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Visualizza Versione Completa : Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free



19th September 2011, 15:48
Spesso ho letto alcune dichiarazioni di Ornette Coleman su Coltrane che mi hanno lasciato un pò perplesso.

In sintesi Coleman si lamenta del fatto di non aver mai ricevuto un grazie, o almeno un segno di riconoscenza, da parte Coltrane per averlo iniziato ed ispirato al free jazz.
Coleman infatti racconta di aver passato spesso diverse ore con John discutendo di armonia ed accordi, mostrandogli vie nuove.

Ora, ammetto di essere molto di parte e pro Coltrane,ed anche sostanzialmente ignorante in materia conoscendo poco il periodo cosiddetto free di quest'ultimo, anzi direi di conoscere molto meglio Ornette...ma sinceramente trovo che Coltrane abbia poco da dover riconoscere in modo specifico a Coleman, non di più a tutti gli altri artisti in attività in quel periodo al quale sicuramente per osmosi ha attinto.

Mi pare che che le opere di Coleman siano ben distanti dall'ultimo periodo di Coltrane, sia come concetto inziale scaturente l'idea, sia come risultato finale delle registrazioni. Non trovo molti punti in comune.

Dato che, come ho detto, mi sento molto molto ignorante in materia, avrei piacere di sentire il parere di altri utenti che conoscono meglio la materia.

Grazie!

tzadik
19th September 2011, 16:00
Un aneddoto diceva che Coltrane avesse mandato un telegramma con dei soldi a Ornette Coleman proprio per ringraziarlo.

A giudicare dalla musica che Ornette Coleman suonava nel periodo in cui era ancora vivo Coltrane... non vedo molte connessioni con quello che faceva Coltrane.
Al tempo Ornette Coleman era "free jazz" mentre Coltrane era "new thing".
Forse l'unica opera "free jazz" di Coltrane è "Ascension", tutto quello che è venuto subito prima (da "A Love Supreme") e quello che è venuto dopo... è completamente diverso.

Coleman in quel periodo (quanto Coltrane era ancora vivo) produceva comunque musica assimilabile quasi come "tonale" (escludendo "Free Jazz"), nonostante si trattasse di musica con pochi vincoli armonici.

Probabilmente a Coleman gli rodeva di non essere stato così influente come Coltrane... però Coltrane s'era fatto una gavetta artistica, superiore a quella di Coleman.

juggler
29th September 2011, 10:49
Coleman era "libero", Coltrane si è liberato: non credo nell'anedottica, che conferma e smentisce atteggiamenti o situazioni piu' o meno verosimili accadute; 2 artisti = percorsi differenti generano processi evolutivi diversi.
Coleman insegue la libertà dell'evoluzione melodica, libere associazioni di idee in modo in-formale e libera la strutturazione temporale
dal dominio di un beat di riferimento assoluto, in modo da rendere galeggiante qualunque evento musicale (una tendenza che è rilevabile anche in certe evoluzioni della musica colta europea ed americana)
la "libertà" di Coltrane inizia con l' "innamoramento" della musica modale (esperienze iniziali con Davis e poi profondo interesse per la musica indiana) e sfocierà man mano nel poli-modalismo e nella strutturazione sequenziale del totale cromatico;
Coltrane, in fondo, non è mai libero anche quando è "liberissimo" perchè improvvisando verifica le implicazioni e gli sviluppi dei procedimenti
che pone in essere; Coleman è piu' interessato a "cortocircuitare" materiali di diversa provenienza per osservare quale effetto producono.
Coltrane vuole verifiche...cerca un'essenza che possa unificare i "terreni possibili" della creazione musicale;
Coleman cerca lo stupore di chi non giudica, ma osserva e si coinvolge in un'esperienza che non è mai uguale e che può possedere
letture differenziate sia per chi è coinvolto nella performance (i musicisti che interagiscono con lui) sia per chi ascolta.

cagliostro70
29th September 2011, 11:14
Un aneddoto diceva che Coltrane avesse mandato un telegramma con dei soldi a Ornette Coleman proprio per ringraziarlo.

in "Blue Trane" di Porter che cosa si dice? viene riportato qualcosa???

29th September 2011, 12:13
Grazie Juggler,

@Cagliostro, non credo che Porter ne parli, ma potrei sbagliarmi.

Sax O' Phone
29th September 2011, 16:05
Bisogna riconoscere a Coleman di essere un wayfarer del Free Jazz con The Shape of Jazz to Come del 1959, mentre Coltrane in quel periodo muoveva i suoi primi passi più significativi in un ambito musicale più strutturato ma molto originale.
Credo si debba tener conto che Coleman faceva il lavapiatti pur di suonare come riteneva, ed era denigrato ed osteggiato sia dai produttori che da alcuni musicisti jazz; se ben ricordo Davis nella sua autobiografia parla di Coleman, di come pur andandolo ad ascoltare non gli piacesse: sopratutto lo infastidiva che volesse suonare strumenti che non conosceva affatto. Vado sempre a memoria, ma Miles Davis parla proprio di quel periodo in cui Coleman per sbarcare il lunario faceva qualsiasi altro mestiere, non trovando ingaggi remunerati per la sua musica; Davis suonava con il quintetto poco distante da dove si esibiva Coleman, ed andavano ad ascoltarlo (ivi incluso Coltrane), e sebbene non esprima giudizi negativi in assoluto su Coleman, non sentiva la sua musica.
Coltrane nel 15mo capitolo del libro di Porter in varie interviste e citazioni conferma il suo debito ed ammirazione per Coleman: 'I'm following his lead. He's done a lot to open my eyes to what can be done...'
Coleman quindi rimane una pietra migliare nell'aver segnato un cambiamento di approccio e stile nella musica, ma quanto poi ciò che è stato prodotto in questa sia entrato a far parte del linguaggio di Coltrane per renderlo a lui debitore secondo me rimane molto dubbio; in definitiva mi sembra che juggler abbia fatto un'analisi molto centrata sulla questione.

juggler
30th September 2011, 09:28
Coleman è fondamentalmente un compositore, Coltrane è uno strumentista-improvvisatore; Coleman dava importanza al valore delle sue idee: prima di incidere il suo primo disco, l'anedottica vuole che presentò le sue composizioni...
Coltrane è alla ricerca di nuove strade improvvisative: ciò che compone è in relazione ai "teoremi" che intende dimostrare e svelare...
In "Africa brass", lascerà l'intero arrangiamento a Dolphy: non ha mai manifestato un grande interesse per l'orchestrazione...
Coleman ha composto svariati brani per orchestra...
Quindi, c'è una sostanziale differenza d'approccio.

Il fatto che "Free Jazz" e "Ascension" vengano collocati sotto la stessa egida stilistica è solo una volgarizzazione del marketing culturale applicato al jazz:
"Ascension" è un brano poli-modale, non free...sono accomunati solo da una certa "violenza fonica" fino ad allora mai ascoltata (poichè al grande pubblico
non importano queste sottigliezze, sono inseriti nello stesso "calderone").

fcoltrane
30th September 2011, 11:56
il discorso sulla libertà è solo in parte condivisibile .
molto dipende dall'idea che ciascuno ha su concetti come improvvisazione, libertà , rispetto o meno della forma.
l'idea che l'uno sia un compositore e l'altro sia uno strumentista improvvisatore mi sembra invece ingenerosa.
per brevità citerò solo due brani significativi ciascuno per motivi diversi .
Giant steps e Ascension.
ciao fra

juggler
30th September 2011, 13:11
"il discorso sulla libertà è solo in parte condivisibile".
Non si comprende a cosa fai riferimento.

Piu' che idea, basta guardare/osservare/comprendere come si articola il discorso musicale
e ciò che diventa dominante
e quindi partire dai costrutti organizzativi, piu' che da "vaghezze preferenziali".

Che il pensiero di Coltrane fosse ispirato da "ossessioni strumentali" è innegabile,
Coleman non ha mai posseduto tali "ossessioni"...e per tali ragioni, è stato piu' volte
frainteso e vilipeso (ma indirettamente ciò è stata anche la sua fortuna...)

fcoltrane
30th September 2011, 13:52
Coltrane, in fondo, non è mai libero anche quando è "liberissimo" perchè improvvisando verifica le implicazioni e gli sviluppi dei procedimenti
che pone in essere; Coleman è piu' interessato a "cortocircuitare" materiali di diversa provenienza per osservare quale effetto producono.
la "libertà" di Coltrane inizia con l' "innamoramento" della musica modale
facevo riferimento a quanto hai scritto.
sarebbe interessante capire cosa rappresenti la libertà nella musica e nell'arte in genere per ciascuno di noi.
dal mio punto di vista ciò che descrivi di Coleman rappresenta l'assenza di libertà .
la mia preferenza (vaga o meno che sia poco importa) va infatti alle opere dove questo cortocircuitare si verifica meno.
Lonely woman ad esempio.

il pensiero di Coltrane ispirito ad ossessioni stumentali ..... questo mi sembre davvero ingeneroso.
magari per chi ci crede ispirato dal Dio mussulmano o dalla bellezza o dalla sua genialità o dallo Spirito Santo cattolico.
ciao fra

juggler
30th September 2011, 14:29
Le "sfere metafisiche" lasciamole ai "convincimenti intimi" che ciascuna persona può avere: non sono interessanti, nè portano
ad un livello di obiettività, su ciò che sono i risultati musicali tangibili.

Anche la tua preferenza per "Lonely woman", onnipresente citazione...(come se Coleman abbia fatto solo quella)
è un "cortocircuito" proprio per la maniera di stare sul beat: la sezione ritmica procede a tempo raddoppiato
rispetto all'esposizione tematica ed al successivo assolo...
e invece ci si lascia "cullare" dalla triste malinconia melodica e se ne fa un feticcio da idolatrare, ergo insuperabile:
non è molto intelligente dal punto di vista musicale, quest'ottica...o comunque, molto limitata.

La libertà nell'arte è sapersi dare una direzione, indipendentemente dalla modalità e dai materiali/tecniche prescelte:
non c'è nessuna forma di ingenerosità, nell'osservare i risultati (al di là di quelli che possono essere i gusti)
caro Fra, mi sembri sempre alla ricerca di un primato,
piu' che ad una obiettiva analisi musicale, che parti dalla musica ed ad essa ritorni:
ed è una modalità che non sento nè di assecondare, nè di condividere.

Filippo Parisi
30th September 2011, 17:13
Ma se l'analisi musicale fosse "obiettiva" (secondo quali parametri? stabiliti da chi?) dovrebbe essere anche scissa dalla personalità di chi fa tale analisi, il che è impossibile visto che ciascuno di noi ha un suo gusto, un suo sentire, una sua unica soggettività. Un'analisi oggettiva od "obiettiva" tout-court la si può fare per un esercizio di trigonometria o in qualunque laboratorio chimico, ma non credo sia applicabile ad una discussione su un'espressione artistica quale è la musica.

juggler
30th September 2011, 17:51
L'analisi si occupa dei livelli strutturali su cui si basa un percorso musicale:
in quale maniera riconosceremmo o distingueremmo la forma suite dalla forma sonata?
Un anatole da una ballad? Una fuga da un procedimento imitativo? Una canzone popolare da una commerciale?
Perchè hanno una configurazione che ha dei percorsi e precise peculiarità.

Che si proceda/si scelgano modelli storicizzati o forme libere, è sempre configurabile un livello strutturale:
struttura è presente in Pier della Francesca, in Picasso, Pollock come in Haring, anche se le modalità espressive sono differenti (attinenti alla soggettività)
e che si ascolti Bach, Berio, Shostakovic, Nancarrow o Evan Parker...il discorso non cambia.

Sax O' Phone
30th September 2011, 19:03
...Nella pittura la 'strutturazione' del linguaggio artistico è avvenuta molto più recentemente ed in modo frammentario, mentre nella musica mi pare che fosse stata presente da sempre, e col tempo si è consolidata organizzandosi; forse questo può dipendere da un'astrazione molto più vicina al calcolo matematico, o che comunque ha dei riferimenti scientifici molto precisi e teorizzati che non nell'espressione figurativa. Anche se non molto conosciuta ed apprezzata, la codificazione del linguaggio pittorico ha avuto esponenti di grande rilievo in epoca moderna e contemporanea; va sempre considerato che tra i suoi grandi maestri del passato queste conoscenze 'oggettive' erano i 'segreti di bottega' che venivano gelosamente custoditi, e che i 'colleghi concorrenti' dovevano cercare di individuare ed interpretare senza alcun aiuto o supporto (la prospettiva, i materiali usati per creare i colori, le tecniche di affresco, etc.); forse nella musica è più evidente in sé ad un orecchio più attento con una capacità di analisi dell'ascoltatore basata, appunto, sulla Teoria Musicale.

fcoltrane
30th September 2011, 20:05
condivido il discorso che fai in questo tuo ultimo messaggio ma appare evidente una contraddizione con quello precedente.
se come dici "La libertà nell'arte è sapersi dare una direzione, indipendentemente dalla modalità e dai materiali/tecniche prescelte"
non si comprende perchè consideri Coltrane " mai libero perchè improvvisando verifica le implicazioni e gli sviluppi dei procedimenti"
cosa faccia Coltrane improvvisando lo sa solo lui (purtroppo) .
se verifichi le implicazioni e gli sviluppi dei procedimenti o tenda a cortocircuitare materiali di diversa provenienza per osservare quale effetto producono non è dato saperlo.
ma anche prescindendo da questo dato non vedo come questo possa limitare la libertà dell'artista.
a me interessa poco stabilire un primato .
peraltro mi piacciono entrambi i sassofonisti per motivi diversi.
ma non credo che sia possibile stabilire cosa abbia ispirito Coltrane a meno che non sia lo stesso artista a riferirlo.
il riferimento a dear lord era in questo senso ma avrei potuto anche scrivere Nita o Naima ecc...
nessun tipo di "sfera metafisica".
l'ossessione strumentale è stata spesso utilizzata più per denigrare il musicista che per esaltarne le doti.
per quanto riguarda Lonely woman ho scritto che il cortocircuitare si verifica meno .
sicuramente meno rispetto ai brani dove suona il violino o la tromba.
ciao fra

zkalima
30th September 2011, 21:09
L'analisi si occupa dei livelli strutturali su cui si basa un percorso musicale:
in quale maniera riconosceremmo o distingueremmo la forma suite dalla forma sonata?
Un anatole da una ballad? Una fuga da un procedimento imitativo? Una canzone popolare da una commerciale?
Perchè hanno una configurazione che ha dei percorsi e precise peculiarità.

Questo è esattamente il contrario di quello che io ho sempre pensato del jazz, strutture come quelle citate, sono tutte classificazioni a posteriori, riconducibili magari alla tradizione dell'americansongbook, o del blues che a torto viene costretto nella forma a dodici battute e tre accordi, cosa dovremmo dire, ad esempio, ho un disco di Rusty Bryant, in cui suona Night in Tunisia a tempo lento facendone una ballad, non credo che abbia preso una multa o una nota sul registro per questo, qualunque brano venga suonato può mutare di struttura, John Lee Hooker canta Trouble in mind, un blues armonicamente abbastanza articolato, su un solo accordo, sbaglia?.

La dimensione artistica di musicisti così ampi nella loro produzione e ricerca musicale, (ma in generale nel jazz, almeno finchè non è diventato disciplina da conservatorio), non può prescindere dall'esperienza personale, mi sembra evidente che escludere la tensione spirituale di Coltrane, e non metterla in relazione imprescindibile alla sua ricerca modale, significa farne un funzionario delle scale, ed essere molto superficiali sulle radici di questa tradizione, così come considerare Ornette un compositore e un disassemblatore di forme musicali, significa farne un teorico, e niente è più distante dal fuoco che lo ha sempre animato.

Poi, se vogliamo, possiamo anche dire che Giant steps e Ascension, compositivamente, sono due pedane di lancio per lo sviluppo improvvisativo, e che Coleman è più attento a costruire strutture impossibili da cui tentare fughe in ogni direzione, ma nessuna di queste caratteristiche condiziona a tal punto nessuno dei due da considerarli come rinchiudibili in etichette così "classiche", come "compositore" e "strumentista improvvisatore".

Circa le parole dei musicisti, invece, credo che non ci si debba mai fidare, ogni artista ha la necessità di nascondere i suoi segreti e spesso affermano cose non vere, questo è tradizione jazzistica, come lo è nelle altre arti maggiori, è nell'artigianato che considerazioni etiche diventano più importanti e i percorsi produttivi più osservabili con spirito classificatorio.
L'artista è sempre più libero di quello che dice di essere.

juggler
1st October 2011, 01:29
"l'artista è sempre più libero di quello che dice di essere".
Indubbiamente, ciò che produce è piu' significativo di tutte le attribuzioni che può offrire o di quelle che gli vengono attribuite.

"è nell'artigianato che considerazioni etiche diventano più importanti e i percorsi produttivi più osservabili con spirito classificatorio."
Affermazione alquanto oscura e indecifrabile. L'artigianato comporta considerazioni etiche? E quale spirito classificatorio comporterebbero
certi percorsi produttivi?

Non intendevo mettere etichette a nessuno, ma evidenziare solo delle diversità d'approccio che sono evincibili dalla produzione
dei 2 artisti chiamati in causa: che Ornette venga considerato anche un teorico di un nuovo approccio musicale, è cosa ben nota
l' armolodia (il cui termine mi fa un po' sorridere...) è una filosofia, una metodologia, un percorso intuitivo-percettivo?
Di sicuro, anche Coleman, si è divertito a creare una confusione maggiore con le parole piu' di quanta ne abbia creata con i suoni:
personalmente, la cosa in sè, mi interessa poco...mi incuriosiscono piu' le sue opere, il suo approccio, anche se poi non tutto mi convince
pienamente, ma bisogna riconoscere un'apprezzabile coerenza e in piu' casi meravigliose intuizioni, come anche un umorismo musicale sottile,
non comune.

E' vero: tutte le classificazioni sono posteriori e questo è accaduto in tutte le epoche; la teoria è sempre posteriore alla creazione.
Ma tutti i "creatori" si sono posti problemi di ordine strutturale: a volte si son usati riferimenti simbolici, archetipi (come accade nelle forme musicali naturali, popolari o tribali), o anche semplicemente l'intuizione, riferimenti numerici, certi retaggi o rivisitazioni del passato e quant'altro...
Il bisogno di una configurazione che abbia una sua coerenza è sicuramente un'attitudine, una necessità umana, espressa in molti modi e in tutte le attività umane.

Per Fra
Se rifletti meglio, non c'è contraddizione: se sei libero fai delle scelte e una volta che hai scelto sei meno libero,
la scelta che hai fatto ti darà delle possibilità e dei limiti; la creatività non è possibile senza limiti...anzi, solo chi ha o si dà dei limiti
esercita la sua creatività...ed è quello che Coltrane ha sempre attuato, tutti gli artisti ispirati o uomini di genio hanno attuato.
Anche Coleman, che sembra andare dove gli pare, ha un limite: ad un livello di estrema estemporaneità, il limite è l'ispirazione
che possiedi al momento, l'energia e l'intuizione che ti sostengono nell'azione...e in certi casi, possono venir meno...nessuno è mai o sempre al top delle sue possibilità.
Prima che artistica è una lezione profondamente umana: la libertà, in senso assoluto, non esiste.

Sax O' Phone
1st October 2011, 02:41
Circa le parole dei musicisti, invece, credo che non ci si debba mai fidareQuesta tua affermazione mi ha portato a riflettere e la condivido: effettivamente tutti gli artisti devono confrontarsi con lo spirito ispiratore che li porta alla realizzazione di opere attraverso una forma razionale e tecnica più o meno definita strutturalmente. In questo stesso senso potremmo definire l'artista come artigiano in un senso più elevato, che non è cioè limitato dalle proprie abilità e conoscenze, ma che sfrutta le proprie intuizioni.
Ora lo stesso autore avendo rivelato la propria scoperta nell'esecuzione, e dovendola descrivere può ricorrere a termini che a volte sviano l'attenzione dal soggetto, oppure addirittura ne contraddicono il messaggio, sopratutto quando un'azione creatrice ed artistica viene determinata dalla scoperta di nuove regole ed assiomi, spesso in collisione con quelli sino a quel momento riconosciuti ed affermati.
Se poi questo logos dell'artista venga a formularsi celandosi per sue deficienze caratteriali, per secondi fini o per semplice incapacità e limite della sua stessa consapevolezza è pure facilmente accertabile, confrontando le sue affermazioni con la sua azione creativa.
Spesso nelle avanguardie si è voluto giocare con questa ambiguità intellettuale in modo provocatorio, per esempio lasciando ai critici la 'patata bollente' della definizione 'a posteriori' e della valutazione circa la validità delle proposte dei nuovi movimenti,
Se un Davis o un Blakey sono notoriamente poco coerenti nelle proprie affermazioni rispetto alle loro opere, e conseguentemente ancor di più rispetto a quelle altrui, probabilmente lo si potrebbe pensare anche di Coltrane (persino rispetto alle sue affermazioni rigurado Coleman): a questo proposito mi viene in mente l'aneddoto di Red Rodney che quando suonava con Parker intimorito chiedeva al Maestro 'ma in che tonalità suoniamo?' e la risposta di Bird era ineluttabilmente 'B flat seventh'! :D

...I always felt that Bird didn't really play with the knowledge of chord changes. His instinct was so great, and his ear was so great and his ability on his horn was so great that he really didn't have to know. But I caught him a couple of times. I asked him, 'Where does the bridge go?' Like on 'The Song Is You'. And he said 'B flat seventh". And I looked at him, like 'what'? And I saw that Al Haig was laughing. And I thought, 'Wait a minute, is he putting me on or what?" And it happened two or three more times on different tunes, and it was always 'B flat seventh'. You know, it might have been F sharp minor seventh or something, and I said, 'Oh oh, maybe he doesn't know'. [...] But what's the difference? He never played wrong. He always played beautifully.[...]I said that I suspect he didn't know the changes, formally. He didn't know that B flat minor seventh went to E flat into A flat. He didn't know that. I think. I'm not sure I'm right... Yes, I am sure I'm right, because many times I asked him where we were, what chord that was and he always gave me that off-the-wall answer.

fcoltrane
1st October 2011, 04:17
per Juggler
ed in effetti è quello che penso e che provavo ad esprimere .


non è un caso che dal mio punto di vista sia da considerare una opera d'arte anche un semplice blues in bb o addirittura un unico suono.

per Zakalima e Sax ophone

quello che dite è condivisibile ma manifesta un certo scetticismo.
è chiaro che nel caso specifico non è possibile interpellare Coltrane .
ma tra il critico per quanto preparato e l'artista preferisco fidarmi del secondo.
se si ha la fortuna di conoscere il creatore di un opera che si apprezza e che sia in vena di confidenze
o di sbottonarsi si può provare a comprendere meglio alcuni aspetti del processo creativo.
ciao fra

zkalima
1st October 2011, 22:00
Il fatto è che un critico è quasi sempre qualcuno che vuole misurare una portaerei dentro la sua vasca da bagno, quindi, salvo poche eccezioni, dice delle minchiate.
Da anni ho smesso di leggere le riviste di jazz per questa ragione, compravo un numero di Musica jazz su Yusef Lateef e le uniche informazioni che avevo erano relative a quando e con chi ha suonato, poche caratteristiche sul suo stile, ma nulla che mi avvicinasse a lui come uomo e come artista.

In fondo Polillo con tutti i suoi limiti ha sempre lasciato dei ritratti a cui ci si poteva affezionare, senza pretese di obiettività, rifacendosi umilmente alla sua esperienza, oggi è pieno di laureati in jazz che, come diceva Dexter Gordon in 'Round midnight, suonano la sua musica meglio di lui.
In particolare il "Free" è un territorio che ha vissuto il massimo delle contraddizioni, e di cui parlare è difficile, a meno che uno non faccia "Free" a sua volta, cioè sia un poeta militante.

Sax O' Phone
2nd October 2011, 03:32
Bhe, è certo che il 'critico' dovrebbe essere mosso innanzitutto... dall'amore per il soggetto che lo interessa!
Ovvero, deve avere una grande passione che lo spinge ad approfondire, se non proprio a partecipare, alla forma d'arte che lo coinvolge e che lo muove.
In questo senso può essere persino utile non solo al pubblico, ma all'artista stesso, fornendogli chiavi di lettura che gli permetteranno appunto di strutturare la propria opera; il guaio per l'artista è che se poi spende le proprie energie in questo, rischia di perdere la propria capacità intuitiva, e forse per questo molti maestri preferiscono dire bischerate lasciando ai critici l'interpretazione delle loro azioni creatrici, ed usano il loro tempo a sviluppare il loro modo espressivo.
Insomma, una passione condivisa che nasce dall'artista, che contagia il critico che la trasmette al pubblico. Certto non sempre questo accade, per vari motivi.

juggler
2nd October 2011, 09:59
"I critici musicali sono persone che non sanno scrivere,
che intervistano persone che non sanno parlare, per un pubblico che non sa leggere" (Frank Zappa)

Sax O' Phone
2nd October 2011, 11:22
Hahahaha!
'E non ho altro da dire su questa faccenda.' Forrest Gump :D