breuker) ha sempre "mescolato" azione musicale ed azione teatrale, ispirandosi molto a certo teatro mitteleuropeo (Brecht, Heisler, Weill): su Youtube, è possibile vedere "stralci" di concerti della ICP, ad esempio, con Anthony Braxton...ma anche altro materiale...Sulla stessa scia, anche se con motivazioni diverse, si è sempre mosso il duo Mengelberg/Bennink...in questo caso, la teatralit* si riduce nel ridicolizzare l'"entertainment music"...e nel "violentare" in modo surreale i rispettivi strumenti...di segno diverso, era l'approccio degli inglesi (Derek Bailey, Evan Parker, Paul Lytton, Barry Guy) che prescindevano da qualunque "materiale musicale convenzionale" per definire con sincerit* agghiacciante la loro "estraneit*" nei confronti di ciò che producevano: una visione e azione musicale non-comunicativa e alquanto alienante (interessante forse piu' per gli aspetti filosofici "sottintesi" che non per i risultati "musicali"). Anche di questi musicisti potete trovare qualcosa su Youtube...Naturalmente, quelli appena descritti sono solo delle tendenze di alcuni musicisti ovvero se si considerano gli inglesi di origine sud-africana come Louis Moholo, Harry Miller, Chris Mc Gregor, Johnny Dyani ecc. il discorso cambia...il linguaggio improvvisativo è piu' comunicativo e vitale e frequenti sono i riferimenti al folclore africano; Surman, Osborne, Skidmore guardavano al patrimonio popolare anglosassone...Per tutte queste "esperienze musicali" (e tante altre) è piu' giusto parlare di "musica improvvisata europea"...così come credo che a partire dall'AACM si debba parlare di "nuova musica improvvisata afro-americana" e abbandonare il termine jazz...qualcuno ha usato il termine "new thing", non trovando termini migliori...Credo che sostanzialmente non ci siano grosse differenze fra le attivit* ed i risultati musicali degli improvvisatori europei e quelli dell'AACM o del Black Artist Group of St. Louis (soprattutto per il grande interscambio e le collaborazioni) se non in precise circostanziate progettualit* o singole personalit*...nel tempo, si è passati da un "radicalismo improvvisativo" ad un rapporto piu' "meditato" con la scrittura...l'avanguardia di New York ha probabilmente recuperato in maniera significativa e preponderante la "scrittura"...ciò è evincibile soprattutto dai lavori di Tim Berne e anche da certe produzioni di Zorn...
Credo che bisogna avere il coraggio di fare un'enunciazione fondamentale: IL JAZZ E' NATO IN AMERICA, MA E' STATO SALVATO, PROTETTO E DA UN CERTO PUNTO IN POI (dalla fine degli anni '60) SI E' EVOLUTO IN EUROPA...
La "diaspora" degli afro-americani inizia molto prima delle "avanguardie" dell'AACM...
http://www.jazzitalia.net/articoli/jazz ... eljazz.asp
E' chiaro che alle tendenze avanguardiste si sono sempre affiancate tendenze piu' legate alla "tradizione"...
Da segnalare, in Italia, i dischi della Quercia di cui Gaslini era direttore e produttore artistico e la Ictus di Andrea Centazzo (sembra che il buon Andrea stia per ripubblicare un cofanetto che racchiude le esperienze significative di quel periodo e le sue collaborazioni con Bailey, Lacy ecc. e la Mitteleuropa Orchestra da lui diretta); sull'esempio inglese, olandese ecc. a Torino, sul finire degli anni '70 nasce il CMC (Centro Musica Creativa: ancor oggi attivo) fondato da Carlo Actis Dato e dal chitarrista Claudio Lodati; a Roma, Mario Schiano (recentemente scomparso), grande animatore e scopritore di talenti, fondò il festival "CONTROINDICAZIONI" dedicato alla musica improvvisata...
Infine, un discorso a parte meriterebbero tutti quei musicisti e quelle progettualit* che si sono sviluppate negli stessi anni nella ex-Germania dell'Est e negli ex-Paesi comunisti, che vissuti per tanto tempo in un totale "isolazionismo" hanno prodotto
un "sound" non sempre paragonabile ad altre esperienze europee o d'oltreoceano...
P.S. Rileggendo il mio precedente intervento ho notato un'"imprecisione temporale": l'AEOC non è nata nel '78...ma 10 anni prima...confermo tutto il resto!
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Ok, ecco perché avevo evitato di toccare il tema dell'avanguardia europea: "per evitare di fare affermazioni fondate sulla sabbia"! Mi riferisco, naturalmente, al dubbio: "Se esiste un jazz propriamente europeo, non nazionale...". Ma, caro Juggler, se le così stanno così come dici, si rientra, sostanzialmente, nelle "finestre interpretative" che ho gi* aperto in una mia precedente risposta e, grazie anche alle tue preziose precisazioni, la questione credo possa ritenersi conclusa, anche se mi sarebbe piaciuto approfondire l'argomento fondandolo su analisi musicali comparate, altrimenti si rischia di farsi portavoce solo di quello che leggiamo sui libri. Purtroppo, non ne ho più il tempo.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
I "materiali musicali" a cui fai riferimento per analisi comparative...non hanno sostanziali differenze...quanto faceva l'AACM al suo sorgere è simile a ciò che facevano certi musicisti inglesi...
le mie precisazioni hanno a che fare con la mia "memoria" (ero adolescente quando è "scoppiato" il movimento improvvisativo europeo)...e con alcuni di questi protagonisti successivamente, mi sono confrontato e ho avuto modo anche di suonare e registrare (Evan Parker, Andrea Centazzo ecc.)...le analisi di qualunque tipo e soprattutto di quel periodo me le faccio da solo...perchè io c'ero...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
In primis: sottoscrivo in toto la tua definizione Musica Improvvisata! perchè mi fornisce un'idea/definizione molto più aperta e meno categorizzante (in fondo anch'io sono tra i fondatori del movimento di-forista :ghigno: ), e da questo potremmo poi parlare delle influenze/origini Americane/Europee/Africane/Asiatiche che ne determinano l'elemento narrativo.
Inoltre questa definizione la trovo molto pertinente alla realt* artistica contemporanea della musica così detta jazz mondiale, anche per chi rimane nel mainstream attuale (presumo sia ancora Hard Bop), o per quelli futuri; ed è altrettanto pertinente se applicata alla così detta musica colta di quegli autori viventi che ancora compongono nella struttura armonica-tonale (ed ancora di più per coloro che esplorano gli altri spazi musicali), cercando una definizione personale, e quindi obbligatoriamente che deve confrontarsi con l'individualit* dell'esecutore/autore nell'immediatezza-permanente!
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
le analisi di qualunque tipo e soprattutto di quel periodo me le faccio da solo...perchè io c'ero...
É evidente, almeno per me, che tu abbia l'esperienza diretta che corrobora le tue affermazioni e disquisizioni, e ti sono grato per le impegnative letture che mi fornisci: se posso (è una facezia) vorrei consigliarti il trattino - invece dei puntini ... perchè risparmieresti ben due tasti! :ghigno: sempre tu voglia mantenere il flusso narrativo sul beat; alternativamente, l'uso conforme della punteggiatura che a volte ti ricordi di usare, mi facilita molto il seguire i tuoi ragionamenti! e lo dico con affetto e stima! :smile:
PS: avevo anche notato la discrepanza della data circa l'Art Ensemble (poi Of Chicago), ma non volevo intervenire anche perchè, come ben sai, a volte faccio un po' di confusione! :DDD:
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
I "materiali musicali" a cui fai riferimento per analisi comparative...non hanno sostanziali differenze...quanto faceva l'AACM al suo sorgere è simile a ciò che facevano certi musicisti inglesi...
le mie precisazioni hanno a che fare con la mia "memoria" (ero adolescente quando è "scoppiato" il movimento improvvisativo europeo)...e con alcuni di questi protagonisti successivamente, mi sono confrontato e ho avuto modo anche di suonare e registrare (Evan Parker, Andrea Centazzo ecc.)...le analisi di qualunque tipo e soprattutto di quel periodo me le faccio da solo...perchè io c'ero...
Tanto di cappello! Indubbiamente, non mi è possibile non attribuire un grande peso alle opinioni di chi, come te, ha vissuto un epoca che, per motivi generazionali, io posso tentare di comprendere solo attraverso libri e dischi; di chi addirittura ha suonato e registrato con musicisti che ammiro da anni (magari anche tu sei tra questi e non lo so).
Mi permetto, però, di dissentire con l'impostazione "è così e non si discute, perché io c'ero e le analisi me le faccio da me".
Ti prego di non offenderti, ma, in definitiva, credo che solo l'analisi oggettiva (per es.: sulle forme) potrebbe dirimere ogni perplessit*.
E' mia attuale opinione che, riguardo al jazz europeo, le cose stiano sostanzialmente come scrivi e come anch'io ho scritto su questo forum, ma non ti puoi immaginare quanto mi piacerebbe avere il tempo di fare un po' di analisi musicale, magari di qualche brano che hai registrato tu...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Ringrazio Sax'O e MyLadySax per i loro interventi che mi danno il modo di chiarire, alcuni concetti e contesti...innanzitutto,
non possiedo nessuna "verit*" e se mi sono trovato in certi contesti e ho potuto sondare e conoscere certi "personaggi" è stato un po' frutto del caso e/o su segnalazione di qualche altro amico musicista...Centazzo, nella Mitteleuropa, qualche volta, in qualche concerto, mi "usava" come jolly (cosa che capita quando sei giovane sconosciuto, ma "apprezzabile"...) ovvero quando veniva a mancare qualche "titolare", per varie ragioni...mi chiamava per sostituirlo perchè leggevo rapidamente le parti ed ero in grado di "improvvisare" in modi differenti...insomma, ero piu' una "comparsa" che un "comprimario"...Successivamente, ho poi registrato nei suoi studi (a Padulle, vicino Bologna) i miei "primi lavori"...Ora vive in California e fa soprattutto spettacoli multimediali e colonne sonore...i suoi lavori di oggi non hanno nulla di improvvisato, nè lontanamente assimilabili ad uno dei tanti "linguaggi jazz" oggi praticati ...è diventato un compositore minimalista...ciò che pensa oggi del "jazz odierno" è estremamente terrificante e brutale (ma anche vero...) Mi è sempre piaciuta la sua estrema "cocciutaggine" e intelligente impertinenza e soprattutto quello di non essere mai uguale a se stesso...in genere, mi piacciono tutti quei musicisti (ma anche non necessariamente tali...) che hanno il coraggio di mettere in crisi se stessi, quando si potrebbero adagiare su ciò che hanno..."conquistato"... ricominciando da un'altra prospettiva! Con Evan Parker, ho inciso (disco introvabile in quanto trattasi di produzione festivaliera, realt* che oggi non esiste piu'...) sempre all'interno di una compagine orchestrale...persona arguta, di grande intelligenza ed umorismo...la smetto qui perchè non ho nessuna intenzione di "autocompiacermi" anche perchè pur essendo state, per me esperienze artistiche ed umane altamente formative le considero superate...rispetto alle visioni/orientamenti che possiedo oggi! E non avevo nessuna intenzione di "autoincensarmi" nell'intervento precedente riguardo all'analisi musicale...è solo che considero l'analisi musicale applicata alle forme radicali di improvvisazione, un esercizio "sado-masochistico" dell'intelligenza! Può la "sensibilit* dell'istante" che si rivela essere spiegata? Abbiamo scoperto, per caso, il senso della vita sezionando..."cadaveri"? Trovo che sia gi* di per sè un'attivit* "estraniante" la registrazione, su qual si voglia tipo di supporto, tanto di certa musica improvvisata quanto di certe "sperimentazioni contemporanee"...il senso di queste "esperienze" va vissuto in diretta, nei live, durante i concerti...l'ascolto dal disco ha sempre un che di frustrante e di scarsa godibilit*: non d* l'emozione di ciò che accade davvero! Gli improvvisatori degli anni '70 non avevano tutte quelle "intenzioni seriose" che molti testi di critica o analisi vogliono attribuirli...c'era una "allegra anarchia sonora", la voglia di rompere con tutti gli stereotipi musicali e non...l'assoluta indistinzione fra suono e rumore...una teatralit*, una gestualit* ed una ritualit* che si essenzializzava nell'"attimo partecipato" non nel risultato...cosa c'è da analizzare in tutto ciò?
Se parlo di densit*, masse globulari, indeterminazione temporale ecc. trovo una "bellezza"...che prima non sapevo cogliere o do un "valore" a qualcosa che cerca solo la sua... "attuazione"? Ciò ha un senso?
MyLadySax...sarai poi tu a dirmi...ti segnalo a dimostrazione di ciò...il metodo analitico di Michael Pelz-Sherman, pianista musicologo...forse capirai cosa intendevo quando parlavo di analogie fra "scrittura musicale contemporanea" e l'aleatoriet* delle "free conductions" di Butch Morris o di qualsivoglia improvvisazione radicale...
http://it.youtube.com/watch?v=BjUezEW3drA
http://interactive-sonification.org/ISo ... on2007.pdf
Insomma, non credo che tutto possa essere analizzato o che ciò abbia sempre un senso/scopo (gi* in campo "tradizionale", l'analisi delle fughe di Bach non ha portato a nessuna verit*...tanto che a livello accademico si insegna la fuga secondo delle "regolette" che lasciano il tempo che trovano...) Se confronto 2 realt* musicali diverse...ad esempio quella del "FuzzyLogicEnsemble" (compagine orchestrale irlandese) e della nostrana Italian Instabile Orchestra...
http://it.youtube.com/watch?v=hG1lbhfafiE
http://it.youtube.com/watch?v=r21206DbBaE
analizzando quale delle 2...posso "estrarre" un "metodo"?
Credo che il "pensiero dualistico" (jazz - non jazz o musica improvvisata) da me adoperato (come da tanti altri) non renda giustizia o sia comunque "imperfetto", in quanto applicato ad una musica che ha integrato contributi ed esperienze provenienti da ogni dove...il jazz, nell'arco della sua storia, talvolta ha affermato qualcosa, talvolta l'ha negato...talvolta certe esperienze si sono risolte l'una nell'altra (ad esempio, i musicisti "free" ripresero l'eterofonia dei musicisti di New Orleans), per poi dividersi...ricongiungersi...in modo diverso al variare dei tempi... creando, moltiplicando, scomparendo per ricomparire sotto altra forma..
P.S. Sax'O...i puntini sono il "respiro del pensiero" quanto l'estensione ideale del pensiero... che la punteggiatura non offre...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Davvero interessante e stimolante questa discussione. A tal proposito vorrei chiedervi qualche indicazione, o consiglio, in merito ad artisti e movimenti da voi citati, cominciando forse dalla richiesta più banale: cosa mi consigliereste di ascoltare?
Grazie :D
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Cosa vorresti ascoltare? Ho segnalato in questo topic diversi link di video su Youtube corrispondenti a musicisti e gruppi di quella stagione musicale...quindi, puoi fare un ascolto preliminare nonchè poi ricerche su Amazon e vedere se ci sono dischi disponibili in riferimento ai nomi/gruppi che ti interessano...considera che quel periodo è costellato da "autoproduzioni" (a tiratura limitata se non limitatissima) per cui.. ahimè...molto materiale in certi casi estremamente interessante è andato perduto...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Cannonball...se non sei molto avezzo ad "ascolti avanguardistici"...ti consiglio un disco a mio avviso molto bello "Mountainscapes" (ECM) del bassista americano Barre Phillips, con John Surman, John Abercrombie, Stu Martin...è un free molto suggestivo...e tutti i musicisti coinvolti sono molto ispirati...su Amazon lo trovi...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Allora mi sbilancio anch'io, anche se non saprei quanto siano pertinenti al genere, ma sono Europei! :ghigno:
Mi piace molto John Surman, e come primo ascolto consiglierei:
http://bp3.blogger.com/_LnZfLQmOmEs/...s320/3110E.jpg
Thimar
http://cover6.cduniverse.com/MuzeAud.../64/610164.jpg
Tales Of Algonquin
http://www.ecmrecords.com/Images/cov...500/E1528g.jpg
A Biography Of The Rev Absalom Dawe
####################################
Edward Vesala
http://jazzbluesclub.com/uploads/pos...4909300_ev.jpg
Lumi
####################################
Bobo Stenson
http://ak.buy.com/db_assets/prod_lrg.../203382539.jpg
Serenity
####################################
Anouar Brahem
http://bp3.blogger.com/_BlAS_sO-ehc/...e%2B(2000).jpg
Astrakan Café
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Alexander Von Schlippenbach
http://www.jazzwerkstatt-berlin-bran...ver/INT100.jpg
Monk's Casino
####################################
.... ;)
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Vi ringrazio molto :D
Comincerò dai dischi da voi segnalati, anche perchè effettivamente è da poco che mi sto avvicinando al free e all'avanguardia
Grazie :D
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Se mi posso permettere, PallaDiCannone, prima ancora di ascoltare le avanguardie degli anni '70, ascolterei qualcosa del free del periodo precedente: per lo meno Free Jazz di Ornette Coleman; Unit Structures di Cecil Taylor; Ascension di John Coltrane; Albert Ayler: Live in Greenwich Village.
Troverai questi dischi, bellissimi, tranquillamente su Amazon.
Ciao.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Juggler, la discussione si fa molto interessante.
Ti risponderò su tutto non appena ne avrò il tempo, anche perché voglio leggere con attenzione quel che mi hai consigliato su Pelz-Sherman (il video, purtroppo, non è più disponibile).
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Non so a quale video ti riferisci...se sono quelli "analitici"...sono ancora tutti on-line...prenditi tutto il tempo che vuoi...Ciao!
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
Se mi posso permettere, PallaDiCannone, prima ancora di ascoltare le avanguardie degli anni '70, ascolterei qualcosa del free del periodo precedente: per lo meno Free Jazz di Ornette Coleman; Unit Structures di Cecil Taylor; Ascension di John Coltrane; Albert Ayler: Live in Greenwich Village.
Troverai questi dischi, bellissimi, tranquillamente su Amazon.
Ciao.
Grazie, con questi dischi ci sto gi* giocando da un po :D
Ecco perchè ho chiesto qualche altra dritta
:D
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
Non so a quale video ti riferisci...se sono quelli "analitici"...sono ancora tutti on-line...prenditi tutto il tempo che vuoi...Ciao!
Hai ragione, ma, chiss* perché, ieri il video non era disponibile.
Grazie ancora e a presto.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da PallaDiCannone
Citazione:
Originariamente Scritto da MyLadySax
Se mi posso permettere, PallaDiCannone, prima ancora di ascoltare le avanguardie degli anni '70, ascolterei qualcosa del free del periodo precedente: per lo meno Free Jazz di Ornette Coleman; Unit Structures di Cecil Taylor; Ascension di John Coltrane; Albert Ayler: Live in Greenwich Village.
Troverai questi dischi, bellissimi, tranquillamente su Amazon.
Ciao.
Grazie, con questi dischi ci sto gi* giocando da un po :D
Ecco perchè ho chiesto qualche altra dritta
:D
Allora non ti resta cha darci dentro con la musica, spesso sorprendente, che ti è stata gi* consigliata da Sax O'Phone e da Juggler.
Dovresti averne per un pezzo.
Buon ascolto!
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Juggler, innanzitutto grazie per le segnalazioni.
Ho avuto a mala pena il tempo di dedicarmici nel fine settimana.
Non ci ho dovuto studiare tanto, perché quel tipo di approccio analitico lo conoscevo gi*, pur non conoscendone l'origine.
Giudico assai istruttiva questa nostra conversazione, perché tengo in alta considerazione le tue opinioni, le quali, ancorché non esattamente coincidenti con le mie, mi hanno indotto ad approfondire la riflessione su argomenti di grande interesse.
Credo, però, che rischiamo di portare avanti la conversazione sulla base di un equivoco.
Infatti, tu pensi - se non ho capito male - che a me piacerebbe ancorare quella che peraltro è un'idea comune ad entrambi del cosiddetto jazz europeo (entrambi riteniamo che si può piuttosto parlare di jazz nazionale ed è questa una conclusione cui sono giunto in quelle che tu stesso hai definito "finestre interpretative di MyLadySax") all'anaili musicale per svelarne una bellezza che rimarrebbe altrimenti nascosta: non è così e, se così hai capito, vuol dire che mi sono espresso male.
Considera che, sul piano filosofico, sono vicino alla fenomenologia (e, quindi, all'essenzialismo) e per me l'esperienza del fatto è, naturalmente, fondamentale e tanto più importante quanto più si tratti di esperienza diretta, immediata (= preanalitica).
Non mi sono appassionato al jazz e alla musica perché l'ho analizzata, ma perché mi piace.
Tuttavia, proprio perché mi piace, ho sentito successivamente l'esigenza di una comprensione razionale e talvolta analitica.
Questo tipo di comprensione ha, in definitiva, non raffreddato, bensì acuito le mie stesse capacit* di ascolto e di percezione anche emotiva della musica.
Non credo che la musica di cui parliamo farebbe eccezione e non mi sentirei scoraggiato dal fatto della registrazione, se è questo l'unico mezzo di cui disponiamo.
Tu sostieni che è una musica che va vissuta in diretta, ma non credo che nella registrazione o, ancor meglio, nella riproduzione video vada tutto perduto: é sempre meglio avere un'idea che si approssima quanto più possibile a quel che accade o è accaduto che non averne nessuna.
Nella fattispecie, avevo aperto la questione della comparazione delle avanguardie, sia auropee che statunitensi, nate alla fine degli anni '60 sul terreno del jazz per tentare di individuarne comuni denominatori, analogie e differenze (per es., tu stesso hai scritto che in Inghilterra si faceva una musica sostanzialmente assimilabile alla musica dell'AACM).
Sarebbe, probabilmente, un lavoro immane e chiss* che un giorno qualcuno non se ne prender* l'onere.
Gli strumenti analitici ci sono e li hai indicati, almeno in parte, tu stesso.
Quanto a Butch Morris, non nego che esistano delle analogie (anche sostanziali) tra le "free conductions" e la "scrittura musicale contemporanea" e avevo gi* compreso quel che intendi, ma resta il fatto che si tratta di analogie tra musiche non reciprocamente assimilabili, se non in maniera parziale, anche perché non è mai possibile del tutto assimilare ad un'esperienza appartenente alla tradizione europea una esperienza la cui natura è afroamericana (esattamente come il brano più impressionista di Duke Ellington non è mai del tutto assimilabile all'impressionismo musicale europeo).
Quanto a Bach, non sapevo che al conservatorio insegnano la fuga secondo regolette che lasciano il tempo che trovano, anche se non mi meraviglia (credo che ti riferisca al soggetto, al controsoggetto, ecc.); però oggi sappiamo che Bach, nonostante abbia recuperato più dei suoi contemporanei certi procedimenti che appartenevano ormai al passato, fosse in realt* molto pi* avanti di qualsiasi altro compositore del suo tempo: come lo sappiamo? Grazie all'analisi della musica barocca, naturalmente, che, quindi, è pur servita a qualcosa.
Queste - sia bene inteso - sono soltanto le mie opinioni, perché neanch'io posseggo alcuna verit*.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Neanch'io ho molto tempo...scusami per il ritardo con cui rispondo alle tue "sollecitazioni" e grazie per le attestazioni di stima che ricambio...Parto da quello che mi sembra un equivoco: jazz europeo - matrici nazionali. Precedentemente, nel parlare dei musicisti inglesi, avevo evidenziato una notevole differenza di ambiti stilistici fra i protagonisti di quella stagione, molti dei quali ancora attivi...ovvero non è possibile trovare "omogeneit* nazionali"...in fondo anche in Italia, Schiano aveva una direzione diversa rispetto a Schiaffini, a Trovesi, Colombo, Minafra (all'ostinazione di quest'ultimo si deve la nascita della Italian Instabile Orchestra, in quanto Pino voleva dimostrare, agli inizi degli anni '90, che una certa maniera di fare musica non era morta; cosa che altri non condividevano; infatti, le prime "defezioni eccellenti" dall'organico sono state quelle di Gaslini e di Bruno Tommaso). Ribadisco che in quella stagione fra afro-americani (soprattutto dell'AACM) ed europei non c'era differenza... ti dirò (cosa che probabilmente non approverai) che gli europei erano piu' "preparati" degli afro-americani...perchè concettualmente la nuova improvvisazione guardava le avanguardie europee (e molti improvvisatori avevano una preparazione accademica) e un po' "rideva" della tremenda quanto velleitaria seriosit* in cui si crogiolavano serialisti, strutturalisti & C. Facendo un paragone fra Roscoe Mitchell ed Evan Parker...entrambi usano la respirazione circolare e paiono interessati ad una "poetica vorticistica", pulviscolare...quasi una parafrasi strumentale di "Fontana Mix" di John Cage... i risultati di E. Parker sono molto piu' interessanti di quelli "casuali" di Mitchell o di un Brotzmann...Barry Guy, contrabbassista nel trio di E. Parker con Paul Lytton, la sera suonava Brahms o Beethoven con la "London Sinfonietta" e di notte come un "esagitato" nei loft londinesi con i suoi pards...Sarebbe, a mio avviso, piu' interessante comprendere come mai l'"ala afro-americana", dall'AACM in poi...abbia quasi tralasciato le proprie "radici" per "intellettualizzare" la propria proposta musicale in maniera talvolta davvero esasperata e forse anche ridicola...complesso dello "Zio Tom" da superare? Dopo il free...non si potevano prendere altre direzioni come evoluzione della tradizione piu' schiettamente afro-americana?
O semplicemente, solo l'Europa (data anche la temperie storico-culturale in cui versava) poteva "accettare" ed applaudire le "performances musicali" piu' audaci e iconoclaste? Ho assistito a concerti dell'AEOC...in cui la gente spazientita incominciava a protestare...soprattutto quando per interi quarti d'ora, i 5 componenti "mimavano" di suonare...si era abituati a vedere anche di peggio nei concerti di musica contemporanea...c'era bisogno di vedere 5 neri falso-tribali fare la stessa cosa? E poi...ho conosciuto personalmente alcuni della Scuola di Chicago...non dirò i nomi...umanamente, una grande delusione...dirò solo che si comportavano da..."americani", rozzi e stupidi...con grandi pretese...in America, non potevano e non possono comportarsi in tal modo! L'AACM, dopo un po'...piu' che "avanzamento" dei musicisti creativi era diventata un "circolo mafioso" in cui gli esponenti di maggior spicco decidevano chi e a quali condizioni poteva lavorare...molti sono fuggiti soprattutto i "bianchi" (ma non solo)...razzismo al contrario?...o forse tutto il mondo è paese!
Riguardo al sistema analitico di Sherman...è inutile e pretestuoso rispetto al contesto... di "drammaturgia fonica estemporanea" inscenata dal duo Mitchell-Lewis...ha usato una "trascrizione" (ammesso che la si possa chiamare tale) mutuandola dagli "Studi Astrali" per pianoforte di Cage...dove ci sono delle "masse accordali materiche" senza tempo...questo tipo di analisi è meta-linguistica: usa la "logica" di un contesto per applicarla ad un altro che almeno, in teoria, possiede altre coordinate, anche se poi perviene a risultati simili...anche un fisico delle particelle o un astronomo osservatore di sistemi cosmici e materici ad alto livello di entropia, può fare una simile analisi...a mio avviso, l'analisi musicale non serve a nulla, se non descrive processi strutturali dai quali si può dedurre un metodo e in cui sono evidenziabili elementi strutturali significativi! Riguardo a J.S.Bach...alla sua epoca non era considerato il piu' "* la page"...ma superato e obsoleto...i figli Friedrich Emanuel e Johann Christian (quest'ultimo fu insegnante di contrappunto del giovane Mozart)
ebbero maggior successo... perchè erano piu' in linea con lo "stile galante" che si stava affermando (in cui Mozart ecceller*, superandolo armonicamente e stilisticamente) rispetto allo stile austero e contrappuntistico del loro "sapiente" padre...Bach, in realt* fu dimenticato per poco piu' di un secolo... Mendhelsson, nella prima met* dell'Ottocento, portò alla luce "La Passione secondo Matteo" di Bach, dal quale scaturì una sorta di "Bach renaissance" e un interesse per la filologia musicale e lo studio delle prassi esecutive delle epoche passate...
P.S. Perdona le puntualizzazioni...ma purtroppo o per fortuna, sono un musicista "obliquo"...ho una "preparazione accademica"...ma mi sono sempre "trastullato" col jazz e in tutti i contesti in cui era ed è possibile improvvisare... ho studiato composizione e posseggo anche una specializzazione in etno-musicologia...musicalmente, sono un autentico schizofrenico!
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Non posso perdonare le tue puntualizzazioni, perché, spunto di approfondimento di temi da tempo accantonati, sono graditissime.
Ti assicuro che rifletterò volentieri su tutto quanto hai chiarito in ordine al tuo pensiero sul jazz europeo e sulle scuole nazionali: non escludo che potrei modificare qualcuna delle mie opinioni al riguardo, ma questo non potrei prometterlo.
L'equivoco è nato dalla tua risposta del 28 maggio 2008, che mi pareva potesse essere interpretata nel senso della possibilit* di operare alcune distinzioni anche di metodo tra scuole nazionali: mi perdonerai se ho inteso male.
Hai conosciuto personalmente alcuni della Scuola di Chicago e sei riamsto deluso? Razzismo al contrario? Forse sì. Sicuramente tutto il mondo è paese e non c'è da stupirsi. D'altronde, subito dopo aver tenuto un concerto, Charlie Parker si avvicinò al tavolo dove stavano seduti Bud Powell e Lennie Tristano e Powell disse a voce alta che ormai Parker suonava solo merda; Tristano ammonì Powell, ricordandogli quanto fosse stato importante Parker per lui musicalmente, e Parker disse a Tristano: no, non prendertela, sono stato io a insegnargli a comportarsi così!
Quanto al sistema analitico di Sherman, ribadisco che non mi era ignoto (anche se mi era ignoto l'inventore), ma devo aggiungere che la mia conoscenza è sempre stata solo teorica, non avendo mai applicato tale sistema per analizzare alcunché; solo, tante volte, ascoltando questo o quel brano (non sempre di jazz), ho pensato: qui tale sistema potrebbe essere utile all'analisi, qui no. E parlo di brani talvolta di una medesima formazione. Anche, per es., dell'AEOC, di cui amo una parte considerevole della produzione, ma non tutto quanto hanno prodotto (lo stesso vale pure per Duke Ellington, Louis Armstrong, ...).
Per amor di completezza, devo pure aggiungere che certa musica mi pare si basi su un qualche metodo (che non sono sempre in grado di comprendere), ma non è detto che tale metodo sia estrapolabile attraverso il sistema analitico di Sherman.
E' vero che, parlando di avanguardie, statunitensi o europee, certa musica, almeno apparentemente priva di un metodo estrapolabile attraverso l'analisi, non mi è mai piaciuta, ma in questi, tutt'altro che rari casi, non mi viene neppure il desiderio di analizzarla!
Quanto a Bach, lo so che alla sua epoca non era considerato esattamente il più moderno dei compositori e che dopo la sua morte fu dimenticato per tanto tempo (direi poco meno di un secolo), ma è appunto grazie all'analisi della sua musica e della musica barocca che oggi sappiamo quanto i suoi contemporanei non lo abbiano compreso.
Alla prossima.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Credo di aver sempre parlato di "orientamenti nazionali" e non di "omologazione stilistica" degli appartenenti alla varie compagini nazionali...per l'Inghilterra, avevo delineato varie differenze tra gli "iconoclasti" (E. Parker, Guy ecc.), i "sudafricani" (Moholo, Dyani & C.) e i "folklorici" (Surman): è possibile farlo per ogni nazione e trovare similitudini fra esponenti di nazionalit* diverse; ad esempio, Aktis Dato è vicino alla "teatralit* surreale" degli olandesi (nei concerti, è molto divertente e riesce a coinvolgere con la sua musica pseudo-world anche coloro che non hanno alcuna familiarit* con l'improvvisazione radicale...i suoi dischi...no comment!); Brotzmann è piu' vicino ai radicali inglesi o alla poetica del primo Roscoe Mitchell; diverso è l'orientamento del suo connazionale, Connie Bauer...Thomasz Stanko continua ad esplorare la libera improvvisazione, non perdendo mai di vista il flusso melodico come faceva il primo O. Coleman (c'era un trombettista milanese, scusa ma mi "sfugge" ora il nome che faceva piu' o meno lo stesso)...Trovesi (un po' come Surman), dopo le "concitazioni free" con Gaslini, Bedori ecc. rivolge la sua attenzione alla tradizione musicale mediterranea e a quella trobadorica e rinascimentale (ha il diploma in direzione corale: conosce molto bene la tradizione musicale polifonico-corale degli italiani e dei fiamminghi: Gesualdo da Venosa, Josquin De Pres, Willaert, ecc.); D'Andrea, ha guardato, per un lungo periodo, con maniacale interesse quanto faceva Cecil Taylor, arrivando ad una personale sintesi fra matrici africane, tradizione jazz e tecnica dodecafonica...Altri confronti, paragoni o linee di sviluppo, puoi benissimo dedurli da solo! A mio avviso, gli Area costituivano negli anni '70 in Italia (ma direi in Europa) l'esperienza piu' creativa e fuori dal coro...erano all'avanguardia piu' di certi..."casinisti"!
Il free e la libera improvvisazione europea e americana ha esasperato l'"individualismo linguistico" (processo evolutivo che era gi* iniziato con Charlie Parker): non c'erano piu' tradizioni da seguire, ognuno prendeva spunti o ispirazioni da ogni "dove"... e ne dava la propria "lettura" (non accade ancora questo...nelle proposte musicali piu' interessanti o quasi originali di oggi?)
Parlare di jazz da quel momento in poi non ha piu' senso (o forse tutte le interpretazioni e letture che sono state date del jazz sono sbagliate o ampliamente imperfette)...Gaslini nel '57/'58 scrisse un brano orchestrale dal titolo "Tempo e relazione" in cui cercava un "connubbio" possibile tra jazz e dodecafonia...incontrando Ornette Coleman gli chiese se secondo lui era jazz...seraficamente, Coleman rispose: "Tu suoni Gaslini, io Coleman..." Urbani (ho suonato con lui per un brevissimo periodo) mi disse che Gaslini pretendeva che improvvisasse sulla serie dodecafonica..."non sapevo cosa voleva ...facevo casino...Gaslini diceva che andava bene..." Di corbellerie, situazioni paradossali, parossistiche o velleitarie quel periodo era pieno, anche perchè ci si ammantava di un "ideologismo" che "giustificava" l'ingiustificabile o semplici provocazioni in cui probabilmente erano necessari un po' d'ironia ed umorismo...per non scadere nel patologico... Però...si cercava un nuovo rapporto con il pubblico, il musicista non si credeva su un "Olimpo" intoccabile...in tal senso, credo che oggi si sia tornati abbondantemente indietro!
http://it.youtube.com/watch?v=2tN_oQ80Igk
Il Braxton "post-weberniano"...sono evincibili dal video tratti delle partiture...in Europa c'erano una marea di compositori che si muovevano all'interno di quelle coordinate...in Europa, di quel Braxton, potevamo tutti farne a meno! Lui ha costruito la sua carriera su un postulato culturale e identitario equivoco e contradditorio...gli è andata bene!
O forse, in musica, come in qualsiasi altro contesto, è gratificante continuare ad osservare da un diverso punto di vista le domande considerate risolte, come se non lo fossero ancora...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Il trombettista milanese "non intercettato" di cui sopra...è Guido Mazzon!
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Citazione:
Originariamente Scritto da juggler
[...]
O forse, in musica, come in qualsiasi altro contesto, è gratificante continuare ad osservare da un diverso punto di vista le domande considerate risolte, come se non lo fossero ancora...
:lol: :lol: :lol:
Questa mi sembra uno spunto interessante: qual'era la questione?
:lol:
Per altro mi trovi completamente d'accordo con le tue osservazioni, ed apprezzo che tu abbia specificato "quel Braxton", che secondo me a ben volerlo identificare, non c'entra per nulla con la Braxton Personae, ma forse più con le figurine panini da noi così diffuse (cioè l'artefatto concetto di alcune figur(in)e che si è venuto a creare nel nostro paese, nell'abbagliato mondo musicale jazzistico)... ma potrei anche sbagliarmi!
D'altra parte non dovremmo dimenticarci che proprio Braxton con Coleman può essere considerato uno dei grandi eploratori dell'Avant garde, da cui quell'altro Braxton, l'immagine riflessa e distorta che viene usata come modello di più bieche perversioni dell'ego! Queste le mie impressioni a riguardo... A volte, positivamente, è meglio porsele nuovamente quelle domande, però bisognerebbe onestamente esaminare le risposte esistenti e verificarne la veridicit*! Non trovate?
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Non esistono soluzioni perchè non ci sono problemi...in arte, non esistono verit*, ma visioni...tutto il Novecento è costellato artisticamente (e non solo) di visioni individuali estreme, disperate e solipsistiche...che di volta in volta son diventate sempre piu' concettuali...la corporeit*, le emozioni sono state congelate in virtu' di idee sempre piu' cervellotiche o da falsi concetti mascherati da motivazioni contradditorie, ambigue, fumose: teoremi eccentrici in grado di eccitare le fantasie di intellettuali depressi e/o di una borghesia priva di entusiasmo e annoiata della/dalla vita e che hanno incentivato un mercato che promuove solo feticci e icone...anche nel jazz, si è assistito ha questo tipo di processo involutivo...alle avanguardie afro-americane...e probabilmente all'intera storia del jazz, in forma auto-riflessiva, è applicabile il proverbiale adagio di Marcel Duchamp:
"Sono stato costretto a contraddirmi piu' volte per evitare di confermare i miei stessi gusti".
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Sax O'Phone, Juggler, di cosa diavolo state parlando?
Ho perduto il filo del discorso o è un discorso così sottilmente concettuale da risultarmi oscuro? Temo di essermi perduto nella sua fumosit*!
Mi ci vuole un bel solo di Dexter Gordon, adesso!
P.s.: naturalmente, scherzo, ma il solo di Gordon mi ci vuole davvero.
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Hehehe MyLadySax, hai perfettamente ragione, ma in fondo stavamo ragionando proprio di questo... Quando l'astrattismo teoretico prevale sulla logica emozionale, è facile perdersi nei meandri delle aride elucubrazioni egoiche che nulla hanno a che vedere col sentire umano, se non per l'uso di un linguaggio comune, almeno superficialmente...
Cioè, se non si può comunicare con sé stessi, come si può pretendere di farlo con altri? Questa mi sembra dovrebbe essere la prima domanda da porsi a cui rispondere molto onestamente, sopratutto nel caso di un Artista, o presunto tale; vorrei fare qui un'altra divagazione: nella cultura Orientale, l'artista in quanto tale tradizionalmente non è mai esistito, se non nella forma di Grande Artigiano; p.e. il musicista Indiano è incluso in una casta/classe ben poco considerata socialmente, e comunque la sua individualit* ha ben poco valore, dato che come in altri campi, l'eccellenza sta nella perfetta esecuzione, e non nell'originalit*, e quindi nella omologazione del gruppo.
Nella concezione Occidentale abbiamo un teorema opposto, dove l'eccellenza è per così dire acquisita da subito nell'individualit* espressa: come faceva rilevare Jung ne 'L'Uomo e I Suoi Simboli', la realizzazione dell'individuo, e quindi anche dell'artista, in Occidente viene preconfigurata come un percorso che va dall'esaltazione dell'individuo che infine si identifica nel Tutto Universale, mentre in Oriente è esattamente l'opposto: la vera Individualit* può essere realizzata solo annullando il proprio io nella moltitudine, paradossalmente, identificandosi totalmente all'archetipo di appartenenza, e conoscendolo totalmente, in questo caso il musicista.
Fatta questa piccola premessa :DDD:, ho perso pure io il filo! :lol: e direi che un Dex d'annata sicuramente mi riporter* sul beat, anche se un po' in ritardo (laid back)! ;)
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Sinceramente, non stavo "astrattizzando"...il punto di partenza era il "Braxton post-weberniano"... pensava di dare la propria "lettura" dell'esperienza serialista (risposta al problema che forse per lui era ancora aperto...) che in Europa si era gi* esaurita vent'anni prima...il resto era la "deformit*" concettuale in cui è immerso il mercato dell'arte (forse, negli anni '60/'70 valeva anche per la musica, oggi un po' meno...) Il problema della "soggettivit*" nell'arte è un aspetto prettamente occidentale...diciamo soprattutto dall'Illuminismo in poi (grosso modo)...J.S.Bach firmava le sue opere con la dicitura "come Dio ha creato"...non intendendo se stesso come Dio naturalmente... la sua attivit* di compositore era alla ricerca di un'armonia universale, una forma raffinatamente olistica del sapere; la musica rappresentava un aspetto, una disciplina ed una via interiore: una maniera per avvicinarsi e avvicinare gli ascoltatori a Dio e quindi all'armonia delle leggi della natura.
I riferimenti di Sax'o alla cultura orientale sono congruenti, anche se un po' "confusi"...il musicista indiano appartiene ad una casta (sebbene in India le caste siano state abolite, per legge, rimane tutt'oggi una terribile piaga sociale, una "consuetudine secolare" difficile da estirpare nella mentalit* e visione del mondo degli indiani) e ha una importanza pari a quella che avevano i vari musicisti di corte in Europa (Lully, Salieri, Haydn ecc.)
La bravura del musicista è nella sua capacit* di commuovere la platea: l'eccellenza esecutiva è un "riflesso" di questa...il raga ha una "codificazione simbolico-matematica" molto complessa e raffinata...esistono ragas adatti ad ogni momento e ora della giornata...un bravo esecutore non eseguir* mai un raga del mattino di sera...ogni raga ha le sue "precise forme melismatiche" (ovvero ornamentative e melodiche che lo caratterizzano)...non esiste la bellezza "estetizzante" del suono come in Occidente...un cantante può avere una voce roca e sporca...se durante l'esecuzione gli viene di tossire o sputare non è visto dagli astanti come un'offesa, ma come una necessit* fisiologica... se lo strumentista si accorge che lo strumento si è "scordato" può stare anche un po' di minuti senza scomporsi a "riaccordarlo"...l'importante che con il suo "estro improvvisativo" riesca a sorprendere/commuovere l'uditorio...la differenza fra "noi e loro" è sostanzialmente nella maniera di considerare il pensiero, la mente...la mente, per un orientale, è il 6° senso dell'uomo (non la parte piu' importante...) e come tale ingannevole...la "mente" può mentire a se stessa o elaborare percorsi illusori o se orientata dall'intuizione piu' che dal freddo opportunismo razionalistico può cogliere l'essenza della conoscenza non la sua ingannevole "egotica" descrizione...se nell'arte, come nella vita, prendessimo parte della profondit* di quel pensiero e lo applicassimo...visto che nel passato avevamo "qualit*" simili...forse ci evolveremmo verso un' "altro tipo" di Umanit*...al momento, rimangono solo le nostre e le loro "contraddizioni" irrisolte...e un futuro incerto per entrambi...
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Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Molto pertinente ciò che scrivi relativamente alla differenza circa la considerazione che l'occidente e l'oriente hanno per il pensiero e la mente.
Il raga (che tra l'altro in Sanskrito sognifica Colore) non è solo legato all'orario della giornata, ma anche alla stagione: ve ne sono moltissimi, ma oltre ad avere una prescisa struttura tramandata nelle relative tribù (che a loro volta definiscono le caste), devono includere parti improvvisate coerenti, esattamene come viene concepito nel jazz per le progressioni. Nella esecuzione musicale, e comunque artistica, vi sono in India canoni molto precisi anche relativi alla sua presentazione (quindi non confondiamoci pensando che il cantante dalla voce roca sia per loro accettabile: non lo è, sopratutto nella tradizione; anche se poi i loro canoni di bellezza possono differire dai nostri, non necessariamente è così, ma sicuramente sono molto più variegati e complessi); ciò non toglie che l'esecutore possa prendersi il suo tempo per cambiare una corda, o accordare lo strumento, ma certamente se la sua esecuzione non è all'altezza della tradizione, o è troppo manieristica, questo verr* piuttosto percepito come un'offesa del pubblico! E questo mi fa ancora di più apprezzare i concetti fondamentali adottati nel jazz: originalit* nell'improvvisazione, aderenza o meglio consequenzialit* al linguaggio tradizionale.