Beh! Confrontarsi con le ballads eseguite da Gordon, è sempre una bella sfida per chiunque.
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Beh! Confrontarsi con le ballads eseguite da Gordon, è sempre una bella sfida per chiunque.
Dany, posso capirti, e non son sicuro che un pezzo come Laura possa considerarsi giusto nel repertorio di Bechet, che secondo me eccelleva in pezzi più avventurosi!
E' curioso: riflettendoci mi son reso conto che il motivo primo per cui ho amato da subito p.e. Coltrane (indipendentemente se suonava il tenore oppure il soprano) era la quasi assoluta assenza del vibrato; il suo suono mi giungeva centrato, tagliente e pulito; arrivando da un ascolto del Jass di New Orleans/Chicago e persino delle big band swing ero abituato all'espressione, o forse meglio dire all'effetto, del vibrato che era spesso usato sopratutto con il clarino, ma comunque con le ance dove i fiati (trombe e tromboni) si erano proposti con tutti gli effetti di vocalizzazione e distorsione che conosciamo.
Insomma, ascoltando il Trane finalmente sentivo un bel suono penetrante e limpido, e così mi resi conto di quanto invece mi disturbava il vibrato.
Solo ultimamente, mentre mi esercito, a volte mi accorgo che involontariamente mi viene fuori il vibrato, che certo richiede pure un altro tipo di controllo dal suono lineare, e subito richiama quello stile specifico, che ancora mi sembra un po' ruffiano (non saprei come altro definirlo, scusate), e che però può anche starci, almeno in certi passaggi.
Certo è che Bechet lo aveva adottato sempre e comunque, quasi ad essere proprio un segno distintivo del suo suono sullo strumento, sia con il Clarino che con il Soprano...
Secondo me dovremmo fare un po' di terapia del vibrato cercando un utilizzo differente di questo effetto: presumo che qualche compositore contemporaneo lo abbia sicuramente tirato in ballo, usandolo in modi inaspettati ed alternativi.
beh certo, il vibrato è usato anche oggi, è cambiato il modo di usarlo e purtroppo questo di Bechet non riesco proprio a sopportarlo, ovviamente non per questo penso che fosse un cretino a suonare così o che non fosse capace, a suo tempo era probabilmente uno dei migliori e quello era il suo segno distintivo, probabilmente molto difficile da imitare, quindi semplicemente non sono preparato ad un ascolto del genere...ma in generale, la musica dei primi 25-30 anni del '900 mi piace eccome!
Il vibrato, come le note lunghe, (quando si suona, non gli esercizi) sono i grandi assenti del jazz contemporaneo, insieme al growling, personalmente credo che siano un'arte difficile, che abbia a che fare più con l'emotivitÃ* che con la tecnica, (quindi sono una Grande tecnica).
La via "cool" del suono alla Lester Young, e via via Parker, Davis, Coltrane (si e no, direi che è trasversale a tutto il jazz), è un po' fraintesa e questo fraintendimento porta fino al suono standardizzato di troppi musicisti attuali e a quello che si insegna nelle scuole.
Bechet è parte di quel filo nascosto che ha guidato musicisti che hanno dedicato al suono ogni energia e sentimento, i saxofonisti che piacevano a Duke; Johnny Hodges, (che si dice abbia fatto i primi passi con Bechet, comunque ne fu molto influenzato) e Ben Webster, (un altro re del vibrato), in primo luogo, ma in generale quelli che chiamiamo gli "Stilisti", Stan Getz o il secondo Dexter Gordon, fino ad Archie Shepp o Albert Ayler, quei musicisti gelosi della loro cucina, che non hanno creato "scuole", i grandi interpreti di ballads.
Capisco che il vibrato possa risultare difficile all'orecchio, ma è come una pittura molto colorata, l'esempio che mi viene più evidente è un quadro di Van Gogh paragonato a una pittura di mezzi toni giusti e un disegno corretto.
Per me il jazz è sempre stato una forma espressiva forte, come la pittura di Van Gogh appunto o la scrittura di Céline, musica in cui l'impronta di carattere e personalitÃ* è gettata e incisa con un impasto in cui stanno grazia e sfumatura ma soprattutto colore e sangue, una musica che non ha paura.
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mboh, sinceramente non mi vengono in mente musicisti che non vibrano, semplicemente lo fanno in modo diverso...
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e cosi' via...
ciascuno a modo suo ovviamente.
Si, certo, anche se è più una rifinitura del suono che un vibrato vero e proprio, a parte Lovano che cerca di abitarci nel suo suono, gli altri due sono suoni belli, educati, senza uno charme particolare, come ce ne sono mille e più, professionali.
bechet, è uno di quei musicsiti con suono e approccio originalissimo, senza compromessi e dal sapore molto molto forte ma che non mi stucca/stanca mai, cosa invece che accede spesso quando ascolto altri che sono considerati ultragiganti dalle "scuole di sacs" ma in cui provo spesso un senso di puttanismo nel suono e nell'approccio ultra estetico che mi stanca subito.
per me è uno dei grandissimi uno di quelli che anche se suona una balladona il suo suono "mi resta sempre fresco" sempre umano e vitale, non ci sento mai "ruffianismo".
Yes man! Bechet sicuramente non fa il furbetto... ed è inattaccabile essendo un precursore: quello che volevo dire e che forse non è arrivato, era che il vibrato in generale, come anche il soffiato ed il growl, mi portano subito sulla difensiva, forse perchè sono diventati degli effetti quando inizialmente erano modi espressivi, ovvero li ascolti nella maggior parte dei saxofonisti come l'imitazione del suono da cucadores scalcinati... non so se mi spiego. Certo poi ascolti un CD come quello con Ben Webster e Coleman Hawkins che dialogano, e capisci la radice del marpionismo... :lol:
Ecco, da Archie Shepp non me lo sarei mai aspettato! Lo beccai nel '92 in un minuscolo club di Berlino, dove saremo stati non più di una trentina, tutti seduti lui compreso ad un metro di distanza uno dall'altro ed ero pronto a farmi pettinare, quando invece ha attaccato con questo tipo di cose, proprio come quella segnalata da zkalima: fu un concerto bellissimo, perchè era proprio come se lui fosse lì a raccontarti una cosa (o molte) in intimitÃ*...
Per tornare a Bechet visto che ormai siamo nel mese giusto
Indian Summer 1940
[youtube:2jt63ioo]http://it.youtube.com/watch?v=1azWM7fYHLc[/youtube:2jt63ioo]
e quella che è quasi passata
Summertime
[youtube:2jt63ioo]http://it.youtube.com/watch?v=IG4nPM9uxwg[/youtube:2jt63ioo] 1939 con Teddy Bunn (g), Meade Lux Lewis (p), Johnny Williams (b) e Big Sid Catlett (d)
Consiglio l'eccellente raccolta della Dreyfuss omonima dove il primo pezzo è stato digitalizzato e restaurato, mentre di Summertime c'è una versione bellissima del '47.
In riferimento al brano, proposto da fabbry, una delle mie versioni preferite di tale standard è quella di Dolphy.
Cambiano i tempi, cambia la musica: il vibrato, quale effetto espressivo/modulante del suono, deriva dal canto operistico di matrice ottocentesca; molti musicisti di New Orleans del primo Novecento, ne furono profondamente influenzati...
E' dunque un "effetto" di matrice europea, sebbene va considerato che non appartiene all'intero arco della storia musicale del Vecchio Continente: dal Medioevo fin a Barocco inoltrato, il vibrato non esisteva; se ascoltate, ad esempio, Bach suonato con strumenti d'epoca, il vibrato è completamente inesistente, cosa che non accade nelle versioni suonate con strumenti "aggiornati", così come oggi li conosciamo.
Di per sè, come qualunque altro effetto, non può essere considerato positivo o negativo a priori: un uso calibrato può risultare piacevole, un suo uso eccessivo può risultare sgraziato e grossolano; è sempre una questione di gusto.
Credo che in riferimento allo "specifico jazzistico", il vibrato sia stato in piu' casi usato per enfatizzare un certo tipo d'espressione sentimentale quanto per "ironizzare" e deformare certi contenuti musicali.
Che lo si contempli o meno, all'interno del proprio bagaglio espressivo, il suo studio migliora e potenzia l'uso del diaframma; un suo uso sconsiderato ed eccessivo può portare anche effetti deleteri, soprattutto per ciò che concerne l'intonazione.
A mio avviso, è sconsigliabile il suo uso/studio soprattutto a chi è agli inizi perchè si acquisiscono dei difetti o automatismi estremamente deleteri, sul piano espressivo e di controllo del suono.
@juggler Sono perfettamente d'accordo con te sul fatto che l'uso del vibrato nelle esecuzioni Barocche, è un errore storico, diciamo così. Infatti proprio per questo trovo terribili, per nn dire orribili, le esecuzioni di Bach, da parte di James Garlway, che usa un vibrato "tsunami". Nun se pò sentì!!!
Scusate l'OT flautistico. :shock:
Non ho mai ascoltato la versione di Eric Dolphy di Laura... Grazie delle puntualizzazioni e delle informazioni circa il vibrato: in effetti mi è sempre parso essere un effetto che rende il suono molto vocalizzato, come dicevo era avvenuto con trombe e tromboni con i vari aggeggi usati per creare effetti su quegli strumenti, ma non avevo fatto il collegamento con il canto lirico!
Son anche d'accordo che sia pericoloso praticarlo: come dicevo mi è capitato in alcune giornate che uscisse da solo durante lo studio, ed era quasi avesse una sua vita indipendente dalla mia volontÃ* o scelta: ogni volta che arrivavo a certi passaggi, entrava il vibrato.
Forse proprio come dici è un effetto generato dai movimenti del diaframma che sono strettamente collegati al sistema nervoso vegetativo, e quindi difficilmente (o per nulla) controllabili a livello conscio... Quando inizi a fare il vibrato, non riesci più a fermarti, e con questo non voglio dire che sia successo a Bechet! :lol:
eheh sax, invece dovresti studiarlo anche per migliorare l'emissione...se non hai una buona emissione difficilmente riuscirai a vibrare bene senza interrompere il suono...ti costringe a sostenere la nota.
Parole sante
Si, ma la nota sostenuta la puoi portare anche senza il vibrato: faccio sempre un po' di note lunghe per accordarmi; tra l'altro se ben ricordo è uno degli anatemi dei musicisti classici, o sbaglio? Guai a far vibrare le note! Anatema! :lol: