mi dovete poi spiegare come fate a "interpretare" un brano senza cambiare a. note b.dinamica c.durata :mha!( o si legge ciò che è scritto...o si legge ciò che è scritto! :BHO:
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mi dovete poi spiegare come fate a "interpretare" un brano senza cambiare a. note b.dinamica c.durata :mha!( o si legge ciò che è scritto...o si legge ciò che è scritto! :BHO:
Per esempio, Ctrl_alt_canc, "giocando" sui vibrati, o sul tipo di sonoritÃ* da dare a una determinata frase, o sui ritenuti e gli accelerando, o sulle cadenze,... L'esecutore ha diversi modi di far emergere la propria sensibilitÃ* nel brano che deve interpretare. Altrimenti tutti i professionisti più affermati suonerebbero lo stesso brano nello stesso modo. Chiartamente questo discorso assume una maggiore validitÃ* per i solisti; se suoni in sezione hai margini veramente minimi. Ma lo stesso vale nel jazz: se suoni in big band quando non fai un solo devi rispettare il massimo equilibrio dell'orchestra.
Poi, è ovvio che il solista classico ha molti meno gradi di libertÃ* dell'improvvisatore jazzista! Ma, ancora una volta, mi sembra che nessuno lo abbia messo in dubbio in questa discussione. Bisognerebbe avere la stessa onestÃ* nel riconoscere che anche nella musica classica l'interpretazione riveste la sua importanza. Per essere interpreti non è necessario essere improvvisatori.
Tutto ciò lo dico (ripeto anche questo a costo di essere noioso) da appassionato sia di classica che di jazz (pur se con un diverso grado di conoscenza), nonchè di numerosi altri generi musicali.
@ emiliosansone: io invece ho un'opinione diversa dalla tua (rispettabilissima come quella di chiunque altro, intendiamoci) quando dici quanto segue:Ho conosciuto professionisti anche piuttosto quotati che si sono dedicati a diversi stili prima discegliere la propria strada. Quindi non vedo perchè dovrebbe essere sbagliato confrontarsi con diverse "culture" musicali. La conoscenza di realtÃ* differenti dalla propria può solo portare benefici (non solo in musica). Poi ciascuno sceglie secondo la propria indole e i propri mezzi. E magari, può anche cambiare strada dopo alcuni anni, perchè no? Certo non sarÃ* facile, ma perchè doversi limitare?Citazione:
Originariamente Scritto da emiliosansone
Personalmente, non avendo nessunissima velleitÃ* di professionismo nè di semiprofessionismo, ma dedicandomi alla musica solo ed esclusivamente per passione (per lavoro faccio tutt'altro), mi piace l'idea di affrontare diversi linguaggi musicali. Poi credo sia normale che i risultati saranno diversi nell'uno e nell'altro, ma perchè chiudersi? ;)
non capisco cosa puzza se a qualcuno piace sia la classica che il jazz , come il rock o il r&b :BHO: ? non capisco cosa vuoi dire ?Citazione:
Originariamente Scritto da emiliosansone
Eppure è semplice, Salsax: qua non stiamo parlando di cosa piace o non piace. Se la mettiamo su questo piano, devo dire che anche a me, a livello di semplice ascoltatore, non piace solo il jazz. Ci sono dei bellissimi pezzi di rock, r&b, funky, fusion e chi più ne ha più ne metta. Esistono pure delle opere eccelse di musica classica, della quale, pur non essendo un cultore, apprezzo particolarmente alcuni brani sinfonici. In tutte le manifestazioni musicali ci sono opere mirabili. Perciò il punto non è questo.Citazione:
Originariamente Scritto da salsax
Il punto è che se uno si dedica allo studio del sassofono in particolare, ma anche di un altro qualsiasi strumento a fiato, passando dall'approccio classico a quello jazzistico cambia praticamente tutto: emissione, timbro, dizione, accentazione della nota, uso degli armonici, degli abbellimenti, del ritmo, della sincope, del vibrato, dell'armonia e di tutto il diavolo che c'è dietro. Per passare dal classico al jazz il sassofonista deve cambiare completamente la mentalitÃ* e l'approccio al suo strumento.
Perciò sono pochissimi i musicisti "a fiato" che hanno raggiunto traguardi notevoli sia in ambito classico che jazzistico. Al momento mi viene in mente il Benny Goodman, ma non era un sassofonista...
Il sassofonista, a mio modesto parere, deve scegliere dove specializzarsi, a meno che non sia un genio. Dopo di che può darsi che questo Forum pulluli di geni e io non me ne sia ancora accorto.
Sono stato più chiaro, adesso, Salsax?
Raga, sdrammatizziamo un pò... :amore::
Tutti d'accordo che le scale servono sia in ambito classico che in quello jazzistico?
:saxxxx)))
Le scale...talvolta si scendono, talvolta si salgono...si direbbe che mantengono in forma (in senso fisico); in senso musicale, impigriscono la mente...è come se esprimendo un concetto, parlando di un esperienza, raccontando (in senso metaforico, musicalmente accade ciò) debba conoscere la radice etimologica di ogni parola che adopero, cosa improbabile anche per i piu' esperiti linguisti...
Le scale appartengono ad una classificazione a posteriori, soprattutto in ambito occidentale e non solo...le codificazioni modali, derivate dai modi gregoriani, sono postulazioni posteriori all'attivitÃ* musicale, non l'anticipano...senza considerare che i nomi di derivazione greca, furono attribuiti secondo una relazione errata rispetto alle originarie denominazioni greche, che erano pensate in senso discendente e non ascendente...
Anche un pregiudizio o un errore valutativo, divulgato per molto tempo, può assumere il valore di un dogma indiscutibile, di una legge perenne, quando diventa pratica diffusa, accademicamente e/o socialmente promulgata...
C'è sempre un dualismo pervasivo e indifferenziato, che impedisce di andare al di lÃ* delle apparenze "culturali"...interprete-improvvisatore...se offro una rilettura teatrale di una qualunque opera di Shakespeare, di Gogol, di Goldoni ecc. sto interpretando o improvvisando? E se offro una "rilettura" di una qualunque produzione musicale che l'umanitÃ* a fin ad oggi prodotto...sto re-interpretando o improvvisando? La labilitÃ* fra i 2 confini è estremamente fragile...e il pericolo di "dogmatismo affermativo" è il limite di chi vuol vedere solo in bianco e nero, escludendo che fra i 2 estremi possono esistere una quantitÃ* infinita di sfumature, che non possono essere "cestinate" per una sorta di "conformismo culturale" che conduce alla piattezza dialettica, riflessiva e artistica e l'elevazione del luogo comune a dogma indiscutibile.
Il sistema musicale europeo è, in senso scalare, il piu' "stitico" e banale: ha tratto tutte le sue "implicazioni" da 2 tipi di scale... la scala maggiore possiamo considerarla un errore teorico, sotto diversi punti di vista...in senso empirico, se suonate C sul pianoforte, a diverse altezze...e suonate la scala maggiore e poi la scala lidia...quest'ultima risulterÃ* + efficace col tono di riferimento: era l'esempio che George Russell faceva per spiegare le "ragioni" del suo "sistema lidio"...il ns. orecchio non può che dargli ragione! Partendo dalle "relazioni pitagoriche" e dalle leggi di Helmholtz, Harry Partch elaborò un sistema di 43 toni, sul quale basò il suo linguaggio musicale...
In diverse tradizioni popolari, l'uso di scale irregolari è molto frequente...se considerate l'espressione musicale solo da un punto di vista tecnicistico o riferendovi a qualche tradizione specifica...le scale hanno una loro pertinenza "linguistica"...da un punto di vista, creativo-evolutivo ci sono tanti "parametri" ancora da esplorare che non le possibili "affettazioni" intervallari dell'ottava...ultima considerazione: non si improvvisa meglio conoscendo le scale, ma conoscendo una maggiore varietÃ* di articolazioni melo-ritmiche, desunte da vari stili e tradizioni musicali...
juggler... alle 3,24 di mattina con questi discorsi (??) :shock: :shock:
Il discorso non fa una piega... giÃ* solo per la ricerca del suono cambia il "mondo"... tra musica classica e jazz... Non è connaturato in percorso di studi classico lavorare sulla sonoritÃ* che esce da uno strumento... perchè non è una cosa "schematizzabile"... nella musica classica all'inzio si studia solo ciò che può essere riprodotto senza "interpretazione" sul contenuto: scale accenti dinamiche etc etc... poi la "tecnica" è "tecnica"... Difficilmente in un conservatorio trovarai gente che non ha un Serie II, un Selmer C*/D e ance Vandoren Blu da n° 3 in su... il fine è quello di omogeneizzare il suono di tutti e tutto! Poi il nasalizzare tutto... non lo sopporto...Citazione:
Originariamente Scritto da emiliosansone
Pochi sassofonisti usciti dal conservatorio, si accorgono che per fare altro con il sax spesso bisogna rivoluzionare tutto il proprio modo di suonare... e non è una questione di tecnica, è questione di testa e di capire bene cosa succede attorno a noi mentre suoniamo!
Siamo passati dall'analisi o da modi che ogniuno di noi ha per approcciare il discorso delle scale per poi entrare in OT nel dualismo musica classica pro/contro musica Jazz pro/contro.
Non amo gli schemi ma apprezzo le scelte che un suonatore fa e porta avanti nella sua vita... ogni esperienza e degna di rispetto (classica, jazz o liscio non fa differenza).
Io che sono fuori dagli schemi che i maestri propongono, quel poco tempo che ho le dedico a suonare e basta (non posso permettermi altro di tecnico, cioè fare un lavoro schematico e basato sulle scale, purtroppo) sperando che suonare basti per non rimanere un analfabeta del sax. Magari cerco di curare bene il mio suono, almeno quello deve arrivare bene, più della velocitÃ* e immediatezza dei passaggi. Ogni tanto si accende una luce, eseguo una variazione che mi piace ma poi non me la ricordo più, riproduco le improvvisazioni conosciute... mi pare di far rivivere con il mio sax le session di Coltrane e di Parker, a volte le illustro a chi non le conosce e per mezzo dei miei esempi suonati riescono ad apprezzare le differenze; mi accontento così.
Però a mio parere è bello il fiume di risposte che l'argomento ha generato, tra questa fiumana permettetemi di dire che la risposta di Juggler, fatta a notte fonda (o senza voler essere troppo schematici di mattino prestissimo), è una perla! :bravo:
Bravo Doc Max!
Viva le scale, ma viva anche la libertÃ* nel suonare che
hai tu!
:saxxxx)))
quoto Docmax.
ciao fra
@ max , quoto in pieno il tuo pensiero :bravo:
come te amo la musica senza barriere e senza schemi , sono giovane e forse sbaglio ma voglio suonare tutto , classica , jazz, r&b , leggera ...... io lo sto facendo e mi diverto tanto a fare scale e metodi col mio maestro, r&b con la mia band , marce con la banda , jazz con gli amici del forum , musica leggera col soprano , classica nei concerti da solista e con il mio quartetto di sax .... non sarò mai come londeix o come coltrane , però mi piace suonare il sax e ogni occasione è buona per farlo .........................e la cosa non mi puzza ;)
scusate l' ot !
forse,emilio,sarebbe più corretto esporre il tuo pensiero così:
chiunque può suonare dal grindcore metal al liscio il sax,il problema è farlo bene,e per questo è "umano" avere a che fare con uno stile solo...
Per "tornare" un attimo in OT, anche secondo me il punto è questo...Citazione:
Originariamente Scritto da Ctrl_alt_canc
Ognuno può suonare ciò che più gli aggrada per trarne le proprie soddisfazioni ma se consideriamo la cosa dal punto di vista della preparazione tecnica le cose cambiano.
Spesso, in buona fede per caritÃ*, ci si dimentica di fare paragoni adeguati ai vari liveli di difficoltÃ* dei vari generi musicali e, peggio ancora di paragonare anche la difficoltÃ* di un pezzo di repertorio di un genere musicale con un altro
Per fare un esempio estremo e banale è come se il "quartetto della domenica" si mettesse a fare "il blues in fa " improvvisato per poi alla fine dei 7 minuti (5 dei quali, dopo i primi 2, passati a suonare ognuno per conto proprio) credere di avere creato chissÃ* cosa sentendosi superiori all'orchestra che suona il "solito" Danubio Blu al concerto di Capodanno :mha...: naturalmente, per la par condicio, esistono anche delle situazioni in senso opposto
Per tornare invece all'argomento scale, l'utilitÃ* e lo studio delle quali vede pareri contrastanti, a questo punto la domanda è quali scale e studiate come?
Sarebbe interessante sapere appunto di quali scale (utili e non) si parla, struttura e progressione e citare un esempio nelle relative pubblicazioni :zizizi))
Ciao Clarsax!
Io credo che le scale possono essere anche una banalizzazione del sistema musical-occidentale, ma dalle mie parti si dice che "le balle stanno in poco posto..." quindi se vuoi suonare bene, ed esprimere quello che hai dentro le scale sono un "mezzo tecnico" per arrivare a qualcosa.
Per il workout io suono:
- Scale maggiori e dominanti;
- Scale minori melodiche e minori armoniche;
- Scale esatonali (due...);
- Scale diminuite.
Il problema non è quante scale si fanno ma COME le si studiano... Non mi serve a niente (parlo per me) farle in modo ossessivo per un'ora, ma se capisco come usarle e mi concentro bene basta meno... Io sto seguendo il metodo di Barry Harris, che è stato insieme a Jimmy Heath il maestro del mio maestro. Il metodo mi piace, lo sto applicando e qualcosa sta venendo fuori.
Non consiste nel suonare tutto linearmente ma introducendo note di approccio, note di passaggio ecc ecc. (sarebbe troppo complicato spiegarlo qui...).
Poi per caritÃ* sarÃ* ultra codificato, standard, bebop, quellochetipare (scritto apposta così...)
Ma che ci vuoi fare, a me piace...sarò uno che suonerÃ* mainstream e bebop per sempre forse, ma credo sia meglio che fare tanti giri di parole e fare i simil-critici musicali che suonano poco e niente...
Frank.
p.s.: tutte le scale vanno fatte in tutte e 12 le tonalitÃ*...(anche se sarebbero 15 :ghigno: )