Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Non esistono soluzioni perchè non ci sono problemi...in arte, non esistono veritÃ*, ma visioni...tutto il Novecento è costellato artisticamente (e non solo) di visioni individuali estreme, disperate e solipsistiche...che di volta in volta son diventate sempre piu' concettuali...la corporeitÃ*, le emozioni sono state congelate in virtu' di idee sempre piu' cervellotiche o da falsi concetti mascherati da motivazioni contradditorie, ambigue, fumose: teoremi eccentrici in grado di eccitare le fantasie di intellettuali depressi e/o di una borghesia priva di entusiasmo e annoiata della/dalla vita e che hanno incentivato un mercato che promuove solo feticci e icone...anche nel jazz, si è assistito ha questo tipo di processo involutivo...alle avanguardie afro-americane...e probabilmente all'intera storia del jazz, in forma auto-riflessiva, è applicabile il proverbiale adagio di Marcel Duchamp:
"Sono stato costretto a contraddirmi piu' volte per evitare di confermare i miei stessi gusti".
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Sax O'Phone, Juggler, di cosa diavolo state parlando?
Ho perduto il filo del discorso o è un discorso così sottilmente concettuale da risultarmi oscuro? Temo di essermi perduto nella sua fumositÃ*!
Mi ci vuole un bel solo di Dexter Gordon, adesso!
P.s.: naturalmente, scherzo, ma il solo di Gordon mi ci vuole davvero.
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Hehehe MyLadySax, hai perfettamente ragione, ma in fondo stavamo ragionando proprio di questo... Quando l'astrattismo teoretico prevale sulla logica emozionale, è facile perdersi nei meandri delle aride elucubrazioni egoiche che nulla hanno a che vedere col sentire umano, se non per l'uso di un linguaggio comune, almeno superficialmente...
Cioè, se non si può comunicare con sé stessi, come si può pretendere di farlo con altri? Questa mi sembra dovrebbe essere la prima domanda da porsi a cui rispondere molto onestamente, sopratutto nel caso di un Artista, o presunto tale; vorrei fare qui un'altra divagazione: nella cultura Orientale, l'artista in quanto tale tradizionalmente non è mai esistito, se non nella forma di Grande Artigiano; p.e. il musicista Indiano è incluso in una casta/classe ben poco considerata socialmente, e comunque la sua individualitÃ* ha ben poco valore, dato che come in altri campi, l'eccellenza sta nella perfetta esecuzione, e non nell'originalitÃ*, e quindi nella omologazione del gruppo.
Nella concezione Occidentale abbiamo un teorema opposto, dove l'eccellenza è per così dire acquisita da subito nell'individualitÃ* espressa: come faceva rilevare Jung ne 'L'Uomo e I Suoi Simboli', la realizzazione dell'individuo, e quindi anche dell'artista, in Occidente viene preconfigurata come un percorso che va dall'esaltazione dell'individuo che infine si identifica nel Tutto Universale, mentre in Oriente è esattamente l'opposto: la vera IndividualitÃ* può essere realizzata solo annullando il proprio io nella moltitudine, paradossalmente, identificandosi totalmente all'archetipo di appartenenza, e conoscendolo totalmente, in questo caso il musicista.
Fatta questa piccola premessa :DDD:, ho perso pure io il filo! :lol: e direi che un Dex d'annata sicuramente mi riporterÃ* sul beat, anche se un po' in ritardo (laid back)! ;)
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Sinceramente, non stavo "astrattizzando"...il punto di partenza era il "Braxton post-weberniano"... pensava di dare la propria "lettura" dell'esperienza serialista (risposta al problema che forse per lui era ancora aperto...) che in Europa si era giÃ* esaurita vent'anni prima...il resto era la "deformitÃ*" concettuale in cui è immerso il mercato dell'arte (forse, negli anni '60/'70 valeva anche per la musica, oggi un po' meno...) Il problema della "soggettivitÃ*" nell'arte è un aspetto prettamente occidentale...diciamo soprattutto dall'Illuminismo in poi (grosso modo)...J.S.Bach firmava le sue opere con la dicitura "come Dio ha creato"...non intendendo se stesso come Dio naturalmente... la sua attivitÃ* di compositore era alla ricerca di un'armonia universale, una forma raffinatamente olistica del sapere; la musica rappresentava un aspetto, una disciplina ed una via interiore: una maniera per avvicinarsi e avvicinare gli ascoltatori a Dio e quindi all'armonia delle leggi della natura.
I riferimenti di Sax'o alla cultura orientale sono congruenti, anche se un po' "confusi"...il musicista indiano appartiene ad una casta (sebbene in India le caste siano state abolite, per legge, rimane tutt'oggi una terribile piaga sociale, una "consuetudine secolare" difficile da estirpare nella mentalitÃ* e visione del mondo degli indiani) e ha una importanza pari a quella che avevano i vari musicisti di corte in Europa (Lully, Salieri, Haydn ecc.)
La bravura del musicista è nella sua capacitÃ* di commuovere la platea: l'eccellenza esecutiva è un "riflesso" di questa...il raga ha una "codificazione simbolico-matematica" molto complessa e raffinata...esistono ragas adatti ad ogni momento e ora della giornata...un bravo esecutore non eseguirÃ* mai un raga del mattino di sera...ogni raga ha le sue "precise forme melismatiche" (ovvero ornamentative e melodiche che lo caratterizzano)...non esiste la bellezza "estetizzante" del suono come in Occidente...un cantante può avere una voce roca e sporca...se durante l'esecuzione gli viene di tossire o sputare non è visto dagli astanti come un'offesa, ma come una necessitÃ* fisiologica... se lo strumentista si accorge che lo strumento si è "scordato" può stare anche un po' di minuti senza scomporsi a "riaccordarlo"...l'importante che con il suo "estro improvvisativo" riesca a sorprendere/commuovere l'uditorio...la differenza fra "noi e loro" è sostanzialmente nella maniera di considerare il pensiero, la mente...la mente, per un orientale, è il 6° senso dell'uomo (non la parte piu' importante...) e come tale ingannevole...la "mente" può mentire a se stessa o elaborare percorsi illusori o se orientata dall'intuizione piu' che dal freddo opportunismo razionalistico può cogliere l'essenza della conoscenza non la sua ingannevole "egotica" descrizione...se nell'arte, come nella vita, prendessimo parte della profonditÃ* di quel pensiero e lo applicassimo...visto che nel passato avevamo "qualitÃ*" simili...forse ci evolveremmo verso un' "altro tipo" di UmanitÃ*...al momento, rimangono solo le nostre e le loro "contraddizioni" irrisolte...e un futuro incerto per entrambi...
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Molto pertinente ciò che scrivi relativamente alla differenza circa la considerazione che l'occidente e l'oriente hanno per il pensiero e la mente.
Il raga (che tra l'altro in Sanskrito sognifica Colore) non è solo legato all'orario della giornata, ma anche alla stagione: ve ne sono moltissimi, ma oltre ad avere una prescisa struttura tramandata nelle relative tribù (che a loro volta definiscono le caste), devono includere parti improvvisate coerenti, esattamene come viene concepito nel jazz per le progressioni. Nella esecuzione musicale, e comunque artistica, vi sono in India canoni molto precisi anche relativi alla sua presentazione (quindi non confondiamoci pensando che il cantante dalla voce roca sia per loro accettabile: non lo è, sopratutto nella tradizione; anche se poi i loro canoni di bellezza possono differire dai nostri, non necessariamente è così, ma sicuramente sono molto più variegati e complessi); ciò non toglie che l'esecutore possa prendersi il suo tempo per cambiare una corda, o accordare lo strumento, ma certamente se la sua esecuzione non è all'altezza della tradizione, o è troppo manieristica, questo verrÃ* piuttosto percepito come un'offesa del pubblico! E questo mi fa ancora di più apprezzare i concetti fondamentali adottati nel jazz: originalitÃ* nell'improvvisazione, aderenza o meglio consequenzialitÃ* al linguaggio tradizionale.
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Ho registrazioni fatte sul campo...sono stato in India per sei mesi, 15 anni fa...per motivi di studio e ricerche personali: inoltre, ho 2 carissimi amici che hanno passato 20 anni della loro vita, a studiare la musica "classica" dell'India del Nord (il raga, si riferisce a quella tradizione musicale; nel Sud, lo stile musicale è totalmente differente generalmente detto del Karnatak); uno di questi, suonatore di sitar, vicitra vina e surbar (antico cordofono, ormai in disuso e pochissimo suonato anche in India) è docente al Corso di Indianologia del Conservatorio di Vicenza. Lo puoi ascoltare, qui, alla vicitra vina...nell'esecuzione non di un raga, ma di un "bajan" (canto devozionale) dedicato a Durga...
http://it.youtube.com/watch?v=I5fLdUIfO_A
Il termine "raga" (scala musicale) è polisemico...indica anche un colore (come riferisci) ma è soprattutto un sentimento ed ognuno di questo è collegato ad una divinitÃ*: le scale vengono classificate secondo un sistema molto complesso e divise in famiglie ovvero ci sono delle scale "madre" da cui derivano delle scale secondarie...per un leggero approfondimento puoi dare un occhiata qui se vuoi...
http://www.trainguitar.com/SCALE/scale_ ... ndia.shtml
puoi fare riferimento anche al trattato di Danielou (esiste solo in inglese)...molto completo sulla teoria...classificazione ecc. un po' meno per la parte piu' prettamente esecutiva...L'esecuzione è pressochè identica in ogni raga: ovvero c'è un alaap
(preludio introduttivo senza tempo) dove chi suona il sitar o il flauto su un bordone (generalmente suonato con la tampura, cordofono accordato sulla tonica e quinta della scala) introduce al "mood" del raga presentando le note della scala...la durata dipende dall'esecutore (in genere, gli "induisti" indulgono piu' a lungo...i mussulmani sono un po' piu' sbrigativi e inclini ad un maggior virtuosismo); dopo l'introduzione, con l'entrata "ritmica" del tabla,l'esecuzione si divide in 3 parti, fino ad un vorticosissimo finale...le variazioni sempre sulla stessa scala avvengono sul tala (struttura circolare ritmica: una delle piu' comuni è il tin-tal, struttura in 16 tempi).
Essendo una musica prettamente melodica/monodica, è importante il canto...ogni musicista indifferentemente dallo strumento che suona, impara prima a cantare e poi a suonare: per la tradizione indiana, se non sai cantare, non puoi suonare! Dalle ns. parti, ci sono tanti "buttatori di note" che se cantano...lasciamo stare!
La monodia è legata anche alla complessitÃ* dei quarti di tono presenti nell'esecuzione sempre eseguiti in base ad un criterio tradizionale...non è la bellezza estetizzante del colore della voce, ma è l'intenzione espressiva che viene apprezzata! Chiudo qui...ho assistito a scene "indiane" che evito di raccontare...
Ultima curiositÃ*...esiste nel Sud, un saxman virtuoso...Kadri Golpanath
http://it.youtube.com/watch?v=eRiWoP3wmcE
Le "tradizioni" sono fatte dall'uomo: adeguarsi eternamente ad una tradizione...non ha a che fare nè con l'arte, nè con la vita, perchè tutto è in costante mutamento...possiamo ritornare all'argomento "Jazz europeo"...
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Davvero un topic molto interesante!
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Ecco, ora, miei cari Sax O'Phone e Juggler, la discussione è tornata ad essere più chiara. E pure istruttiva, almeno per me.
Bello quanto affermi sull'analogia jazz/musica classica indiana, Sax O'Phone.
Quanto all'adesione alla tradizione, credo che le vostre idee siano solo apparentemente discordi: è vero che adeguarsi eternamente ad una tradizione non ha nulla a che fare con l'arte e con la vita perché tutto è in costante mutamento, ma è altrettanto vero che questo mutamento avrÃ* il suo corso naturale e il suo tempo, no?
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Ma sì, infatti, non volevo certo affermare che la tradizione, di qualunque genere essa sia, abbia un'origine extra-umana, e quindi sia la depositaria dell'unica veritÃ* vera... D'altro canto, per sapere dove si sta andando, è utile conoscere da dove si viene, sempre che si sia in cammino!
Giustamente c'è chi sta fermo, osservando il lento scorrere del fiume, e tutto gli passa davanti... ;)
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Vediamo di far fluire musicalmente l'off-topic...per farlo diventare congruente! I linguaggi improvvisativi afro-americani ed europei avevano inglobato al loro interno le ricerche delle avanguardie del primo e secondo Novecento: tuttavia, a questa tendenza si è sempre affiancata una...diciamo internazionalista o "terzomondista" (odio questo termine...è un po' razzista...il mondo non è forse uno solo?) Il free aveva giÃ* aperto questa tendenza...Coltrane...Ayler... Sanders...Don Cherry dopo l'esperienza colemaniana, affronterÃ* percorsi improvvisativi in cui alternerÃ* la sua "pocket trumpet" a vari strumenti etnici (flauti bengalesi, cordofoni africani ecc.) richiamando suggestioni ora contemplative, ora da "carrozzone circense multi-etnico"...da segnalare il trio "Codona" con Vasconcelos e Collin Walcott (sitarista e tablista americano, scomparso prematuramente, che successivamente con Towner contribuì alla creazione del sound "Oregon"... "Out of the woods" è uno dei dischi piu' belli). Non brillano particolarmente i dischi "Codona" (sono 4 o 5 in tutto)...l'opera di quella esperienza piu' riuscita, a mio avviso, è "Grazing Dreams" di Walcott..."Song of Tomorrow" il brano che apre il disco è uno tra i piu' suggestivi e riusciti di quella poetica etnico-orientaleggiante-suggestiva-meditativa-post-freak...
Tornando all'Europa...3 musicisti europei,Dave Holland, John Mc Laughlin, Joe Zawinul, dopo aver preso parte alla svolta "elettrica" di Miles Davis (In a silent way, Bitches Brew) prendono percorsi musicali distinti: Holland continuerÃ* a sviluppare e a lavorare all'interno del linguaggio free (cosa che ha continuato a fare fino ad oggi in modo sempre piu' strutturato) e darÃ* alla luce un capolavoro "Conference of the birds" con Braxton, Rivers ed Altschul; Mc Laughlin con Shakti
abbraccia il linguaggio improvvisativo della musica indiana: di questa, esalta ed esaspera gli aspetti piu' virtuosistici ed effettistici...
http://it.youtube.com/watch?v=jB95clOd6v0
SeguirÃ* poi l'incisione "Making music"...con Zakir Hussein, Garbarek e il flautista Hariprasad Chaurasia (gruppo che si è ritrovato solo in studio: Garbarek risulta il "meno sintonico" del gruppo...)
Zawinul approda per vie alterne e con formazioni diverse ad un linguaggio improvvisativo, apparentemente libero, che guarda all'Africa, come centro propulsivo di vitalitÃ* e sperimentazione ritmica-sonoriale...
http://it.youtube.com/watch?v=922LumI2ilo
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Il jazz, dunque, una parte almeno, si internazionalizza, si apre al mondo intero.
Juggler, hai una laurea in etnomusicologia e sono sicuro che hai approfondito certi temi pure indipendentemente dagli studi accademici, per cui colgo l'occasione per rivolgere a te questa domanda: qual è oggi la posizione degli etnomusicologi rispetto alle musiche non occidentali, al jazz e all'apertura del jazz (e non solo del jazz) alle musiche non occidentali a cominciare dagli anni '60?
Siamo solo apparentemente fuori tema, perché anche in Europa alcuni importanti jazzisti - come tu hai ben evidenziato - hanno significativamente preso una certa direzione.
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
La tua non è una domanda...ma racchiude 3 "diramazioni analitiche":
1) Stato ed evoluzione degli studi etno-musicologici
2) Può l'etnomusicologia applicarsi al jazz?
3) Jazz e musiche extra-europee: indirizzi, linee di ricerca, possibili sviluppi
Riguardo il primo punto... posso dare indicazioni bibliografiche: il testo di Bela Bartok "Scritti sulla musica popolare"
e poi tutto ciò che hanno scritto i 2 giganti della ricerca etnomusicologica: Alan Lomax e Diego Carpitella (è grazie al lavoro incredibile di quest'ultimo iniziato negli anni '50 che oggi in Italia possediamo un archivio di canti popolari che avremmo irrimediabilmente perso). Lomax ha fatto ricerche persino nelle carceri americane dove erano detenuti molti afro-americani
come il famoso bluesman, Leadbelly...denunciato il razzismo presente negli USA...ed ha collaborato con Carpitella: insieme andavano nelle campagne lucane e calabresi a registrare i canti dei contadini...Di Lomax esiste un archivio su Internet in cui basta iscriversi e si può accedere ad una quantitÃ* infinita di fonti e fare scoperte sorprendenti...è stato il primo a registrare le prime "improvvisazioni" di Jell Roll Morton come di Muddy Waters...la collaborazione con Carpitella e i contributi dell'antropologo Ernesto De Martino lo portarono a convincersi che nel jazz e nel blues ci sono molti influssi della musica mediterranea!
Grazie a questi studiosi, è stata abbandonata tanto la "linea eurocentrica" (universalitÃ* dei valori della cultura occidentale) quanto quella "etnocentrica" (in riferimento al jazz, alla predominanza degli afro-americani): il jazz è la prima musica trans-nazionale che si è nutrita degli apporti creativi di culture diverse che si sono fuse ed amalgamate in essa, fin dalle sue origini! I punti 2 e 3 sopra citati perdono legittimitÃ* perchè vengono inglobati nel quadro complessivo della comparazione musicologica.
La ricerca etnomusicologica, inoltre, ha contestato le metodologie storiografiche che sono state applicate alla musica: non è possibile affermare che ci sia stata una univoca direzione di sviluppo...ad esempio, se si siano sviluppate prima forme vocali o prima quelle ritmiche...quale evoluzione e che caratteristiche abbia avuto la musica popolare in Europa, dal Medioevo all'Ottocento: in fondo, la "storia della musica" è la storia delle "musiche" delle classi dominanti (ecclesiastici e classe nobiliare)...la polifonia non è caratteristica solo del Medioevo europeo...c'è chi ipotizza che persino gli antichi Egizi avessero sviluppato delle forme polifoniche...solo l'Europa da un certo punto in poi, comincia a considerare l'attivitÃ* musicale come fatto meramente estetico: in tutte le altre culture, la pratica musicale è un atto meramente funzionale legato a varie occasioni rituali e sociali, con contestualitÃ* alquanto complesse, dal punto di vista sociologico e antropologico, soprattutto nelle culture animiste e sciamaniche. Nelle Olimpiadi dell'antica Grecia, esisteva tra le varie discipline, l'"auletica" ovvero suonatori, soffiatori di tubi di vari materiali e fattezze (l'organologia antica è sperimentale ovvero lo strumentista era anche generalmente il costruttore dello strumento stesso) provenienti da ogni parte del Medio Oriente, dell'Asia, del Mediterraneo...che si sfidavano...il pubblico decretava il vincitore a cui veniva data una corona d'alloro! Potessimo fare un viaggio nel tempo e ascoltare quelle..."jam"...sicuramente faremmo scoperte che rivoluzionerebbero l'intero corpus di conoscenze che oggi possediamo!
Insomma, ci sono molti aspetti complessi...l'etnomusicologo, inoltre, deve avere le qualitÃ* e la sensibilitÃ* tipica dell'antropologo: non potrÃ* mai capire un evento musicale solo dotato di strumenti classificatori ed analitici se non si immerge totalmente nella cultura, nelle modalitÃ* sociali ecc. spogliandosi totalmente di tutti i propri pregiudizi culturali...
Per un approccio introduttivo, posso consigliare la lettura (a chi lo volesse) del libro "Grammatica della musica etnica" Ed. Bulzoni: vengono analizzati i parametri musicali e i fondanti pratico-teorici su cui si basa l'odierna etnomusicologia.
Degli influssi della musica mediterranea sul jazz...ne riparliamo appena avrò un po' di tempo...
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Grazie!
A proposito, a cura di A. Lomax ho un meraviglioso doppio vinile - The Story of the Blues - che risale a quando ero ragazzo.
Ho letto il suo libro su Morton (chissÃ* se oggi è disponibile la traduzione in italiano?) e posseggo tutte le registrazioni di Morton per la Libreria del Congresso, compresa la lunga intervista.
Juggler, sei preziosissimo.
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
Non so se sono "preziosissimo" (ringrazio MyLadySax): mi auguro quanto meno di poter fornire delle informazioni che per quanto sintetizzate (talvolta, in modo estremo) per questioni di spazio-tempo, possano offrire una visione estesa degli sviluppi che il jazz ha avuto, spogliata di qualsivoglia "falsa mitologia" o anedottica che nel tempo ha contribuito a falsare la
"lettura", l'interpretazione dell'esegesi e gli sviluppi di quel "linguaggio musicale polisemico" chiamato jazz, che ha rivoluzionato la musica del secolo scorso!
Dove e come nasce l'influsso della musica mediterranea sul blues e sul jazz? Dalla tradizione musicale islamica: la civiltÃ* islamica influenzò culturalmente, per molti secoli, l'intero bacino del Mediterraneo e vaste regioni dell'Africa sub-sahariana svolgendo tra le due aree culturali, uno scambio relazionale (culturale, commerciale ecc.) di altissimo livello che fu represso dal colonialismo militare occidentale e successivamente (ancor oggi...per ragioni di tutt'altra natura) ignorato e rimosso dal "colonialismo culturale"! Paul Oliver, uno dei piu' profondi conoscitori delle origini del blues, fu tra gli studiosi, uno dei primi che riconobbe che alle origini del blues c'era la cultura musicale delle popolazioni dell'Africa sub-sahariana; anche nel Sud-Italia, Lomax e Carpitella poterono constatare che la tradizione musicale popolare era stata segnata dalla musica araba, dalle sue numerose "correnti" (arabo-persiana, balcanica, moresca, greco-persiana, afro-islamica, arabo-andalusa) e
dalle successive "derivazioni" che la dominazione spagnola contribuì a diffondere e attualizzare.
Va fatta una distinzione importante tra l'area sub-sahariana e l'area costiera in cui si divide l'Africa Occidentale: le zone delle foreste fluviali (in prevalenza sulla costa) erano abitate da tribu' animiste, musicalmente caratterizzate dall'uso di una notevole quantitÃ* di percussioni utilizzate poliritmicamente secondo la contrapposizione solo-tutti e con schemi vocali molto limitati; la zona del Sahara era maggiormente frequentata da tribu' islamiche, la cui musica era piu' melodica e vocalmente raffinata: le popolazioni sub-sahariane mostrarono rispetto a quelle della costa una maggiore inclinazione per gli abbellimenti canori, suoni vibrati con propensioni "nasali", l'uso del falsetto, piu' ricercate sfumature tonali, effetti "melismatici", passaggi dal registro alto a quello basso della voce talvolta con pause di grande effetto.
Tanto la musica araba (da considerare tutte le "varianti mediterranee") che il blues sono fondamentalmente microtonali, omofonici, iterativi e microvariazionali. Le differenze descritte portarono Oliver a convincersi che le popolazioni costiere con le loro poliritmie influenzarono il jazz e i canti e le musiche sub-sahariane diedero forma al blues.
Individuato (se pur sinteticamente) questo "spartiacque" diventa ovvia la parentela tra il folklore del nostro Meridione e la tradizione musicale delle tribu' sub-sahariane in quanto derivate dallo stesso ceppo culturale: fioriture e melismi su note lunghe e tendenzialmente calanti si ritrovano, ad esempio, in un particolare tipo di stornello calabrese detto "fiore", accompagnato dalla "chitarra battente" (strumento di derivazione araba) quanto nelle "tammuriate" napoletane; certe modulazioni innestate su strutture melodiche tendenti alla litania, tipiche di certi canti siciliani, sono simili alle modulazioni ("nabarat") del canto arabo.
E quindi...a influenzare ciò che è stato chiamato jazz...è stato un genere come il blues (di forte impronta araba) insieme ad altre tradizioni come quella italiana, spagnola, portoghese, ebrea...con forti ascendenze mediterranee!
Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?
L'argomento mi interessa molto.
Però, vorrei, innanzitutto, essere certo di avere capito.
Intendi che la musica della regione delle foreste fluviali che si trovano prevalentemente lungo o in prossimitÃ* della costa dell'Africa Occidentale subsahariana, costa che si affaccia sull'Oceano Atlantico, con le sua poliritmie e i suoi schemi del tipo uno/tutti ha influenzato, secondo Lomax e Carpitella, il jazz, mentre il blues sarebbe debitore soprattutto della musica delle zone più interne dell'Africa Occidentale subsahariana, con i suoi melismi nasali e balzi di registro?