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Visualizza Versione Completa : Riflessione sul momento del jazz...



Alessio Beatrice
9th November 2006, 19:36
Un titolo cosi apre delle porte enormi... :smile: Bhe, io ne apro una piccolissima. Da molto tempo (credo se ne parli da dopo Coltrane...) nel mondo del jazz ci si domanda se questa musica ha ancora delle forme e temi nuovi da speerimantare e trovare. Leggendo vari articoli e interviste di jazzisti e "jazzofili" molto famosi, tutti ripetono che un ulteriore evoluzione nel jazz ci sar* prima o poi, e che aprrarir* sulle scene un musicista che cambier* ancora questa musica. Un po come è successo con i vari Amstrong, Parker, Coltrane, Miles e pochi altri. Il clarinettista Buddy De Franco sostiene che "tutto quello che si ascolta oggi è debitore in maggiore o minore misura, di quanto hanno inventato Charlie Parker e Dizzy Gillespie". Come dargli torto? Una cosa che credo sia molto positiva, specialmente in Italia, è che stanno venendo fuori giovanissimi molto promettenti (Cafiso in primis, Luigi di Nunzio, Walter Ricci, ma ce ne sono tantissimi altri) che magari possono dare una spinta importante per trovare qualcosa di nuovo. Con questo lungi da me pensare che il jazz attuale non sia buono, ma una svolta magari sarebbe anche necessaria. In fondo il jazz è anche ricerca...
Ho visto tempo fa Stefano Bollani in concerto. Tecnicamente bravissimo ma sinceramente dopo mezz'ora di virtuosismi mi ero un po' annoiato... Come lessi una volta, "suona molto per i critici e poco per il pubblico".La tecnica si può imparare, "la creativit* è un altra cosa"... ;)

Simone Borgianni
10th November 2006, 10:28
Credo sia propio stato centrato il problema, da 30/40 anni a questa parte i musicisti hanno cercato di essere sempre più performanti , veloci, ed incredibilmente virtuosi :roll: personalmente ascolto jazz della old school e se poi voglio pure suonarlo non mi baster* questa vita per farlo bene ;)
Conosco sassofonisti che studiano 7/8 ore al giorno trascrivendo ad orecchio soli di Parker o di Coltrane , poi li senti suonare ............non riesci a seguirli tanto sono veloci e matematicamente dopo 15/20 minuti arriva lo sbadiglio :roll: poi ne senti altri che magari difficilmente leggono lo spartito ma magari (ne conosco uno che ha suonato liscio per anni ) che ti fa Oleo o la ragazza di Panema e non riesci neanche a deglutire :shock:
La tecnica è importante ma serve altro!

Saxmachine
13th November 2006, 18:00
io non sono daccordo con chi dice che il jazz è morto.
per due semplici ragioni.
1 le orchestre di musica classica suonano tutti i giorni e in tutto il mondo anche musica di 600 anni fa, che ora non viene più composta e che non ha nessuna evoluzione ma preserva la sua immortale bellezza.
quindi il jazz potrebbe essere suonato anche solo per motivi filologici senza nessun bisogno di questa "fantomatica" evoluzione.
2 l'evoluzione c'è ed è costantemente presente in ogni disco dei grandi musicisti della "nuova guardia"
basta guardare la fusion e tanti altri esempi estremi.
cito solo per esempio il MITICO micheal brecker che secondo me ha inventato un modo di suonare tutto suo e utilizza tecniche che prima di lui non erano state ancora perfezionate.

pizzic77
14th November 2006, 11:56
Bè, il jazz non è sicuramente morto...
Credo però che a livello qualitativo sia decisamente peggiorato...
E' praticamente impossibile trovare oggi un personaggio del calibro dei grandi musicisti del passato (e non mi riferisco solo a coloro che hanno sviluppato nuove forme di linguaggio, come Armstrong, Parker o Coltrane....), o comunque ve ne sono pochi pochi, e la maggior parte è a mia modesta opinione decisamente sopravvalutata!

Sicuramente rispetto a molti anni fa, il linguaggio attuale è molto più complesso, fatto di virtuosismi, sonorit* spesso "terrificanti" (a me una volta è capitato di sentire due che suonavano le caffettiere :shock: ), fatto questo che secondo me ha reso questo stile musicale molto più di nicchia di quanto potesse esserlo prima....Non so, ma ho l'impressione che prima il jazz avesse una forte connotazione popolare che adesso non ha più.....
"Tutto quello che si ascolta oggi è debitore in maggiore o minore misura, di quanto hanno inventato Charlie Parker e Dizzy Gillespie", però l'impressione che ho io è che spesso le persone abbiano perso un pò i legami con quella che è la tradizione musicale del jazz, o che alcuni neanche le conoscano...
Ritengo che studiare jazz significhi studiarlo seguendo quelle che sono state le sue evoluzioni storiche: partire dal blues, andare allo swing, al bebop etc...
Mi è capitato molte volte di parlare con musicisti (amatoriali e non) che invece avevano completamente saltato questi passaggi, cominciavano il jazz partendo da Miles Davis...e quello che c'era prima?

Quest'estate sono stato a Siena Jazz e devo dire che c'erano tantissimi musicisti spaventosi a livello tecnico (TUTTI!!!!!) ma pochi in grado di comunicare realmente qualcosa...poi magari è anche una questione di gusti, però l'ultimo GRANDE musicista che ho avuto l'occasione di sentire è stato Massimo Urbani!!!!



In ultimo (e concludo...) sono d'accordo con Saxmachine quando dice che l'evoluzione non è necessaria....il jazz potrebbe essere suonato benissimo per motivi fisiologici (come stare senza?)....io chiedo però di sentire uno standard suonato come si deve!!!

Come potete vedere sono piuttosto critico.... :evil:

Alessio Beatrice
14th November 2006, 19:50
Mmm, in definitiva allora credo sia giusto dire che "manca creativit*", anche d'improvvisazione. E sono d'accordo anche con te Pizzic quando dici che "studiare jazz significhi studiarlo seguendo quelle che sono state le sue evoluzioni storiche: partire dal blues, andare allo swing, al bebop etc...". Come sipuò pensare di andare avanti senza sapere la storia? :???: Comunque l' evoluzione che intendo io è sia strutturale (come lo è stato il modale di Miles) sia anche di metodo esecutivo. Michael Brecker, come dice Saxmachine, ma anche Herbie Hancock o Chick Corea (guarda caso scuola "Davisiana"...) credo abbiano aperto la strada per nuove forme nel jazz. Non sono un musicologo quindi sono opinioni prettamente personali ma mi intrigano moltissimo. ;)

Saxwilly
14th November 2006, 20:48
Secondo me la questione non riguarda solo ed esclusivamente il Jazz...

Il problema è molto più ampio...

Come Tutti penso sappiate ogni genere musicale può essere collegato ad un periodo storico preciso che ne ha determinato gli aspetti e il successo...

Durante gli anni 30-40-50 il jazz la faceva da padrone come genere musicale, pian piano si è passati alla musica leggera con i grandi cantautori italiani per finire ai gioni nostri quando ormai la musica elettronica la fa da padrone (almeno tra i giovani)...
Penso che quindi un po' bisogna rassegnarsi aspettando tempi migliori, credo in un certo ciclo dei generi musicali, spero e credo quindi in un futuro di assistere ad un ritorno del jazz...
E' difficile credere che possa tornare di moda questo genere, ma bisogna crederci, fare ascoltare anche hai giovani pezzi che hanno fatto la storia di questo genere... Daltronde si sa, sono i giovani a creare le mode...

Tutto sta (almeno credo) nell'istruire di più i giovani (e non solo) all'educazione musicale, allo studio della storia della musica e all'ascolto di più generi musicali (analizzando i momenti storici a cui appartengono, la condizione umana...) un po' come si fa in Letteratura....

In fondo sono sempre chiesto:"MA UN BRANO MUSICALE NON E' COME UN LIBRO DI NONSO' QUALE AUTORE?"

APOLLO CREED
30th March 2007, 16:48
La nascita di altri generi musicali ha messo in ombra il jazz e gli artisti odierni non riescono d'altro canto a eguagliare l'originalit* e la naturalezza del Jazz novecentesco.
Bisogna anche cosiderare il contesto storico in cui sono situati il Jazz e i suoi compositori e altri fattori storico-sociali (ad esempio la Guerra mondiale) i quali hanno favorito la creazione o meno di nuovi generi musicali.
Secondo me il motivo del declino, se così lo si può chiamare, sta in questo insieme di motivi.
Per quanto riguarda la sopravivenza di questo genere, posso dire che secondo me non morir*. Ancora un gran numero di persone ne sono appassionate e la musica jazzistica continuer*, seppur non nel modo tanto creativo di una volta, ad essere composta e suonata.

31st March 2007, 00:40
Ha fatto bene Apollo a riprendere questo post davvero bello. Io faccio parte di quelli che pensano che Coltrane ha sperimentato tutto ed è difficile andare oltre. Anche Breker ha sfruttato in pieno una piccola parte delle idee di Coltrane e le ha esasperate tecnicamente inventandoci un modo di suonare. L'idea però era di Coltrane. Se ascoltate il solo su Wise One nell'album Crescent c'è tutto quello che far* Brecker. Peccato che Coltrane lo aveva gi* sperimentato nel 1964. Quindi questa musica Jazz è finita ed è per questo che aumentano i tecnicismi a scapito dell'innovazione. Il be bop e quindi tutta la musica leggera, rock, ecc. che ascoltiamo è nata da una evoluzione armonica. Poi l'evoluzione è passata alla costruzione melodica e Davis, Coltrane, ecc. l'hanno fatto non tralasciando nessun aspetto. Purtroppo siamo in un periodo storico "decadente" che non aiuta nuovi stimoli. Siamo in letargo da trent'anni in tutte le arti, nel cinema, nella pittura, nella scrittura e la musica non fa eccezione. Forse ha ragione chi pensa che ci vorr* un sostanziale cambiamento anche storico sociale per dare nuova linfa alle arti e alla vita.

1st April 2007, 15:24
"E' ridicolo pensare che l’attivit* del poeta, così come ogni altra attivit* creativa, debba essere finalizzata al profitto. Nel momento in cui lo fosse, essa cesserebbe di essere creativa. La prima caratteristica della creativit* dovrebbe essere la sua innovazione rispetto alla situazione preesistente e questo comporta un notevole lasso di tempo prima che l’innovazione sia accettata da tutti, anche se i suoi vantaggi e benefici sono di immediata evidenza.
Nel passato certe idee hanno incontrato resistenze enormi da parte dei contemporanei. Oltretutto la ricerca non è fatta solo di idee vincenti, ma
soprattutto di tentativi ed errori tra i quali le idee migliori si aprono faticosamente la propria strada. E per ogni idea vincente ci sono mille tentativi andati a male, ma senza quelli, le idee migliori non potrebbero nemmeno nascere. Il pensiero e la creativit* sono, quindi, il motore della
ricchezza. Ed è assurdo che la societ* mortifichi la creativit* quasi impedendole di esprimersi un grave danno a sé stessa. Questo comporta che ogni espressione di creativit* debba essere considerata ricchezza e
quindi promossa dalla societ*".

Volevo postare queste idee tratte dal libro "Un'Altra moneta" di Domenico de Simone, spero di aver fatto cosa gradita.
:smile:

Sax O' Phone
4th March 2008, 19:51
Resuscito questo thread che mi pare molto significativo!
Ho partecipato ad una simile discussione anche nel forum del sito di Wynton Marsalis, dove un malcapitato ha avuto il coraggio di insinuare che il Jazz sta morendo perchè Wynton non apre spazi ad altri musicisti emergenti! Ovviamente è stato subito attaccato verbalmente (anche con ragione, a mio avviso), e per altro lui stesso ovviamente se lo aspettava, ma ha continuato a mantenere la sua posizione: dopo Marsalis, che vi ricordo è ora un po' il porta bandiera del Jazz, essendo il direttore artistico del Lincoln Center di NYC, non vi sono altri musicisti jazz che ne possano prendere il posto.
Ora non voglio ripetere qui tutta la diatriba, tutt'ora in corso, ma vi riassumo il mio pensiero: il Main Stream (Hard Bop?) ha detto tutto quello che doveva dire negli anni '60, e continua a dirlo con ottimi musicisti che 'eseguono' i pezzi del genere; il Free era talmente libero, che è fuggito e nessuno sa più dove si trovi; i nostalgici tornano al Dixieland, ascoltando le raffinate esecuzioni di Woody Allen (non ne abbiano a male i cultori del genere: io adoro Armstrong, Bechet e Red Allen; e persino lo stride piano di James P. Johnson o di Fats Waller).
Dovrei qui chiarire una cosa: da ragazzino ascoltavo Ellington, la Fitzgerald, Count Basie, tornando indietro appunto sino al Dixieland ed al Blues; adolescente ho abbracciato istintivamente il Free degli AEOC, Coleman e ovviamente Coltrane, divertendomi ad ascoltare il latino di Barbieri (lo stesso Jelly Roll Morton sosteneva che senza quel po' di Latino non si può fare del buon Jazz!) o il Davis di Kind of Blue, ESP o Seven Steps To Heaven, saltando a piè pari tutto il periodo tra lo Swing ed il Free (non immaginavo quello che stavo perdendo!), riservandomelo per dopo... :???:
Nel frattempo però andavo ai concerti di Mingus, Zawinul, Chet Backer, Dollar Brand, Elvin Jones, etc. quando capitavano a Milano o Bergamo. Soggiogato dal tenore di Hawkins/Young/Coltrane ho iniziato a suonare amatorialmente, ed a quel punto ho scoperto tutta l'epopea del BeBop/Cool/HardBop, tenendomi come riferimenti Mingus e Monk.
Il mio punto è questo: dagli anni '40 ai '60 il Jazz era molto popolare, nei suoi vari idiomi: troverete una discografia infinita, dove alle sessioni di registrazione partecipavano veri maestri dei vari strumenti, che non solo aggiungevano la loro creativit* musicale, ma addirittura rivoluzionavano l'uso tecnico dello strumento adeguandolo al nuovo genere; pensate p.e. al trombone di J.J. Johnson nel Bop, così come Hawkins aveva fatto scoprire il tenore come strumento in grado di esprimere concetti musicali per cui non era mai stato utilizzato prima negli anni '20.
Voglio dire, tutti questi grandi musicisti campavano perchè la loro musica era richiesta dal pubblico (e quindi dalle case discografiche); trovavano produttori che rispettavano e riconoscevano il loro talento, organizzando serate danzanti e concerti; i clubs dove potevi startene tutta una notte ad ascoltare Yardbird (questo me lo son perso: non ero ancora nato!!!) spendendo pochi dollari proliferavano; insomma, il Jazz era VIVO.
Sopratutto questi stessi musicisti, potevano passare dopo una sessione o un concerto, al Bolivar Hotel, oppure al Minton's Bar, e fare una Jam con Monk, confrontare i propri concetti, studiare nuove tecniche, ascoltare la nuova musica. Ora questo non esiste più?
E' vero che essere un musicista Jazz oggi ha dei grandi vantaggi: trovi scuole e metodi completi, anche molto avanzati; le tecnologie ti permettono di ascoltare intere librerie musicali con estrema facilit*. L'informazione è davvero molto più accessibile, e quindi se vuoi ascoltarti i ritmi del Gahana, o studiarti l'Ektara, puoi iniziare a farlo semplicemente.
Quando è venuta l'era del Rock molti musicisti Jazz di grande talento e capacit*, pensarono di svoltare economicamente così: primo tra tutti Miles Davis, che scoprì che i gruppi Rock degli anni '60 erano talmente impreparati, e quindi per lui sarebbe stata una passeggiata predominare musicalmente in quel mercato; altri, come Benny Golson o Lalo Schifrin, andarono a Hollywood a scrivere le musiche dei film e telefilm...
Ora il problema è che non si percepisce tra i giovani musicisti jazz pieni di talento nessun innovatore creativo, ed io temo che il Jazz diventi parte di quel genere musicale 'colto' dove solo i rari compositori si esprimono per un pubblico selezionato, e gli strumentisti diventano abili esecutori, ma nulla di più. Un po' come per la musica Classica.
E' vero che nei secoli della storia della musica vi sono continue fasi in cui pochi grandi Maestri imprimono il loro sigillo: lo stesso è successo per l'ultimo nato tra i grandi generi musicali...
Ahem, scusate la lungaggine della riflessione... Meglio interrompermi qui... Keep on countin' Milestones: one, two, three....

10th March 2008, 04:13
one, two, one two trhee. four.... :saxxxx)))

Ora il problema è che non si percepisce tra i giovani musicisti jazz pieni di talento nessun innovatore creativo, ed io temo che il Jazz diventi parte di quel genere musicale 'colto' dove solo i rari compositori si esprimono per un pubblico selezionato, e gli strumentisti diventano abili esecutori, ma nulla di più. Un po' come per la musica Classica.
Questo sax 'o Phone, è verissimo.
Premetto che ascolto jazz da poco, ma mi prende lo stomaco tantissimo, quindi nella mia ignoranza dico la mia:

Sul problema dell'innovazione c'è poco da discutere, se suoni jazz, è perchè hai qualcosa da dire, un giorno arriver* qualcuno a cui non bastano le note gi* sperimentate per dire quello che vuole, e lo cambier* per suo vantaggio, per riuscire a comunicare quel che deve!, non è vero che tutto è gi* stato fatto, tutto è in continua evoluzione, o involuzione, ma è sempre e costantemente in movimento.
C'è la fusion, ma credo che per evolversi (e parlo a livello di testa, matematico, di sperimentazione) si debba tornare alle origini del blues del bebop del soul.

Mentre per quanto riguarda i giovani, sono pienamente amareggiato di vivere in quest'era, dove per studiare musica devi pagare dei soldi, e ogni percorso è perfettamente studiato per farti arrivare dove altri gi* hanno calpestato l'erba, suoni da dio, ma non fai la tua strada, fai quella degli altri.
Il problema st* appunto in quello che diceva sax o phone, a kansas city avevi il privilegio di sentire jam session lunghe 2 notti, che poi si spostavano in altri locali, e apprendere e apprendere, Jim morrison usciva di nascosto vagando di bettola in bettola per sentire i vecchi bluesman nei locali notturni, bob dylan imparava a suonare l'armonica da un barbone su un treno. è questo il punto secondo me, non c'è piu' modo di apprendere da uomo a uomo, oggi si apprende da uomo a metodo, e si finisce nel limbo.
Vorrei uscire col mio sax e imparare a suonare jazz da un vecchio saxofonista sbronzo che barcolla sulla 52° avenue, o imparare il ritmo la dietro boulevard street dove i barboni si ritrovano a suonare le armoniche battendo i piedi attorno ad un fuoco. perchè cristo! il mojo non te lo insegna un signore dietro ad uno spartito che devi saper leggere, te lo insegna la nebbia la malinconia, l'essere persi nel proprio pensiero vagando di quartiere in quartiere alla ricerca di un wiskey che ti annega i dolori.
Allora si che saresti forgiato alla sperimentazione, al capire un concetto e tradurlo in musica, parker vedeva un cane, e suonava quel cane, suonava gli alberi, suonava il mondo, non suonava le armonizzazioni, credo che il jazz stia prendendo una brutta piega, li esposto dietro ad una vetrina , e non puoi nemmeno sentire la puzza che esce dal sax, quell'odore acre che sa di libert*.
Quando ti presenti ad un jazzista, e lui non ti regala niente, vuole conservare quello che ha conquistato col tempo, e se lo tiene stretto. a ma se si parla di soldi, io ti do tutto ciò che so, dice lui. e tu no grazie, preferisco sentirmi coltrane, suonarci sopra, sembra essere piu' vicino a me.
L'arte è comunicazione, e va tramandata faccia a faccia, nel sudore, nelle strette di mano, nelle risate da "jas" quando senti che il tuo compagno fa una frase che ti emoziona, io ho avuto la fortuna di trovarmi su un eurostar per roma, dove un saxofonista austriaco mi ha insegnato nel vagone ristorante a fare la pantera rosa, non ho mai capito quello che dicesse, ma mi ha dato la cosa piu' bella che può un uomo, mi ha insegnato.

Quando il mondo la pianter* di starsene sulle sue, allora qualcosa succeder*, la rivoluzione prender* piede, e la musica jazz, rock, classica, riprender* ad evolversi. e lo far* nel modo piu' rumoroso mai sentito. o yeaaaaa

ditemi se concordate con quello che dico, amichevolmente e modestamente vostro. franz "crazyfingers" tognola

ropie
11th March 2008, 12:48
sono un pò stupito da questa discussione, soprattutto perchè si parla di una presunta decadenza del jazz -o come lo vogliamo chiamare- e si fanno solo nomi di artisti morti e sepolti, oppure di giuovani virgulti del giezz bibòp casereccio che ben poco hanno da aggiungere a quello che è stato gi* detto. il problema è la solita mancanza di informazione serpeggiante tra l'altro anche nelle scuole di musica, dove il jazz è ridotto ad un real book ad ad un omnibook.

e sì che avete internet sotto le dita, basta andare su lastfm.com per ascoltare cose pazzesche. nessuno di voi ha mai ascoltato steve coleman, tim berne, henry threadgill? giusto per far tre nomi STELLARI. E ce ne sarebbero a pacchi! Senza contare i musicisti italiani al di l* dei soliti cafiso, rava, bollani, dibbbattista che monopolizzano le CENTINAIA di festival jazz che vengono organizzate ogni anno in italia...

tenete aperti gli occhi e le orecchie! lì fuori è PIENO di musica incredibile.

zeprin
11th March 2008, 13:27
Il jazz non e' morto di certo, quello che e' cambiato e' il fatto che oggi e' quasi una musica elitaria e 40 anni fa e + era la musica di tutti giorni.
Ti faccio un esempio, le big band suonavano negli anni 30 /40 la musica moderna e quella era la musica da balla dell'epoca.
negli anni 50 con la comparsa del Rock la musica da intrattenimento non e' piu' stata il jazz ma il rock, e da li c'e' stato un declino di popolarita.
Quello che ha perso e' il fatto che anche se adesso in tutto il mondo e' piu' "semplice" imparare a suonare jazz e anche vero che una persona ha meno possibilita' di suonare e di fare esperienza.
Il jazz non e' morto, diciamo che Elvis gli ha sparato un paio di colpi ma il ferito e' ancora vivo..

MyLadySax
11th March 2008, 16:43
E' una questione complessa.
Il jazz, quello storico di Armstrong, Parker, Coltrane ..., è davvero morto!
Non è solo una questione di note suonate o non suonate: si tratta di fondere la propria vita, le proprie emozioni, i propri pensieri nella ricerca della propria musica, del proprio stile.
Il che oggi è possibile solo fino a un certo punto, perchè si è spezzata, irrimediabilmente, la tradizione orale attraverso la quale Armstrong, Parker, Coltrane e tutti gli altri hanno appreso tutto quanto serviva loro per forgiare ed esprimere, in modo naturale, la propria personalit*.
I manuali non possono sostituire questa tradizione.
Phil Woods, per esempio, ha detto in un'intervista che ha imparato, giovanissimo, un sacco di cose che non si trovano scritte da nessuna parte da gente come Bud Powell e Lester Young!
Nè quella tradizione può essere soppiantata dalle lezioni di un maestro che, a sua volta, ha imparato il jazz al conservatorio, senza veramente e profondamente averlo vissuto.
C'è qualcosa nel jazz di quei grandi che mi auguro tutti amiamo e che il jazz lo hanno di fatto inventato che non si può più recuperare: è perduto per sempre.
E' un qualcosa che potrete ancora sentire da un vecchio come Sonny Rollins, finchè ce la far* a soffiare, e da pochissimi altri ormai.
Dunque, quel jazz è morto, ma non il jazz.
Il grosso del jazz continuer* a vivere come musica da riproporre in maniera filologicamente corretta (Winton Marsalis docet), un po' come la musica classica e nonostante sia musica almeno in parte improvvisata (d'altronde, si potr* sempre riproporre un certo stile di improvvisazione riferito ad una determinata epoca, oppure uno stile mainstream).
Tuttavia, una piccola parte del jazz continuer* pure ad evolversi e, in effetti, sta gi* accadendo; parlo anch'io, come qualcuno ha gi* opportunamente fatto nel forum, di musicisti eccezionali come Tim Berne, Henry Threadgill, Steve Coleman (aggiungerei Butch Morris), ecc. (e chi non conosce la musica di questa gente, corra al più presto ai ripari).
Però, è un'evoluzione - proprio la musica, spesso straordinaria, dei suddetti lo dimostra - possibile solo accogliendo nel jazz elementi ad esso originariamente estranei e certo non facenti parte della sua essenza: è iniziato, da tempo, un processo irreversibile di globalizzazione che riguarda non solo la musica, bensì tutte le arti ed espressioni umane, un processo in cui anche il musicista è soggetto a stimoli numerosi ed eterogenei.
Il jazz è programmato forse meglio di qualsiasi altra musica per vincere la scommessa, perchè è una musica "aperta" a livello genetico.
La scommessa è quella dell'apertura senza smarrire del tutto gli elementi fondamentali del suo linguaggio.
Scusate la lungaggine, ma mi è venuto così di getto, perchè è un argomento che mi sta molto a cuore, come tutta la grande musica.

Sax O' Phone
11th March 2008, 16:56
sono un pò stupito da questa discussione, soprattutto perchè si parla di una presunta decadenza del jazz -o come lo vogliamo chiamare- [,,,]
tenete aperti gli occhi e le orecchie! lì fuori è PIENO di musica incredibile.
Bravo ropie, giustissimo: in effetti anch'io nel forum di Marsalis avevo espresso delle idee simili; ai tempi in cui Bird iniziò la rivoluzione del Bop, pochi lo conoscevano, ed ancor meno lo consideravano rilevante; mi permisi quindi di osservare che forse nelle 'side alleys' ci può essere ancora qualche 'cat' che miagola sconosciuto ai più una musica nuova ed interessante.
Un altro problema, se vuoi, è quello di riuscire a 'star dietro' a tutte le novit* musicali che ci possono essere (tralasciando il mercato): come dici tu, su internet trovi una marea enorme di informazioni, ma quali sono quelle valide? Forse si potrebbe aprire un thread con i consigli relativi ai nuovi musicisti alternativi, sconosciuti al mercato, privi di catalogazione. Magari potresti aprirlo tu scrivendoci qualcuno di quelli che ti sembrano interessanti. :cool:
C'è però anche il discorso più ristretto specifico dell'idioma: poliritmìe africane + strumenti musicali occidentali + blues = Jazz :zizizi)) .

Il jazz non e' morto di certo, quello che e' cambiato e' il fatto che oggi e' quasi una musica elitaria e 40 anni fa e + era la musica di tutti giorni. [...]

Quanto dici è verissimo, ma sopratutto per gli USA: ammettiamolo, in Europa il jazz ha sempre avuto una specie di connotazione snobistica ed elitaria. Di riflesso anche negli USA ha iniziato a diventare una forma culturale ufficializzata: da una parte la cosa è positiva perchè d* una maggiore dignit* all'artista afro-americano, dall'altra c'è il rischio che le radici popolari si inaridiscano.

one, two, one two trhee. four.... :saxxxx)))
[,,,]
Mentre per quanto riguarda i giovani, sono pienamente amareggiato di vivere in quest'era, dove per studiare musica devi pagare dei soldi, e ogni percorso è perfettamente studiato per farti arrivare dove altri gi* hanno calpestato l'erba, suoni da dio, ma non fai la tua strada, fai quella degli altri.
[...]
Quando ti presenti ad un jazzista, e lui non ti regala niente, vuole conservare quello che ha conquistato col tempo, e se lo tiene stretto. a ma se si parla di soldi, io ti do tutto ciò che so, dice lui. e tu no grazie, preferisco sentirmi coltrane, suonarci sopra, sembra essere piu' vicino a me.
[...]
Bhe, mi pare che dici molte cose sensate, anche se forse un po' troppo romantiche ;) . Quando Armstrong iniziò a suonare a Chicago, imparò dal Re della cornetta in persona, King Oliver, suonando con lui: ma nel suo caso non conosco nessuno che ne sia poi stato allievo/pupillo! Un po' per dire che ogni artista ha la sua strada ed il suo carattere... Quanto poi alla libera e rivoluzionaria trasmissione della conoscenza, bhe questo credo sia in parte un mito: quasi tutti hanno avuto dei maestri che insegnavano loro privatamente (ai tempi non esistevano scuole o metodi di jazz), e quando si parla di 'pay the dues' (pagare il dovuto), si intende non certo l'aspetto economico; il fatto è che bisogna ricordarsi che in USA la comunit* nera era ed è molto solidale; quando un ragazzino dimostrava talento e passione per la musica, sicuramente trovava dei veterani pronti a trasmettergli la loro conoscenza, senza per altro dimenticare che i grandi musicisti, gli innovatori, hanno sempre e comunque dovuto combattere (e pagare il dovuto) contro gli standard affermati e magari pure contro i loro stessi maestri, per affermare le loro concezioni innovative.
Per concludere, nel jazz l'apprendimento dei rudimenti, ossia delle frasi con i loro accenti e ritmi, delle melodie e delle progressioni, porta l'allievo a riconoscere i propri idoli; lo studio dei soli realizzati da questi, e la loro esatta riproduzione, porta l'allievo ad un gradino superiore. Nel Jazz è l'IMPROVVISAZIONE la caratteristica fondamentale del linguaggio: devi pagare il dovuto nelle fasi precedenti a questa, ma sinchè non hai trovato il modo di improvvisare senza imitare, e non fai sentire la tua voce caratteristica, non potrai essere comunque accettato dagli altri musicisti come loro pari.

PS: leggo solo dopo la laboriosa stesura del mio messaggio, la bellissima analisi di MyLadySax e non posso che aggiungere AMEN to THAT (bop-piduh-bidhu-pha)!

juggler
4th May 2008, 03:11
Non so se tutto quello che oggi viene prodotto e inserito in quel grande "calderone" chiamato jazz possa dirsi tale o sia qualcos'altro...nè se può essere definito jazz, qualunque "materiale" dove ad un certo punto si improvvisa o si improvvisa...punto! Certo, la confusione è massima...tutte le affermazioni che si possono fare a riguardo sono giuste e sbagliate allo stesso tempo! Per la sua natura sfuggente e accogliente, questa musica si è sempre "barcamenata" fra 2 limiti che per molto tempo sono stati visti e interpretati come inconciliabili: quello di essere una musica d'intrattenimento con caratteristiche "colte" o una musica colta d'intrattenimento...ma neanche ciò mi convince! Di sicuro, ha frantumato e unito ciò che un tempo costituiva la divisione di 2 mondi, 2 tradizioni (modus operandi) distinte e separate: quella "colta occidentale" (scritta), quella orale (ma non meno complessa) comune a tutte le altre tradizioni musicali del ns. Pianeta.

Il rapporto scrittura e oralit* è alquanto complesso: nella tradizione musicale europea ha avuto, nei secoli, diverse "varianti interpretative" ovvero la fedelt* al "testo scritto" non è stata sempre così "rigida" come è oggi accademicamente intesa...nel periodo barocco, ad esempio, compositori come Bach, Vivaldi, Corelli ecc. soprattutto nelle loro composizioni "solistiche" non si aspettavano fedelt* al "testo" ma lasciavano ampio margine ai solisti (che erano anche buoni compositori) di "infiocchettare" o reinterpretare certi passaggi o di creare libere cadenze (a partire dal primo Ottocento, le "libere cadenze" divennero scritte anch'esse...per la "scissione" fra i 2 ruoli che non coincidevano piu'...compositore-interprete).

Nel jazz, tale "metamorfosi" è stata di segno contrario...si è partiti da una "fedelt* testuale" con "infiocchettature" (nei musicisti dell'era Swing, le improvvisazioni erano poco piu' che "varianti tematiche abbellite"...se escludiamo, qualche personalit* eccezionale come Jelly Roll Morton, Coleman Hawkins o Art Tatum) per arrivare ad una sorta di "pretesto musicale" per esibire, sia su materiale preesistente che originale, le proprie abilit* tecniche e musicali. Dalla nascita del bop al free-jazz, gli stili "compositivi" sono dipesi in grande misura dalle abilit* strumentali dei singoli musicisti piu' che da una visione evolutiva delle "possibilit* compositive": il "compongo come improvviso" (e ciò vale tanto per Parker quanto per Coltrane o Ornette Coleman) è prevalso su "improvviso su ciò che compongo" (che ha caratterizzato Ellington, Mingus, Gil Evans, George Russell...musicisti che avevano una piu' ampia visione formale di una composizione).

Monk è, forse, un caso isolato e a sè stante, in una posizione sghemba e intermedia fra le due tendenze descritte...Miles le ha attraversate entrambe...oggi fra queste 2 tendenze mi sembra che prevalga la prima...l'abilit* strumentale unita allo stile di riferimento determina il fluire musicale e quindi una certa "prevedibilit* d'azione" ovvero la noia...e poi, non esiste piu' una "comunit* jazzistica", un "comune sentire" che ha permesso di veder suonare insieme, nel passato, musicisti apparentemente antitetici come Hawkins-Parker o Roach-Braxton! Oggi esistono le..."parrocchie"...una massa di individualisti con degli "orientamenti" o con i loro "altarini"...che fanno continue "genuflessioni" ai "miti" di cui rifanno il "verso"...l'originalit* si è trasformata in fanatismo: per comodit*, pigrizia, furbizia...boh...giudicate voi!

E' probabile che per effetto di un'evoluzione sincretica, si arrivi a non distinguere piu' composizione e improvvisazione o non necessarimente qualcosa identificabile come jazz o altro... ma semplicemente "musiche" che hanno una propria autonomia espressiva e poetica in grado di emozionare e di esprimere le contraddizioni e le speranze della ns. epoca così come hanno fatto i grandi maestri del passato!

pumatheman
4th May 2008, 12:51
a mio modesto parere non ha più senso parlare solo di jazz o solo di rock o solo di punk o solo di funk, ecc...

la musica si fonde si scompone continuamente mischiando gli stili in questo modo si rigenera, ha sempre fatto così e mi s* che sempre lo far*. uno dei modi +efficenti per renderla ancora interessante è mischiarla credo che solo così si può evolvere.

il jazz inteso come solo jazz secondo me è morto, come è morto il rock inteso come solo rock, ecc.

è inutile continuare a suonare nella stessa maniera all'infinito si diventa patetici non si progredisce e ci si diverte poco.

Secondo me la musica è una cosa talmente importante che se non la si suona per sinceramente per ricercare qualcosa di nuovo e arricchirla, non gli si porta rispetto. Per rispettarla bisogna osare.

Chi dice che non c'è + niente da inventare è morto!

ci sono molte nuove scene musicali molto interessanti come quella romana del jazzcore (http://www.jazzcore.org), ma nel mondo di plastica in cui viviamo sono sottostimante, ma per fortuna c'è myspace e la autoproduzione che li rende "visibili"

puffosky
4th May 2008, 13:03
non entro nella discussione,
comunque oggi ho comprato
la rivista musica jazz
con allegato il cd: nuove voci femminili.
io e ill mio sax abbiamo gradito! :saxxxx)))

MyLadySax
5th May 2008, 12:27
Benché, pensando, per esempio, da una parte a Lonely Woman e dall’altra a Skies of America, farei rientrare Ornette Coleman nella categoria dei musicisti che, come Miles Davis, hanno attraversato sia il “compongo come improvviso” che “l’improvviso come compongo”, direi che l’analisi di Juggler sia sostanzialmente condivisibile e apprezzabilmente lucida.
Aggiungerei solo che non mi sentirei di considerare musicisti come Butch Morris, Henry Threadgill o Steve Coleman (e, purtroppo, pochi altri) privi di originalit*, poiché, mi sbaglierò, ma ho l’impressione che qualcosa di nuovo e di importante la stiano portando avanti da tanti anni ormai, sia pure anch’essi indotti dallo stesso coraggio della sperimentazione ad allontanarsi dal jazz genuinamente inteso, pure miscelandovi musiche altre (non mi piace l’espressione “contaminazione”, perché mi sa tanto di malattia!).
Va detto, però, che, come Juggler ha rilevato, anche questi musicisti non comunicano tra loro e tendono a costituire “parrocchie”, il che non favorisce certo la creativit*, stimolata pure dall’interscambio.
Inoltre, non sono più musicisti giovani e non mi pare che all’orizzonte ve ne siano di altrettanto interessanti, ma non escludo che potrebbero essercene in un futuro anche prossimo (o che ci siano gi* ed io non li conosco o non mi sia avveduto della loro esistenza).
Personalmente, sono convinto che, per il resto, il jazz è una forma musicale sclerotizzata da almeno vent’anni nelle sue formule sempre più o meno uguali a se stesse, all’interno delle quali solo qualche solista (tipo Joe Lovano) riesce, senza avere né l’intenzione né la presunzione di innovare alcunché, a ritagliarsi un margine minimo di originalit*.
Insomma, con le eccezioni di cui sopra, il jazz è oggi musica di repertorio non meno dei concerti per pianoforte di Mozart.
Concordo pure con Pumatheman, il quale sostiene che solo “mischiando gli stili”, col che credo intendesse “mischiando le musiche”, è possibile la rigenerazione (direi soprattutto oggi) e che “il jazz inteso come solo jazz” è morto.
Una speranza, infatti, potrebbe venire anche dall’apporto dei musicisti, oggi sempre meno invisibili, del terzo mondo, i quali tendono a fondere il jazz con la propria musica tradizionale.

Sax O' Phone
5th May 2008, 14:14
Forse siamo troppo concentrati sugli aspetti musicali, e ci sfugge l'aspetto sociale e culturale, che forse è fondamentale. Provo a fare un riassunto: negli anni '20 e '30 c'erano i club clandestini dove si beveva alcool e i 'negri' suonavano cose incredibili, scatenando gli istinti animaleschi dell'Africa anche negli uomini civilizzati; successivamente, dopo la legalizzazione di quel mondo, si formano le orchestre da ballo, e centinaia di queste che coinvolgono migliaia di musicisti, coprono l'interezza del territorio, mentre la moda si diffonde anche negli altri continenti. Milioni di persone praticano il Lindy Hop, e insomma ballano come forsennati con lo swing; nel frattempo i musicisti delle big bands che suonano di routine i ballabili, nelle after hours si ritrovano e scaricano la loro frustrazione delle lunghe ore in cui devono rispettare i correnti canoni musicali, inventandosi frasi e costruzioni armoniche, ovvero nuovi dialetti dell'idioma; i musicisti non son più solo intrattenitori, ma artisti a tutti gli effetti: case discografiche fondate da amanti della musica, e ampie schiere di pubblico continuano a sostenere il genere; il rock&roll diventa la forma ballabile e d'intrattenimento, ed il jazz diventa sempre più marginale per il mercato e per il pubblico in generale. Mi chiedo se la crisi del Jazz, o la sua dipartita come viene sostenuto, non dipenda principalmente proprio dallo stato delle cose. Fondamentale è poi la formazione dei musicisti che dovrebbero arricchire il genere con la loro creativit*: forse ha ragione Horace Silver quando sostiene che la maggioranza dei musicisti che escono dalle scuole non hanno un'adeguata preparazione armonica: studiano composizione, arrangiamento e meccanismo, sparano milioni di note, ma non tutte sono giuste, invece di concentrarsi come dovrebbero su quelle piuttoto poche ma buone, come facevano i loro predecessori, che quant'anche avessero suonato milioni di note (Bird) esse avevano tutte una ragione per esservi.
Io sto diventando presbite, qualcuno può aiutarmi a vedere cosa c'è qui vicino?

Lanjazz
5th May 2008, 18:29
Se per "morto" si intende che non lo fanno sentire troppo in giro sono daccordo.... Ma se si intende che non ha più sbocchi, non lo sono più.... Io credo che il jazz non sia una serie di regole, ma una situazione sonora dove esistono spazi vuoti e pieni e il tutto rende questa musica una specie di coperta di lana in inverno... calda, morbida (o anche ruvida), avvolgente, dolce.... indispensabile. Credo che tutto sia trasformabile in jazz ed è proprio questo il bello di questa musica... se la si guarda così, di sbocchi ne ha infiniti... provate ad ascoltare L'Opera v* con Rava e Galliano, Gatto e Pietropaoli e un'orchestra classica.... Solo che queste cose non le fanno ne vedere ne sentire al pubblico che non le conosce.... Il discorso non è chiedersi cosa è morto o cosa è vivo... ma cosa vogliono farci passare per morto e cosa per vivo...

juggler
6th May 2008, 01:51
Mi rivolgo a Sax'O e a Lan...per questioni di spazio-tempo e argomentative... MyLadySax, un po' di pazienza, ti rispondo appena mi è possibile...per approfondimenti alle sollecitazioni interessanti che hai offerto al dibattito.

Sax'O...a volte trattasi solo di pertinenza: Alessio nell'aprire il topic ha dato un "taglio" di tipo musicale sullo stato attuale del jazz... ed è bene seguire l'onda...se ti preme fare un dibattito socio-antropologico sul jazz, nessuno credo ti vieta di farlo aprendo una nuova discussione che vada in quella direzione! Nella "centrifugazione" dell'entusiasmo, hai fatto piu' "note"...di quelle che servivano (uso la tua stessa parafrasi musicale).
Ad un certo punto affermi..."i musicisti non son più solo intrattenitori, ma artisti a tutti gli effetti"...i musicisti sono, per antonomasia, degli artisti intrattenitori: che eseguano musica da ballo, di repertorio o qualcosa di "intellettualmente impegnativo" sempre tali rimangono...i musicisti di ogni epoca, sono "servi"...un tempo del "Principe" che li aveva a corte...nell'era "Moderna", "servi" delle mode, dei gusti del pubblico, delle "bizze" del mercato...soprattutto quando dalla loro attivit* dipende anche la loro sopravvivenza! E' una realt* che non si può cambiare!
Il jazz ha avuto sempre (o quasi) un mercato marginale...tutta la musica prettamente strumentale, in ogni tempo, non ha mai avuto vita facile...perchè richiede maggior concentrazione, sensibilit* e un certo impegno intellettuale...che non tutti sono disposti a "concedere" all'ascolto...il canto è ciò che raggiunge la "massa"...in modo diretto e senza bisogno di particolari competenze, studi o sensibilit*... Poi aggiungi: "forse ha ragione Horace Silver quando sostiene che la maggioranza dei musicisti che escono dalle scuole non hanno un'adeguata preparazione armonica: studiano composizione, arrangiamento..." Se si studia composizione e arrangiamento, bisogna avere necessariamente un'ottima preparazione armonica...perchè ci sono problemi ardui e complessi quali la strumentazione, l'orchestrazione, le possibilit* estetico-espressive di ciascun strumento ecc. Il problema vero è che ci sono in giro molti buoni/ottimi strumentisti con scarse conoscenze storiche e competenze che riguardano la strutturazione formale della musica (l'armonia è solo un aspetto): la musica è un linguaggio a-semantico perchè la forma e il contenuto sono la stessa cosa...un "assolo" pieno di note, senza un briciolo di costruzione formale è come chi parla senza riflettere...Parker aveva trovato un suo "ambito formale" (per la verit*, molto ristretto) e in quello raccontava il suo "universo interiore"...i suoi "emuli" esasperano solo le "acrobazie" di quel linguaggio non le implicazioni che esso contiene...e fino a quando ci saranno in giro giovani che credono di "imparare il jazz" suonando l'omnibook di Parker alla velocit* della luce o imparando interi testi di patterns...non è il jazz che muore...ma è l'"intelligenza musicale creativa" che è finita!

Lan...conosco "L'Opera v*"...ormai è di qualche anno fa...conosco anche l'esegesi...è stata un'idea di Bruno Tommaso nella quale coinvolse dapprima Rava e poi gli altri che hai citato...è stata un'operazione studiata a tavolino...ed ha girato anche parecchio in Europa oltre che in Italia...che dire...è un bel lavoro...ma non è innovativo...è sempre la forma canzone in jazz con una veste sinfonica (derivata questa volta da Puccini & C.)...Non credo che il pubblico non conosce certe "cose"...perchè magari non vanno in televisione (da quello che mi pare di intendere)...il pubblico oggi è un'entit* eterea e trasversale quanto imprevedibile negli orientamenti a causa dell'eccessiva "frammentazione" degli ambiti culturali...se uno ha "fame", cerca il "cibo"...non aspetta la "divina Provvidenza"...a buon intenditor...

Sax O' Phone
6th May 2008, 15:39
Sì, infatti aprivo il mio intervento su un Forse... Per dovere di completezza visto che ho tirato in ballo Horace Silver, e che mi sembra uno spunto molto inerente lo cito traducendovelo:

Let's Get To The Nitty Gritty[/b]']C'è stato un periodo tra il 1980 ed il 1985 in cui era sempre più difficile trovare giovani musicisti jazz per il mio quintetto che fossero dello stesso calibro al quale mi ero abituato. La maggior parte erano ottimi lettori, ma non avevano una sufficiente preparazione armonica. Mancavano di capacit* improvvisative. Non riuscivano ad entrare nella progressione degli accordi. Suonavano troppe note, alcune delle quali sbagliate. Suonavano troppo a lungo senza aver molto da dire. Non erano consistentemente bravi solisti. Non conta la quantit* delle note che suoni, ma piuttosto il loro valore. Se puoi suonare molte note e affermare qualcosa di valido, tanto meglio. Ma un semplice sfoggio di tecnica non significa che tu dica qualcosa. Nella musica dovrebbe esserci spazio. Essa deve respirare, come noi del resto. [...] Il Jazz è fondamentalmente Improvvisazione. Per coloro che desiderano diventare grandi improvvisatori jazz, una buona conoscenza dell'armonia è assolutamente essenziale. Le scuole di musica concentrano gli sforzi sulla lettura, il suonare in sezione, arrangiamento, orchestrazione, e molti altri validi aspetti della musica, ma non pongono sufficiente enfasi sulla necessit* di una buona conoscenza dell'armonia per poter improvvisare al meglio.[...] Con questo non voglio discreditare questi giovani o i loro insegnanti. Vorrei solo portare l'attenzione su questo aspetto nella speranza che qualcosa di positivo possa essere fatto. Da adolescente, i tipi con cui passavo il tempo suonando jazz erano tutti nella progressione degli accordi. Praticavamo improvvisando sui pezzi standard ogni giorno. Potevamo leggere la musica, anche se non è che fossimo grandi lettori. La nostra enfasi era sulla progressione degli accordi e l'improvvisazione. [...]

Lanjazz
6th May 2008, 17:41
Lan...conosco "L'Opera v*"...ormai è di qualche anno fa...conosco anche l'esegesi...è stata un'idea di Bruno Tommaso nella quale coinvolse dapprima Rava e poi gli altri che hai citato...è stata un'operazione studiata a tavolino...ed ha girato anche parecchio in Europa oltre che in Italia...che dire...è un bel lavoro...ma non è innovativo...è sempre la forma canzone in jazz con una veste sinfonica (derivata questa volta da Puccini & C.)...Non credo che il pubblico non conosce certe "cose"...perchè magari non vanno in televisione (da quello che mi pare di intendere)...il pubblico oggi è un'entit* eterea e trasversale quanto imprevedibile negli orientamenti a causa dell'eccessiva "frammentazione" degli ambiti culturali...se uno ha "fame", cerca il "cibo"...non aspetta la "divina Provvidenza"...a buon intenditor...

Tu parli di situazioni per come le vivi tu, per come le vivo io.... ma il 90 % della gente pende dalle labbra di quelli che sono dentro al Grande Fratello (non serve aggiungere altro)..... inutile scrivere tante belle cose, sono daccordo con te su tutto, ma non sul fatto che la gente cerca qualcosa di meglio... la gente si siede sul divano e si lascia avvelenare per poter essere un automa servile.

juggler
7th May 2008, 01:37
Lan...mi viene in mente la frase di Forrest Gump, dal film omonimo: "Stupido è, chi lo stupido fa"...e si attaccasero al tram
tutti i "tele-dipendenti" da "monnezza circolante"...c'è chi pensa e chi è "pensato" direi telecomandato...fottuto e "felice"...la televisione (aggiungerei anche cellulari e computer) è un elettrodomestico quando non serve...si spegne! Non mi appassionano e non credo a tutte quelle false discussioni deprimenti sui modelli televisivi, messaggi negativi ecc. E' sempre un problema culturale ed educativo ma anche di sensibilit* e intelligenza individuale!

Sax'O...non avevo dubbi sulla tua buona fede...mi vien tuttavia da dire che forse Horace Silver in quel mentre...cercava o ha cercato i musicisti che gli servivano nel posto sbagliato...se si ha chiaro quel che si vuole in termini musicali si sa pure dove andare a "pescare"...rimane comunque la questione che se si studia orchestrazione e/o arrangiamento è impossibile non conoscere l'armonia...come fai a distribuire, ad esempio, un block chord fra una tromba, un sax ed un trombone se non sai quale rivolto esalta i colori degli strumenti prescelti e come far procedere melodicamente le "voci" degli stessi? Mi sovviene un pensiero provocatorio...se Silver avesse potuto avere nei suoi gruppi... Eric Dolphy...avrebbe detto che non conosceva l'armonia? Bah...+ di qualcosa non mi convince...l'idea di jazz che propone mi sembra quella tipica per telefilm polizeschi tipo "Starsky e Hutch"...

Hello, MyLadySax...forse potevi spendere qualche parola in piu' per definire meglio il tuo concetto su Ornette Coleman
(sorvolo sul "improvviso come compongo" - "compongo come improvviso"....cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia...piccola svista..."improvviso su ciò che compongo" ha + di una "sfumatura di senso"...)
Ornette è stato indubbiamente un compositore di belle melodie, ora tragiche, ora ironiche, ora comiche (secondo me, alcune... a tratti esilaranti) tuttavia, c'è una "continuit* concettuale" nei suoi procedimenti tanto compositivi quanto improvvisativi ovvero quello di procedere melodicamente quasi come in un "collage di immagini"...come certi pittori informali...soprattutto nei suoi primi lavori: il solo che fa in "Peace" (The shape of jazz to come), ad esempio, è una "vertigine melodica" (fra le piu' belle della storia del jazz) che potrebbe essere splendidamente cantata!
Anche i "bozzetti brevissimi" della Suite "Skies of America" hanno quest'andamento per immagini sovrapposte che hanno piu' di un'analogia con i procedimenti compositivi magmatici e per "accumulazione" usati da Charles Ives: ma rimane sempre questa "continuit*" fra composizione e improvvisazione. Monk è molto piu' discontinuo...Round Midnight...Evidence...Bemsha swing...per chi non sapesse...potrebbero sembrare brani di compositori diversi!
Ho amato e apprezzato Steve Coleman, quando suonava alla fine degli anni '80 nel gruppo di Dave Holland (secondo me, ancora uno fra i "vecchietti" creativi con il suo "free" variamente strutturato e orchestrato) e anche i suoi primi lavori "Motherland Pulse", "Black science" ecc. Ad un certo punto, si è "seduto" su se stesso...autocompiacendosi...e producendo sempre la stessa "minestrina" infarcita di hip-hop, rap, free-funk e varie suggestioni esoteriche...chiss*, forse, il punto è che non si può essere eternamente creativi...e dopo un po' si fa il verso...a se stessi! Di Henry Threadgill apprezzo l'uomo...di grande amabilit*, intelligenza e lucidit*...musicalmente siamo comunque sulla scia della Scuola di Chicago...Butch Morris non mi appassiona...il suo sistema di direzione produce una musica che va verso l'aleatoriet*...i risultati che ottiene sono simili ai procedimenti compositivi del primo Maderna, Nono... Musicisti come Lovano, Liebman... credo abbiano conservato quella caratteristica fondamentale dei grandi di un tempo ovvero la voce strumentale unica e irripetibile: per Liebman, magari, rispetto a Lovano, si può parlare di maggiore "ecclettismo stilistico"...se considero però altri "coltraniani" come Bergonzi o Garzone...mi è difficile distinguerli tanto il "lessico" è simile!

A mio avviso, innovatore e originale è chi fa scaturire la propria ispirazione dalla profondit* dell'irrazionale: le "intuizioni rivoluzionarie" sono state sempre percepite al loro apparire come prive di buon senso e assurde (è accaduto a Parker, Coltrane, Mingus, Dolphy, Coleman):solo dopo molto tempo, vengono accettate da chi prima le avversava!
Artisticamente, la vera saggezza non è in un atteggiamento compiacente e razionale, che porta solo a sterilit* e conformismo, ma in una lungimirante visionaria pazzia!

MyLadySax
7th May 2008, 12:22
Hello, MyLadySax...forse potevi spendere qualche parola in piu' per definire meglio il tuo concetto su Ornette Coleman
(sorvolo sul "improvviso come compongo" - "compongo come improvviso"....cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia...piccola svista..."improvviso su ciò che compongo" ha + di una "sfumatura di senso"...)
Ornette è stato indubbiamente un compositore di belle melodie, ora tragiche, ora ironiche, ora comiche (secondo me, alcune... a tratti esilaranti) tuttavia, c'è una "continuit* concettuale" nei suoi procedimenti tanto compositivi quanto improvvisativi ovvero quello di procedere melodicamente quasi come in un "collage di immagini"...come certi pittori informali...soprattutto nei suoi primi lavori: il solo che fa in "Peace" (The shape of jazz to come), ad esempio, è una "vertigine melodica" (fra le piu' belle della storia del jazz) che potrebbe essere splendidamente cantata!
Anche i "bozzetti brevissimi" della Suite "Skies of America" hanno quest'andamento per immagini sovrapposte che hanno piu' di un'analogia con i procedimenti compositivi magmatici e per "accumulazione" usati da Charles Ives: ma rimane sempre questa "continuit*" fra composizione e improvvisazione. Monk è molto piu' discontinuo...Round Midnight...Evidence...Bemsha swing...per chi non sapesse...potrebbero sembrare brani di compositori diversi!
Ho amato e apprezzato Steve Coleman, quando suonava alla fine degli anni '80 nel gruppo di Dave Holland (secondo me, ancora uno fra i "vecchietti" creativi con il suo "free" variamente strutturato e orchestrato) e anche i suoi primi lavori "Motherland Pulse", "Black science" ecc. Ad un certo punto, si è "seduto" su se stesso...autocompiacendosi...e producendo sempre la stessa "minestrina" infarcita di hip-hop, rap, free-funk e varie suggestioni esoteriche...chiss*, forse, il punto è che non si può essere eternamente creativi...e dopo un po' si fa il verso...a se stessi! Di Henry Threadgill apprezzo l'uomo...di grande amabilit*, intelligenza e lucidit*...musicalmente siamo comunque sulla scia della Scuola di Chicago...Butch Morris non mi appassiona...il suo sistema di direzione produce una musica che va verso l'aleatoriet*...i risultati che ottiene sono simili ai procedimenti compositivi del primo Maderna, Nono... Musicisti come Lovano, Liebman... credo abbiano conservato quella caratteristica fondamentale dei grandi di un tempo ovvero la voce strumentale unica e irripetibile: per Liebman, magari, rispetto a Lovano, si può parlare di maggiore "ecclettismo stilistico"...se considero però altri "coltraniani" come Bergonzi o Garzone...mi è difficile distinguerli tanto il "lessico" è simile!

A mio avviso, innovatore e originale è chi fa scaturire la propria ispirazione dalla profondit* dell'irrazionale: le "intuizioni rivoluzionarie" sono state sempre percepite al loro apparire come prive di buon senso e assurde (è accaduto a Parker, Coltrane, Mingus, Dolphy, Coleman):solo dopo molto tempo, vengono accettate da chi prima le avversava!
Artisticamente, la vera saggezza non è in un atteggiamento compiacente e razionale, che porta solo a sterilit* e conformismo, ma in una lungimirante visionaria pazzia!

Hallo, Juggler.
Sì, penso che tu abbia ragione su Ornette Coleman. C'è continuit* tra il suo comporre e il suo improvvisare, una continuit* che caratterizzava pure la musica, per esempio, di Charles Parker. Pensa che poche settimane fa, ascoltando proprio Skies of America, io ed un mio amico chitarrista constatavamo divertiti come quell'orchestrona rispecchiasse il modo di procedere "per addizione" di Coleman in maniera sostanzialmente non dissimile da una qualsiasi formazione di ridotte dimensioni guidata dal geniale musicista e come le stesse cellule motiviche potrebbero essere altrettanto bene concepite all'interno di un suo assolo.
Per inciso, feci notare al mio amico pure come l'arrangiamento orchestrale ricordi alquanto certe cose di Charles Ives.
Forse, Coleman si distacca un po' da se stesso, per così dire, con composizioni come Forms and Sounds (1967), benché la concezione rimanga anche in tali casi fondamentalmente orizzontale, come la concezione che sorregge le sue improvvisazioni.
Non avevo colto quel che intendevi, ma sono perfettamente d'accordo con te.
Ciò non toglie che Coleman, portando alle estreme conseguenze la propria visione e sperimentando forme più estese, è andato ben oltre la semplice forma canzone e ben oltre il tipico combo jazz (diversamente da Charles Parker).
Quanto a Steve Coleman, che dirti? L'ho visto in concerto l'estate scorsa con una formazione che mi è parsa alquanto scricchiolante, ma i suoi dischi mi piacciono molto, anche gli ultimi (Lucidarium, Invisible Paths), e trovo avvincente (e musicalmente vincente) l'idea di una musica nera globale e il lavoro, straordinario, sul ritmo e sulle radici africane del jazz. Francamente, non ho l'impressione di un autocompiacimento, semmai di un approfondimento di soluzioni gi* presenti nelle proposte giovanili.
Certo che Henry Threadglill è sulla scia della Scuola din Chicago, come Dizzy Gillespie era sulla scia del be-bop, ma ascolta, per esempio, "Up Popped the Two Lips" o "Evr'ybody's Mouth's a Book" (2001): ce n'è di strada dal Trio Air! Solo non capisco perché non faccia più dischi.
Indubbiamente, possiamo parlare di aleatoriet* della musica di Morris, nella misura in cui i musicisti chiamati a seguire le sue conductions partecipano, inevitabilmente, alla creazione dell'opera, ma il presupposto di base delle conductions è quello di estendere l'improvvisazione alla direzione d'orchestra in ambito jazz, per cui non chiamerei in causa Maderna o Nono. Hai mai visto Morris dirigere? E' meraviglioso. Un Nono o un Maderna che dirigono in quel modo sarebbero assolutamente impensabili, farebbero crepare dalle risate! Magari, un Duke Ellington contemporaneo...
Su Lovano, Liebman, Bergonzi e Garzone, credo che tu abbia perfettamente ragione, benché Lovano, proprio per la sua riconoscibilit* di suono e di fraseggio, sia, tra i vivi, il mio sassofonista preferito.

Sax O' Phone
7th May 2008, 13:42
[...]
mi vien tuttavia da dire che forse Horace Silver in quel mentre...cercava o ha cercato i musicisti che gli servivano nel posto sbagliato...se si ha chiaro quel che si vuole in termini musicali si sa pure dove andare a "pescare"
Probabilmente a Malibù, clima a parte, difficlmente trovi qualcosa di veramente hot and cookin'...

...rimane comunque la questione che se si studia orchestrazione e/o arrangiamento è impossibile non conoscere l'armonia...come fai a distribuire, ad esempio, un block chord fra una tromba, un sax ed un trombone se non sai quale rivolto esalta i colori degli strumenti prescelti e come far procedere melodicamente le "voci" degli stessi? Mi sovviene un pensiero provocatorio...se Silver avesse potuto avere nei suoi gruppi... Eric Dolphy...avrebbe detto che non conosceva l'armonia? Bah...+ di qualcosa non mi convince...l'idea di jazz che propone mi sembra quella tipica per telefilm polizeschi tipo "Starsky e Hutch"...

Su questo non sono molto d'accordo con te: nella mia limitata esperienza non credo proprio che la conoscenza armonica per comporre o arrangiare possa assimilarsi all'immediatezza necessaria nell'improvvisazione, e credo che questo fosse il senso del discorso di Silver... e poi paragonarlo ad un compositore di sigle di telefilm poliziotteschi mi sembra un po' troppo riduttivo, sopratutto nel suo caso, e mi fa pensare che quasta volta sei forse tu a sparare troppe note e a spararle troppo grosse, ma essendo anche una questione di gusto, ognuno ha il suo kundal... guarda caso proprio Peace che tu citi e Lonely Woman, altro famoso pezzo visitato da Coleman, non è che venivano, che so, dalla serie Murder She Wrote?

MyLadySax
7th May 2008, 14:48
Attenzione, Sax O'Phone: Lonely Woman di Horace Silver e Lonely Woman di Ornette Coleman sono composizioni differenti.
Comunque, non so cosa intendesse esattamente Horace Silver.
Vero (e ovvio) che saper comporre e orchestrare implica - come scrive Juggler - la conoscenza dell'armonia, per cui sarei indotto a interpretare le parole di Silver nel modo in cui le hai interpretate tu: conoscere l'armonia non significa automaticamente saper mettere in pratica tale conoscenza nell'improvvisazione.
D'altronde, mi chiedo: com'è mai possibile che musicisti bravi a tal punto da arrivare a suonare con Silver sbagliassero addirittura le note nei propri soli?
Per capire il senso, che a mio avviso resta recondito, temo avremmo bisogno dell'aiuto dello stesso Silver (un giurista direbbe: di un'interpretazione autentica)!
Comprendo la provocazione di Juggler, ma ritengo che Silver, che è un pianista e musicista straordinario, non avrebbe mai avuto dubbi su Eric Dolphy, che sapeva sempre perfettamente cosa faceva, anche quando suonava "fuori".

Sax O' Phone
7th May 2008, 15:14
Hai ragione MyLadySax: sia Peace che Lonely Woman condividono solo il titolo. Resta comunque il fatto che Silver ha scritto pezzi memorabili, e che la sua discografia dopo gli anni '70 rimane tutt'ora molto poco ascoltata e valutata, proprio a causa delle sue scelte contro-tendenza, e dal fatto che abbia voluto, proprio per avere maggiore libert* artistica, di auto prodursi con la Silveto, che di fatto non aveva una gran distribuzione, e non era neppure supportata dalle radio jazz: queste preferivano trasmettere solo i pezzi di Silver antecedenti, fatti con la Blue Note e Columbia, degli anni '50 e '60.
Certamente il suo discorso relativo al livello qualitativo della nuova generazione di musicisti potrebbe essere veramente condizionato dal fatto che dopo anni di lotta in trincea Horace abbia deciso di lasciare NYC e di andare a stabilirsi in California; è altrettanto vero che i suoi quintetti sono sempre stati di altissimo livello, difficilmente ripetibili. Bisogna anche considerare che il buon Silver è ora un ottuagenario che ne ha viste e sentite di cotte e di crude, e che comunque, nelle sue parole riguardo alla musica di Coleman, non è his cup of tea, per dire che comunque lui rimane un main-streamer, se proprio vogliamo definirlo...

Lanjazz
7th May 2008, 17:14
Lan...mi viene in mente la frase di Forrest Gump, dal film omonimo: "Stupido è, chi lo stupido fa"...e si attaccasero al tram
tutti i "tele-dipendenti" da "monnezza circolante"...c'è chi pensa e chi è "pensato" direi telecomandato...fottuto e "felice"...

Posso essere daccordo... anzi lo sono in quanto senza tv in casa e solo poco pcdipendente... Però non ho l'abitudine di sottovalutare le persone o di sentirmi più grande di altri... Questo perchè conosco persone VERAMENTE geniali, che, ahimè, seguono il Grande Fratello... Musicisti veramente con le palle, scrittori e pittori.... insomma Artisti con la A maiuscola. Per questo non me la sento di sentirmi superiore a nessuno, ma semplicemente fortunato ad avere i gusti che ho, anche se questo è come sempre soggettivo ed opinabile.

Blue Train
7th May 2008, 21:51
Un piccolo suggerimento per Myladysax ...
visto che gli interventi di Juggler (a pure i tuoi) sono generalmete abbastanza, come dire, articolati ... puoi tranquillamente rispondere senza citare tutto il testo ... risparmiamo un sacco di spazio e tempo!
Grazie ... continuate pure!!

MyLadySax
8th May 2008, 08:23
Lan...mi viene in mente la frase di Forrest Gump, dal film omonimo: "Stupido è, chi lo stupido fa"...e si attaccasero al tram
tutti i "tele-dipendenti" da "monnezza circolante"...c'è chi pensa e chi è "pensato" direi telecomandato...fottuto e "felice"...

Posso essere daccordo... anzi lo sono in quanto senza tv in casa e solo poco pcdipendente... Però non ho l'abitudine di sottovalutare le persone o di sentirmi più grande di altri... Questo perchè conosco persone VERAMENTE geniali, che, ahimè, seguono il Grande Fratello... Musicisti veramente con le palle, scrittori e pittori.... insomma Artisti con la A maiuscola. Per questo non me la sento di sentirmi superiore a nessuno, ma semplicemente fortunato ad avere i gusti che ho, anche se questo è come sempre soggettivo ed opinabile.

Hai ragione, Lan. Ci sono "musicisti veramente con le palle" che seguono Il Grande Fratello; così come - aggiungerei - ci sono, oggi, uomini di grande cultura che si appassionano delle Spice Girls.
Juggler pone l'accento sulla responsabilit* individuale e fa bene, poiché spesso tendiamo a dare una spiegazione esclusivamente sociologica a comportamenti che dipendono prima di tutto da scelte di cui restiamo responsabili, però non me la sentirei di liquidare in poco la forza dei condizionamenti cui si è tutti sottoposti, che è una forza tanto sottile quanto pervasiva quanto prepotente e continuativamente esercitata.

MyLadySax
8th May 2008, 08:25
Ok, Blue Train, userò la citazione, da ora in poi, solo quando lo riterrò indispensabile.

Lanjazz
8th May 2008, 17:15
"la forza dei condizionamenti cui si è tutti sottoposti" mi fa girare le palle più di quanto possiate credere.... Ma quello che volevo dire è che, una volta capito che siamo "diversi" nel pensare o nei gusti, o nell'agire, è bello sentirsi superiori (se si intende "di gusti più fini"), ma ci si rende subito "inferiori" se si guardano con sufficienza dall'alto della nostra saccenza gli altri..... Anche perchè si perde il gusto di discutere, di confrontarsi.... "Io so tutto e tu non capisci un c...o" non è civilt*, anche se fatto solo trapelare tra le righe..... Questo è il mio semplice pensiero.... ;)

juggler
8th May 2008, 19:37
Lan...il "circolo interpretativo" a cui possono essere sottoposte certe affermazioni è molto personale: bisogna essere prudenti nell'attribuire intenzioni che non appartengono all'interlocutore...il punto, forse, che non ho esplicitato si essenzializza in un concetto molto preciso e semplice: l'unico vero "capitale" che abbiamo nella ns. vita è solo il ns. tempo...non certo la transitoriet* di oggetti, soldi, tendenze modaiole o quant'altro...da come impieghiamo e "nutriamo" il ns. tempo dipende la ns. consapevolezza e sviluppo a vari livelli...non c'entra nulla la "superiorit* culturale" :e poi cosa sarebbe? Eventuali titoli o specializzazioni? Preferire qualche attivit* anzichè altro? Conosco molti "imbecilli" con titoli e specializzazioni e molti "saggi" con poca cultura (dico per semplificazione) "accademica" ma grande esperienza di vita...che non si fanno certo prendere o condizionare da certe mode o "patologie collettive"...sensibilit*, intelligenza, capacit* di discernimento, sono solo e semplicemente qualit* individuali! Chiaro...ora?

Lanjazz
8th May 2008, 19:56
Juggler, era chiaro anche prima..... E continui a ridire cose con cui sono daccordo... Solo il tono mi dispiace, è quello che rovina la discussione che potrei\vorrei avere. Mi sembra di parlare col mio prof di filosofia (lo dico col sorriso sulle labbra naturalmente) e io ho smesso di andare a scuola dopo la prima superiore e quindi filosofia non l'ho mai fatta! Non sono uno sciocco e sono abbastanza intelligente da capire e rispondere scremando termini che mi piace leggere sui libri ma non su di un forum... tutto qui. In amicizia..... :smile:

juggler
20th May 2008, 04:18
Riprendo il filo musicale interrotto...cercare, talvolta, verit*, teorie musicali, procedimenti o quant'altro da interviste, aneddoti o leggende piu' o meno congegnate, costruite/decostruite...è come pretendere di conoscere una citt*, un luogo qualunque... avendo una folta collezione di cartoline illustrate...e non saper nulla dei colori, dei rumori, odori o quant'altro caratterizzano quel posto! Non esiste un'armonia per l'improvvisazione ed una per la composizione...esistono delle funzioni che valgono in entrambi i casi... gli "approcci" possono essere multeplici come le modalit* per raggiungere una certa abilit* tecnico-linguistica...riguardo a Horace Silver, rimango della mia idea (molto di pancia)...non mi piace, nè lo ritengo un innovatore (a parte un certo gusto "funkeggiante"), nè credo sia stato sottovalutato, anzi...fra i pianisti, Herbie Nichols, credo che sia poco conosciuto e sottostimato (anche fra i musicisti) ed aveva una "fibra" e uno spessore musicale di ben altra levatura!

Riguardo alle considerazioni di MyLadySax...di Steve Coleman mi piace molto il "carattere" (non aveva neanche 30 anni o poco piu' e...mandò a quel paese...Manfred Eicher, "boss" dell'ECM...il quale voleva "direzionarlo" musicalmente verso "altri lidi") e la simpatia (l'ho conosciuto in un seminario breve che tenne a Parigi)...il suo stile poliritmico-atonale di tipo circolare
è affascinante...ma come tutti i "sistemi"...pur conservando un certo fascino...è diventato, nel tempo, sterile e ampolloso, persino prevedibile nelle soluzioni ed evoluzioni del discorso musicale...chiss* perchè poi ha "rotto" qualunque tipo di collaborazione con altri musicisti...forse, ha ragione la sua ex-moglie, Geri Allen, che musicalmente lo considera un "dittatore ossessivo"...so che non molto tempo fa, ha registrato un disco per solo sax, che vorrei ascoltare, ma ho difficolt* nel reperirlo... magari fra non molto lo metter* in rete come ha fatto con gran parte dei suoi lavori...che Treadgill non faccia piu' dischi è + che comprensibile...su Youtube, in merito, c'è un'intervista rilasciata durante la sua partecipazione al Festival di Pomigliano d'Arco... Butch Morris è a suo modo un "guru", ma anche le sue "free conductions" mi convincono fino ad un certo punto...l'analogia che trovavo soprattutto con Maderna ("Sinfonia per un satellite": è uno dei suoi brani aleatori piu' conosciuti e divertenti...l'ho suonato con un ensemble qualche anno fa...la partitura sembra un quadro di Mirò!) riguarda il risultato sonoriale, non l'approccio...ovvero oramai un certo tipo di "composizione accademica" (soprattutto quella che ancora fa uso di sistemi seriali-strutturalisti) ed un certo modo di "improvvisare" (pur con approcci e modalit* diverse) giungono allo stesso tipo di risultati "musicali": la scuola di Chicago ha ridotto il margine di differenziazione dei 2 ambiti (produzione colta scritta e improvvisazione post-free) caratterizzandosi come una "new academy" che ha ribaltato, rivoluzionato e in un certo senso annullato un certo tipo di "jazzit*" (aggiungerei anche spiritualit*), così come storicamente si era evoluta...
Il tarlo che logora le produzioni musicali attuali, sia che si tratti di "revival-ismi" o proto-avanguardia, è l'auto-referenzialit*...e poi, a mio avviso, c'è noia e prevedibilit* tanto nelle "collanine di note ben confezionate" dei "new boppers" o post-coltraniani quanto nelle "sonorit* indifferenziate" delle "post-avanguardie"...

Infine, per sollecitare una nuova "direzione" alla discussione, vorrei che ogni utente del Forum (naturalmente, chi ne ha voglia) citasse quei musicisti attualmente attivi che considera, per varie ragioni, sopravvalutati o sottovalutati...

MyLadySax
20th May 2008, 08:15
Devo essere sincero, Juggler, non concordo, soprattutto su Butch Morris: non mi pare che il risultato sia proprio lo stesso! Siamo, però, d'accordo su tutto il resto e pure sull'autoreferenzialit* (= mancanza di intercomunicazione).
Al tempo l'ardua sentenza!
Grazie di avermi segnalato l'intervista a Threadgill.

puffosky
20th May 2008, 18:47
per me il jazz è morto con miles davis. è lui che ha indicato le "strade nuove", la contaminazione con altri generi,
il rock, la fusion ecc.
sono d'accordo con chi dice che il jazz, come la musica classica, si può eseguire in modo filologico.
non mi diverte molto la cosa però. in questo somiglia al blues, che rivive anche nelle musiche da film, nelle canzoni,
nei bluesmen che danno il loro stile a una musica ormai "del passato".

posso dire la mia sul "futuro presente" del jazz? ben vengano le scuole, come quella di Siena, che insegnano la tecnica e
i maestri. poi, un sassofonista che esce da Siena e da un buon maestro, non si dedichi solo al jazz. ascolti di tutto, dalla classica al folk.
il sassofono non è legato mani e piedi al jazz!
solo, il jazz ha portato il sax ai massimi risultati. ma qualche volta, oso dire, ne ha fatto un fenomeno da baraccone.
suonare anche in piano bar, musica leggera, classica, jazz, ed esplorare la fusion, la world music, non credo sia male, e
apre le idee e la mente.
viva il jazz, comunque sia!
ma viva il sax, e viva la musica!
:saxxxx)))

juggler
20th May 2008, 21:51
E' giusto che le opinioni/valutazioni siano divergenti (nell'arte non esistono verit* proclamate o da proclamare, ma solo "visioni" piu' o meno condivisibili)...tuttavia,MyLadySax, non parlavo di "identit*" (Butch Morris/produzione colta post-seriale o con tendenze aleatorie) ma di forti "analogie linguistiche"...pur nella differenza "metodologica"...ma insomma, trattasi di "piccole sfumature"...di analogie che ciascuno di noi crea in base alle proprie "conoscenze" e "frequentazioni musicali"...

MyLadySax
21st May 2008, 08:51
Certo, Juggler, concordo.
D'altronde, anche se su qualche tema ci siamo un po' dilungati, mi pare che, in definitiva, le nostre vedute, pur non esattamente coincidenti (il che è normale), non è che siano poi tanto distanti, anzi...

26th May 2008, 14:38
A mio parere il jazz non è affatto morto,non in senso assoluto , lo è invece in senso relativo.
In sostanza, chi si aspetta qualcosa di nuovo dal post-bop ,potr* al massimo trovare una voce non troppo derivativa e qualche fraseggio interessante e pensare di conseguenza che non ci sar* più un Coltrane un Cannonball un Davis etc..
Chi è più aperto e più curioso scoprir* invece che nascono continuamente artisti con idee nuove , che sia jazz o no lo dir* il tempo, ma sicuramente ne è la matrice....ah mi riferisco ad esempio ai giovani artisti Norvegesi , molti dei quali sono pubblicati su Rune Grammofon (Arve Henriksen, Supersilent, Moha...)
Anche ECM , sebbene sia più cristallizzata nella sua estetica , pubblica continuamente musica "nuova"....così su due piedi , Jon Balke , Nik Bartsch , Trigve Seim..
Stesso discorso per Tzadik...ed altre che magari mi sfuggono.

MyLadySax
26th May 2008, 17:37
Gabriele, neanch'io penso che il jazz sia morto, ma occorre che ci intendiamo.
Ci sono musicisti che si sforzano di dire qualcosa di nuovo e a volte ci riescono pure.
Alcuni, anche tra i norvegesi che hai citato, sono bravissimi e hanno tutta la mia ammirazione.
Però, proprio ieri ascoltavo una delle jam session che Norman Granz ha organizzato negli anni '50: ci sono, tra le altre stelle, Lester Young e Phlip Phillips.
Tutti sanno che suonavano entrambi il sax tenore, ma, se li senti suonare, uno dopo l'altro, è come se suonassero ciascuno uno strumento diverso: avevano ciascuno il proprio suono e il proprio modo personale di approcciare l'improvvisazione, benché all'interno di un determinato linguaggio.
Questa gente non aveva imparato a suonare al conservatorio e non aveva avuto un maestro, o pochi maestri, ma centinaia di maestri, quasi tutti inconsapevoli: tutti i musicisti, bravi e meno bravi, che hanno incontrato lungo il loro cammino.
Era una tradizione in grandissima parte orale, per cui si imparava gli uni dagli altri, i giovani dai più anziani, tradizione che si è interrotta, per tante ragioni, a mio avviso gi* nei primi anni '70.
La grande stagione non del jazz, ma di quel jazz, che la maggior parte di noi abbiamo vissuto e viviamo solo grazie ai dischi dei grandi, da Joe "King" Oliver ad Albert Ayler, non c'è più da tanto, tanto tempo.
Sonny Rollins è uno degli ormai pochissimi superstiti, per questo tengo molto al suo concerto del 13 luglio a Perugia: mi sta gi* bene poterlo rivedere e mi ritengo fortunatissimo!
Oggi, un numero gi* sostanzioso e addirittura crescente di musicisti suonano jazz, ma quella stagione è finita e non possono far altro che esprimersi in un linguaggio sostanzialmente imitativo.
Sulle ceneri di quella musica straordinaria ci sono, però, musicisti che portano avanti le cose, ma non possiamo più pretendere da loro che facciano jazz nel senso più classico del termine: devono adeguarsi ai tempi, cercare nuovi ritmi, un nuovo sound, ed è giusto così.
Non ci sar* più un novello Coltrane, perché non è più possibile muoversi in maniera creativa all'interno di un solco che è stato percorso fino alla fine: ma è possibile far tesoro del passato per creare qualcosa di nuovo, che non sar* e non è jazz come poteva ancora intenderlo Coltrane, ma non potrebbe esistere se non fosse esistito il jazz di Coltrane e di tutti gli altri che continueremo ad amare.

26th May 2008, 18:02
Hai sicuramente ragione MyLadySax , il nodo della questione è senza dubbio il contesto culturale e temporale.
Non ci potr* più essere quel jazz , e secondo me è pure giusto così , ma ci saranno altri jazz , che come per ogni movimento culturale attingeranno dai precenti e si arricchiranno dei contesti dai quali nascono..la scuola ti da le basi , gli strumenti , la vita ti da le idee.
Altri esempi che mi vengono in mente possono essere Garbarek , Surman o anche un nostro Trovesi,che non suonano affatto come Pres o Bird o Johnny Hodges ma ricadono in un contesto musicale simile detto appunto jazz.
In breve, la potenza del jazz è ,a mio parere, la capacit* di allargare i propri orizzonti con il passare del tempo.

MyLadySax
27th May 2008, 07:18
E magari dobbiamo pure abituarci all'idea che la musica a mio avviso gi* nata dalle ceneri di un jazz che non c'è più non sia proprio jazz, ma, attraverso commistioni ed una visione globale della musica, un tempo impensabile, qualcosa d'altro che, però, senza quel jazz non avrebbe potuto essere concepito.

20th June 2008, 20:09
Sono decenni che si dice che il jazz è morto..
Io non credo sia morto niente del jazz.. Se non il sistema che ne regola la sua divulgazione..
Soltanto in Italia ci sono decine di ragazzi veramente giovani e talentuosi, che oltre a conoscere la tradizione si spingono anche a dire cose nuove.. Io ho avuto la fortuna di conoscerne alcuni, in italia c'è talento a quintali.

Il problema è che non si trovano gli spazi giusti, la situazione è sempre in mano ai soliti 10-15 personaggi, tutti tirano l'acqua al loro mulino e si f* si che musicisti mediocri riempiano i teatri, vadano in tv a dire che "la musica è la loro strega capricciosa" quando chi è al terzo anno di pianoforte in conservatorio mette le mani su un piano in modo migliore.
(riferimenti a fatti/persone realmente accaduti sono puramente casuali.. ;) )

Nel frattempo i pianisti che hanno talento si fanno 100km in macchina per prendere 50 euro e suonare in buchi squallidi.
Ma d'altronde è sempre il solito discorso; la cosa che manca, soprattutto nel nostro paese, è meritocrazia.

Ovviamente questo riguarda il mio parere personale, rispetto le idee di tutti non vorrei essere frainteso su questo.E' un discorso interessante.
Un saluto.

ropie
23rd June 2008, 03:04
giovanniallevi E' UNA CAGATA PAZZESCA.

con tutto il rispetto dovuto alla Corazzata Potemkin.