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Visualizza Versione Completa : Che ne pensate delle scale?...



mario
13th July 2009, 11:01
Sono andato a rivedermi l'argomento "scale" molto ben fatto e chiaro, dal momento che è molto importante farle quotidianamente con i relativi arpeggi ,a partire da subito mi metto di buona lena (prometto).
Mi piacerebbe sapere come si comportano i saxofonisti del forum. :BHO:

13th July 2009, 17:14
personalmente le reputo molto importanti, tanto da affrontarle quotidianamente e con molta regolaritÃ*..ad esempio ora mi sono cimentato su esercizi con scale minori armoniche e bachiane applicato sul volume 1 aebersold..

Mad Mat
13th July 2009, 19:08
La domanda mi pare quanto meno superflua.

Scale ed arpeggi sono la base minima ed indispensabile per qualsiasi sassofonista.

Se qualche aspirante sassofonaio non ne è consapevole è meglio che che si dedichi al calcetto, al volano, all'ippica o ad una bella collezione di francobolli.

Ciò detto bisogna piuttosto evidenziare che quando si è in grado di suonare in tutte le tonalitÃ*, partendo da ogni grado, tutte le scale maggiori, minore armoniche e minore melodiche, nonchè tutti i rivolti delle triadi maggiori, minori, diminuite ed aumentate (traslitterazione dall'inglese, in italiano forse è più corretto chiamarle eccedenti :BHO: ) e loro estensioni, si è solo a metÃ* dell'opera: infatti così facendo si usano soltanto gli intervalli di seconda, di terza e di quarta.

In realtÃ* le scale offrono una tavolozza molto più ampia di intervalli ......... but that's another story!!!!

salsax
13th July 2009, 19:23
quoto in pieno mad ;)

Scale ed arpeggi sono la base minima ed indispensabile per qualsiasi sassofonista.
è quello che dice il mio maestro ad ogni lezione ripetendo " tecnica!! tecnica!! " :D

Il Fumatore di Sax
13th July 2009, 19:36
Tecnica sì, ma anche consapevolezza di quello che si sta eseguendo!
E' importante eseguendo scale, arpeggi ecc. pensare ad ogni nota che si fa da ogni punto di vista possibile, cioè grado della scala di riferimento, risoluzioni naturali della nota (ad andare e a venire), combinazioni di accordi possibili sulla scala di riferimento, ecc. Però per certe cose servono anche alcune nozioni di armonia...
Così facendo, diventa moolto più faticoso anche il più semplice degli esercizi, e la velocitÃ* di esecuzione relativa, perchè se si suona velocemente ma non si riesce a star dietro alle dita con la mente, è solo mera tecnica e basta, che porta a diventare buoni se non ottimi esecutori, ma nient'altro.

docmax
13th July 2009, 23:37
Io non ho il tempo di prepararmi suonando le scale... non conosco l'armonia... sono un buon lettore ma non vado più in lÃ* di questo. Non ho le basi minime ed indispensabili per essere un saxofonista.
In genere il lavoro mi lascia solo 15-30 minuti al giorno (non ho locali insonorizzati) e in genere non bastano per vuotarmi la testa dai casi che ho avuto e dai dolori della gente che ho visitato: dovrei ritirarmi evitando di suonare con le basi che ho!
E vero, e io lo so bene e lo ammetto, che senza scale è come suonare senza avere tecnica che in questo modo non si va da nessuna parte... ma sono così appasionato che vado avanti lo stesso. Spero che la passione e la predisposizione, misericordiose protettrici dei saxofonai sfigati come me, possano coprire le carenze.
Questa sera per es. ho potuto suonare dalle 21 alle 22 in terrazzo con l'EWI preparandomi i brani che faremo nei concerti prossimi (Impressioni di settembre, Starless and bible black, Afterglow; ci ho messo anche Beirut e In the sentimental mood come fatti dagli Steps Ahead)... anche stasera non ho fatto le scale.
... lo so, sono un pessimo suonatore, un pessimo saxofonista.

Aktis_Sax
13th July 2009, 23:42
... lo so, sono un pessimo suonatore, un pessimo saxofonista.

Mah, non credo proprio. ognuno vive la musica come può e secondo le proprie esigenze... se tu senti che così va bene, allora è ottimo... non devi giustificarti con nessuno...

docmax
13th July 2009, 23:51
Non è una giustificazione ma un'ammissione!
Forse con il passare del tempo avrò più possibilitÃ* di dare un'organizzazione allo studio musicale ma, speriamo di avere ancora i denti :lol: (che ovviamente curo con dicreta attenzione).
Giovani, che di tempo ne avete, prendete le basi da un buon maestro (e lasciate crescere il vostro "cuore" musicale).

14th July 2009, 00:17
Beh... purtroppo te le trovi sempre davanti, le scale, quindi tanto vale impararle a memoria. Non tutte, naturalmente. Se uno riesce ad acquisire maggiori, minori naturali melodiche e armoniche, esatonali, diminuite, blues, pentatoniche, ha giÃ* il 90% del materiale che gli serve per comporre e improvvisare.

Il vero problema comincia dopo averle imparate, quando si tratta di applicarle praticamente alla ricerca di un proprio modulo espressivo. Stando così le cose, mi pare che sia inutile mandarle a memoria tutte assieme. Meglio, per esempio, che uno si prenda uno "standard" che gli piace. Successivamente lo scompone per accordi, ad ognuno dei quali sovrappone una scala sulla quale prova a fraseggiare. Poi prova a "cucire" assieme le varie frasi. Da ultimo può tentare di eseguire quello standard in varie tonalitÃ*. Sembra facile...

Quando uno può dire di aver trovato un suo linguaggio musicale? Mah... quando, nel corso dell'improvvisazione, non pensa più al diavolo di scala che sta utilizzando in quel momento, ma si concentra esclusivamente sull'espressione, direi. Sembra facile...

Oh, naturalmente mi sto riferendo alla mentalitÃ* jazzistica, non a quella classica. Per il classico le scale sono un fatto puramente tecnico. Il classico legge, esegue ed eventualmente manda a memoria un determinato brano, badando soprattutto alla "bella esecuzione".

Il jazzista manda a memoria solo "l'ossatura" del brano. Il resto lo deve fare lui, anche e soprattutto in termini di interpretazione. E' per questo che nel jazz esistono spesso, fortunatamente, molte versioni dello stesso brano, tutte diverse.

Nel jazz la scala equivale alla tavolozza dei colori per il pittore. Nel classico la scala è un "ostacolo" da superare. Non se la prendano i classici che frequentano il Forum ma, almeno per quanto riguarda il sassofono, la vedo così. Dirò di più: non mi piace il suono del sassofono classico. Preferisco, su questo strumento, il suono jazz, magari (a volte ma non sempre) sguaiato o urlante, ma sempre sinceramente "comunicante".

alto23
14th July 2009, 09:12
Per il classico le scale sono un fatto puramente tecnico. Il classico legge, esegue ed eventualmente manda a memoria un determinato brano, badando soprattutto alla "bella esecuzione".

Il jazzista manda a memoria solo "l'ossatura" del brano. Il resto lo deve fare lui, anche e soprattutto in termini di interpretazione.
Questa volta non sono del tutto d'accordo con emiliosansone. Ti posso assicurare che anche per i classici l'interpretazione è importantissima e suonare un brano classico non è un esercizio meccanico. Certo, nel jazz probabilmente puoi permetterti di stravolgere un brano (ma siamo sicuri che non si possa fare anche nel classico?).
Non voglio generare l'ennesima stucchevole guerra classicoidi vs. jazzoidi (personalmente ho la fortuna di amare tantissimi generi musicali, dalla classica al jazz, dal blues al rock, alla musica popolare,...). Ho voluto solo puntualizzare che suonare musica classica non vuole dire fare solo una bella esecuzione. Se ascolti lo stesso brano suonato da Mondelci, Marzi o Brizzi, sentirai tre diverse interpretazioni.


Scale ed arpeggi sono la base minima ed indispensabile per qualsiasi sassofonista.
Verissimo! Però, come dice giustamente docmax, moltissimi di noi vedono la musica come divertimento e svago dalle normali attivitÃ* quotidiane. Pertanto, purtroppo, il tempo che viene dedicato allo studio delle scale può risultare ridotto rispetto all'importanza che rivestono.
Personalmente, potendo suonare a casa solo sabato e domenica (e non potendo stressare tutto il giorno i vicini), cerco di dedicare alle scale almeno il 30% di ogni seduta di studio, metronomo alla mano. Non è assolutamente sufficiente (soprattutto perchè manca la continuitÃ* quotidiana), ma mi serve a mantenere una discreta agilitÃ* delle dita.

FrankRanieri
14th July 2009, 09:19
Mi piacerebbe sapere come si comportano i saxofonisti del forum. :BHO:

Dico la mia...
Dipende tutto dal punto al quale aspiri...
Se vuoi suonare per divertirti e basta essendo consapevole dei tuoi limiti liberissimo di farlo...
Se vuoi suonare a livello semi professionistico le scale devono essere il tuo pane quotidiano...
Se vuoi arrivare a suonare a livello Professionistico devono diventare la tua ossessione, fino a farle parte integrante di te...
Solo così potrai "pensare velocemente", e, per es. quando "vedi" una "G7 alt" sai muoverti sulla scala giusta...
Frank.

alto23
14th July 2009, 09:50
Ottima sintesi... :zizizi))

salsax
14th July 2009, 10:38
Per il classico le scale sono un fatto puramente tecnico. Il classico legge, esegue ed eventualmente manda a memoria un determinato brano, badando soprattutto alla "bella esecuzione".
.... una semplice operazione di " copia - incolla " :D-: infatti in poche settimane di studio si diventa ottimi musicisti classici :shock: !! ... scusa emilio , ma hai idea di quanti parametri devi considerare e rispettare quando studi le scale (vedi la prima pagina delle "Gammes di Londeix ) e nell'affrontare uno spartito di classica ??? hai mai suonato classica in duo con un pianista ?? e in ensemble con alti strumenti ???
nel jazz ci vuole talento , preparazione , tecnica e gusto per la musica .... e a firenze ho capito che è difficile ma molto piacevole suonare jazz ...... ma da qui a dire che il classico fa semplicemente
legge, esegue ed eventualmente manda a memoria un determinato brano non mi trova assolutamente daccordo !!
per me è bello il jazz , il blues , il funk , la classica , il rock .... e se uno vuole suoinare bene deve lavorare sodo !!

Dipende tutto dal punto al quale aspiri...
Se vuoi suonare per divertirti e basta essendo consapevole dei tuoi limiti liberissimo di farlo...
Se vuoi suonare a livello semi professionistico le scale devono essere il tuo pane quotidiano...
Se vuoi arrivare a suonare a livello Professionistico devono diventare la tua ossessione, fino a farle parte integrante di te...
questa di frank è la considerazione esatta in assoluto e quoto in pieno !
...e sicuramente caro emilio , non dipende dal genere di musica che fai..... :saputello !

Aktis_Sax
14th July 2009, 12:14
Quoto sal.

fcoltrane
14th July 2009, 13:43
studiare le scale non seve a nulla. :ghigno: :bugia: :bugia: :bugia:
gli accordi ancora meno :fischio:
non mi resta che studiare qualche gradino
ciao fra

puchusax
14th July 2009, 14:14
a me è successo questo:
ho sempre trovato le scale molto noiose, anche quando studiavo il pianoforte o la chitarra, quindi mi sono applicato sempre molto poco prendendo continui rimproveri dagli insegnanti di turno...da quando suono il sax, o meglio, da quando "studio il sax" con un insegnante le cose sono cambiate, non tanto perchè mi piaccia fare scale, ma perchè mi danno un pretesto per suonare ed esercitarmi anche quando non sono proprio dell'umore giusto...non sono un tipo, a differenza forse della maggior parte di voi, che quando è "giu" trova positivo suonare :mha!( , se non ci stò con la testa non mi esce una nota, mi frustro e mi deprimo ancora di più!... non sò se per voi è lo stesso comunque la pratica delle scale non risponde a questa mia "umoralitÃ*" (...ammazza che brutta parola che mi è uscita!) e riesco quindi a suonare anche nei momentacci.
Tutto sommato questo è positivo... che dite?

GeoJazz
14th July 2009, 14:26
Diciamo che son fondamentali...quando non funziona l'ascensore!!!! :lol:
A parte gli scherzi, quoto in pieno Frank, dipende quello che si vuole fare e dove si vuole arrivare! Io ad esempio se non mi ci posso dedicare un'oretta al giorno, come minimo per scaldare lo strumento faccio scale e arpeggi. Anzi, da quando ho ricominciato a farle, non c'è niente da fare, l'improvvisazione risulta più semplice! sarÃ* banale ma è così.

re minore
14th July 2009, 15:11
Io invece sarei sostanzialmente d'accordo con emiliosansone. Il mio punto di vista e' basato sul fatto che provo a suonare jazz col sax e canto classica col coro. Con il quale coro mi sono esibito piu' volte in compagnia di musicisti e cantori professionisti.

Cos'e' l'arte? Boh? CHi lo sa? Per me si ha arte quando un qualcuno (artista?) trasmette una emozione al proprio pubblico tramite la propria opera.

La componente "arte" per un musicista di classica e' praticamente nulla (con qualche eccezione per i solisti). Al musicista classico dai lo spartito e lui lo esegue, ed i suoi compiti sono 1. suonare le note giuste, 2. andando a tempo, 3. seguendo le indicazioni dello spartito e del direttore. Fatto 100 il contenuto artistico di un concerto di musica classica, IMHO il 99% spetta al compositore ed il restante 1 per cento se lo dividono direttore e solisti.

E con questo non voglio sminuire la professionalita' del musicista classico. Eseguire un brano classico come e' scritto richiede una enorme competenza tecnica, paragonabile (se ha senso fare paragoni) a quella necessaria ad esempio per pilotare un jet, cosa che probabilmente e' piu' facile. Il punto e' che e' tecnica, non arte. Infatti, le emozioni trasmesse da un concerto di musica classica derivano dalle intenzioni del compositore, e non da quelle dei musicisti. I quali, direttore compreso, hanno sostanzialmente il compito di non alterare le intenzioni originali dell'artista. Ed i quali musicisti possono suonare un requiem dolcissimo e struggente anche se in quel momento sono ink...zati neri (li ho visti io!!!).

In un concerto jazz l'esecutore trasmette direttamente le emozioni che prova in quel momento, in misura anche maggiore delle emozioni trasmesse dalla struttura del brano, e cioe' dal compositore. Tra due musicisti jazz, uno dei quali sia bravissimo tecnicamente ma abbia poco da dire musicalmente e l'altro sia anche parecchio meno bravo ma abbia l'arte dentro preferisco il secondo. Per un musicista classico, se ci devo cantare con il coro, preferisco quello bravo tecnicamente. Ed io stesso, quando preparo un concerto con il coro, penso alla tecnica e non all'arte.

Io comunque a scale, arpeggi e pattern dedico piu' del 50% del tempo totale di studio.

salsax
14th July 2009, 15:26
Io comunque a scale, arpeggi e pattern dedico piu' del 50% del tempo totale di studio.
... dopo tutto il discorso mi apettavo che dicessi : "mai fatta una scala in vita mia " :lol: ;)

Mad Mat
14th July 2009, 15:59
.... ho sempre trovato le scale molto noiose, anche quando studiavo il pianoforte o la chitarra ....

Questione di gusti!

Io, quando ho cominciato a suonare, per due anni non ho fatto altro che suonare scale. Non perchè me lo imponesse qualche insegnante ma perchè mi piaceva farlo e godevo come un riccio studiandole. Il piacere stava nel riuscire ogni giorno a superare i miei limiti di principiante senza prefiggermi di diventare come Brecker. Se il giorno prima suonavo la scala di reb maggiore a 130 bpm il giorno seguente cercavo di arrivare a suonarla pulita a 135 bpm e così via di giorno in giorno. E' un pò lo stesso piacere che si prova quando si corre da amatori. Anche se sei conscio che non sarai mai in grado di correre la maratona in 2 ore e 12 puoi comunque provare piacere cercardo di correre 10 Km prima in 50 minuti, poi in 48, poi in 45 e così via.

Anche con il pianoforte mi è sempre piaciuto suonare l'Hanon che è pura meccanica.

salsax
14th July 2009, 20:42
per due anni non ho fatto altro che suonare scale. Non perchè me lo imponesse qualche insegnante ma perchè mi piaceva farlo e godevo come un riccio studiandole
non esagerare mad :D , comunque sono daccordo con te .... è bello fare a gara con te stesso , e poi basta 15 minuti al giorno fatte bene e al metronomo , e i risultati si vedono :saxxxx))) ! ( come sempre ha ragione il mio maestro ::saggio:: )

15th July 2009, 01:26
Vedo che Re Minore, più sopra, ha centrato molto bene le differenze tra approccio classico e approccio jazzistico.

Aggiungo ancora qualche riga, tanto per gradire.

E' chiaro che la tecnica strumentale è importante per tutti: classici, jazzisti, "poppisti", sperimentalisti, eccetera. Tuttavia, come ha giÃ* rilevato Re Minore, nel jazz la genialitÃ* non sempre e non necessariamente è collegata a una grande tecnica. Lester Young ai suoi primordi era per lo più considerato un poveraccio che non sapeva suonare. Poi su quella pista si sono incamminati musicisti del calibro di Stan Getz...

Nel post precedente mi sono limitato a esprimere esclusivamente il mio punto di vista. Non ho mai pensato di utilizzare il sassofono in modo "classico", perchè la cosa non fa per me: dato che sono un vecchio pazzoide con tendenze vagamente anarcoidi, non mi va di rimanere rigidamente collegato allo spartito, a meno che non stia eseguendo esercizi tecnici. Devo dire che anche in questo caso, però, non vado in cerca della perfezione: mi basta riuscire a infilare tutte le note più o meno al posto giusto. Non faccio molto caso ai crescendo, diminuendo, ppp, fff, "con grazia", "con ardore", "con furore" e via dicendo. Questo comportamento mi mette automaticamente fuori dai "classicoidi". Pazienza: il saggio dice che uno deve accettare i propri limiti.

Mi pare che ci sia poco da discutere sull'impiego primario del sassofono: a tutt'oggi se questo strumento si è affermato in ambito "colto" lo dobbiamo prevalentemente ai modernisti, tra i quali spiccano fulgidamente gli improvvisatori. Negare questo vuol dire negare l'evidenza dei fatti.

Detto ciò, mi risulta che siano in corso dei coraggiosi tentativi di rilanciare il sassofono pure in ambito classico. Onore al merito e all'impegno, ma diciamola tutta, ragazzi: sarÃ* dura incrinare la fama di "jazz-symbol" che ha ormai raggiunto da tempo questo strumento, con inevitabili ricadute nel pop in genere, "liscio" compreso.

Oh, naturalmente, come sempre, ho espresso soltanto delle personali opinioni.

puffosky
15th July 2009, 06:01
Mad Mat, proprio a Verona facevo tante scale, con il metronomo, e mi registravo pure,
vergognandomi di me stesso (tutto consigliato da Fasoli a Siena Jazz).

Spero che sei ancora a Verona se no con la tua velocitÃ* hai giÃ* passato il Brennero
e sei arrivato chissÃ* dove...

Buone scale (c'è anche la musica) e chi va piano...
:saxxxx)))

15th July 2009, 09:23
io invece preferisco i fraseggi "tecnici"..non ci posso fare niente..certo ci deve pure essere un minimo di musicalitÃ*..chi mi sa dire invece come si improvvisa su un blues in sol (sax alto , quindi sib in do) usando le scale armoniche, bachiane e superlocria?

la struttura è la seguente
sol7/sol7/sol7/sol7/
do7/do7/sol7/sol7/
la-7/re7/sol7/re7/

alto23
15th July 2009, 09:32
Mi pare che ci sia poco da discutere sull'impiego primario del sassofono: a tutt'oggi se questo strumento si è affermato in ambito "colto" lo dobbiamo prevalentemente ai modernisti, tra i quali spiccano fulgidamente gli improvvisatori. Negare questo vuol dire negare l'evidenza dei fatti.

Nessuno ha mai voluto negarlo. Un'affermazione molto simile a questa me la fece a lezione un professionista che suona solo classica e contemporanea, quindi...
L'unica cosa che si obiettava era l'affermazione per cui l'interpretazione sia una prerogativa solo del jazzista. Non è così. Chi suona musica classica non legge solamente uno spartito, non deve solo seguire le indicazioni di dinamica, non deve solo stare a tempo. Un brano classico può essere interpretato in molti modi diversi. Mi è capitato, studicchiando il concerto di Glazounov, di suonare alcune frasi con freddezza, facendo tutte le note giuste, rispettando le dinamiche, ecc... Poi ho provato a risuonare le stesse frasi con qualche dritta interpretativa dell'insegnante e mettendoci del mio (per quanto permesso dalle mie capacitÃ*). Il risultato è cambiato, eccome se è cambiato!
E mi sento di dissentire anche con re minore (niente di pesonale, s'intende) quando dice che il musicista classico mette in campo tecnica e non arte. Proprio per i motivi sopra citati. Oh, naturalmente è vero che l'arte di un brano classico è espressa per la maggior parte dal compositore, ma ritengo che il rapporto non sia 99 a 1.
Poi, credo che nessuno metta in dubbio la varietÃ* interpretativa e la genialitÃ* degli artisti jazz! Dico di più: mi piacerebbe moltissimo imparare quel linguaggio (e probabilmente cercherò di farlo da settembre, ma non so se avrò risultati accettabili in quella direzione).
Dico questo con profondo rispetto delle opinioni altrui, naturalmente! ;)
Siamo andati, per l'ennesima volta, clamorosamente OT... :mha...:

salsax
15th July 2009, 10:52
condivido alto23 :bravo: , io mi diverto da un paio di settimane a strimpellare standard giazz cercando di capire le loro tonalitÃ* e scale ( molto diverse da quelle classiche che ho sempre studiato ) semplicemente per capire e conoscere il più possibile sul sax e sulla musica ( perchè dovrei rinchidermi in un genere musicale e poi magari parlare di un altro che neanche conosco :mha...: ??!)
io consiglio a tutti quelli che suonano uno strumento di confrontarsi con tutti i generi musicali sia che piacciano oppure no solo così si fÃ* esperienza e si è competenti ( spero!) :saputello !

docmax
15th July 2009, 11:23
Mi fa piacere che Sal incoraggi chi come me non ha tempo dicendo che con 15 minuti di scale i risultati si vedono... Proverò :bugia: lo prometto! Fai bene Sal a non fermarti al classico anche se gli insegnati classici puri ti sconsiglieranno questa "schizofrenia" musicale.

@ alto23 - I classici sono classici ed eseguono certi virtuosismi che lasciano senza fiato, il sax classico è bello la mia stima per chicompie gli studi classici è alta, solo che per emozionarmi con il repertorio classico... .

@ puffosky - Mi piace sempre di più ascoltare e partecipare alla produzione del genio artistico, specie quando avviene in diretta e senza il filtraggio della lettura musicale, non influenzata da esecuzioni meccanicamente predeterminate da uno studio "solido"(nel jazz succede spesso così). Mi piace anche studiare Parker, Coltrane, ecc. nei soli trascritti senti come escono le loro idee nel tuo sax con le tue mani, ma suonare sempre così non mi esalta come invece mi capita quando lascio gli schemi e mi faccio trasportare dove l'improvvisazione mi può portare.

Con i miei tempi questo è lo studio che mi posso permettere.

salsax
15th July 2009, 12:23
doc mi piace sempre il tuo modo di vedere la musica , sempre aperto e disponibile :yeah!) !
non chiudiamoci :saputello !
... e poi suoni benissimo , io devo ancora studiare per fare i solo come i tuoi ;) !

15th July 2009, 13:58
Nel classico la scala è un "ostacolo" da superare. Non se la prendano i classici che frequentano il Forum ma, almeno per quanto riguarda il sassofono, la vedo così. Dirò di più: non mi piace il suono del sassofono classico. Preferisco, su questo strumento, il suono jazz, magari (a volte ma non sempre) sguaiato o urlante, ma sempre sinceramente "comunicante".

Il Nous ti fulmina se ti legge! :lol: :lol: :lol: in ogni caso sono d'accordo con te! :saxxxx)))

15th July 2009, 14:09
Io invece sarei sostanzialmente d'accordo con emiliosansone. Il mio punto di vista e' basato sul fatto che provo a suonare jazz col sax e canto classica col coro. Con il quale coro mi sono esibito piu' volte in compagnia di musicisti e cantori professionisti.

Cos'e' l'arte? Boh? CHi lo sa? Per me si ha arte quando un qualcuno (artista?) trasmette una emozione al proprio pubblico tramite la propria opera.

La componente "arte" per un musicista di classica e' praticamente nulla (con qualche eccezione per i solisti). Al musicista classico dai lo spartito e lui lo esegue, ed i suoi compiti sono 1. suonare le note giuste, 2. andando a tempo, 3. seguendo le indicazioni dello spartito e del direttore. Fatto 100 il contenuto artistico di un concerto di musica classica, IMHO il 99% spetta al compositore ed il restante 1 per cento se lo dividono direttore e solisti.

E con questo non voglio sminuire la professionalita' del musicista classico. Eseguire un brano classico come e' scritto richiede una enorme competenza tecnica, paragonabile (se ha senso fare paragoni) a quella necessaria ad esempio per pilotare un jet, cosa che probabilmente e' piu' facile. Il punto e' che e' tecnica, non arte. Infatti, le emozioni trasmesse da un concerto di musica classica derivano dalle intenzioni del compositore, e non da quelle dei musicisti. I quali, direttore compreso, hanno sostanzialmente il compito di non alterare le intenzioni originali dell'artista. Ed i quali musicisti possono suonare un requiem dolcissimo e struggente anche se in quel momento sono ink...zati neri (li ho visti io!!!).

In un concerto jazz l'esecutore trasmette direttamente le emozioni che prova in quel momento, in misura anche maggiore delle emozioni trasmesse dalla struttura del brano, e cioe' dal compositore. Tra due musicisti jazz, uno dei quali sia bravissimo tecnicamente ma abbia poco da dire musicalmente e l'altro sia anche parecchio meno bravo ma abbia l'arte dentro preferisco il secondo. Per un musicista classico, se ci devo cantare con il coro, preferisco quello bravo tecnicamente. Ed io stesso, quando preparo un concerto con il coro, penso alla tecnica e non all'arte.

Io comunque a scale, arpeggi e pattern dedico piu' del 50% del tempo totale di studio.


Sono d'accordo anche con te. Per esempio ascoltando Wagner o Morricone (due geni) penso "ma come ha fatto a pensarle e scriverle? a cosa si è ispirato? che emozioni trasmette?" non penso mai "Cosa vuole dire il primo violino?E il fagotto?" Ascoltando un opera di musica classica certo,si provano emozioni, ma l'opera è quella, non c'è interpretazione. Per quanto riguarda l'interpretazione secondo me è fondamentale nella musica. Per esempio ascoltare "Knockin' on heavens'door" di Bob Dylan e la reinterpretazione dei Guns 'n roses....è lo stesso brano ma è completamente diverso. Mentre ascoltando una sinfonia, che sia fatta da questa o quell'orchestra...è uguale. Lo so,sono palesemente OT.

Comunque le scale le uso quando scaldo lo strumento o quando non so cosa suonare :ghigno:

masto
15th July 2009, 16:56
io consiglio a tutti quelli che suonano uno strumento di confrontarsi con tutti i generi musicali...

vai Sal che sei grande!!!

Non sono d'accordo con chi vuole necessariamente dividere la musica in settori stagni; per me tutta la musica ha un'unica origine e uno scopo che è suscitare emozioni, sensazioni, sentimenti; la tecnica serve certamente, aiuta a esprimersi meglio, la conoscenza delle regole fornisce dei capisaldi da cui partire ma il vero artista può infrangerle, può andare oltre sempre con lo scopo di comunicare qualcosa.
Lo sbaglio è magari quello di pensare unicamente alla tecnica o unicamente alla libera espressione, le due cose vanno unite insieme con i limiti e possibilitÃ* di ciascuno; certo per suonare insieme a altri ci vuole un minimo do conoscenza tecnica comune.
Nella musica classica non c'è espressione? non sono assolutamente d'accordo; forse in quello che viene proposto come periodo delle musica classica, (il romanticismo) c'è stato un ingessamento degli esecutori e i compositori hanno cercato di definirne ogni gesto, ma basta andare indietro nel tempo per trovare musica scritta con meno restrizioni, dove anzi spesso all'esecutore era richiesto di esprimersi liberamente, i termini "cadenza" e "ad libitum", sono abbastanza comuni.
E che dire dei grandi improvvisatori del passato? ne citerò uno, Jacob VanEyck: per chi non lo conosce è vissuto in Olanda nel seicento, cieco, suonava le campane (anzi il carillon) della cattedrale, l'organo e ... un piccolo flauto nei giardini della cattedrale e nel cimitero... dove eseguiva variazioni su temi pipolari; da queste esecuzioni è stata scritta un'opera "Der Fluyten Lust-hof" usatissima dai suonatori di flauto dolce (ma si trovano degli estratti anche in vari metodi per sax) che fornisce interesdsanti indicazioni su quella che successivamente, nel periodo barocco, è stata definita come "l'arte della diminuzione", cioè l'improvvisazione su un tema dato, giusto per ribadire che in quel periodo la capacitÃ* d'improvvisare era tenuta in grande conto.
Andando avanti, nel settecento Johann Joachim Quantz celebre flautista (non solo, suonava anche violino oboe, clavicembalo...) nel suo metodo per suonare il flauto traversiere si dilunga sui consigli per suonare gli adagi, dove all'esecutore sono richieste particolari doti espressive, piuttosto che sugli allegri; questi ultimi sono per lui facilmente eseguibili da chiunque con l'esercizio, mentre per gli adagi non è sufficiente la tecnica...

alto23
15th July 2009, 17:12
gli allegri sono facilmente eseguibili da chiunque con l'esercizio, mentre per gli adagi non è sufficiente la tecnica...
Pura veritÃ*!
Cioè... che gli allegri siano eseguibili proprio da chiunque non sarei così sicuro (ogni riferimento allo scrivente il presente intervento è puramente voluto :ghigno: ), ma sono d'accordissimo col fatto che sia molto più difficile suonare bene un adagio piuttosto che un allegro. In quest'ultimo la tecnica virtuosistica è preponderante, ma se un adagio lo suoni pedissequamente all'ascoltatore non arriverÃ* nulla.

puffosky
15th July 2009, 20:59
non farei un mito della musica classica, in gran parte era (ed è) musica leggera o da ballo,
ed essa stessa ha i suoi eccessi virtuosistici (paganini, listz) e i suoi geni espressivi che hanno usato
la tecnica senza farsene usare (mozart, chopin).

ricorderei però che siamo nel 2009 e discendiamo tutti (anche il jazz attuale, da miles in poi) da
una rivoluzione musicale fatta, che piaccia o no, negli anni 60 dai quattro Beatles, che per importanza
metterei subito dopo Mozart, discutete pure. Quattro geni della musica, nessuno dei quali virtuoso del suo
strumento.
:saxxxx)))

tzadik
15th July 2009, 21:53
Probabilmente deriviamo tutti da quel periodo jazzistico chiamato "modalismo" in cui, gli improvvisatori hanno capito che poteva esserci una costruzione "schematizzabile" del modo di "armonizzare" e di "generare assoli"...

Mai come negli anni '60, si sono creati stili improvvisativi jazzistici e nello stesso tempo, si è cominciato a studiarli e tentare di riprodurli... :mha!(
Spesso si critica Coltrane perchè qualcuno pensava che scrivesse i soli che suonava... o meglio che li trascrivesse per "implementarli"... un qualsiasi jazzista contemporaneo si cimenta giornalmente con ste cose... ma all'epoca si faceva tutto in maniera più "agricola"...

re minore
16th July 2009, 08:17
Quando prepariamo un concerto, con coro ed orchestra, vi sono alcune (limitate) scelte che debbono essere operate su epressivita', tempo, durata delle corone e, in alcuni casi, anche sulle note, nel caso vi siano differenze (che sono comunque sempre "minors") in diverse versioni della partitura. Questi sono in sostanza i gradi di liberta' che ha un direttore di coro e orchestra, e sono un millesimo di quelli che ha un musicista jazz. Ed inoltre sono suoi, del direttore, non miei di cantore. Molte volte non sono personalmente d'accordo con le scelte del mio direttore, pero' le devo seguire.

Questo comporta che quando eseguo non mi sento artista ma, appunto, esecutore. Ed io sono un dilettante, che canta nel coro per passione. A parer mio, questa passione alla fine diventa incompatibile con il grado di conoscenza e competenza musicale che nel mio piccolo ho acquisito: proprio perche' non si tramuta in arte mia.

Se non ho particolare sensibilita' e competenza seguo il direttore e son contento, come fa fa per me va bene.

Se ho sensibilita' e competenza seguo il direttore perche' devo, ma se troppe volte mi rendo conto che non condivido le sue scelte alla fine mi stanco (e' quello che mi sta succedendo).

Se sono un professionista me ne frego, prendo i soldi e faccio quello che dice il direttore perche' e' lui che paga.

Aggiungo una ulteriore considerazione. Mi capita di avere piu' di una versione di una stessa opera di musica jazz e/o leggera e/o rock: ogni versione ha un suo significato indipendente. Tutte le volte che mi capita di avere due versioni di una stessa opera di musica classica, invariabilmente ce n'e' una che mi pace piu' dell'altra. Quella che mi piace meno la considero una brutta copia della prima, non una cosa indipendente. Le conclusioni su cosa sia arte e cosa non lo sia per me sono ovvie. E' poi altrettanto ovvio che valgono per me, e per quelle che sono le mie esperienze. Altri possono avere, ed infatti hanno, punti di vista opposti. Pero' questo 3D e' interessante... anche se appena appena OT! :lol:

FrankRanieri
16th July 2009, 08:40
Ma non si parlava di "scale"? :BHO: :roll:

ModernBigBand
16th July 2009, 11:08
Visto che l'argomento stava prendendo strade diverse da quella iniziale, mi permetto di dire la mia in pillole.
Le scale sono importanti per chiunque, dal principiante al professionista di più alto livello, quello che cambia è solo e soltanto il modo di concepirle ed eseguirle, ma la pratica è sempre e comunque FONDAMENTALE, indipendentemente dal livello dello strumentista.
Il principiante studia le scale per acquisire confidenza con lo strumento, il musicista classico studia le scale per perfezionare la tecnica digitale (se deve infilare 13 o magari 17 note di un gruppo irregolare deve avere la capacitÃ* di renderle tutte perfettamente uguali) e se possibile di portarla ai limiti, il musicista jazz studia le scale - tralasciando l'aspetto tecnico che è comunque presente - perché attraverso di esse (ma non solo ovviamente) riesce a concretizzare le sue idee e a dare un senso ai suoi soli.
E' chiaro dunque che le scale sono il pane quotidiano di ogni saxofonista; per crescere bisogna nutrirsi anche di pane e non importa se lo accompagniamo con la nutella, con la frittata di cipolle o con il caviale...l'importante è mangiare e crescere...sempre.

FrankRanieri
16th July 2009, 11:11
per crescere bisogna nutrirsi anche di pane e non importa se lo accompagniamo con la nutella, con la frittata di cipolle o con il caviale...l'importante è mangiare e crescere...sempre.

mmmm....mi è venuta fame.... :slurp:

puffosky
16th July 2009, 13:12
be' un po' di scale le facciamo tutti

un bel motto lo trovai in uno dei tanti manuali di improvvisazione (americano):

"quando hai studiato una scala, usala subito per l'improvvisazione".
:saxxxx)))

Clarsax
16th July 2009, 14:36
Sì ma non ci sono solo quelle da studiare, o da ripassare quotidianamente :ehno:
Come tutti gli esercizi fini a se stessi (e dico fini a se stessi perchè se usi suonare le scale per come li studi sui libri quando improvvisi... vabbè, meglio non divagare) fanno parte del bagaglio tecnico che ognuno dovrebbe avere
Funziona nè più nè meno come le proprietÃ* di linguaggio, se conosci solo 4 vocaboli che discorso viene fuori?
Quindi scale sì, ma anche articolazioni, arpeggi, pattern ecc. anche per non stancarsi mentalmente...
:saxxxx)))

FrankRanieri
16th July 2009, 14:53
Quindi scale sì, ma anche articolazioni, arpeggi, pattern ecc. anche per non stancarsi mentalmente...
:saxxxx)))

Ciao,
concordo con quello che dici ma è molto più semplice (come concetto) di quanto sembri...
Barry Harris (un mito col quale mi piacerebbe studiare... :pray: ) dice sempre: "Chords come from Scales..." dalle scale derivano gli accordi, e anche TUTTO il resto aggiungo io...
Se posso permettermi di darti un consiglio, suona una scala, poi falla con salti di terza, poi suona le triadi (accordi) costruite sulla scala stessa, quindi suona le quadriadi, vedrai che è tutto collegato...Provare per credere
Frank.

ModernBigBand
16th July 2009, 15:40
Sì ma non ci sono solo quelle da studiare, o da ripassare quotidianamente :ehno:

Questo mi pare lapalissiano, è chiaro che ci sono tante altre cose da fare, come è chiaro che "fare le scale" non vuol dire suonare banalmente 8 o 15 suoni consecutivi. La pratica "scolastica" delle scale attiene alla fase iniziale e intermedia dello studio, andando avanti incominci a vedere il tutto sotto un'altra ottica per cui arriverai in una fase che dopo aver metabolizzato le scale in tutte le tonalitÃ* ti troverai ad applicare ad esse tanti di quei concetti da produrre una mole di lavoro impressionante. Volendo potresti andare avanti per ore e ore suonando al massimo su 2 tonalitÃ*...
Ovviamente sono cose che vengono fuori quando nel tuo cervello si sblocca quella famosa rotella che ti spinge a cercare sempre qualcosa di nuovo.
Personalmente ho trovato molto proficuo lo studio in "isolamento" ovvero senza la possibilitÃ* di avere sottomano libri o musica che potessero fungere da elemento di distrazione: quando studi per molte ore al giorno come in Conservatorio, il cervello si "tara" sul lavoro che devi fare per cui può capitare di porre attenzione solo a quello e basta (es. faccio gli studi per la lezione e vado a giocare a calcetto...) e si può avere l'errata sensazione che quello che non è "codificato" non serva o sia qualcosa che si può rimandare.
Io invece preferivo in alcuni giorni staccare totalmente la spina dal lavoro "canonico", mi recavo dai miei nonni che avevano una casa isolata e portavo con me solo ed esclusivamente lo strumento: facendo così obbligavo me stesso a trovare qualcosa di nuovo da fare, qualcosa che potesse stimolare e rendere più interessante lo studio.
Quando poi tornavo sui libri i risultati erano evidenti pur non avendo mai suonato l'esercizio prima: il suono era quello giusto, le dita scorrevano più agevolmente, alcuni passaggi diventavano automaticamente più familiari...tutto questo per il semplice fatto che obbligavo me stesso a fare un certo tipo di lavoro.
Non nego che fare ciò sia piuttosto difficoltoso, ma sicuramente arrivare allo "sblocco" autonomo piuttosto che a quello indotto dall'insegnante o da un manuale dÃ* maggiori soddisfazioni: se ti preparo la pappa e ti dico "ok ora lavora così, usa queste articolazioni, sviluppa in questo senso ecc..." sei facilitato, però se ti abitui da solo a lavorare in un certo modo, oliando giornalmente certi meccanismi, arrivi in un punto dove oltre a raggiungere il totale controllo, raggiungi una confidenza che ti permette di passare da una tonalitÃ* all'altra senza problemi e non dovrai più pensare per esempio a cos'è una scala minore armonica prima di suonare, perché il tuo cervello e le tue mani giÃ* lo sanno.
Tutto questo per dire che lo studio delle scale non solo rappresenta una solida base per lo sviluppo della tecnica digitale, ma è anche il punto di partenza per tutta una serie di attivitÃ* complementari che il saxofonista (che aspira a migliorarsi) deve necessariamente tenere in considerazione. Se ci si abitua a considerare in maniera "estensiva" le scale, ad allargare ogni giorno il materiale di lavoro e ad interiorizzarlo, è difficile non ottenere miglioramenti, a qualsiasi livello...

salsax
16th July 2009, 16:56
:bravo: :bravo:
mbb ha parlato ::saggio:: !!!
per me quÃ* possiamo chiudere ;) !!

Clarsax
16th July 2009, 21:25
Quindi scale sì, ma anche articolazioni, arpeggi, pattern ecc. anche per non stancarsi mentalmente...
:saxxxx)))

Ciao,
concordo con quello che dici ma è molto più semplice (come concetto) di quanto sembri...
Barry Harris (un mito col quale mi piacerebbe studiare... :pray: ) dice sempre: "Chords come from Scales..." dalle scale derivano gli accordi, e anche TUTTO il resto aggiungo io...
Se posso permettermi di darti un consiglio, suona una scala, poi falla con salti di terza, poi suona le triadi (accordi) costruite sulla scala stessa, quindi suona le quadriadi, vedrai che è tutto collegato...Provare per credere
Frank.




Quindi scale sì, ma anche articolazioni, arpeggi, pattern ecc. anche per non stancarsi mentalmente...
:saxxxx)))

Ciao,
concordo con quello che dici ma è molto più semplice (come concetto) di quanto sembri...
Barry Harris (un mito col quale mi piacerebbe studiare... :pray: ) dice sempre: "Chords come from Scales..." dalle scale derivano gli accordi, e anche TUTTO il resto aggiungo io...
Se posso permettermi di darti un consiglio, suona una scala, poi falla con salti di terza, poi suona le triadi (accordi) costruite sulla scala stessa, quindi suona le quadriadi, vedrai che è tutto collegato...Provare per credere
Frank.

Certamente Frank, io mi riferivo solo ad un fatto puramente complementare :cool:
Per quanto attiene ai propri metodi di studio (cioè quelli atti a massimizzare la resa sullo strumento fermo restando come dice MBB della consapevolezza di ciò che si fa) beh devo dire che, chi ha la sensibilitÃ* giusta per capirlo, il proprio sistema se lo va a cercare, gli studi se li va a scegliere e li si sistema a modo proprio, il "codice di sblocco" è diverso per ognuno e c'è anche chi non lo trova mai :mha!(
Avevo 16 anni e suonavo ancora il clarinetto nella banda quando mi avvicinai al sassofono, ma da quello che sentivo suonare, ho pensato che dovevo fare qualcosa di diverso dai soliti metodi in uso nella preparazione bandistica. mi misi allora a scrivere delle "estrapolazioni" di arpeggi, salti, mini-pattern... e nel mio caso fu quello che fece scattare la molla, la mia tecnica ebbe un balzo in avanti incredibile... :shock:
Qualche anno dopo, quando mi fu possibile acquistare altre pubblicazioni, trovai parecchie cose (ovviamente più ordinate e complete) di quelle che avevo pensato io, compresa la disposizione a progressione cromatica di parecchi esercizi. Sono passati quasi 25 anni da quando ho messo sul pentagramma quelle disposizioni di note e quando sfoglio quelle pagine sorrido...
Come ebbe a dire una volta il grande Sonny in una intervista, "oggi gli studenti sono molto più preparati tecnicamente di quanto eravamo noi, che ci dovevamo sudare ogni nota per ottenere delle frasi ecc." Effettivamente è così, ci sono molti più scambi, pubblicazioni ecc e questo riguarda non solo il saxofono ma anche un pò tutti gli strumenti e penso che in fondo sia un bene. Per chi vuole migliorarsi gli orizzonti si spostano sempre più in avanti e gli studi contemporanei agevolano, facilitano e velocizzano la preparazione tecnica
Ma attenzione, qui stiamo parlando solo di allenamento, la capacitÃ* di costruire un bell'assolo ecc è un'altra storia

16th July 2009, 21:35
....
Non sono d'accordo con chi vuole necessariamente dividere la musica in settori stagni;...

Molte volte i settori stagni non c'entrano niente, in questo discorso. E' molto più probabile che uno si trovi occasionalmente ad esprimere delle personali e libere preferenze, dopo aver viaggiato per varie "dimensioni" musicali. In particolare per quanto riguarda il sassofono, è veramente difficile che un qualsiasi individuo che intraprende lo studio di questo strumento riesca a prescindere dalla scuola jazzistica, in senso lato.

L'approccio classico concede ben poco spazio all'improvvisazione. E quel poco spazio che c'è è generalmente riservato al compositore, non all'esecutore. La famosa frase "Paganini non ripete" deriva, a quanto pare, dalle doti di improvvisazione di quell'eccelso compositore - violinista, che era capace di comporre istantaneamente, ma non di rieseguire nota per nota quello che si era inventato in precedenza. L'esecutore classico "normale", invece, come è stato giÃ* rilevato più sopra da illustri forumisti, non ha questo "permesso", perchè è vincolato dallo spartito.

Una volta chiesero a Duke Ellington cosa ne pensasse di Coleman Hawkins. Il Duke rispose, più o meno: "Ah, si... quel tipo che inventò il sassofono". Ovviamente il Duke sapeva benissimo che non era stato Hawkins a inventare quello strumento, e non credo che volesse sminuire la validitÃ* della scuola classica. Si era limitato a dire sinteticamente che il vecchio Bean aveva trovato un lessico espressivo del tutto nuovo ed originale per il sax, ed era perciò da considerarsi un Maestro a tutti gli effetti.

Mi si consenta, senza offesa per nessuno, di esprimere infine un "ragionevole dubbio" verso coloro che si dichiarano "tuttologi" relativamente al sassofono: io, su questo strumento, ci sto perdendo buona parte del mio tempo libero da alcuni decenni, e non ho ancora terminato di esplorare le possibilitÃ* di improvvisazione (intesa come composizione istantanea) di cui il suddetto tubo è capace.

Naturalmente sono un individuo normale, tutt'altro che un genio. Però non credo di essere un cretino. Perciò quando leggo su queste pagine opinioni di parecchia gente che a cuor leggero dice che è tanto bello passare dal classico al jazz e viceversa, la cosa mi puzza un po'...

Ctrl_alt_canc
16th July 2009, 22:34
mi dovete poi spiegare come fate a "interpretare" un brano senza cambiare a. note b.dinamica c.durata :mha!( o si legge ciò che è scritto...o si legge ciò che è scritto! :BHO:

alto23
17th July 2009, 12:08
Per esempio, Ctrl_alt_canc, "giocando" sui vibrati, o sul tipo di sonoritÃ* da dare a una determinata frase, o sui ritenuti e gli accelerando, o sulle cadenze,... L'esecutore ha diversi modi di far emergere la propria sensibilitÃ* nel brano che deve interpretare. Altrimenti tutti i professionisti più affermati suonerebbero lo stesso brano nello stesso modo. Chiartamente questo discorso assume una maggiore validitÃ* per i solisti; se suoni in sezione hai margini veramente minimi. Ma lo stesso vale nel jazz: se suoni in big band quando non fai un solo devi rispettare il massimo equilibrio dell'orchestra.
Poi, è ovvio che il solista classico ha molti meno gradi di libertÃ* dell'improvvisatore jazzista! Ma, ancora una volta, mi sembra che nessuno lo abbia messo in dubbio in questa discussione. Bisognerebbe avere la stessa onestÃ* nel riconoscere che anche nella musica classica l'interpretazione riveste la sua importanza. Per essere interpreti non è necessario essere improvvisatori.
Tutto ciò lo dico (ripeto anche questo a costo di essere noioso) da appassionato sia di classica che di jazz (pur se con un diverso grado di conoscenza), nonchè di numerosi altri generi musicali.
@ emiliosansone: io invece ho un'opinione diversa dalla tua (rispettabilissima come quella di chiunque altro, intendiamoci) quando dici quanto segue:
quando leggo su queste pagine opinioni di parecchia gente che a cuor leggero dice che è tanto bello passare dal classico al jazz e viceversa, la cosa mi puzza un po'...
Ho conosciuto professionisti anche piuttosto quotati che si sono dedicati a diversi stili prima discegliere la propria strada. Quindi non vedo perchè dovrebbe essere sbagliato confrontarsi con diverse "culture" musicali. La conoscenza di realtÃ* differenti dalla propria può solo portare benefici (non solo in musica). Poi ciascuno sceglie secondo la propria indole e i propri mezzi. E magari, può anche cambiare strada dopo alcuni anni, perchè no? Certo non sarÃ* facile, ma perchè doversi limitare?
Personalmente, non avendo nessunissima velleitÃ* di professionismo nè di semiprofessionismo, ma dedicandomi alla musica solo ed esclusivamente per passione (per lavoro faccio tutt'altro), mi piace l'idea di affrontare diversi linguaggi musicali. Poi credo sia normale che i risultati saranno diversi nell'uno e nell'altro, ma perchè chiudersi? ;)

salsax
17th July 2009, 18:37
Naturalmente sono un individuo normale, tutt'altro che un genio. Però non credo di essere un cretino. Perciò quando leggo su queste pagine opinioni di parecchia gente che a cuor leggero dice che è tanto bello passare dal classico al jazz e viceversa, la cosa mi puzza un po'...
non capisco cosa puzza se a qualcuno piace sia la classica che il jazz , come il rock o il r&b :BHO: ? non capisco cosa vuoi dire ?

17th July 2009, 19:19
non capisco cosa puzza se a qualcuno piace sia la classica che il jazz , come il rock o il r&b :BHO: ? non capisco cosa vuoi dire ?

Eppure è semplice, Salsax: qua non stiamo parlando di cosa piace o non piace. Se la mettiamo su questo piano, devo dire che anche a me, a livello di semplice ascoltatore, non piace solo il jazz. Ci sono dei bellissimi pezzi di rock, r&b, funky, fusion e chi più ne ha più ne metta. Esistono pure delle opere eccelse di musica classica, della quale, pur non essendo un cultore, apprezzo particolarmente alcuni brani sinfonici. In tutte le manifestazioni musicali ci sono opere mirabili. Perciò il punto non è questo.

Il punto è che se uno si dedica allo studio del sassofono in particolare, ma anche di un altro qualsiasi strumento a fiato, passando dall'approccio classico a quello jazzistico cambia praticamente tutto: emissione, timbro, dizione, accentazione della nota, uso degli armonici, degli abbellimenti, del ritmo, della sincope, del vibrato, dell'armonia e di tutto il diavolo che c'è dietro. Per passare dal classico al jazz il sassofonista deve cambiare completamente la mentalitÃ* e l'approccio al suo strumento.

Perciò sono pochissimi i musicisti "a fiato" che hanno raggiunto traguardi notevoli sia in ambito classico che jazzistico. Al momento mi viene in mente il Benny Goodman, ma non era un sassofonista...

Il sassofonista, a mio modesto parere, deve scegliere dove specializzarsi, a meno che non sia un genio. Dopo di che può darsi che questo Forum pulluli di geni e io non me ne sia ancora accorto.

Sono stato più chiaro, adesso, Salsax?

Clarsax
18th July 2009, 21:13
Raga, sdrammatizziamo un pò... :amore::

Tutti d'accordo che le scale servono sia in ambito classico che in quello jazzistico?
:saxxxx)))

juggler
19th July 2009, 04:24
Le scale...talvolta si scendono, talvolta si salgono...si direbbe che mantengono in forma (in senso fisico); in senso musicale, impigriscono la mente...è come se esprimendo un concetto, parlando di un esperienza, raccontando (in senso metaforico, musicalmente accade ciò) debba conoscere la radice etimologica di ogni parola che adopero, cosa improbabile anche per i piu' esperiti linguisti...
Le scale appartengono ad una classificazione a posteriori, soprattutto in ambito occidentale e non solo...le codificazioni modali, derivate dai modi gregoriani, sono postulazioni posteriori all'attivitÃ* musicale, non l'anticipano...senza considerare che i nomi di derivazione greca, furono attribuiti secondo una relazione errata rispetto alle originarie denominazioni greche, che erano pensate in senso discendente e non ascendente...
Anche un pregiudizio o un errore valutativo, divulgato per molto tempo, può assumere il valore di un dogma indiscutibile, di una legge perenne, quando diventa pratica diffusa, accademicamente e/o socialmente promulgata...
C'è sempre un dualismo pervasivo e indifferenziato, che impedisce di andare al di lÃ* delle apparenze "culturali"...interprete-improvvisatore...se offro una rilettura teatrale di una qualunque opera di Shakespeare, di Gogol, di Goldoni ecc. sto interpretando o improvvisando? E se offro una "rilettura" di una qualunque produzione musicale che l'umanitÃ* a fin ad oggi prodotto...sto re-interpretando o improvvisando? La labilitÃ* fra i 2 confini è estremamente fragile...e il pericolo di "dogmatismo affermativo" è il limite di chi vuol vedere solo in bianco e nero, escludendo che fra i 2 estremi possono esistere una quantitÃ* infinita di sfumature, che non possono essere "cestinate" per una sorta di "conformismo culturale" che conduce alla piattezza dialettica, riflessiva e artistica e l'elevazione del luogo comune a dogma indiscutibile.
Il sistema musicale europeo è, in senso scalare, il piu' "stitico" e banale: ha tratto tutte le sue "implicazioni" da 2 tipi di scale... la scala maggiore possiamo considerarla un errore teorico, sotto diversi punti di vista...in senso empirico, se suonate C sul pianoforte, a diverse altezze...e suonate la scala maggiore e poi la scala lidia...quest'ultima risulterÃ* + efficace col tono di riferimento: era l'esempio che George Russell faceva per spiegare le "ragioni" del suo "sistema lidio"...il ns. orecchio non può che dargli ragione! Partendo dalle "relazioni pitagoriche" e dalle leggi di Helmholtz, Harry Partch elaborò un sistema di 43 toni, sul quale basò il suo linguaggio musicale...
In diverse tradizioni popolari, l'uso di scale irregolari è molto frequente...se considerate l'espressione musicale solo da un punto di vista tecnicistico o riferendovi a qualche tradizione specifica...le scale hanno una loro pertinenza "linguistica"...da un punto di vista, creativo-evolutivo ci sono tanti "parametri" ancora da esplorare che non le possibili "affettazioni" intervallari dell'ottava...ultima considerazione: non si improvvisa meglio conoscendo le scale, ma conoscendo una maggiore varietÃ* di articolazioni melo-ritmiche, desunte da vari stili e tradizioni musicali...

Clarsax
19th July 2009, 10:02
juggler... alle 3,24 di mattina con questi discorsi (??) :shock: :shock:

tzadik
19th July 2009, 11:56
...
Il punto è che se uno si dedica allo studio del sassofono in particolare, ma anche di un altro qualsiasi strumento a fiato, passando dall'approccio classico a quello jazzistico cambia praticamente tutto: emissione, timbro, dizione, accentazione della nota, uso degli armonici, degli abbellimenti, del ritmo, della sincope, del vibrato, dell'armonia e di tutto il diavolo che c'è dietro. Per passare dal classico al jazz il sassofonista deve cambiare completamente la mentalitÃ* e l'approccio al suo strumento.

Perciò sono pochissimi i musicisti "a fiato" che hanno raggiunto traguardi notevoli sia in ambito classico che jazzistico. Al momento mi viene in mente il Benny Goodman, ma non era un sassofonista...
...


Il discorso non fa una piega... giÃ* solo per la ricerca del suono cambia il "mondo"... tra musica classica e jazz... Non è connaturato in percorso di studi classico lavorare sulla sonoritÃ* che esce da uno strumento... perchè non è una cosa "schematizzabile"... nella musica classica all'inzio si studia solo ciò che può essere riprodotto senza "interpretazione" sul contenuto: scale accenti dinamiche etc etc... poi la "tecnica" è "tecnica"... Difficilmente in un conservatorio trovarai gente che non ha un Serie II, un Selmer C*/D e ance Vandoren Blu da n° 3 in su... il fine è quello di omogeneizzare il suono di tutti e tutto! Poi il nasalizzare tutto... non lo sopporto...
Pochi sassofonisti usciti dal conservatorio, si accorgono che per fare altro con il sax spesso bisogna rivoluzionare tutto il proprio modo di suonare... e non è una questione di tecnica, è questione di testa e di capire bene cosa succede attorno a noi mentre suoniamo!

docmax
19th July 2009, 12:49
Siamo passati dall'analisi o da modi che ogniuno di noi ha per approcciare il discorso delle scale per poi entrare in OT nel dualismo musica classica pro/contro musica Jazz pro/contro.
Non amo gli schemi ma apprezzo le scelte che un suonatore fa e porta avanti nella sua vita... ogni esperienza e degna di rispetto (classica, jazz o liscio non fa differenza).
Io che sono fuori dagli schemi che i maestri propongono, quel poco tempo che ho le dedico a suonare e basta (non posso permettermi altro di tecnico, cioè fare un lavoro schematico e basato sulle scale, purtroppo) sperando che suonare basti per non rimanere un analfabeta del sax. Magari cerco di curare bene il mio suono, almeno quello deve arrivare bene, più della velocitÃ* e immediatezza dei passaggi. Ogni tanto si accende una luce, eseguo una variazione che mi piace ma poi non me la ricordo più, riproduco le improvvisazioni conosciute... mi pare di far rivivere con il mio sax le session di Coltrane e di Parker, a volte le illustro a chi non le conosce e per mezzo dei miei esempi suonati riescono ad apprezzare le differenze; mi accontento così.
Però a mio parere è bello il fiume di risposte che l'argomento ha generato, tra questa fiumana permettetemi di dire che la risposta di Juggler, fatta a notte fonda (o senza voler essere troppo schematici di mattino prestissimo), è una perla! :bravo:

puffosky
19th July 2009, 13:32
Bravo Doc Max!

Viva le scale, ma viva anche la libertÃ* nel suonare che
hai tu!
:saxxxx)))

fcoltrane
19th July 2009, 13:39
quoto Docmax.
ciao fra

salsax
19th July 2009, 19:47
@ max , quoto in pieno il tuo pensiero :bravo:
come te amo la musica senza barriere e senza schemi , sono giovane e forse sbaglio ma voglio suonare tutto , classica , jazz, r&b , leggera ...... io lo sto facendo e mi diverto tanto a fare scale e metodi col mio maestro, r&b con la mia band , marce con la banda , jazz con gli amici del forum , musica leggera col soprano , classica nei concerti da solista e con il mio quartetto di sax .... non sarò mai come londeix o come coltrane , però mi piace suonare il sax e ogni occasione è buona per farlo .........................e la cosa non mi puzza ;)
scusate l' ot !

Ctrl_alt_canc
19th July 2009, 20:04
forse,emilio,sarebbe più corretto esporre il tuo pensiero così:

chiunque può suonare dal grindcore metal al liscio il sax,il problema è farlo bene,e per questo è "umano" avere a che fare con uno stile solo...

Clarsax
20th July 2009, 00:31
chiunque può suonare dal grindcore metal al liscio il sax,il problema è farlo bene
Per "tornare" un attimo in OT, anche secondo me il punto è questo...
Ognuno può suonare ciò che più gli aggrada per trarne le proprie soddisfazioni ma se consideriamo la cosa dal punto di vista della preparazione tecnica le cose cambiano.
Spesso, in buona fede per caritÃ*, ci si dimentica di fare paragoni adeguati ai vari liveli di difficoltÃ* dei vari generi musicali e, peggio ancora di paragonare anche la difficoltÃ* di un pezzo di repertorio di un genere musicale con un altro
Per fare un esempio estremo e banale è come se il "quartetto della domenica" si mettesse a fare "il blues in fa " improvvisato per poi alla fine dei 7 minuti (5 dei quali, dopo i primi 2, passati a suonare ognuno per conto proprio) credere di avere creato chissÃ* cosa sentendosi superiori all'orchestra che suona il "solito" Danubio Blu al concerto di Capodanno :mha...: naturalmente, per la par condicio, esistono anche delle situazioni in senso opposto
Per tornare invece all'argomento scale, l'utilitÃ* e lo studio delle quali vede pareri contrastanti, a questo punto la domanda è quali scale e studiate come?
Sarebbe interessante sapere appunto di quali scale (utili e non) si parla, struttura e progressione e citare un esempio nelle relative pubblicazioni :zizizi))

FrankRanieri
20th July 2009, 08:53
Ciao Clarsax!
Io credo che le scale possono essere anche una banalizzazione del sistema musical-occidentale, ma dalle mie parti si dice che "le balle stanno in poco posto..." quindi se vuoi suonare bene, ed esprimere quello che hai dentro le scale sono un "mezzo tecnico" per arrivare a qualcosa.
Per il workout io suono:
- Scale maggiori e dominanti;
- Scale minori melodiche e minori armoniche;
- Scale esatonali (due...);
- Scale diminuite.
Il problema non è quante scale si fanno ma COME le si studiano... Non mi serve a niente (parlo per me) farle in modo ossessivo per un'ora, ma se capisco come usarle e mi concentro bene basta meno... Io sto seguendo il metodo di Barry Harris, che è stato insieme a Jimmy Heath il maestro del mio maestro. Il metodo mi piace, lo sto applicando e qualcosa sta venendo fuori.
Non consiste nel suonare tutto linearmente ma introducendo note di approccio, note di passaggio ecc ecc. (sarebbe troppo complicato spiegarlo qui...).
Poi per caritÃ* sarÃ* ultra codificato, standard, bebop, quellochetipare (scritto apposta così...)
Ma che ci vuoi fare, a me piace...sarò uno che suonerÃ* mainstream e bebop per sempre forse, ma credo sia meglio che fare tanti giri di parole e fare i simil-critici musicali che suonano poco e niente...
Frank.

p.s.: tutte le scale vanno fatte in tutte e 12 le tonalitÃ*...(anche se sarebbero 15 :ghigno: )

docmax
20th July 2009, 10:22
... Non consiste nel suonare tutto linearmente ma introducendo note di approccio, note di passaggio ecc ecc. (sarebbe troppo complicato spiegarlo qui...).


Ma un accennino, ino ino, Frank... la cosa m'intriga... potrebbe essere una soluzione per me.

Mad Mat
20th July 2009, 10:40
... Non consiste nel suonare tutto linearmente ma introducendo note di approccio, note di passaggio ecc ecc. (sarebbe troppo complicato spiegarlo qui...).


Ma un accennino, ino ino, Frank... la cosa m'intriga... potrebbe essere una soluzione per me.

Note di approccio:

Se suoni una triade (es Do maggiore = DO - MI - SOL) puoi "approcciare" le note dell'accordo facendole precedere da

a) la nota che si trova un semitono sotto a quella dell'accordo (anche se non è presente nella scala relativa)

esempi

1 - SI DO MI SOL
2- DO MIb MI SOL
3- DO MI SOLb SOL
4- SI DO MIb MI SOL
5- SI DO MI SOb SOL

ecc.

b) la nota che si trova un tono sopra quella dell'accordo

esempi

1 - RE DO MI SOL
2- DO FA# MI SOL
3 - DO MI LA SOL
4 - RE DO FA# MI SOL

ecc.

c) la nota che si trova un semitono sotto e la nota che si trova un tono sopra quella dell'accordo

esempi

1 - SI RE DO MI SOL
2- DO MIb Fa# MI SOL
3- DO MI FA# LA SOL
3 - SI RE DO MIb FA# MI SOL

ecc.

d) la nota che si trova un tono sopra e la nota che si trova un semitono sotto quella dell'accordo

esempi

RE SI DO MI SOL

DO FA# MIb MI SOL

DO MI LA FA# SOL

RE SI DO FA# MIb MI SOL

ecc.

Ce ne sono altre con cromatismi vari, ma qui si chiedeva solo un accenno, quindi :alè!!)

just
20th July 2009, 14:22
perdonate l'ignoranza e/o la banalitÃ* del mio intervento, ma questo tipo di 'abbellimenti' mi pare li usasse anche Parker nel suo fraseggio, non è così?

Isaak76
20th July 2009, 18:39
Note di approccio:Acciaccature, appoggiature, mordenti? intendete questi abbellimenti?

Mad Mat
20th July 2009, 18:52
Note di approccio:Acciaccature, appoggiature, mordenti? intendete questi abbellimenti?

No! Ritmicamente le usi come vuoi.

Quando si parla di "note di approccio" ci si riferisce al fatto che le stesse vengono usate, non per la loro funzione armonica "verticale", quanto piuttosto per la relazione "orizzontale" che hanno rispetto alle note bersaglio.
In altre parole queste note "funzionano" come tensioni, non perchè abbiano un certo rapporto verticale con l'accordo dell'accompagnamento, quanto piuttosto perchè la tensione che creano si risolve attraverso la melodia, che nel suo aspetto "orizzontale" si dirige verso una nota bersaglio, consonante rispetto all'accordo dell'accompagnamento.

Mad Mat
20th July 2009, 18:54
perdonate l'ignoranza e/o la banalitÃ* del mio intervento, ma questo tipo di 'abbellimenti' mi pare li usasse anche Parker nel suo fraseggio, non è così?

Si e non solo. Anche gli artisti swing le usavano estensivamente.

20th July 2009, 20:18
forse,emilio,sarebbe più corretto esporre il tuo pensiero così:

chiunque può suonare dal grindcore metal al liscio il sax,il problema è farlo bene,e per questo è "umano" avere a che fare con uno stile solo...

Beh, Ctrl, diciamo che possiamo mettere la faccenda pure in questi termini, ma con qualche "distinguo", che vado ad esplicitare:

Passare dal classico al jazz o viceversa sul sassofono equivale ad aspettarsi che una cantante come la Maria Callas si metta ad eseguire improvvisazioni "scat" in stile Ella Fitzgerald o, al contrario, che una simil-Fitzgerald mostri di saper eseguire "La Traviata" esattamente come faceva la Callas. Sono due situazioni che mi sembrano piuttosto improbabili. O no?

Se invece partiamo dall'ipotesi di un jazzista moderno sufficientemente "acculturato", allora dobbiamo presumere di trovarci in presenza di 1) un "alfabetizzato" musicale; 2) un buon "compositore istantaneo", altrimenti detto improvvisatore. 3) un individuo capace di controllare perfettamente la "componente ritmica", e quindi di far battere all'ascoltatore le manine e i piedini istintivamente.

Costui, sempre in linea teorica, dovrebbe avere facilissimo accesso a molte frammentazioni "pseudo-jazzistiche" della musica moderna e contemporanea.

Un esempio lampante delle trasmigrazioni tra il jazz e le sue "propaggini" è rappresentato dal Miles Davis, che negli ultimi 20 anni di attivitÃ* sperimentò varie possibilitÃ* alternative, ivi compresa la cosiddetta musica elettronica.

Il discorso è ancora lungo, ma mi fermo qua per non annoiarvi.

Per quanto riguarda le scale, ho dato un'occhiatina tempo fa al "Lydian Chromatic Concept Of Tonal Organization" del George Russell. E' duro da digerire, ma se volete c'è da divertirsi, ragazzi.

Comunque, secondo me aveva ragione il grande Charlie Parker quando affermava: "Impara tutto quello che puoi sulla musica e sul tuo strumento. Poi dimentica tutto e suona come ti pare". Un concetto estremamente jazzistico... :D

fcoltrane
20th July 2009, 21:10
perdonate l'ignoranza e/o la banalitÃ* del mio intervento, ma questo tipo di 'abbellimenti' mi pare li usasse anche Parker nel suo fraseggio, non è così?

Si e non solo. Anche gli artisti swing le usavano estensivamente.

B Harris è conosciuto (oltre ad essere uno strordinario pianista ) per aver provato a codificare con una serie di regole il linguaggio bebop.
quindi non ti sei sbagliato per nulla.
come dice Mad Mat anche gli artisti swing attingono dalla stessa fonte.
una quantitÃ* di musicisti straordinari sono stati suoi allievi o hanno appreso qualcosa dal suo sistema di regole.
posso dire di averlo ascoltato durante un seminario ed è in grado non solo di cogliere alcune sfumature nel fraseggio ad esempio di Monk o di Powel ma anche di suonarle.
per i sassofonisti è utilissimo se si desidera acquisire nozioni di teoria o tecniche di improvvisazione bebop, un po meno se si desidera acquisire una tecnica strumentale e di fraseggio.
il suo metodo lo si trova in commercio e non solo.....
ciao fra
ps . credo di aver inserito parecchio tempo fa le regole cardine del suo sistema per l'utilizzo del cromatismo ora le cerco nel forum.

Clarsax
20th July 2009, 21:31
Ciao Clarsax!
Io credo che le scale possono essere anche una banalizzazione del sistema musical-occidentale, ma dalle mie parti si dice che "le balle stanno in poco posto..." quindi se vuoi suonare bene, ed esprimere quello che hai dentro le scale sono un "mezzo tecnico" per arrivare a qualcosa.
Per il workout io suono:
- Scale maggiori e dominanti;
- Scale minori melodiche e minori armoniche;
- Scale esatonali (due...);
- Scale diminuite.
Il problema non è quante scale si fanno ma COME le si studiano...
...Non consiste nel suonare tutto linearmente ma introducendo note di approccio, note di passaggio ecc ecc. (sarebbe troppo complicato spiegarlo qui...).
Poi per caritÃ* sarÃ* ultra codificato, standard, bebop, quellochetipare (scritto apposta così...)
Ma che ci vuoi fare, a me piace...sarò uno che suonerÃ* mainstream e bebop per sempre forse, ma credo sia meglio che fare tanti giri di parole e fare i simil-critici musicali che suonano poco e niente...
Frank.

Bingo!! (secondo me!) :alè!!)
Come le si studiano, secondo me l'approccio più tradizionale senza offesa lo trovo superato e sono propenso anch'io per il modo che hai accennato, è un metodo che ti prepara meglio alla costruzione delle frasi
Quanto al Mainstream lascia perdere, questi sono discorsi di comodo e lasciano il tempo che trovano
Ti sei "preso le tue responsabilitÃ*" riguardo alle scale che studi :cool:
Per qanto mi riguarda, trovo abbastanza utili quelle contenute (e poi naturalmente sviluppate) nel volume degli studi modali della Berklee e, per quanto riguarda il regno delle pentatoniche, il volumetto di Ricker, specialmente lo sviluppo cosiddetto "inside" to "outside"
Naturalmente la pentatonica in questione è quella più usata in ambito jazzistico e cioè C D E G A (pag 164 del Thesaurus)

FrankRanieri
21st July 2009, 10:13
Grande Mad!
Non avrei saputo spiegare meglio la metodica "a grandi linee" di Barry. :yeah!)

@ Doc: se ti va cerchiamo di fare un incontro-scontro-delucidativo-musical-mangereccio dove ti posso spiegare nel dettaglio il mio workout nonchè le prime fasi del metodo di Harris.
Fai conto che dal 10 agosto sono in ferie... se ci sono dei concerti a Fano o nei tuoi dintorni ci si può vedere... ;)
Frank.