PDA

Visualizza Versione Completa : Parliamo di Free Jazz



Danyart
11th December 2009, 14:22
mentre ascolto alcune cose a dir poco impressionanti di David Murray con formazioni varie, mi viene di aprire un argomento sul filone del jazz più bistrattato. Allora, prima di dire qualcosa di mio al riguardo, volevo un pò "sentire" i pareri e le esperienze altrui riguardo al free, magari iniziando dall'elencare i grandi sassofonisti rappresentanti del free, lascio qui soltanto qualche nome, da Ornette Coleman ad Albert Ayler, Archie Shepp, Pharoah Sanders, David Murray, Anthony Braxton, il primo Barbieri...continuate e magari lasciate qualche parere/preferenze al riguardo, poi interverrò di mio..
:saxxxx))) :saxxxx)))

Ctrl_alt_canc
11th December 2009, 16:12
Miles Davis,nella sua autobiografia,parla di Ornette e Albert (Ayler) come degli inetti totali,che non sapevano suonare (è salito sul palco con loro,ma è anche sceso perchè non sapevano proprio cosa stavano facendo mentre suonavano i vari pezzi...e i bianchi,pur di non sembrare inferiori ai neri (a livello intellettivo),ADORAVANO questa musica perchè ritenuta nuova e di ricerca),e la cui musica era priva di una linea armonica e melodica. LEtteralmente note a caso.



A me viene in mente,come musicista free,anche l'ultimo Wayne Shorter....solo che è totalmente diverso dagli esempi citati sopra,mantiene una logicit* nella costruzione delle frasi e dei soli che è paurosa. Ultimamente,non ricordo dove,avevo sentito che si presentava sul palco,con i suoi musicisti,senza saper minimamente cosa avrebbe suonato,per costruirlo pian piano via via che si suonava.

ropie
11th December 2009, 17:21
davis è uno che ha detto tutto ed il contrario di tutto.

se ornette suona note a caso io sono claudia schiffer nuda in groppa ad un tricheco. prova ad ascoltare un pò meglio.

fcoltrane
11th December 2009, 17:34
è vero che Miles non avesse una grande opinione di O Coleman (soprattutto criticava la scelta del sassofonista di cimentarsi con strumenti che non conosceva.
(tromba ecc..).
personalmente ritengo che artisti del calibro di Coleman o gli altri citati da Danyart vadano ascoltati con attenzione .
a volte l'ascolto non sar* immediato come in Lonely Woman ..... :bravo: :amore:: ma
comunque.....
ciao fra

giosuei
11th December 2009, 17:49
Mi è difficile ascoltare il free jazz su disco.
Secondo me il free è legato alla performance e ha senso solo come "evento".
O come si diceva quando ero giovane: come "happening". Solo che ci vuole qualcosa che deve accadere. E una cosa che accade va organizzata anche se è free.
Mi spiego con un esempio:

Ricordo ogni secondo della performance del gruppo di Cecil Taylor a Bergamo 10 anni fa; con un violoncellista tedesco e un sassofonista svedese, un batterista e un bassista.
E' stato davvero un "evento" ben organizzato da artisti professionisti molto seri.
Io sono passato in 20 minuti dall'indignazione più totale (me ne stavo andando perchè pensavo fosse una presa per i fondelli...non conoscevo bene Cecil Taylor allora :oops: :oops: ) all'entusiasmo più totale...anche se all'inizio del numero occorre usare freddamente la testa e alla fine rimanere solo col cuore ...............
In pratica il meccanismo era il seguente: uno partiva in un senso musicale, un altro si muoveva subito dopo in un senso divergente; come due che litigano senza ascoltarsi: conta più il tono che il discorso.
Poi gli altri due "andavano a prenderli" e li riconducevano sommessamente (con dei meccanismi aromici (?) che non sono in grado di capire) verso un centro musicale che all'inizio è assolutamente non prevedibile (o almeno non lo era per me).
A un certo punto il centro si disvela, con genuina sorpresa di chi li ha seguiti e subito, immediatamente dopo aver svelato il centro condiviso, uno del quartetto rompeva tutto con dissonanze forti e rapide come martellate.
Di solito era Cecil al piano o il tizio al violoncello.
Mentre uno rompe con ira il "centro" gli altri vi insistono per renderlo molto ben riconoscibile ( e"bello") e per dare il senso di cosa si stava perdendo .......forte :bravo:

Ctrl_alt_canc
11th December 2009, 20:26
ropie,non ho detto di essere d'accordo con Miles,riportavo la sua opinione. inoltre ritengo che parlasse del primo periodo,quando era in erba (certo che,partire proprio subito col free,francamente mi fa un po ridere. Apprezzo decisamente chi negli schemi ci entra (Coltrane esempio a caso) e poi li rompe in maniera egregia: Interstellar space dice niente?),poi probabilente ne ha riconosciuta la maturit* artistica


Sono estremamente d'accordo anche sul fatto che il free debba essere una live performance,e non un disco. Anche per "rispetto" del perchè è nata questa corrente.

Olatunji
11th December 2009, 22:35
Ho cominciato recentemente la mia tesi di laurea magistrale, e sar* proprio su Albert Ayler.
Da quello che ho scritto finora (cosa che probabilmente sar* valida anche per quello che scriverò successivamente) non mi è neanche venuto in mente di parlare di "free jazz". Ho ascoltato attentamente tanti dischi di John Coltrane, Albert Ayler, Pharoah Sanders, Don Cherry, Ornette Coleman, David Murray, Sun Ra (ma anche i dischi più spinti di Sonny Rollins, Charles Mingus, Rahsaan Roland Kirk) e altri, e per ognuno di questi è individuabile un progetto artistico riconoscibile, preciso, ordinato. Non ho mai avuto la sensazione di ascoltare qualcosa di raffazzonato, o che un disco non fosse altro che una registrazione audio di una "performance".

Ci sono dei pregiudizi enormi nei confronti della new thing, nonostante siano passati più di quarant'anni, e questo anche nella cerchia dei musicisti che pure dovrebbe essere quella più lungimirante.

Ctrl_alt_canc
11th December 2009, 22:54
Direi che un personaggio eminente (e decisamente non chiuso e poco lungimirante :lol: ) come Miles Davis,la dica lunga circa come vedeva,e venivano visti da molti altri musicisti questi figuri free.

giosuei
11th December 2009, 22:56
e per ognuno di questi è individuabile un progetto artistico riconoscibile, preciso, ordinato. Non ho mai avuto la sensazione di ascoltare qualcosa di raffazzonato, o che un disco non fosse altro che una registrazione audio di una "performance".

Ci sono dei pregiudizi enormi nei confronti della new thing, nonostante siano passati più di quarant'anni, e questo anche nella cerchia dei musicisti che pure dovrebbe essere quella più lungimirante.

Grazie Olatunji: ho capito che mi sono epresso male. Quello che considero Free Jazz lo ascolto da sempre (e ho perso i vinili che mio fratello portava a casa 40 anni fa :muro(((( ) e lo ascolto ancora. Solo che non riesco a reggerli per più di 12 minuti. Da solo. E solo di sera.
Non intendevo dire che sono fatti a caso, volevo dire che per me sono di difficile ascolto senza una situazione che li metta in contesto.
Siccome con i dischi devi crearti tu il contesto a me risulta faticoso farlo col Free :BHO:
Ma io sono anziano ::saggio::

Olatunji
11th December 2009, 23:11
Direi che un personaggio eminente (e decisamente non chiuso e poco lungimirante :lol: ) come Miles Davis,la dica lunga circa come vedeva,e venivano visti da molti altri musicisti questi figuri free.Quando uno è Miles Davis può dire veramente qualsiasi cosa gli passi per la mente, purtroppo di musicisti che ritengono valida l'equazione "non mi interessa/non lo capisco/non mi piace = MERDA" ce n'è anche troppi, e purtroppo nessuno di loro è Miles Davis :lol:

Siccome con i dischi devi crearti tu il contesto a me risulta faticoso farlo col Free :BHO:
Sicuramente è più impegnativa rispetto ad altre musiche, ma questo non è necessariamente un male :saputello
In ogni caso c'è disco e disco, per un creativo credo che sia quasi un dovere il mettersi continuamente in discusione, e quindi creare dischi più sperimentali, anarchici, ma con grande potere di proiezione sul futuro, per poi passare a periodi di organizzazione, di sistemazione, in cui approfondire le scoperte fatte, creando insomma opere più "finite" che procurano una soddisfazione immediata, anche se non hanno il potere illuminante delle altre. Karma di Pharoah Sanders, Live in Greenwich Village di Albert Ayler, Selflessness di John Coltrane ecc

zulusax
12th December 2009, 00:21
Io mi sono avvicinato al jazz, arrivando dalla musica pop-rock, proprio partendo dal free-jazz e poi da lì sono tornato indietro ed ho scoperto la tradizione, senza la quale, non ci sarebbe stato il free-jazz.
Ascoltando Archie Shepp, che faceva spesso il verso a Ben Webster, sono arrivato a Ben Webster, Coleman Hawkins, Lester Young e via dicendo.
Il bello del jazz st* proprio nella variet* di questa musica.
Bisogna anche dire che il free, nasceva in un periodo politico ben preciso, c'era dietro a questo movimento musicale, anche un movimento politico di protesta, il musicista di colore, non accetteva più il ruolo di intrettenitore e non voleva far divertire o ballare il pubblico bianco, ma farlo pensare.
Non è una musica di facile ascolto, io è tantissimo che non l'ascolto, ma è meno caotica di quanto possa sembrare, se ascoltata attentamente, i manifesti del free, si possano considerare il disco di Ornette Coleman, dal titolo appunto "Free Jazz", due quartetti suonano contemporaneamente uno su ogni canale stereo e l'altro di John Coltrane "Ascension", anche questo con una formazione estesa, che un critico musicale, non ricordo più chi, definì una musica capace da sola, di riscaldare un appartamento freddo.

12th December 2009, 21:56
Lo ripeto anche qua. BISOGNA ANDARE AVANTI!!!
e l'ignoranza è una brutta bestia da ammazzare...

pumatheman
12th December 2009, 22:01
il free, è la naturale evoluzione del jazz. Il free non è intrattenimento, è pura espressione che se ne sbatte degli estetismi, preferisce andare al sodo e non vuole arruffianarsi con nessun ascoltatore. Secondo me è una delle forme d'arte più umili e sincere.

Ctrl_alt_canc
13th December 2009, 13:15
Secondo me è una delle forme d'arte più umili e sincere.


mi piace :bravo:

Danyart
13th December 2009, 15:58
stavo scrivendo un messaggio e s'è cancellato tutto, maledetto PC! comunque, dicevo che sono felice di aver "causato" una bella discussione al riguardo..
Da parte mia, premetto che ascolto Jazz da almeno 10 anni, e ho iniziato a farlo ascoltando cd di vari periodi e correnti, come Ben Webster, Rollins, Coleman Hawkins, Gordon, Getz, Coltrane, Sanders, Marsalis ecc...senza preoccuparmi delle enormi differenze di stile..Certo, è ovvio, alcune cose mi parvero più belle e ascoltabili di altre ma, stranamente, rimasi subito entusiasta del Coltrane modale, quello di Impressions, A love supreme, Blue train versioni concerti ecc...quindi il fatto che potessi interessarmi al free fu praticamente consequenziale..
per quanto posso dire di mio, per quel poco che conosco del cosiddetto Free Jazz, è certo che è una musica ovviamente difficile all'ascolto, l'assenza quasi sistematica di melodia e tempo definito non permette certo di canticchiarsi il brano mentre ci si veste o si cucinano le seadas ma, molto spesso, questa storia del difficile mi sembra una scusa per non ascoltarlo e bollarlo come semplice e totale Casino.. è pur vero che, indubbiamente, ci sono una marea di cose che definire artistiche è ingiusto nei confronti di chi invece propone dell'arte vera e propria, genuina, partendo da condizioni comuni..mi spiego meglio: il fatto che la musica "libera" presupponga l'eliminazione di ritmo definito, armonia e spesso melodia, sembra che permetta, anzi presupponga l'assoluto caos senza senso, sparare note spesso superincazzate in cerca di un bersaglio indefinibile, picchiarsi un musicista contro l'altro, quasi come quando nelle bande di paese il trombettista cerca di suonare più forte dell'altro e viceversa...ma il discorso è ancora più difficile perchè, per come la penso io, anche fare queste cose non significa per forza che si ottenga un Casino brutto e inutile...è quindi difficilissimo trovare delle coordinate per classificare come artistico un progetto piuttosto che un altro, almeno a parole, ma ascoltando le varie cose proposte, mi sembra di trovare quasi sempre questa distinzione tra arte e effettivo caos insensato, che chiunque può suonare...così, ascoltando Ascension, Meditation e gli altri album della fine della carriera di Trane mi sembra di trovare dei momenti assolutamente straordinari, dove la mancanza di un ritmo definito e di un'armonia riconoscibile non mi crea nessun problema, anzi mi da ulteriore interesse all'ascolto..tra l'altro, a mio parere, si tratta anche di progetti veri e propri, in un certo senso matematici, come lo era A love supreme...ha quindi trane interiorizzato la libert* armonico-ritmica per ottenere quel qualcosa che la schematizzazione degli elementi una volta imprescindibili non gli avrebbe permesso..altri seguono altre strade e puntano più sul phatos (così si dice?) che cercano di creare nell'interagire con gli altri, penso a Sanders e Murray, altri ancora recuperano elementi del passato per creare una felicit* caotica e festiva piena anche di malinconia rabbiosa (penso ad Albert Ayler)...il discorso potrebbe continuare per sempre, rimane che anche Shorter (come letto sopra) ha appreso qualcosa dal Free, utilizzando a sua maniera questa libert*, che si potrebbe arrivare ad estendere alla Libert* dalla musica stessa, un paradosso che potrebbe sembrare assurdo (ed essendo un paradosso tale è!) ma che dovrebbe aiutarci a cercare sempre di andare avanti, imparando e conoscendo ciò che gi* è stato fatto...

puffosky
13th December 2009, 16:51
mi permetto solo di dire: teniamo conto anche dei tempi
in cui siamo adesso...

credo che viviamo in un tessuto sociale e culturale che
non favorisce le avanguardie, premia non la genialit*.
l'originalit*, ma il conformismo, il "seguire le regole".

almeno a me così sembra, e non mi sembra il contesto più adatto
per suonare, e forse anche per ascoltare, il free jazz.

Ornette Coleman, comunque per me è
tuttora un piacere assoluto ascoltarlo.
:saxxxx)))

Olatunji
13th December 2009, 16:54
L'avanguardia ha sempre composto per un pubblico non facente parte del suo presente :lol:

pumatheman
13th December 2009, 16:57
mi permetto solo di dire: teniamo conto anche dei tempi
in cui siamo adesso...

credo che viviamo in un tessuto sociale e culturale che
non favorisce le avanguardie, premia non la genialit*.
l'originalit*, ma il conformismo, il "seguire le regole".


Io invece credo sia proprio questo uno dei migliori motivi che invogliano a suonarlo ed ascoltarlo.

juggler
14th December 2009, 01:43
"La libert* in musica implica la libert* di sentire,
la libert* di sentire implica la libert* di pensare,
la libert* di pensare implica la libert* di agire." Jean Le Rond D'Alembert "Réflexion sur la musique"

Free-jazz è una parola, a ben vedere, leggermente imbarazzante, un po' ingombrante, foriera di un immaginario libertario ed anarcoide, a cui si è soliti attribuire tutto e anche il suo contrario: l'aggettivo "libero" messo davanti a ciò che di per sè rimane indefinibile genera inevitabilmente un po' di confusione... non è gi* di per sè "libero", ciò che non può essere definito con inequivocabile certezza?
Se usiamo/coniamo parole che identifichino un determinato contesto o situazione particolare, in realt* non spieghiamo nulla,
ma ci sforziamo di "isolare" un "atto dissimile", una "perturbazione" che cambia scenari/consuetudini/percezioni/azioni considerate fino a quel momento immutabili, eventualmente, per comprenderne le implicazioni, le istanze manifestate, proclamate e oggettivate.
Innanzitutto, a mio avviso, si fa troppo spesso, un errore di "attribuzione" ovvero sotto la parola "free-jazz" vengono inseriti anche i musicisti d'Avanguardia della cosidetta "Scuola di Chicago" (AACM) e successivi epigoni: gli esponenti storici del free-jazz (Coltrane, Coleman, Mingus, Shepp, Sun Ra, Taylor, per citare solo i piu' rappresentativi) concludono la parabola evolutiva del jazz avvenuta sul territorio statunitense e mantengono un rapporto vivo, dialetticamente aperto con la comunit* afro-americana, impegnata fra la fine degli anni '50 e per tutti gli anni '60, nella lotta per la rivendicazione dei diritti civili; gli esponenti successivi dell'Avanguardia, troveranno la loro affermazione e consacrazione artistica in Europa: l'America multi-colore non era interessata alle loro proposte musicali e la stessa comunit* afro-americana guardava ad altre "proposte musicali" come maggiormente rappresentative della propria identit* e cultura.

A quale concetto di libert*, si ispirano gli esponenti del free-jazz?
La ventata di libert* del "free jazz" è pari, a mio avviso, alla comparsa della ghigliottina durante la Rivoluzione Francese: la ghigliottina, prima di diventare quella terribile arma di "sterminio di massa" del Terrore post-rivoluzionario, è stata, innanzitutto, uno strumento di giustizia egualitaria: tutti venivano giustiziati allo stesso modo e ciò era all'epoca estremamente rivoluzionario (in precedenza, le teste dei nobili venivano passate a fil di spada; il popolo finiva impiccato e gli eretici bruciati).
In senso musicale, il musicista free opera un "taglio" con le consuetudini performative e strutturali che caratterizzavano l'azione musicale e indica la possibilit* di seguire percorsi che si emancipano definitivamente dalle "buone regole" di derivazione europea: abbandonare l'armonia come fattore strutturante del discorso musicale e promuovere l'improvvisazione collettiva implica una nuova consapevolezza musicale e visione sociale; "Pithecanthropus Erectus" (1956) di Mingus è forse il primo esempio di forma aperta, non piu' circoscritta da sezioni di lunghezza prestabilita e simmetrica, ma si sviluppa in modo inquieto e instabile, piena di sorprese ritmiche, armonie irrisolte, accellerazioni/rallentamenti e finali improvvisi: l'intensit* e la non prevedibilit* degli scambi rendono difficile un primo ascolto in quanto il tutto può apparire caotico e casuale; ma tale "caos" pressupone l'abilit* di sapersi accordare intuitivamente con gli altri nel corso della performance e se un tema esiste non ha piu' una "posizione privilegiata"...nel free, la "nota giusta" è quella che suona convincente al musicista nel momento in cui la produce e non ha piu' nessuna relazione armonica con un giro d'accordi prestabilito;
in senso metaforico, ciò ha delle innegabili implicazioni sociali: la musica diventa lo spazio in cui diventa possibile una nuova visione sociale, di rapporti sociali negati all'esterno (secondo l'ottica afro-americana del tempo e forse non solo...), facendosi vettore di una de-banalizzazione della vita; ricreare un ambito identitario in quanto nella realt* sociale ciò è impraticabile.

Quale eredit* o lezione offre il free-jazz, oggi?
Risponderei con l'incipit di D'Alembert ovvero qualunque "riproposizione" del free in chiave neo-accademica è "revival-reproduction" al pari del neo-bop, modern mainstream o quel che vi pare...
Ciò che è "recuperabile" è, a mio avviso, la libert* di saper fare delle scelte ed avere una visione della vita: solo ciò offre alla lunga, la possibilit* e il diritto di essere riconosciuti come capaci di proporre qualcosa di distintivo e personale (non ci sono piu' i margini per essere davvero originali) ed essere considerati "titolari" della propria libert* espressiva.

Olatunji
14th December 2009, 02:59
Se hai scritto di getto sarei quasi tentato di farti fare la mia tesi, la leggerei con piacere

giosuei
14th December 2009, 05:02
mi permetto solo di dire: teniamo conto anche dei tempi
in cui siamo adesso...

credo che viviamo in un tessuto sociale e culturale che
non favorisce le avanguardie, premia non la genialit*.
l'originalit*, ma il conformismo, il "seguire le regole".

almeno a me così sembra, e non mi sembra il contesto più adatto
per suonare, e forse anche per ascoltare, il free jazz.

Ornette Coleman, comunque per me è
tuttora un piacere assoluto ascoltarlo.
:saxxxx)))

Puffosky, come sempre, hai ragione te :smile:
Quando la ragione dorme le avanguardie finiscono o in galera o a farsi le seghe in cantina................

juggler
14th December 2009, 07:09
Olatunji, scrivo sempre di getto...e non scriverei mai la tua tesi!
Ti faccio, tuttavia, i miei migliori auguri per un buon lavoro...e se vorrai farmela leggere, sar* gesto gradito!

Olatunji
14th December 2009, 11:44
Sono alle ventesima pagina ed è tutto contesto, non sono manco arrivato alla registrazione delle primissime cose :lol: è che mi mancano le metafore spontanee, sono sempre un pò freddo e analitico :oops:

Finora sto presentando la musica di Albert Ayler come la naturale conseguenza del jazz afroamericano, cercando per ogni argomento di non fermarmi alle apparenze esteriori ma cercando di capire la motivazione profonda. Per dire, il Rhythm & Blues è una parte fondamentale del linguaggio ayleriano: da una parte lo stile di honkers e shouters (le due facce della stessa medaglia essendo il blues da sempre una musica vocale),dall'altra il perché di questo stile, ovvero una reazione contro la levigatezza e l'ufficialit* che si erano insinuate nella musica strumentale nera dai tempi dello swing, cercando di rendere il proprio suono meno “musicale”, o meglio meno “occidentale” possibile, oltre ad essere una musica volgare ma "emotivamente sana", una musica concepita per la massa proletaria nera. Poi dell'importanza di Charlie Parker, delle cui innovazioni Albert Ayler fu un profondo conoscitore, parlando del suo modo di deformare la durata del giro, portando la propria frase verso regioni diverse mentre le regole armoniche avrebbero voluto una cadenza sulla tonica, come del diretto ascendente delle frasi che Ayler avrebbe successivamente sviluppato. Inoltre ritengo che il bebop e il Rhythm & Blues ebbero origine dalle medesime istanze di rottura rispetto agli schemi culturali dominanti, pur con approdi differenti. Illuminante da questo punto di vista è il paragone di Amiri Baraka tra il suono del sax di Paul Desmond e quello, appunto, di Charlie Parker “Il concetto occidentale di voce musicalmente educata è estraneo alla musica africana e afroamericana. Così un sax contralto come Paul Desmond, che è un bianco, ha un suono quasi classico, mentre il più grande sax contralto nero, Charlie Parker, dallo stesso strumento ricavava un suono che è stato definito da alcuni come rauco e incolto. Il fatto è che Parker voleva ottenere entrambe queste sonorit*. Parker, inoltre, voleva letteralmente imitare la voce umana con le sue grida, i suoi improvvisi toni bassi, le sue asprezze e i suoi toni strisciati, mentre Desmond insiste sempre nel suonare uno strumento, cioé un artefatto separato da lui. Parker non ammetteva l'esistenza di una qualche separazione tra sé e l'agente scelto, in quanto strumento di autoespressione”.

E poi di Sidney Bechet, di Ornette Coleman, dei canti spirituals... Non ne esco più :lol:

pumatheman
14th December 2009, 11:47
a farsi le seghe in cantina................

:yeah!)

docmax
14th December 2009, 13:18
... oppure ogniuno di noi ha un lato "oscuro" che coltiva di nascosto. I motivi sono molti: chi lo fa per sfogo, chi per trovare una creativit* libera (svincolata da partiture) nell'interplay, chi per gusto. Questa musica ha un lato scuro, forte a volte violento: di questi tempi c'è una violenza una aggressivit* tale che se fosse convogliata in questo "buco nero" non farebbe proprio del male a nessuno (forse solo ai timpani).
Io inizio da poco ad entrare in questi ambiti: lo faccio in punta di piedi, di nascosto (non verrebbe più nessuno a curarsi da me se mi ascoltassero mentre eseguo questi brani) e quindi lo faccio spesso nel chiuso del mio cesso musicale... per ora mi garba così.
Spero di non diventare "vecchio" da fermarmi nello scoprire quel che c'è da scoprire nel capo musicale e/o nel non riuscire ad entrarci dentro (almeno per conoscere meglio).

masto
14th December 2009, 16:43
Spero di non diventare "vecchio" da fermarmi nello scoprire quel che c'è da scoprire nel campo musicale e/o nel non riuscire ad entrarci dentro
...ti ricordo la regola 58 di Schumann ;)

personalmente non amo troppo le regole, anche se credo che per superarle, andare oltre, sia necessario conoscerle;
il termine stesso di libert* è troppo spesso abusato, perchè ci si scorda che la regola fondamentale per essere liberi è quella del rispetto della libert* altrui: ricordando questo, diventa lecito esprimersi anche con scarse capacit* tecniche, se ne sentiamo la necessit*, mentre è inutile raggiungere i massimi livelli tecnici se non abbiamo niente da esprimere; è indubbio che chi riesce a mettere insieme le due cose riesce a dare a se stesso e agli altri delle intense emozioni.
Man mano che si apprendono le regole, bisogna cercare di superarle, usarle per le nostre esigenze, ma si può essere espressivi anche partendo da poche semplici regole, piuttosto che diventare dei mostri di tecnica incapaci di esprimere sentimenti; per me questo è il free jazz.

4th January 2010, 15:54
il free, è la naturale evoluzione del jazz. Il free non è intrattenimento, è pura espressione che se ne sbatte degli estetismi, preferisce andare al sodo e non vuole arruffianarsi con nessun ascoltatore. Secondo me è una delle forme d'arte più umili e sincere.

E' questo il punto...purtroppo ci sono miriadi di musicisti jazz che, per fare serate, fanno free anche se magari preferirebbero fare altro. E salta fuori un free che è davvero imbarazzante...di pessima qualit* spesso. Ho sentito confessioni di musicisti che ora sono sulla cresta dell'onda (non faccio nomi per non gettare fango su nessuno) che hanno detto di suonare free perchè ora è trendy e si fanno serate e visibilit*, ma che preferirebbero tanto suonare altro.
A me non piace il free praticamente mai, perchè non riesco ad ascoltarlo...una volta ho visto greg burk che faceva un misto di avanguardia, free e fusion e anche quando faceva proprio free non mi è del tutto dispiaciuto.

Secondo me il free fosse visto come interplay portato alle estreme conseguenze sarebbe ok. Ma devi essere non un maestro dell'interplay, molto di più. Inoltre chi ha detto che il free debba essere dissonante? aveva senso quando era una forma di protesta sociale, ma ora? E' semplicemente che il free melodico lo possono fare solo i mostri sacri. Poi se si vuole si può utilizzare la dissonanza, come si usa nel jazz di altro tipo...come il gusto suggerisce...non come suggerisce una regola perchè altrimenti non è più free...è questo: la stragrande maggioranza di chi fa free, la musica che non segue regole (tra virgolette), segue delle regole del free...ma allora che senso ha?
Tra l'altro ci si è bloccati da 40 anni sul free perchè non si riesce a guardare oltre...una volta rotte tutte le regole cosa facciamo?? basta il progresso possibile è finito, il jazz è morto...non è affatto così, ma la gente che dice così ammazza il jazz...
questa la mia umile opinione
(tra l'altro è un peccato che chi, come me, in generale non apprezza quasi nessun tipo di free non entri in questa discussione...diventerebbe molto più interessante e stimolante)

Sax O' Phone
4th January 2010, 16:20
Osservazioni tutte molto interessanti!
Condivido quello che scrive masto: forse bisognerebbe anche riflettere sulle origini del Free, che per altro sono condivisibili anche a tutti gli altri cambiamenti di stile e linguaggio del Jass; bisognerebbe ricordarsi che quando i musicisti Neri iniziarono a suonare questo genere di musica esso era gi* una forma di rivoluzione musicale mascherata in una forma d'intrattenimento: esprimevano in modo singolare la propria indipendenza culturale, introducendo tra l'altro ritmi Africani che non appartenevano alle forme della musica Europea e Bianca.
Una volta accettato dal pubblico e da tanti altri musicisti, ogni stile del jazz venne come cristallizato, perdendo quella sua iniziale dinamica carica espressiva che lo aveva definito: i musicisti si sentirono costretti a continuare nell'emulazione e nella mascheratura della sua forma, adottando differenti stratagemmi compositivi e dell'improvvisazione. Immagino quale noia ed aridit* potesse essere generata dopo anni ed anni di 'Body And Soul' eseguita in tutte le sue possibili varianti essendo costretti nella sua forma armonica, tanto per citare uno degli Standards e senza nulla togliere alla storica versione di Hawk.
Da qui la necessit* creativa di esplorare nuove forme; sono quindi d'accordo pienamente che una tale necessit* ed impulso verso forme sconosciute sia essenziale nel Jazz che deve rimanere un'Arte improvvisativa, possano maturare solo in chi ha una completa padronanza di questa Musica.
Sarebbe come se qualcuno si mettese a scrivere Poesia senza conoscere alcuna forma di tale Arte: certo l'Animo Poetico può essere una Grazia oppure un Dono naturale, ma anche così credo sia necessario coltivarlo, alimentandolo nella conoscenza di ciò che altri Poeti hanno scritto prima di te.

ropie
4th January 2010, 22:30
il free, è la naturale evoluzione del jazz. Il free non è intrattenimento, è pura espressione che se ne sbatte degli estetismi, preferisce andare al sodo e non vuole arruffianarsi con nessun ascoltatore. Secondo me è una delle forme d'arte più umili e sincere.

E' questo il punto...purtroppo ci sono miriadi di musicisti jazz che, per fare serate, fanno free anche se magari preferirebbero fare altro. E salta fuori un free che è davvero imbarazzante...di pessima qualit* spesso. Ho sentito confessioni di musicisti che ora sono sulla cresta dell'onda (non faccio nomi per non gettare fango su nessuno) che hanno detto di suonare free perchè ora è trendy e si fanno serate e visibilit*, ma che preferirebbero tanto suonare altro.


questa è bellina davvero! il free è trendy? SI FANNO SERATE E VISIBILITA'?
fosse vero, pagherei l'affitto a cuor più leggero.
con tutto il rispetto possibile eh, ma PER FAVORE.

KoKo
4th January 2010, 22:46
ropie dal tono del discorso che hai quotato temo che per free si intenda tutto quello che è al di fuori del mainstream (cioè dopo l'hard bop)...anche perchè, sinceramente, di musicisti italiani che fanno free e sono sulla cresta dell'onda me ne vengono in mente pochini...
forse petrella e bearzatti per certi versi.

4th January 2010, 23:24
Scusami ropie, non volevo creare nessuno scontento. Ho usato una parola poco appropriata...o forse due...
la prima è trendy...ho usato questa parola perchè è stata quella utilizzata da un musicista in particolare (continuo a non fare nomi per rispetto). E' ovvio che non si intende che i ragazzi alle scuole si attaccano l'ipod col free e invece di andare in discoteca vanno alla casa del jazz. Però è anche vero che ho visto gente che sbuffava e che non ne poteva più di alcuni concerti free e qualcuno anche sembrava dormisse (come fai a dormire col free...se ti piace non ti scolli, se non ti piace è casino per te e da troppo fastidio per dormire)...ebbene a fine concerto gli chiedevano opinioni e rispondevano "un genio dell'epoca moderna!" oppure si sbilanciavano in giudizi tecnici anche se si capiva lontano un miglio che non ci capivano un tubo di musica. Una volta una signora impellicciata ha detto "il modo in cui il sassofonista alternava linee melodiche a tratti ad accordi è stato stupefacente." Probabilmente la signora non sa che l'accordo è un insieme di più suoni e che il sax può produrre una sola nota per volta. E così altri...gente di mezza et* che va ai concerti free perchè sembra colta...caspita...questi capiscono questa musica...devono essere proprio colti...e in realt* non ci capiscono niente e si stufano...
questo intendevo per trendy...che amarezza
l'altra parola impropria era free...ho usato free in termine ampio come ha capito koko...

tieni conto che in alcuni locali se non fai free ti fanno suonare...dunque il free, se mi concedi l'ennesimo termine improprio, è di moda...non si fanno soldi, fai la fame...nessuno capisce una forma d'arte di altissimo livello e ci si sente frustrati e tutto quello che vuoi....

rileggendo il messaggio mi accorgo che ho scritto tutto in maniera un po' confusionaria :sad: ...spero che comunque il succo sia deducibile

poi questo è quello che penso io, quello che mi è stato detto e quello che ho visto...io ho due occhi e non bastano per vedere e sentire la realt*...è probabile che sia diversa, non lo escludo

docmax
5th January 2010, 00:11
Chi fa della musica free la sua fonte di sostentamento oggi è un coraggioso (ragionando da musicista appassionato di jazz) e non credo che abbia vita molto facile.
Io vedo molti ragazzi e giovani consumare (spendendoci tanto su) la musica pop, la musica di massa; quei soggetti se li porti ad ascoltare il free non so quanto resisterebbero (un ascolto guidato forse gioverebbe a rendere più abbordabile il genere musicale). Quindi questa la storia attuale, succede per il free quello che succede per le malattie rare: nessun fondo per la ricerca, sviluppo pari a zero... Una volta c'era il Mecenate, oggi?

Ctrl_alt_canc
5th January 2010, 00:16
diciamo che sarebbe più intelligente partire da un ascolto cosiddetto facile (se si può parlare di ascolto facile?),per chi viene dal pop non credi? Partire subito col free oltre a traumatizzare,farebbe ben poco capire la storia della lingua che è il jazz.

Personalmente credo sarebbe fantastico presentare la discografia di Trane. :zizizi)) (non per CHI è,ma per ciò che ha suonato e affrontato,per quanto eterogeneo è stato,nel poco che ha vissuto. Anche Miles ci metterei..)

docmax
5th January 2010, 00:20
No per carit*, dal pop al free era un esempio... durante un viaggetto in auto ho fatto sorbettare A love supreme ad una comitiva di digiuni di jazz, spiegando per bene, mentre la musica andava, tutto il disco brano per brano, settore per settore. Risultato? Incantati.
Però solo Coltrane è Coltrane.

Ctrl_alt_canc
5th January 2010, 00:32
letto quello stupendo libro che è "A Love Supreme" di Ashley Khan? Fa sempre il suo effetto,incanta ma...pochi lo comp...lo scaricano per ascoltarlo :mha!(

docmax
5th January 2010, 00:47
Ho letto Blue trane di Porter... mi ha affascinato!

5th January 2010, 12:06
Esatto doc era proprio quello che intendevo...perchè ho detto trendy ecc..., ma non fonte di sostentamento...infatti è terribilmente difficile riuscire a sopravvivere gi* solo col jazz meno difficile da ascoltare...figuriamoci col free...tanto di cappello a coraggiosi del genere

Olatunji
5th January 2010, 16:02
Secondo me manca completamente nell'ascoltatore medio contemporaneo una qualsiasi educazione all'ascolto non solo del jazz, ma in generale.
Il cosiddetto pop non è che sia "più facile", magari è "meno fastidioso": chi lavora in quel settore via via toglie fantasia ritmica, fantasia armonica, fantasia melodica, qualsiasi cosa che possa risvegliare l'ascoltatore dall'ipnosi. I pezzi sembrano tutti uguali perché sono tutti uguali, sono cose fatte per vendere su larga scala che lasciano il tempo che trovano, fatte da professionisti del settore. Dietro i cosiddetti "artisti" spesso c'è un lavoro veramente fino che va rispettato (per quello che è: lavoro). Per cui difficilmente potrò bollare come "schifezza" qualcosa che, nella peggiore delle ipotesi, mi è totalmente indifferente come il pop.

Ma alla stragrande maggioranza degli ascoltatori qualsiasi musica cui manca "un appoggio sicuro" risulta noiosa o brutta. "Ma non canta nessuno?" "Bello eh, ma non lo capisco" "Guarda, sta roba è una rottura di palle" sono tutti commenti che, ora come ora, non andrebbero bene solo per il cosiddetto free jazz, ma anche per "All the things you are" fatta da Charlie Parker. Sempre di più si acuisce la distinzione tra persone "musicali" o meno: si tratta della possibilit* di godere della musica nella sua integrit*. Non bisogna credere che sia scontato riuscire a seguire nella mente la griglia di accordi di un brano per seguire le improvvisazioni e godere della fantasia melodica. "Body and Soul" di diciassette minuti suonata da Dexter Gordon: io mi commuovo quando la ascolto, perché ho la sensazione che lui sia un angelo, non un essere umano.
Il free jazz non è che una naturale evoluzione di questa musica splendida: se un musicista ha il pieno controllo del proprio strumento, è un creativo, e soprattutto è un artista che non vuole esprimersi in schemi armonici vecchi di 70 anni (o di più), in un ritmo definito, in un approccio convenzionale al proprio strumento, perché dovrebbe farlo? Il problema è che all'ascoltatore di oggi farebbe paura pure "Tenderly" suonata da Lester Young. La cosa veramente grave è che molti "musicisti" dicano che una musica in cui vengono a mancare i convenzionali appigli sia merda.

Però per quanto riguarda me, vale la regola del buon vecchio Schumann "Aver l'applauso degli artisti deve avere per te più importanza dell'applauso del gran pubblico". Chi fa lo strano forzatamente perché è "trendy", chi riprende scoperte gi* fatte spacciandole per proprie, chi esprime i sentimenti di qualcun'altro, che segni volete che lasci nella musica?

Sax O' Phone
5th January 2010, 19:03
Mah! Il problema è che anche gli altri artisti spesso possono non condividere la scelta musicale di un innovatore, e non solo nel Free: a Lester Young chiedevano di suonare come Coleman Hawkins; a Charlie Parker dicevano che suonava un po' qui ed un po' l*; Ornette Coleman lo reputavano un lavapiatti... etc,etc.
Come in tutti i settori artistici/creativi se sei un innovatore è dura: non esistono più i Mecenati del Rinascimento, o le colte Corti Europee che sponsorizzavano i geni. Vige la legge del mercato dettata dai molti che capiscono poco.

juggler
6th January 2010, 03:05
A mio avviso, usiamo categorie e forme di pensiero che non si distinguono, nè si differenziano granchè dalla massa de-celebrata e poco incline alla riflessione quanto all'ascolto...in quanto usiamo una visione sequenziale dell'evoluzione piu' che osservare la globalit*/diversit* degli eventi, personaggi ecc. e saperne trarne delle letture/implicazioni che possono ancor oggi trovare una legittimazione o proiezione contemporanea.

Per me, è free tutta la musica...è free Scarlatti come Beethoven, Gesualdo da Venosa come Mozart, Pergolesi come Strawinsky o Shostakovic, come quella boscimana o balinese...non è free, tutta quella musica che diventa stereotipo, formula vuota e declassata che si ripete all'infinito...e che sia jazz o non jazz, free o quasi free o definita in altro modo, ha poca importanza.
Individuare il free come "libero casino" al limite delle possibilit* uditive o "rumori casuali" al di l* di ogni plausibile giustificazione, mi sembra piu' simile ad un'estetica cacofonica buona per certi falsi intellettuali del tipo "meno si capisce, piu' ha valore..."

Free jazz è stata un'etichetta come tante...e purtroppo qualunque cosa venga etichettata produce dopo un po' omologazione e conformismo, sia in chi la produce sia in chi ne parla, fruisce ecc.
La "rivoluzione" del free jazz è stata soprattutto culturale: guardare alle altre culture, ad altri modi di pensare...e liberarsi delle "irrigimentate buone maniere" occidentali, con le quali noi europei abbiamo tormentato il mondo intero...per troppo tempo, si è creduto che l'armonia fosse la forma piu' alta di conoscenza musicale (e piu' di qualcuno ancora lo crede): è come dire che tutto il resto del mondo, fa una "musica di merda" perchè non esiste il concetto di armonia che abbiamo sviluppato in Occidente! Chiusura percettiva, arroganza, ignoranza e presunzione allo stato puro...
Il free jazz ha liberato le forme musicali, ha indicato direzioni alternative in cui trovare allo stesso modo variet* e coerenza espressiva e non solo una "drammaturgia fonica" fine a se stessa, a cui (e solo a quella) troppo spesso si fa riferimento.
La legittimit* dell'aggressivit* sonoriale degli esponenti storici del free possedeva qualit* derisorie, giocose, ironiche, iconoclastiche in senso vitalistico e affermativo che via via sono andate scemando: i successivi epigoni di "ogni dove" hanno trasfigurato quella "rabbia giocosa" in forme aleatorie e intellettualistiche, aride e fors'anche inutili, se paragonate ad altre sperimentazioni formali-musicali che avvenivano sia in America che in Europa, come nel resto del mondo...

Era "trendy" negli anni '70 suonare free...oggi, trovo che quei pochi "puri e duri" del free abbiano lo stesso conformismo e "presunzione ideologica" di chi suona "modern mainstream" ovvero entrambi rinchiusi in un recinto, dove "proclamano" di trovare la propria libert* espressiva...ma libert* e "adattamento percettivo" non mi sembrano possano andare d'accordo!

Per essere creativi e quindi essere liberi, a mio avviso, bisogna possedere disciplina, capacit* di sintesi e un'intelligenza allenata a non ripetere quanto è gi* stato fatto, ma essere in grado di porsi domande inusuali e non previste dal contesto mercantile-culturale in cui ci troviamo per sollecitare risposte inesplorate e ribaltando certi problemi rispetto a come vengono ordinariamente posti e/o a come erano stati originariamente formulati.
L'intelligenza creativa non è in contrasto con l'intelligenza disciplinata: senza disciplina, non si perviene alla creativit*, ma si resta allo stato infantile e regressivo della spontaneit*; ed è da questo tipo di "intelligenze creative", oggi come ieri, verranno fuori prodotti/creazioni di valore universale...e che poi saranno definiti "free"...quasi jazz...non jazz...ha poca rilevanza!

Sax O' Phone
6th January 2010, 15:42
...
Per me, è free tutta la musica...è free Scarlatti come Beethoven, Gesualdo da Venosa come Mozart, Pergolesi come Strawinsky o Shostakovic, come quella boscimana o balinese...non è free, tutta quella musica che diventa stereotipo, formula vuota e declassata che si ripete all'infinito...e che sia jazz o non jazz, free o quasi free o definita in altro modo, ha poca importanza.
...
Amen! juggler e Buona Epifania!

Danyart
6th January 2010, 20:43
Free jazz è stata un'etichetta come tante...e purtroppo qualunque cosa venga etichettata produce dopo un po' omologazione e conformismo, sia in chi la produce sia in chi ne parla, fruisce ecc.

perfetto :saxxxx))) :saxxxx)))

bluevix
7th January 2010, 16:08
Una volta chiesero a duke ellington cosa ne pensasse dell'avanguardia e del free jazz e lui rispose che conosceva bene il genere visto che nella sua orchestra suonava un sassofonista di nome PAUL GONSALVES!!!!

Questo per dire che il jazz è stato troppe volte etichettato come questo e quell'altro genere...

A me la risposta di DUKE ha fatto riflettere molto sul modo di FARE musica!!!