Riflessione sul momento del jazz...
Un titolo cosi apre delle porte enormi... :smile: Bhe, io ne apro una piccolissima. Da molto tempo (credo se ne parli da dopo Coltrane...) nel mondo del jazz ci si domanda se questa musica ha ancora delle forme e temi nuovi da speerimantare e trovare. Leggendo vari articoli e interviste di jazzisti e "jazzofili" molto famosi, tutti ripetono che un ulteriore evoluzione nel jazz ci sarÃ* prima o poi, e che aprrarirÃ* sulle scene un musicista che cambierÃ* ancora questa musica. Un po come è successo con i vari Amstrong, Parker, Coltrane, Miles e pochi altri. Il clarinettista Buddy De Franco sostiene che "tutto quello che si ascolta oggi è debitore in maggiore o minore misura, di quanto hanno inventato Charlie Parker e Dizzy Gillespie". Come dargli torto? Una cosa che credo sia molto positiva, specialmente in Italia, è che stanno venendo fuori giovanissimi molto promettenti (Cafiso in primis, Luigi di Nunzio, Walter Ricci, ma ce ne sono tantissimi altri) che magari possono dare una spinta importante per trovare qualcosa di nuovo. Con questo lungi da me pensare che il jazz attuale non sia buono, ma una svolta magari sarebbe anche necessaria. In fondo il jazz è anche ricerca...
Ho visto tempo fa Stefano Bollani in concerto. Tecnicamente bravissimo ma sinceramente dopo mezz'ora di virtuosismi mi ero un po' annoiato... Come lessi una volta, "suona molto per i critici e poco per il pubblico".La tecnica si può imparare, "la creativitÃ* è un altra cosa"... ;)
Re: Riflessione sul momento del jazz...
Resuscito questo thread che mi pare molto significativo!
Ho partecipato ad una simile discussione anche nel forum del sito di Wynton Marsalis, dove un malcapitato ha avuto il coraggio di insinuare che il Jazz sta morendo perchè Wynton non apre spazi ad altri musicisti emergenti! Ovviamente è stato subito attaccato verbalmente (anche con ragione, a mio avviso), e per altro lui stesso ovviamente se lo aspettava, ma ha continuato a mantenere la sua posizione: dopo Marsalis, che vi ricordo è ora un po' il porta bandiera del Jazz, essendo il direttore artistico del Lincoln Center di NYC, non vi sono altri musicisti jazz che ne possano prendere il posto.
Ora non voglio ripetere qui tutta la diatriba, tutt'ora in corso, ma vi riassumo il mio pensiero: il Main Stream (Hard Bop?) ha detto tutto quello che doveva dire negli anni '60, e continua a dirlo con ottimi musicisti che 'eseguono' i pezzi del genere; il Free era talmente libero, che è fuggito e nessuno sa più dove si trovi; i nostalgici tornano al Dixieland, ascoltando le raffinate esecuzioni di Woody Allen (non ne abbiano a male i cultori del genere: io adoro Armstrong, Bechet e Red Allen; e persino lo stride piano di James P. Johnson o di Fats Waller).
Dovrei qui chiarire una cosa: da ragazzino ascoltavo Ellington, la Fitzgerald, Count Basie, tornando indietro appunto sino al Dixieland ed al Blues; adolescente ho abbracciato istintivamente il Free degli AEOC, Coleman e ovviamente Coltrane, divertendomi ad ascoltare il latino di Barbieri (lo stesso Jelly Roll Morton sosteneva che senza quel po' di Latino non si può fare del buon Jazz!) o il Davis di Kind of Blue, ESP o Seven Steps To Heaven, saltando a piè pari tutto il periodo tra lo Swing ed il Free (non immaginavo quello che stavo perdendo!), riservandomelo per dopo... :???:
Nel frattempo però andavo ai concerti di Mingus, Zawinul, Chet Backer, Dollar Brand, Elvin Jones, etc. quando capitavano a Milano o Bergamo. Soggiogato dal tenore di Hawkins/Young/Coltrane ho iniziato a suonare amatorialmente, ed a quel punto ho scoperto tutta l'epopea del BeBop/Cool/HardBop, tenendomi come riferimenti Mingus e Monk.
Il mio punto è questo: dagli anni '40 ai '60 il Jazz era molto popolare, nei suoi vari idiomi: troverete una discografia infinita, dove alle sessioni di registrazione partecipavano veri maestri dei vari strumenti, che non solo aggiungevano la loro creativitÃ* musicale, ma addirittura rivoluzionavano l'uso tecnico dello strumento adeguandolo al nuovo genere; pensate p.e. al trombone di J.J. Johnson nel Bop, così come Hawkins aveva fatto scoprire il tenore come strumento in grado di esprimere concetti musicali per cui non era mai stato utilizzato prima negli anni '20.
Voglio dire, tutti questi grandi musicisti campavano perchè la loro musica era richiesta dal pubblico (e quindi dalle case discografiche); trovavano produttori che rispettavano e riconoscevano il loro talento, organizzando serate danzanti e concerti; i clubs dove potevi startene tutta una notte ad ascoltare Yardbird (questo me lo son perso: non ero ancora nato!!!) spendendo pochi dollari proliferavano; insomma, il Jazz era VIVO.
Sopratutto questi stessi musicisti, potevano passare dopo una sessione o un concerto, al Bolivar Hotel, oppure al Minton's Bar, e fare una Jam con Monk, confrontare i propri concetti, studiare nuove tecniche, ascoltare la nuova musica. Ora questo non esiste più?
E' vero che essere un musicista Jazz oggi ha dei grandi vantaggi: trovi scuole e metodi completi, anche molto avanzati; le tecnologie ti permettono di ascoltare intere librerie musicali con estrema facilitÃ*. L'informazione è davvero molto più accessibile, e quindi se vuoi ascoltarti i ritmi del Gahana, o studiarti l'Ektara, puoi iniziare a farlo semplicemente.
Quando è venuta l'era del Rock molti musicisti Jazz di grande talento e capacitÃ*, pensarono di svoltare economicamente così: primo tra tutti Miles Davis, che scoprì che i gruppi Rock degli anni '60 erano talmente impreparati, e quindi per lui sarebbe stata una passeggiata predominare musicalmente in quel mercato; altri, come Benny Golson o Lalo Schifrin, andarono a Hollywood a scrivere le musiche dei film e telefilm...
Ora il problema è che non si percepisce tra i giovani musicisti jazz pieni di talento nessun innovatore creativo, ed io temo che il Jazz diventi parte di quel genere musicale 'colto' dove solo i rari compositori si esprimono per un pubblico selezionato, e gli strumentisti diventano abili esecutori, ma nulla di più. Un po' come per la musica Classica.
E' vero che nei secoli della storia della musica vi sono continue fasi in cui pochi grandi Maestri imprimono il loro sigillo: lo stesso è successo per l'ultimo nato tra i grandi generi musicali...
Ahem, scusate la lungaggine della riflessione... Meglio interrompermi qui... Keep on countin' Milestones: one, two, three....
Re: Riflessione sul momento del jazz...
one, two, one two trhee. four.... :saxxxx)))
Ora il problema è che non si percepisce tra i giovani musicisti jazz pieni di talento nessun innovatore creativo, ed io temo che il Jazz diventi parte di quel genere musicale 'colto' dove solo i rari compositori si esprimono per un pubblico selezionato, e gli strumentisti diventano abili esecutori, ma nulla di più. Un po' come per la musica Classica.
Questo sax 'o Phone, è verissimo.
Premetto che ascolto jazz da poco, ma mi prende lo stomaco tantissimo, quindi nella mia ignoranza dico la mia:
Sul problema dell'innovazione c'è poco da discutere, se suoni jazz, è perchè hai qualcosa da dire, un giorno arriverÃ* qualcuno a cui non bastano le note giÃ* sperimentate per dire quello che vuole, e lo cambierÃ* per suo vantaggio, per riuscire a comunicare quel che deve!, non è vero che tutto è giÃ* stato fatto, tutto è in continua evoluzione, o involuzione, ma è sempre e costantemente in movimento.
C'è la fusion, ma credo che per evolversi (e parlo a livello di testa, matematico, di sperimentazione) si debba tornare alle origini del blues del bebop del soul.
Mentre per quanto riguarda i giovani, sono pienamente amareggiato di vivere in quest'era, dove per studiare musica devi pagare dei soldi, e ogni percorso è perfettamente studiato per farti arrivare dove altri giÃ* hanno calpestato l'erba, suoni da dio, ma non fai la tua strada, fai quella degli altri.
Il problema stÃ* appunto in quello che diceva sax o phone, a kansas city avevi il privilegio di sentire jam session lunghe 2 notti, che poi si spostavano in altri locali, e apprendere e apprendere, Jim morrison usciva di nascosto vagando di bettola in bettola per sentire i vecchi bluesman nei locali notturni, bob dylan imparava a suonare l'armonica da un barbone su un treno. è questo il punto secondo me, non c'è piu' modo di apprendere da uomo a uomo, oggi si apprende da uomo a metodo, e si finisce nel limbo.
Vorrei uscire col mio sax e imparare a suonare jazz da un vecchio saxofonista sbronzo che barcolla sulla 52° avenue, o imparare il ritmo la dietro boulevard street dove i barboni si ritrovano a suonare le armoniche battendo i piedi attorno ad un fuoco. perchè cristo! il mojo non te lo insegna un signore dietro ad uno spartito che devi saper leggere, te lo insegna la nebbia la malinconia, l'essere persi nel proprio pensiero vagando di quartiere in quartiere alla ricerca di un wiskey che ti annega i dolori.
Allora si che saresti forgiato alla sperimentazione, al capire un concetto e tradurlo in musica, parker vedeva un cane, e suonava quel cane, suonava gli alberi, suonava il mondo, non suonava le armonizzazioni, credo che il jazz stia prendendo una brutta piega, li esposto dietro ad una vetrina , e non puoi nemmeno sentire la puzza che esce dal sax, quell'odore acre che sa di libertÃ*.
Quando ti presenti ad un jazzista, e lui non ti regala niente, vuole conservare quello che ha conquistato col tempo, e se lo tiene stretto. a ma se si parla di soldi, io ti do tutto ciò che so, dice lui. e tu no grazie, preferisco sentirmi coltrane, suonarci sopra, sembra essere piu' vicino a me.
L'arte è comunicazione, e va tramandata faccia a faccia, nel sudore, nelle strette di mano, nelle risate da "jas" quando senti che il tuo compagno fa una frase che ti emoziona, io ho avuto la fortuna di trovarmi su un eurostar per roma, dove un saxofonista austriaco mi ha insegnato nel vagone ristorante a fare la pantera rosa, non ho mai capito quello che dicesse, ma mi ha dato la cosa piu' bella che può un uomo, mi ha insegnato.
Quando il mondo la pianterÃ* di starsene sulle sue, allora qualcosa succederÃ*, la rivoluzione prenderÃ* piede, e la musica jazz, rock, classica, riprenderÃ* ad evolversi. e lo farÃ* nel modo piu' rumoroso mai sentito. o yeaaaaa
ditemi se concordate con quello che dico, amichevolmente e modestamente vostro. franz "crazyfingers" tognola
Re: Riflessione sul momento del jazz...
sono un pò stupito da questa discussione, soprattutto perchè si parla di una presunta decadenza del jazz -o come lo vogliamo chiamare- e si fanno solo nomi di artisti morti e sepolti, oppure di giuovani virgulti del giezz bibòp casereccio che ben poco hanno da aggiungere a quello che è stato giÃ* detto. il problema è la solita mancanza di informazione serpeggiante tra l'altro anche nelle scuole di musica, dove il jazz è ridotto ad un real book ad ad un omnibook.
e sì che avete internet sotto le dita, basta andare su lastfm.com per ascoltare cose pazzesche. nessuno di voi ha mai ascoltato steve coleman, tim berne, henry threadgill? giusto per far tre nomi STELLARI. E ce ne sarebbero a pacchi! Senza contare i musicisti italiani al di lÃ* dei soliti cafiso, rava, bollani, dibbbattista che monopolizzano le CENTINAIA di festival jazz che vengono organizzate ogni anno in italia...
tenete aperti gli occhi e le orecchie! lì fuori è PIENO di musica incredibile.
Re: Riflessione sul momento del jazz...
Il jazz non e' morto di certo, quello che e' cambiato e' il fatto che oggi e' quasi una musica elitaria e 40 anni fa e + era la musica di tutti giorni.
Ti faccio un esempio, le big band suonavano negli anni 30 /40 la musica moderna e quella era la musica da balla dell'epoca.
negli anni 50 con la comparsa del Rock la musica da intrattenimento non e' piu' stata il jazz ma il rock, e da li c'e' stato un declino di popolarita.
Quello che ha perso e' il fatto che anche se adesso in tutto il mondo e' piu' "semplice" imparare a suonare jazz e anche vero che una persona ha meno possibilita' di suonare e di fare esperienza.
Il jazz non e' morto, diciamo che Elvis gli ha sparato un paio di colpi ma il ferito e' ancora vivo..
Re: Riflessione sul momento del jazz...
E' una questione complessa.
Il jazz, quello storico di Armstrong, Parker, Coltrane ..., è davvero morto!
Non è solo una questione di note suonate o non suonate: si tratta di fondere la propria vita, le proprie emozioni, i propri pensieri nella ricerca della propria musica, del proprio stile.
Il che oggi è possibile solo fino a un certo punto, perchè si è spezzata, irrimediabilmente, la tradizione orale attraverso la quale Armstrong, Parker, Coltrane e tutti gli altri hanno appreso tutto quanto serviva loro per forgiare ed esprimere, in modo naturale, la propria personalitÃ*.
I manuali non possono sostituire questa tradizione.
Phil Woods, per esempio, ha detto in un'intervista che ha imparato, giovanissimo, un sacco di cose che non si trovano scritte da nessuna parte da gente come Bud Powell e Lester Young!
Nè quella tradizione può essere soppiantata dalle lezioni di un maestro che, a sua volta, ha imparato il jazz al conservatorio, senza veramente e profondamente averlo vissuto.
C'è qualcosa nel jazz di quei grandi che mi auguro tutti amiamo e che il jazz lo hanno di fatto inventato che non si può più recuperare: è perduto per sempre.
E' un qualcosa che potrete ancora sentire da un vecchio come Sonny Rollins, finchè ce la farÃ* a soffiare, e da pochissimi altri ormai.
Dunque, quel jazz è morto, ma non il jazz.
Il grosso del jazz continuerÃ* a vivere come musica da riproporre in maniera filologicamente corretta (Winton Marsalis docet), un po' come la musica classica e nonostante sia musica almeno in parte improvvisata (d'altronde, si potrÃ* sempre riproporre un certo stile di improvvisazione riferito ad una determinata epoca, oppure uno stile mainstream).
Tuttavia, una piccola parte del jazz continuerÃ* pure ad evolversi e, in effetti, sta giÃ* accadendo; parlo anch'io, come qualcuno ha giÃ* opportunamente fatto nel forum, di musicisti eccezionali come Tim Berne, Henry Threadgill, Steve Coleman (aggiungerei Butch Morris), ecc. (e chi non conosce la musica di questa gente, corra al più presto ai ripari).
Però, è un'evoluzione - proprio la musica, spesso straordinaria, dei suddetti lo dimostra - possibile solo accogliendo nel jazz elementi ad esso originariamente estranei e certo non facenti parte della sua essenza: è iniziato, da tempo, un processo irreversibile di globalizzazione che riguarda non solo la musica, bensì tutte le arti ed espressioni umane, un processo in cui anche il musicista è soggetto a stimoli numerosi ed eterogenei.
Il jazz è programmato forse meglio di qualsiasi altra musica per vincere la scommessa, perchè è una musica "aperta" a livello genetico.
La scommessa è quella dell'apertura senza smarrire del tutto gli elementi fondamentali del suo linguaggio.
Scusate la lungaggine, ma mi è venuto così di getto, perchè è un argomento che mi sta molto a cuore, come tutta la grande musica.
Re: Riflessione sul momento del jazz...
Citazione:
Originariamente Scritto da ropie
sono un pò stupito da questa discussione, soprattutto perchè si parla di una presunta decadenza del jazz -o come lo vogliamo chiamare- [,,,]
tenete aperti gli occhi e le orecchie! lì fuori è PIENO di musica incredibile.
Bravo ropie, giustissimo: in effetti anch'io nel forum di Marsalis avevo espresso delle idee simili; ai tempi in cui Bird iniziò la rivoluzione del Bop, pochi lo conoscevano, ed ancor meno lo consideravano rilevante; mi permisi quindi di osservare che forse nelle 'side alleys' ci può essere ancora qualche 'cat' che miagola sconosciuto ai più una musica nuova ed interessante.
Un altro problema, se vuoi, è quello di riuscire a 'star dietro' a tutte le novitÃ* musicali che ci possono essere (tralasciando il mercato): come dici tu, su internet trovi una marea enorme di informazioni, ma quali sono quelle valide? Forse si potrebbe aprire un thread con i consigli relativi ai nuovi musicisti alternativi, sconosciuti al mercato, privi di catalogazione. Magari potresti aprirlo tu scrivendoci qualcuno di quelli che ti sembrano interessanti. :cool:
C'è però anche il discorso più ristretto specifico dell'idioma: poliritmìe africane + strumenti musicali occidentali + blues = Jazz :zizizi)) .
Citazione:
Originariamente Scritto da zeprin
Il jazz non e' morto di certo, quello che e' cambiato e' il fatto che oggi e' quasi una musica elitaria e 40 anni fa e + era la musica di tutti giorni. [...]
Quanto dici è verissimo, ma sopratutto per gli USA: ammettiamolo, in Europa il jazz ha sempre avuto una specie di connotazione snobistica ed elitaria. Di riflesso anche negli USA ha iniziato a diventare una forma culturale ufficializzata: da una parte la cosa è positiva perchè dÃ* una maggiore dignitÃ* all'artista afro-americano, dall'altra c'è il rischio che le radici popolari si inaridiscano.
Citazione:
Originariamente Scritto da Ornette
one, two, one two trhee. four.... :saxxxx)))
[,,,]
Mentre per quanto riguarda i giovani, sono pienamente amareggiato di vivere in quest'era, dove per studiare musica devi pagare dei soldi, e ogni percorso è perfettamente studiato per farti arrivare dove altri giÃ* hanno calpestato l'erba, suoni da dio, ma non fai la tua strada, fai quella degli altri.
[...]
Quando ti presenti ad un jazzista, e lui non ti regala niente, vuole conservare quello che ha conquistato col tempo, e se lo tiene stretto. a ma se si parla di soldi, io ti do tutto ciò che so, dice lui. e tu no grazie, preferisco sentirmi coltrane, suonarci sopra, sembra essere piu' vicino a me.
[...]
Bhe, mi pare che dici molte cose sensate, anche se forse un po' troppo romantiche ;) . Quando Armstrong iniziò a suonare a Chicago, imparò dal Re della cornetta in persona, King Oliver, suonando con lui: ma nel suo caso non conosco nessuno che ne sia poi stato allievo/pupillo! Un po' per dire che ogni artista ha la sua strada ed il suo carattere... Quanto poi alla libera e rivoluzionaria trasmissione della conoscenza, bhe questo credo sia in parte un mito: quasi tutti hanno avuto dei maestri che insegnavano loro privatamente (ai tempi non esistevano scuole o metodi di jazz), e quando si parla di 'pay the dues' (pagare il dovuto), si intende non certo l'aspetto economico; il fatto è che bisogna ricordarsi che in USA la comunitÃ* nera era ed è molto solidale; quando un ragazzino dimostrava talento e passione per la musica, sicuramente trovava dei veterani pronti a trasmettergli la loro conoscenza, senza per altro dimenticare che i grandi musicisti, gli innovatori, hanno sempre e comunque dovuto combattere (e pagare il dovuto) contro gli standard affermati e magari pure contro i loro stessi maestri, per affermare le loro concezioni innovative.
Per concludere, nel jazz l'apprendimento dei rudimenti, ossia delle frasi con i loro accenti e ritmi, delle melodie e delle progressioni, porta l'allievo a riconoscere i propri idoli; lo studio dei soli realizzati da questi, e la loro esatta riproduzione, porta l'allievo ad un gradino superiore. Nel Jazz è l'IMPROVVISAZIONE la caratteristica fondamentale del linguaggio: devi pagare il dovuto nelle fasi precedenti a questa, ma sinchè non hai trovato il modo di improvvisare senza imitare, e non fai sentire la tua voce caratteristica, non potrai essere comunque accettato dagli altri musicisti come loro pari.
PS: leggo solo dopo la laboriosa stesura del mio messaggio, la bellissima analisi di MyLadySax e non posso che aggiungere AMEN to THAT (bop-piduh-bidhu-pha)!