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Visualizza Versione Completa : Cosa ne pensate dei Perigeo?



FaX
19th July 2010, 11:19
Che Fasoli era un mostro!!! :yeah!)

gene
19th July 2010, 12:42
Il Perigeo......tempi lontani, tempi dove in italia vi era un fermento musicale incredibile, nella musica leggera, nel rock ed anche nel Jazz.
Questo gruppo ebbe l'indiscutibile merito di unire due mondi, apparentemente incomunicabili, quello del rock (prog) e quello del jazz.
All'interno del gruppo coesistevano due anime, quella più rock, Bruno Biriaco alla batteria e Tony Sidney alla chitarra, si contapponeva a quella più jazz del contrabassista Giovanni Tommaso, di Claudio Fasoli al sax e di Franco D'Andrea al piano, ebbe inizio quella stagione chiamata jazz rock......
Sarebbe bello, se qualcuno riscoprisse e riascoltasse, un po di quella musica.
Riguardo ai Soft Machine, a mio avviso sono diversi i i riferimenti culturali e musicali della band inglese rispetto al nostro Perigeo. I S.M. vivevano in piena esplosione del prog inglese ed hanno matrici più rock, il nostro gruppo guardava più verso il jazz rock USA, Miles in testa.......
segue una breve descrizione del gruppo, buon ascolto........

Perigeo
Il laboratorio italiano del jazz-rock
di Michele Camillò

Formazione nata negli anni Settanta da un'idea del contrabassista Giovanni Tommaso, il Perigeo è una delle realt* più importanti di quella "fusion" italiana che lambisce i territori del jazz-rock e del progressive-rock. Ecco la loro storia, nata su una nave da crociera e sviluppatasi poi tra dischi di successo, tour internazionali e qualche passaggio a vuoto.

Il Perigeo è il progetto musicale ideato negli anni Settanta da Giovanni Tommaso, uno dei migliori contrabbassisti italiani. La formazione - un quintetto - comprendeva, altri quattro mostri sacri della nostra scena jazz come Bruno Biriaco alla batteria, Claudio Fasoli al sax, Tony Sidney alla chitarra e Franco D'Andrea al piano. Tommaso (Lucca, 20 gennaio 1941) ebbe anche il merito di modernizzare le tecniche del suono del contrabbasso in Italia, raccogliendo la lezione americana dei vari Paul Chambers, Ray Brown e Scott La Faro. Alla fine degli anni Cinquanta, Tommaso inizia la sua attivit* di musicista, suonando a bordo di una nave da crociera. Quindi, nel decennio successivo sbarca a New York, dove stringe contatti con autorevoli contrabbassisti be-bop, come Scott La Faro, Ray Brown e Paul Chambers, che influiranno notevolmente sulla sua crescita professionale, consentendogli di affinare la propria tecnica. Tornato in Italia, Tommaso può finalmente concretizzare il suo sogno: dare vita a un suo gruppo.
La formazione del Perigeo avviene ufficialmente a Roma nel 1971, quando il gruppo viene messo sotto contratto dalla Rca. La band propone una sorta di jazz-rock ispirato dal sound elettrico di "Bitches Brew" di Miles Davis. Questa forma primordiale di fusion incontra inizialmente la resistenza dei cosiddetti "puristi" del jazz, ma finisce presto con l'attirare al gruppo le simpatie di molti appassionati, fruttando l'invito a importanti festival nazionali, come quello del progressive italiano, a Roma (Villa Pamphili), ma anche una serie di concerti all'estero, soprattutto in Inghilterra e in Francia.

Il primo album, Azimut, viene pubblicato nel 1972. Le radici jazz dei cinque musicisti sono gi* evidenti, anche se il sound si presenta piuttosto acerbo e statico, sia per le armonie, sia per la ritmica. Spesso i brani assumono la forma di vere e proprie esecuzioni di piano, con l'utilizzo di pochi accordi e uno sporadico ricorso a batteria e percussioni (vedi, ad esempio, la title track). Alcuni imponenti assoli di chitarra connotano "36 parallelo", mentre "Grandangolo" è un connubio tra rock classico e jazz-prog.

Abbiamo tutti un blues da piangere, uscito l'anno seguente, si rivela di gran lunga superiore, sia per i virtuosismi dei singoli musicisti, sia per la maggior complessit* ed espressivit* dei pezzi. E' questo disco che segna l'origine del jazz-rock e del jazz-prog, ossia la prima vera materializzazione delle tecniche moderne apportate da Tommaso. Apre il sipario la mediterranea "Non c'è tempo da perdere" che, dopo un'intro strumentale di piano, si sviluppa in una parte cantata in cinque quarti su cui si insinua un assolo di chitarra. Alcuni pezzi presentano un'atmosfera più mesta. Tra essi, la title track, introdotta da un pacato arpeggio di chitarra e pochi accordi, e "Nadir", che si regge su un'atmosfera quasi rassegnata, ma enfatica, con il sax che esegue una dolce melodia. E' ancora il sax di Fasoli a inserirsi brillantemente sulle parti di chitarra in "Deja Vù". Ma il pezzo forte del disco è "Vento, pioggia e sole" che, caratterizzato da un vigoroso e moderno jazz, testimonia ampiamente l'abilit* dei cinque musicisti: si susseguono, infatti, poderosi solo di chitarra, di sax e di piano elettrico; tre momenti diversi, in cui ciascuno strumento è protagonista e l'unica legge che regna è l'improvvisazione.

Il 1974 è l'anno di Genealogia, un album più "accessibile" rispetto al precedente e segnato da un maggior impiego dei sintetizzatori, con l'avvento del moog, suonato dallo stesso Tommaso. Il disco si presenta ancor più ricco e variegato, con una brillante commistione di generi musicali. Le ritmiche e le armonie presentano una conformazione più rock, anche se l'anima jazz del gruppo resta più che mai viva. Pezzo trainante è "Via Beato Angelico" che, oltre a un memorabile motivo, eseguito dalla chitarra elettrica, presenta un ritmo latineggiante, grazie all'apporto della batteria conga, suonata dal percussionista brasiliano Mandrake. La prestazione di quest'ultimo è fondamentale anche in "Polaris", che parte con una ritmica rock ma si trasforma presto con un'esplosione sonora del piano elettrico. Strumento, quest'ultimo, che caratterizza quasi per intero la suadente "Torre del lago", impregnata dello spirito jazz di John Coltrane. Altri pezzi suggestivi sono "Old Vienna", classico connubio di jazz e walzer, suonato in tre quarti, e la conclusiva "Sidney's Call", costituita da più situazioni, spesso cupe e malinconiche, nelle quali si alternano chitarre acustiche arpeggiate, assoli e intonazioni vocali.
Dai titoli delle tracce, si evincono anche i luoghi di origine e di vita di ciascun membro della band. Da ricordare anche la bella copertina in bianco e nero, realizzata da Ren Pearson.
Genealogia frutta al Perigeo un ottimo riscontro di critica e diviene in breve uno dei grandi classici del prog-rock italiano.

Nel 1975, dopo aver spalleggiato i Weather Report in un trionfale tour europeo, il Perigeo torna in sala d'incisione per realizzare La valle dei templi. E' un album rivoluzionario, più dinamico e vitale rispetto ai precedenti, soprattutto nella sezione ritmica: il merito è da attribuire soprattutto all'intervento del percussionista napoletano Tony Esposito. Grazie a tale apporto e all'utilizzo dell'effetto wah-wah della chitarra, il disco assume sembianze funky in una ulteriore contaminazione che, unendosi a quella di jazz e rock, d* vita a quello che i critici chiamano solitamente "fusion". L'impatto con questa nuova realt* è gi* evidente in "Tamale", che esordisce subito impetuosa, con un'intro in cui tutti gli strumenti intonano una scala pentatonica, seguita quasi subito da un motivo principale; a quest'ultimo vengono alternati momenti d'improvvisazione, sia col sax che con il piano elettrico. Anche la title track si fonda su una base funky, seppur con un ritmo più moderato, in seguito a un'introduzione quasi spettrale, dove si amalgamano intonazioni vocali e riff di tastiera con l'effetto del vibrafono. "Looping", invece, è un suggestivo jazz in tre quarti, che presenta il suo momento più esaltante nello slapping del basso distorto. Non mancano, poi, altri momenti intriganti. "Pensieri", ad esempio, è una rilassante ballad, in cui il motivo viene eseguito dal piano e, successivamente, dal moog; "Cantilena", a dispetto del titolo, è un piacevole connubio tra piano e sax, con una base armonica spesso costituita da accordi in settima aumentata, che addolciscono ancor più l'atmosfera; "Un cerchio giallo", infine, chiude la scaletta, con il suo suggestivo arpeggio di chitarra, al quale subentrano, poi, tutti gli altri strumenti, con il sax soprano in prima linea.
La valle dei templi ottiene anche un buon successo commerciale, consacrando il Perigeo come una delle migliori realt* del rock italiano del periodo.

Il periodo jazz-rock del Perigeo si conclude nel 1976, con Non è poi così lontano, realizzato a Toronto, in Canada. L'album continua a mettere in mostra le abilit* tecniche dei singoli componenti del gruppo, cedendo, però, a canoni più commerciali. Discreto successo dell'epoca, fu "Fata Morgana", incluso anche nella compilation "Pop Villa Pamphili", una raccolta che rende omaggio al luogo in cui si svolse, negli anni Settanta, una delle più importanti manifestazioni del progressive italiano. Non mancano, infine, sprazzi di classico walzer viennese, tratti da "New Vienna", pezzo che si contrappone alla gi* citata "Old Vienna". Fiacco seguito ai lavori precedenti, il disco segna il crepuscolo della band, che si scioglie nello stesso anno.

gnoato
19th July 2010, 17:46
Cosa ne pensate di questo vecchio gruppo jazz rock? Rispetto ai Soft Machine? Impressioni di chi ha solo ascoltato cd o ha addirittura sentito un concerto live.

Quello del Perigeo è stato il primo concerto di musica “seria” che ho avuto modo di ascoltare. Avevo 14 anni e da lì è iniziata la mia passione per il jazz e per la musica in generale. Grandi musicisti (soprattutto il trio D'Andrea-Tommaso-Fasoli) che cercavano di applicare in modo autonomo e creativo la lezione di Miles Davis e dei Weather Report (cioè fondere jazz e rock in una nuova musica). Non meno entusiasmanti mi parevano i Soft Machine (anche se non ho mai avuto occasione di sentirli dal vivo): la differenza, come è gi* stato detto, era che gli italiani partivano dal jazz (D'Andrea, Tommaso e Fasoli, prima del Perigeo, avevano gi* suonato assieme in gruppi di jazz tradizionale) mentre gli inglesi provenivano principalmente dal rock (Robert Wyatt soprattutto che ne è stato il principale ispiratore nella prima fase) e si sono progressivamente avvicinati al jazz soprattutto con l'arrivo di jazzisti di peso come Elton Dean. Comunque grande musica in entrambi i casi.

gene
19th July 2010, 19:45
I miei dischi da isola deserta …..allora cominciamo da R. Wyatt " Rock Bottom" ...cosa c'è di peggio per un batterista (Wyatt lo era) che rimanere paraplegico.......un disco di struggente poesia, imperdibile e poi ci metto la Mahavishnu Orchestra "birds of fire , Pierre Moerlen's Gong "Gazeuse!" e Stomu Yamashta "Go", escludo Miles etc. questi erano i dischi dei miei 15 anni !!!!!!