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Visualizza Versione Completa : Jazz in Conservatorio



27th April 2007, 00:00
E’ vero che il Conservatorio ti da un diploma, come dice Vale che studia musica jazz . Nella sua scuola però i professori sono tutti diplomati al Conservatorio ed è anche per questo che il diploma ti da una possibilitÃ* in più di lavorare. Poi mi chiede se conosco Tino Tracanna, l’insegnate di musica jazz al Conservatorio di Milano, che guarda caso conosco abbastanza per sapere che non è diplomato al Conservatorio.
In questa piccola contraddizione dove prima si esalta l’utilitÃ* del diploma al Conservatorio e poi si porta ad esempio di competenza e capacitÃ* un insegnate non diplomato al Conservatorio, sta tutta l’essenza del perché è un controsenso insegnare musica jazz dentro un’aula del Conservatorio (e chi lo fa lo sa benissimo ma un posto così non si rifiuta mai).

Il mio discorso viaggia su un binario diverso, non mi importa molto di diplomi ed attestati, quanto mi importa parlare di musica.

Il jazz oltre a essere musica è stato anche e soprattutto un movimento di pensiero, di rivolta. Bene per esprimere quel pensiero ora Vale o chiunque fa scuola di jazz deve imparare delle regole. Le regole le ha dette Vale e sono: le scale, non fare note a casaccio, imparare il linguaggio, insomma tutte le regole che gli hanno insegnato che deve rispettare. Peccato che quel movimento di pensiero era contro ogni regola. “Non esistono note sbagliate†lo diceva Davis giusto? Quindi la musica jazz è stata un continuo infrangere le regole e gli schemi sino all’apoteosi massima (e a volte eccessiva) del free.
Quindi ricapitoliamo che senso ha il jazz al Conservatorio. Uno impara delle regole in modo di essere in grado di poterle disimparare e quindi per imparare a non avere regole. Ma lasciamo perdere. Quel pensiero prima lo devi vivere lo devi sentire tuo culturalmente e poi arrivi a suonare qualcosa.

Tutto al più ci facciamo quattro fraseggi in grazia di dio che assomigliano un po’ a questo e un po’ a quello e ci troviamo un posto di lavoro con la Laurea in Jazz. Sono in diversi a farlo, tutti i sassofonisti jazz che ascolto dagli ultimi 10 anni più che il jazz conoscono a menadito una funzione del computer. Copia e Incolla.

Vi piacciono le tigri in gabbia nei circhi. Il jazz al Conservatorio è la stessa cosa. Ormai quella tigre è vecchia non corre più e chissÃ* forse la sua speranza di vita sarÃ* proprio quella di fare il numero da circo di essere ridicolizzata sotto a un tendone a strisce o dentro un’aula del Conservatorio.

Peccato perché secondo me l'opera d'arte del nuovo millennio ha una sfida davanti a sé, quella di dover diventare un polo di connessione fra culture, ciò che il jazz ha sempre tentato di fare e che ora diviene fondamentale per lo sviluppo della musica.

Impararne solo i fraseggi come la poesiola a memoria serve a darti un attestato un diploma che automaticamente equivale a non averci capito niente.

PallaDiCannone
30th April 2007, 16:39
Non sarei così rigido, perchè con questo ragionamento non avrebbe senso anche l'insegnamento di composizione al conservatorio. o no?
Nel corso di composizione ti illustrano delle serie di regole che sono state alla base dei diversi linguaggi classici che si sono sviluppati fino ad oggi. Il diplomato in composizione esce con un bagaglio culturale molto ampio,e starÃ* a lui ed alla sua inventiva riuscire ad usare quei linguaggi per poi superarli oppure riutilizzarli in maniera pedissequa all'originale. Il genio elaborerÃ* un linguaggio nuovo, quello meno dotato si limiterÃ* a fare l'operazione di copia ed incolla.
La stessa cosa dovrebbe accadere per il jazz. L'insegnante ti illustra cosa ha sviluppato la storia jazz in un secolo di storia. Alla fine del corso lo studente non dovrebbe essere solo in grado di improvvisare mas anche di usare i diversi linguaggi sviluppati secondo i suoi gusti e le sue inclinazioni. Se poi ci troveremo davanti ad un innovatore si vedrÃ*, ma ci vogliono sempre delle fondamenta su cui costruire qualcosa.
Se poi vogliamo fare come nelle scuole americane, dove vengono formate solo una serie di esecutori, capaci solo di ripetere, in maniera impersonale i grandi classici allora è un altro conto

Saxwilly
30th April 2007, 16:48
D'accordissimo Con PallaDiCannone...

Le basi ci devono essere... Poi.................................. ognuno svilupperÃ* il suo modo di suonare come vuole...

1st May 2007, 09:40
Continuo a non capire da cosa mai possa derivare questa "atavica" repulsione verso i conservatori... (?)

1st May 2007, 22:56
Il mio è soltanto un modo per cercare di far ragionare su di una cosa che ritengo importante. E' un approccio dove viene privilegiata la capacitÃ* espressiva rispetto al bagaglio tecnico. Il bagaglio tecnico non è di difficile acquisizione (basta studiare) per la capacitÃ* espressiva non è così. Gli ECCESSI di tecnicismo ( specie a livello armonico e purtroppo i corsi jazz fanno anche questo) troppo spesso imbrigliano le capacitÃ* espressive. Per ritrovare nella musica un livello "istintivo" a volte si è costretti a scordarsi di molte cose o ci riesce meglio chi quelle cose non le ha fatte. La musica jazz ne è stata un esempio eclatante. Non voglio dire che i jazzisti erano degli ignoranti, ma erano soprattutto degli istintivi e molti di loro non avevano neanche i rudimenti iniziali dello studio ortodosso non sapevano neanche stare seduti sul pianoforte.

Guardate cosa fa questo al pianoforte, al Conservatorio sarebbe stato umiliato, deriso, insultato. E' scorretto nella postura del tronco, della testa, delle mani, non sa stare neanche seduto. La diteggiatura e gli incroci? ASSURDO semplicemente ASSURDO Ma attenzione a quello che fa con le gambe e la destra in particolare. Per me questo è uno dei tanti manifesti della musica jazz e del perchè ritengo ingiusto debba essere insegnata con le metodologie (anche armoniche) che conosciamo.

http://www.youtube.com/watch?v=OMmeNsmQaFw

Su questo voglio far ragionare. Credo che tutti noi abbiamo qualcosa da dire e magari sarebbe bello poterlo dire con la musica. Questo percorso non aiuta. Poi anche se non condividete il mio pensiero sarò una nota "fuori dal coro", una nota stonata?? :evil:
Davis direbbe che non esisto :lol:

3rd May 2007, 16:38
Per ritrovare nella musica un livello "istintivo" a volte si è costretti a scordarsi di molte cose o ci riesce meglio chi quelle cose non le ha fatte.
Su questo posso anche darti ragione.


Poi anche se non condividete il mio pensiero sarò una nota "fuori dal coro", una nota stonata?? :evil:
Davis direbbe che non esisto :lol:
Penso che Davis volesse intendere "Il fine giustifica i mezzi". Ed è da qui che rilancio il mio pensiero: tutto ciò che si fa nelle scuole e nei conservatori è frutto del tempo e sperimentato negli anni... Ciò non vuol dire che solo ciò che si fa nelle scuole sia giusto, ma credo sia la strada più breve per ottenere risultati. È un percorso.
Quello che ci separa è il mezzo non il fine.

5th May 2007, 12:00
Io credo invece che lo studio sia importante anche per il jazz, perchè un musicista deve apprendere come comportarsi con il proprio strumento e dopo di chè familiarizzare con esso fino a farlo diventare una parte di se. Senza lo studio però non potrebbe conoscere così bene lo strumento. Da autodidatta non è impossibile ma credo molto più difficile lungo come percorso.

Poi però arriva un altro discorso non da poco, il maestro. Ci sono musicisti bravissimi che però non riescono a insegnare, perchè impazienti, indisposti o troppo esigenti dagli alunni. Altri invece magari sono musicisti non eccezzionali, ma riesco a insegnare ai propri allievi non solo come si una uno strumento, ma anche uno stile, un modo di essere o meglio di pensare, che poi l'allievo si porterÃ* dietro tutta la vita come esempio, starÃ* a lui "salire sulle spalle dei giganti per guardare più lontano", usare cioè quell'esempio come rampa di lancio per uno stile tutto suo.
Mi sono spiegato? Io la penso così, e penso di essere fortunato di essere allievo di un musicista che penso mi stia insegnando qualcosa di più del semplice uso dello strumento... (che culo!) (scusate il linguaggio).

5th May 2007, 19:08
Parole Sante! concordo in pieno con te ;)

13th May 2007, 23:51
Il problema è che non si deve andare a botta di culo come dici tu. Chi quella fortuna non ce l'ha? E secondo me tu pensi di avere avuto fortuna, ma sarÃ* vero? Nessuno dice che non si deve studiare, il problema è come ti fanno studiare. E' logico che per fare jazz devi conoscere lo strumento devi sapere che se premi un determinato tasto esce una determinata nota. Ma questo è vero per tutti i generi musicali non solo per il jazz. Se invece studi le scale, studi i linguaggi, studi l'armonia, ecc.ecc. della musica jazz, a cosa servono? A conoscere? A rifare il verso a quel jazzista o a quell'altro? Per me non serve a niente suonare a menadito i solo di Parker, di Coltrane o di Brecker, anzi ti fossilizza su cose vecchie, giÃ* sentite. E invece si fa quello. Si studiano le trascrizioni dei solo. Poi se hai talento se hai il genio se hai le capacitÃ* solo allora farai qualcosa di veramente tuo. Ma se ho talento, genio e capacitÃ* posso fare a meno di tante cose, compreso imparare le trascrizioni dei solo. Invece secondo me un insegnante ti deve capire e ti deve dare subito il via per fare qualcosa di tuo, ti deve aiutare in quella strada e non a copiare Glazunov o Coltrane. Sai purtroppo quanti autodidatti (o similari) hanno fatto la storia della musica e l'hanno innovata? Se guardo gli ultimi 60, 70 anni della musica mi sembrano un pò troppi, e allora qual'è il problema ?

14th May 2007, 01:17
Scusami Big_Jack se riposto subito ma ho appena sentito un brano del famoso bassista jazz Marcus Miller dal titolo "Your amazing grace". Mi ha fatto veramente ridere perchè è letteralmente copiato da un successo italiano degli anni '70 dal titolo "il gabbiano infelice" del celebre Il guardiano del faro. Come ha fatto a sentirlo lo sa solo lui perchè me l'ero scordato pure io che sono italiano. Queste cose mi fanno una tristezza infinita perchè non è una cover, non è una rielaborazione jazz del brano, è solo la dimostrazione che è ora che si faccia qualcosa di nuovo. Neanche loro sanno più dove sbattere le corna e vanno a ripescare cose del genere pur di fare qualcosa. E' ora scossa che si faccia qualcosa di nuovo e il percorso dello studio del jazz fatto con questa mentalitÃ* non serve assolutamente a niente. Ancora una volta la musica si innoverÃ* fuori dagli schemi passati e dalle cose trite e ritrite e ancora una volta a farlo sarÃ* uno che neanche ha i soldi per pagarsi un insegnante (per sua fortuna). :lol:

15th May 2007, 15:04
Non riesco a condividere fino in fondo ciò che dici perchè vediamo la cosa da due lati diversi. Personalmente rinnovo ciò che o giÃ* detto:


non vuol dire che solo ciò che si fa nelle scuole sia giusto, ma credo sia la strada più breve per ottenere risultati. È un percorso.
Quello che ci separa è il mezzo non il fine.
Resto convinto che un autodidatta sarÃ* sempre svantaggiato rispetto ad uno studente "con maestro". Ciò credo sia inconfutabile sui grandi numeri (non certo se si va a cercare i singoli casi).

Alessio Beatrice
15th May 2007, 18:52
Daccordo con te Rocri...

vale
15th May 2007, 20:28
Anch'io sono d'accordo con rocri, perchè l'avere un maestro che ti guida, soprattutto all'inizio, secondo me è, se non fondamentale, molto ma molto utile. Magari due studenti ugualmente dotati (uno autodidatta e l'altro no) arriveranno al traguardo tutti e due, ma è molto probalbile che ci arrivi prima quello che ha studiato con un maestro. Poi ovviamente dipende anche dall'insegnante, però se è bravo riesce a darti delle basi più solide rispetto a quelle di un autodidatta, al di lÃ* delle costrizioni del campo che impongono alcuni maestri, cosa secondo me non vera. Se un maestro è bravo ti spiegherÃ* come si imposta un'improvvisazione, e penso sia anche utile imparare alcune trascrizioni degli assoli più importanti, perchè dÃ* comunque e sempre l'idea di una GRANDE improvvisazione. Certo questo non è tutto, bisogna fare prove pratiche e continuare ad improvvisare, cercando di creare frasi via via più complesse. In tutto questo l'insegnante è la guida di tutto. Paragonando tutto ciò a una gita in montagna... per fare un'escursione una guida è molto utile per non perdersi. Magari uno vorrebbe rimanere solo in un posto che gli piace particolarmente, o cambiare sentiero o fare qualcos'altro che con la guida non puoi fare. Quando poi però la guida ti ha mostrato il sentiero e ti ha detto cosa ti aspetterebbe se dovessi cambiare strada, la volta dopo che fai la stessa passeggiata puoi prenderti i tuoi ritmi e fare quello che vuoi.
In questo senso magari ci sono cose che col maestro non puoi fare, ma quando questo ti indirizza verso la strada giusta, poi puoi andare avanti da solo prendendoti qualche libertÃ* in più. Forse era questo che intendevi: con un maestro hai un po' meno libertÃ* che da solo, però si rivela molto utile in seguito, quando hai ricevuto l'impostazione, allora lì sì che puoi sfogarti e esprimerti al meglio. All'inizio magari l'utodidatta è più libero, ma avendo un'impostazione meno ferrata, a un certo punto si troverÃ* indietro anche (e soprattutto) rispetto alla tecnica. Pechè checchè se ne dica, la tecnica in fondo è una grande aiuto, un grande mezzo per poter raggiungere tuo scopo finale. Di sicuro sarai molto avvantaggiato avendo una buona tecnica!

15th May 2007, 23:03
Ribadisco il fatto che nessuno dice che non si deve studiare. Il mio discorso è su come ti fanno studiare. E' inutile che sto a ricordare l'inutilitÃ* dei manoscritti del Pedron o i continui divieti del manuale di armonia di Korsakov o il tempo perso dietro a tante altre cose inutili. Ora se quella stessa mentalitÃ* la trasferisci in un corso di Jazz che risultato ottieni ? Studiare è giusto ma bisogna anche vedere come si studia e cosa si studia. Vedi io mi sono rimesso a suonare da 8/9 mesi dopo avere chiuso i sax per 16 anni. Non vi dico in che condizioni mi sono ritrovato rispetto a prima. E ancora mi ritrovo a neache metÃ* della metÃ* della metÃ* della metÃ* di come suonavo (anche perchè adesso suono sì e no 3 ore a settimana). Quindi io per primo do valore allo studio ma non di quello accademico. Ribadisco il fatto che per me studiare le trascrizioni, i linguaggi è una cosa inutile, anzi a mio avviso ti fossilizza. E' difficile avere personalitÃ* quando il percorso che hai fatto è quello della fotocopiatura. Prendete l'esempio di Cafiso ? E' bravo è tutto quelo che volete ma sono le stesse cose sentite 60 anni fa con l'aggiunta di una esasperazione tecnica. Per me non è quello l'esempio da seguire, la musica ha bisogno di cose nuove di persone che sono state abituate a ragionare e a suonare con la loro testa e non a copiare maniacalmente i grandi del passato. Quella cosa per me è deleteria, è meglio non farla. In fondo non credo di dire una cosa così assurda. Ma questo vale per tutta la musica. L'approccio alla musica deve essere diverso ti devono personalizzare e non spersonalizzare.

16th May 2007, 08:49
Sento sempre nominare Cafiso...
è appena maggiorenne. dategli tempo!
tutti per affermarsi fanno musica d'altri.
spero di sentirlo anche in futuro.

16th May 2007, 11:07
Andrea, il mio era solo un esempio, per riuscire a spiegare che non è niente di nuovo per la musica. Se suoniamo sempre le stesse cose la musica non va avanti. Spero che almeno su questo siamo tutti daccordo. Se Cafiso andrÃ* avanti io ne sarò felicissimo anche se per esperienza di tanti altri artisti che hanno avuto percorsi simili ritengo che sia più in difficoltÃ*. Sinceramente a me sembra di dire delle ovvietÃ*, forse mi esprimo male ma il concetto è semplice. Se ti specializzi troppo a fare cose di altri, a fare sempre le medesime cose ti precludi la possibilitÃ* di fare cose personali. Il tempo da dedicare alla ricerca di una tua identitÃ* musicale è sottratto dallo studio della identitÃ* degli altri. Charlie Parker aveva 17 anni quando suonava con Jay McShann e giÃ* suonava in maniera "diversa" aveva ed esprimava un suo linguaggio personale che poi lo chiamarono be bop. Monk ne aveva 20 e a 23 aveva giÃ* composto brani come Round Midnight. Ma è ovvio che quella ricerca della personalitÃ* è iniziata molti anni prima di arrivare a comporre brani come quelli. Adesso molti compositori nord europei stanno cercando di fare innovazione, bene o male ci provano e li stimo per questo, anche perchè sono giovanissimi. Ma perchè noi ci dobbiamo radicare su posizioni vecchie che non danno nessun riscontro innovativo alla musica? Secondo me in Italia non abbiamo la mentalitÃ* giusta. Ma perchè dobbiamo sempre essere indietro rispetto agli altri ? Eppure in altri tempi eravamo considerati come un popolo geniale anche nella musica. Adesso questo riconoscimento lo abbiamo perso e se non voltiamo pagina sarÃ* perso per sempre.

19th June 2007, 12:08
Secondo me lo studio ''accademico'' puo' solo fortificare il vero talento. Se invece porta a una fotocopia di qualcosa gia' sentito, allora il talento non esisteva gia' di partenza.
Non e' assolutamente vero (nel jazz come nella classica) che studiare i soli di altri, gli stili, le regole etc, etc... non serva a nulla: tutti i piu' grandi l'hanno fatto. Parker non sapeva a memoria i soli di Lester Young? E la sua spinta creativa non partiva proprio da una ''reazione'' allo swing commerciale imperante all'epoca? Non vi siete mai chiesti perche' le grandi svolte nel jazz siano avvenute nel gioro di 20 - 30 anni in America (in particolare N.Y.). Perche' i protagonisti oltre ad essere dei geni, vivevano, si confrontavano, si studiavano e suonavano 24 ore al giorno uno a contatto dell'altro! Quindi risuonare un solo di un grande del passato non significa solo copiarlo sterilmente, ma tornare a contatto con un mondo musicale, l'unico modo che permette ai geni di venire fuori!
Sulla possibilita' di studuiare jazz in conservatorio ne avrei molte da dire poi...

Smog graffiante
19th June 2007, 13:27
Sono perfettamente d'accordo con te Pentagramma,
Ciao Cleveland...ci si ritrova di nuovo a discutere con te... :grin:
Cmq,per Cafiso,sono d'accordo...ma è ancora giovaniximo...crescerÃ* e spero ke uscira dall'esasperazione tecnica...(per non parlare di Giuliani che è di un tecnicismo esasperato ancor di +...)

Io penso che il jazz sia un modo di vivere la musica,di esprimere quello che uno sente ed ha dentro,e + uno sa parlare in quel linguaggio,meglio saprÃ* esprimersi e più parole sapra dire...anzi,neanche + in senso numerico,ma anche in senso di espressione! Non servono torrenti di note rapide e assurde,magari sovracuti esasperati..ma se uno li sa fare,meglio per lui,se una volta vorrÃ* usarli potrÃ*!(per esempio,io non sono un asso dei sovracuti e li sto studiando ora...non perkè li adori o per altro,ma per miglirare il mio bagaglio di sassofonista!)

Il jazz è una lingua affascinante,bisogna saperla per poterla vivere bene e in armonia su se stessa,e studiare i Solo dei grandi non è del tutto inutile,perkè si impara dagli altri,pentagramma ha ragione,prima si parlava jazz ovunque,xkè era ovunque,era LA musica!!
ora per un po' di jazz,devi sbatterti per terra e dire a tutti:
"Ma non mi rompete i ***,sentitevi quella robaccia riciclata che vi sentite voi"...soprattutto tra i giovani....

E "lo studio accademico può fortificare il talento"(copyright Pentagramma :grin: ) è vero...

Lo studio di ciò ke giÃ* si sa è giusto e serve,poi,se uno vuole distaccarsi e dire la sua...può e DEVE farlo...ma prima di poter fare un'orazione(musicale o non) si deve saper parlare....

19th June 2007, 14:55
[/quote]E "lo studio accademico può fortificare il talento"(copyright Pentagramma ) è vero...

Giusto per dare a Cesare quel che e' di Cesare la frase credo sia da attribuire a Debussy!

Smog graffiante
19th June 2007, 21:57
grazie x la delucidation storica...