Alessio Beatrice
7th August 2008, 22:07
Uscito in questi giorni questo libro che credo sia interessante per molti.
Wayne Shorter. Il filosofo col sax
di Michelle Mercer
2008
Stampa alternativa
“Wayne Shorter. Il filosofo col sax”: è l’edizione italiana di una acclamata biografia, dedicata ad uno degli ultimi geni viventi del jazz. Un testo curiosamente mondato di alcune attrattive della versione originaria, quali l’apparato iconografico e gli spartiti.
È una lacuna non trascurabile, cui fa seguito l’assenza di una discografia shorteriana, peraltro condivisa con l’edizione statunitense del 2004. Al di l* di qualche pecca editoriale, il libro rappresenta in ogni caso un’occasione mancata, se si considera la scarsit* di studi sull’argomento.
Certo, cinquant’anni di carriera (dischi da solista, Jazz Messengers, Miles Davis Quintet, Weather Report) sono tanti per essere scandagliati in un solo volume. Tappe purtroppo lambite e non approfondite, a vantaggio del dato biografico ed aneddotico.
Ed è questa la parte convincente del libro, dove si tratteggia la figura di un artista colto e cosmopolita, che ama il Brasile e Beethoven, la letteratura, il cinema, il buon vino. Il tutto con occhio disincantato, alla luce della sua fede buddista.
Nell’insieme un saggio poco sapido, con gustose eccezioni che lo riscattano da un tono di aurea mediocritas: il vivido ritratto di Milton Nascimento; l’incontro parigino con Bud Powell; le disavventure dei Jazz Messangers ad Algeri; gli insegnamenti coltraniani.
Ma da una autorevole collaboratrice di Down Beat e New York Times, era lecito attendersi qualcosa in più.
Wayne Shorter. Il filosofo col sax
di Michelle Mercer
2008
Stampa alternativa
“Wayne Shorter. Il filosofo col sax”: è l’edizione italiana di una acclamata biografia, dedicata ad uno degli ultimi geni viventi del jazz. Un testo curiosamente mondato di alcune attrattive della versione originaria, quali l’apparato iconografico e gli spartiti.
È una lacuna non trascurabile, cui fa seguito l’assenza di una discografia shorteriana, peraltro condivisa con l’edizione statunitense del 2004. Al di l* di qualche pecca editoriale, il libro rappresenta in ogni caso un’occasione mancata, se si considera la scarsit* di studi sull’argomento.
Certo, cinquant’anni di carriera (dischi da solista, Jazz Messengers, Miles Davis Quintet, Weather Report) sono tanti per essere scandagliati in un solo volume. Tappe purtroppo lambite e non approfondite, a vantaggio del dato biografico ed aneddotico.
Ed è questa la parte convincente del libro, dove si tratteggia la figura di un artista colto e cosmopolita, che ama il Brasile e Beethoven, la letteratura, il cinema, il buon vino. Il tutto con occhio disincantato, alla luce della sua fede buddista.
Nell’insieme un saggio poco sapido, con gustose eccezioni che lo riscattano da un tono di aurea mediocritas: il vivido ritratto di Milton Nascimento; l’incontro parigino con Bud Powell; le disavventure dei Jazz Messangers ad Algeri; gli insegnamenti coltraniani.
Ma da una autorevole collaboratrice di Down Beat e New York Times, era lecito attendersi qualcosa in più.