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Discussione: Riflessione sul momento del jazz...

  1. #16

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Non so se tutto quello che oggi viene prodotto e inserito in quel grande "calderone" chiamato jazz possa dirsi tale o sia qualcos'altro...nè se può essere definito jazz, qualunque "materiale" dove ad un certo punto si improvvisa o si improvvisa...punto! Certo, la confusione è massima...tutte le affermazioni che si possono fare a riguardo sono giuste e sbagliate allo stesso tempo! Per la sua natura sfuggente e accogliente, questa musica si è sempre "barcamenata" fra 2 limiti che per molto tempo sono stati visti e interpretati come inconciliabili: quello di essere una musica d'intrattenimento con caratteristiche "colte" o una musica colta d'intrattenimento...ma neanche ciò mi convince! Di sicuro, ha frantumato e unito ciò che un tempo costituiva la divisione di 2 mondi, 2 tradizioni (modus operandi) distinte e separate: quella "colta occidentale" (scritta), quella orale (ma non meno complessa) comune a tutte le altre tradizioni musicali del ns. Pianeta.

    Il rapporto scrittura e oralit* è alquanto complesso: nella tradizione musicale europea ha avuto, nei secoli, diverse "varianti interpretative" ovvero la fedelt* al "testo scritto" non è stata sempre così "rigida" come è oggi accademicamente intesa...nel periodo barocco, ad esempio, compositori come Bach, Vivaldi, Corelli ecc. soprattutto nelle loro composizioni "solistiche" non si aspettavano fedelt* al "testo" ma lasciavano ampio margine ai solisti (che erano anche buoni compositori) di "infiocchettare" o reinterpretare certi passaggi o di creare libere cadenze (a partire dal primo Ottocento, le "libere cadenze" divennero scritte anch'esse...per la "scissione" fra i 2 ruoli che non coincidevano piu'...compositore-interprete).

    Nel jazz, tale "metamorfosi" è stata di segno contrario...si è partiti da una "fedelt* testuale" con "infiocchettature" (nei musicisti dell'era Swing, le improvvisazioni erano poco piu' che "varianti tematiche abbellite"...se escludiamo, qualche personalit* eccezionale come Jelly Roll Morton, Coleman Hawkins o Art Tatum) per arrivare ad una sorta di "pretesto musicale" per esibire, sia su materiale preesistente che originale, le proprie abilit* tecniche e musicali. Dalla nascita del bop al free-jazz, gli stili "compositivi" sono dipesi in grande misura dalle abilit* strumentali dei singoli musicisti piu' che da una visione evolutiva delle "possibilit* compositive": il "compongo come improvviso" (e ciò vale tanto per Parker quanto per Coltrane o Ornette Coleman) è prevalso su "improvviso su ciò che compongo" (che ha caratterizzato Ellington, Mingus, Gil Evans, George Russell...musicisti che avevano una piu' ampia visione formale di una composizione).

    Monk è, forse, un caso isolato e a sè stante, in una posizione sghemba e intermedia fra le due tendenze descritte...Miles le ha attraversate entrambe...oggi fra queste 2 tendenze mi sembra che prevalga la prima...l'abilit* strumentale unita allo stile di riferimento determina il fluire musicale e quindi una certa "prevedibilit* d'azione" ovvero la noia...e poi, non esiste piu' una "comunit* jazzistica", un "comune sentire" che ha permesso di veder suonare insieme, nel passato, musicisti apparentemente antitetici come Hawkins-Parker o Roach-Braxton! Oggi esistono le..."parrocchie"...una massa di individualisti con degli "orientamenti" o con i loro "altarini"...che fanno continue "genuflessioni" ai "miti" di cui rifanno il "verso"...l'originalit* si è trasformata in fanatismo: per comodit*, pigrizia, furbizia...boh...giudicate voi!

    E' probabile che per effetto di un'evoluzione sincretica, si arrivi a non distinguere piu' composizione e improvvisazione o non necessarimente qualcosa identificabile come jazz o altro... ma semplicemente "musiche" che hanno una propria autonomia espressiva e poetica in grado di emozionare e di esprimere le contraddizioni e le speranze della ns. epoca così come hanno fatto i grandi maestri del passato!
    La musica la materializzazione dell'intelligenza che nel suono.
    Edgar Varse

  2. #17

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    a mio modesto parere non ha più senso parlare solo di jazz o solo di rock o solo di punk o solo di funk, ecc...

    la musica si fonde si scompone continuamente mischiando gli stili in questo modo si rigenera, ha sempre fatto così e mi s* che sempre lo far*. uno dei modi +efficenti per renderla ancora interessante è mischiarla credo che solo così si può evolvere.

    il jazz inteso come solo jazz secondo me è morto, come è morto il rock inteso come solo rock, ecc.

    è inutile continuare a suonare nella stessa maniera all'infinito si diventa patetici non si progredisce e ci si diverte poco.

    Secondo me la musica è una cosa talmente importante che se non la si suona per sinceramente per ricercare qualcosa di nuovo e arricchirla, non gli si porta rispetto. Per rispettarla bisogna osare.

    Chi dice che non c'è + niente da inventare è morto!

    ci sono molte nuove scene musicali molto interessanti come quella romana del jazzcore (http://www.jazzcore.org ), ma nel mondo di plastica in cui viviamo sono sottostimante, ma per fortuna c'è myspace e la autoproduzione che li rende "visibili"

  3. #18

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    non entro nella discussione,
    comunque oggi ho comprato
    la rivista musica jazz
    con allegato il cd: nuove voci femminili.
    io e ill mio sax abbiamo gradito! :saxxxx)))
    alto Trevor James
    soprano Jean Michael
    imboccature Berg Larsen / Yamaha
    ance Vandoren

  4. #19

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Benché, pensando, per esempio, da una parte a Lonely Woman e dall’altra a Skies of America, farei rientrare Ornette Coleman nella categoria dei musicisti che, come Miles Davis, hanno attraversato sia il “compongo come improvviso” che “l’improvviso come compongo”, direi che l’analisi di Juggler sia sostanzialmente condivisibile e apprezzabilmente lucida.
    Aggiungerei solo che non mi sentirei di considerare musicisti come Butch Morris, Henry Threadgill o Steve Coleman (e, purtroppo, pochi altri) privi di originalit*, poiché, mi sbaglierò, ma ho l’impressione che qualcosa di nuovo e di importante la stiano portando avanti da tanti anni ormai, sia pure anch’essi indotti dallo stesso coraggio della sperimentazione ad allontanarsi dal jazz genuinamente inteso, pure miscelandovi musiche altre (non mi piace l’espressione “contaminazione”, perché mi sa tanto di malattia!).
    Va detto, però, che, come Juggler ha rilevato, anche questi musicisti non comunicano tra loro e tendono a costituire “parrocchie”, il che non favorisce certo la creativit*, stimolata pure dall’interscambio.
    Inoltre, non sono più musicisti giovani e non mi pare che all’orizzonte ve ne siano di altrettanto interessanti, ma non escludo che potrebbero essercene in un futuro anche prossimo (o che ci siano gi* ed io non li conosco o non mi sia avveduto della loro esistenza).
    Personalmente, sono convinto che, per il resto, il jazz è una forma musicale sclerotizzata da almeno vent’anni nelle sue formule sempre più o meno uguali a se stesse, all’interno delle quali solo qualche solista (tipo Joe Lovano) riesce, senza avere né l’intenzione né la presunzione di innovare alcunché, a ritagliarsi un margine minimo di originalit*.
    Insomma, con le eccezioni di cui sopra, il jazz è oggi musica di repertorio non meno dei concerti per pianoforte di Mozart.
    Concordo pure con Pumatheman, il quale sostiene che solo “mischiando gli stili”, col che credo intendesse “mischiando le musiche”, è possibile la rigenerazione (direi soprattutto oggi) e che “il jazz inteso come solo jazz” è morto.
    Una speranza, infatti, potrebbe venire anche dall’apporto dei musicisti, oggi sempre meno invisibili, del terzo mondo, i quali tendono a fondere il jazz con la propria musica tradizionale.
    Sax tenore Markneukirchen Klingenthal B&S anni '80, bocchino Aaron Drake "Jerry Bergonzi" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    Sax soprano curvo Yanagisawa 010, bocchino Aaron Drake "New Era" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    "You've got to be original, man" (Lester Young)

  5. #20
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    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Forse siamo troppo concentrati sugli aspetti musicali, e ci sfugge l'aspetto sociale e culturale, che forse è fondamentale. Provo a fare un riassunto: negli anni '20 e '30 c'erano i club clandestini dove si beveva alcool e i 'negri' suonavano cose incredibili, scatenando gli istinti animaleschi dell'Africa anche negli uomini civilizzati; successivamente, dopo la legalizzazione di quel mondo, si formano le orchestre da ballo, e centinaia di queste che coinvolgono migliaia di musicisti, coprono l'interezza del territorio, mentre la moda si diffonde anche negli altri continenti. Milioni di persone praticano il Lindy Hop, e insomma ballano come forsennati con lo swing; nel frattempo i musicisti delle big bands che suonano di routine i ballabili, nelle after hours si ritrovano e scaricano la loro frustrazione delle lunghe ore in cui devono rispettare i correnti canoni musicali, inventandosi frasi e costruzioni armoniche, ovvero nuovi dialetti dell'idioma; i musicisti non son più solo intrattenitori, ma artisti a tutti gli effetti: case discografiche fondate da amanti della musica, e ampie schiere di pubblico continuano a sostenere il genere; il rock&roll diventa la forma ballabile e d'intrattenimento, ed il jazz diventa sempre più marginale per il mercato e per il pubblico in generale. Mi chiedo se la crisi del Jazz, o la sua dipartita come viene sostenuto, non dipenda principalmente proprio dallo stato delle cose. Fondamentale è poi la formazione dei musicisti che dovrebbero arricchire il genere con la loro creativit*: forse ha ragione Horace Silver quando sostiene che la maggioranza dei musicisti che escono dalle scuole non hanno un'adeguata preparazione armonica: studiano composizione, arrangiamento e meccanismo, sparano milioni di note, ma non tutte sono giuste, invece di concentrarsi come dovrebbero su quelle piuttoto poche ma buone, come facevano i loro predecessori, che quant'anche avessero suonato milioni di note (Bird) esse avevano tutte una ragione per esservi.
    Io sto diventando presbite, qualcuno può aiutarmi a vedere cosa c'è qui vicino?
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  6. #21

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Se per "morto" si intende che non lo fanno sentire troppo in giro sono daccordo.... Ma se si intende che non ha più sbocchi, non lo sono più.... Io credo che il jazz non sia una serie di regole, ma una situazione sonora dove esistono spazi vuoti e pieni e il tutto rende questa musica una specie di coperta di lana in inverno... calda, morbida (o anche ruvida), avvolgente, dolce.... indispensabile. Credo che tutto sia trasformabile in jazz ed è proprio questo il bello di questa musica... se la si guarda così, di sbocchi ne ha infiniti... provate ad ascoltare L'Opera v* con Rava e Galliano, Gatto e Pietropaoli e un'orchestra classica.... Solo che queste cose non le fanno ne vedere ne sentire al pubblico che non le conosce.... Il discorso non è chiedersi cosa è morto o cosa è vivo... ma cosa vogliono farci passare per morto e cosa per vivo...
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  7. #22

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Mi rivolgo a Sax'O e a Lan...per questioni di spazio-tempo e argomentative... MyLadySax, un po' di pazienza, ti rispondo appena mi è possibile...per approfondimenti alle sollecitazioni interessanti che hai offerto al dibattito.

    Sax'O...a volte trattasi solo di pertinenza: Alessio nell'aprire il topic ha dato un "taglio" di tipo musicale sullo stato attuale del jazz... ed è bene seguire l'onda...se ti preme fare un dibattito socio-antropologico sul jazz, nessuno credo ti vieta di farlo aprendo una nuova discussione che vada in quella direzione! Nella "centrifugazione" dell'entusiasmo, hai fatto piu' "note"...di quelle che servivano (uso la tua stessa parafrasi musicale).
    Ad un certo punto affermi..."i musicisti non son più solo intrattenitori, ma artisti a tutti gli effetti"...i musicisti sono, per antonomasia, degli artisti intrattenitori: che eseguano musica da ballo, di repertorio o qualcosa di "intellettualmente impegnativo" sempre tali rimangono...i musicisti di ogni epoca, sono "servi"...un tempo del "Principe" che li aveva a corte...nell'era "Moderna", "servi" delle mode, dei gusti del pubblico, delle "bizze" del mercato...soprattutto quando dalla loro attivit* dipende anche la loro sopravvivenza! E' una realt* che non si può cambiare!
    Il jazz ha avuto sempre (o quasi) un mercato marginale...tutta la musica prettamente strumentale, in ogni tempo, non ha mai avuto vita facile...perchè richiede maggior concentrazione, sensibilit* e un certo impegno intellettuale...che non tutti sono disposti a "concedere" all'ascolto...il canto è ciò che raggiunge la "massa"...in modo diretto e senza bisogno di particolari competenze, studi o sensibilit*... Poi aggiungi: "forse ha ragione Horace Silver quando sostiene che la maggioranza dei musicisti che escono dalle scuole non hanno un'adeguata preparazione armonica: studiano composizione, arrangiamento..." Se si studia composizione e arrangiamento, bisogna avere necessariamente un'ottima preparazione armonica...perchè ci sono problemi ardui e complessi quali la strumentazione, l'orchestrazione, le possibilit* estetico-espressive di ciascun strumento ecc. Il problema vero è che ci sono in giro molti buoni/ottimi strumentisti con scarse conoscenze storiche e competenze che riguardano la strutturazione formale della musica (l'armonia è solo un aspetto): la musica è un linguaggio a-semantico perchè la forma e il contenuto sono la stessa cosa...un "assolo" pieno di note, senza un briciolo di costruzione formale è come chi parla senza riflettere...Parker aveva trovato un suo "ambito formale" (per la verit*, molto ristretto) e in quello raccontava il suo "universo interiore"...i suoi "emuli" esasperano solo le "acrobazie" di quel linguaggio non le implicazioni che esso contiene...e fino a quando ci saranno in giro giovani che credono di "imparare il jazz" suonando l'omnibook di Parker alla velocit* della luce o imparando interi testi di patterns...non è il jazz che muore...ma è l'"intelligenza musicale creativa" che è finita!

    Lan...conosco "L'Opera v*"...ormai è di qualche anno fa...conosco anche l'esegesi...è stata un'idea di Bruno Tommaso nella quale coinvolse dapprima Rava e poi gli altri che hai citato...è stata un'operazione studiata a tavolino...ed ha girato anche parecchio in Europa oltre che in Italia...che dire...è un bel lavoro...ma non è innovativo...è sempre la forma canzone in jazz con una veste sinfonica (derivata questa volta da Puccini & C.)...Non credo che il pubblico non conosce certe "cose"...perchè magari non vanno in televisione (da quello che mi pare di intendere)...il pubblico oggi è un'entit* eterea e trasversale quanto imprevedibile negli orientamenti a causa dell'eccessiva "frammentazione" degli ambiti culturali...se uno ha "fame", cerca il "cibo"...non aspetta la "divina Provvidenza"...a buon intenditor...
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  8. #23
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    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Sì, infatti aprivo il mio intervento su un Forse... Per dovere di completezza visto che ho tirato in ballo Horace Silver, e che mi sembra uno spunto molto inerente lo cito traducendovelo:
    Citazione Originariamente Scritto da [b
    Horace Silver[/b], 'Let's Get To The Nitty Gritty']C'è stato un periodo tra il 1980 ed il 1985 in cui era sempre più difficile trovare giovani musicisti jazz per il mio quintetto che fossero dello stesso calibro al quale mi ero abituato. La maggior parte erano ottimi lettori, ma non avevano una sufficiente preparazione armonica. Mancavano di capacit* improvvisative. Non riuscivano ad entrare nella progressione degli accordi. Suonavano troppe note, alcune delle quali sbagliate. Suonavano troppo a lungo senza aver molto da dire. Non erano consistentemente bravi solisti. Non conta la quantit* delle note che suoni, ma piuttosto il loro valore. Se puoi suonare molte note e affermare qualcosa di valido, tanto meglio. Ma un semplice sfoggio di tecnica non significa che tu dica qualcosa. Nella musica dovrebbe esserci spazio. Essa deve respirare, come noi del resto. [...] Il Jazz è fondamentalmente Improvvisazione. Per coloro che desiderano diventare grandi improvvisatori jazz, una buona conoscenza dell'armonia è assolutamente essenziale. Le scuole di musica concentrano gli sforzi sulla lettura, il suonare in sezione, arrangiamento, orchestrazione, e molti altri validi aspetti della musica, ma non pongono sufficiente enfasi sulla necessit* di una buona conoscenza dell'armonia per poter improvvisare al meglio.[...] Con questo non voglio discreditare questi giovani o i loro insegnanti. Vorrei solo portare l'attenzione su questo aspetto nella speranza che qualcosa di positivo possa essere fatto. Da adolescente, i tipi con cui passavo il tempo suonando jazz erano tutti nella progressione degli accordi. Praticavamo improvvisando sui pezzi standard ogni giorno. Potevamo leggere la musica, anche se non è che fossimo grandi lettori. La nostra enfasi era sulla progressione degli accordi e l'improvvisazione. [...]
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  9. #24

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Citazione Originariamente Scritto da juggler
    Lan...conosco "L'Opera v*"...ormai è di qualche anno fa...conosco anche l'esegesi...è stata un'idea di Bruno Tommaso nella quale coinvolse dapprima Rava e poi gli altri che hai citato...è stata un'operazione studiata a tavolino...ed ha girato anche parecchio in Europa oltre che in Italia...che dire...è un bel lavoro...ma non è innovativo...è sempre la forma canzone in jazz con una veste sinfonica (derivata questa volta da Puccini & C.)...Non credo che il pubblico non conosce certe "cose"...perchè magari non vanno in televisione (da quello che mi pare di intendere)...il pubblico oggi è un'entit* eterea e trasversale quanto imprevedibile negli orientamenti a causa dell'eccessiva "frammentazione" degli ambiti culturali...se uno ha "fame", cerca il "cibo"...non aspetta la "divina Provvidenza"...a buon intenditor...
    Tu parli di situazioni per come le vivi tu, per come le vivo io.... ma il 90 % della gente pende dalle labbra di quelli che sono dentro al Grande Fratello (non serve aggiungere altro)..... inutile scrivere tante belle cose, sono daccordo con te su tutto, ma non sul fatto che la gente cerca qualcosa di meglio... la gente si siede sul divano e si lascia avvelenare per poter essere un automa servile.
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  10. #25

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Lan...mi viene in mente la frase di Forrest Gump, dal film omonimo: "Stupido è, chi lo stupido fa"...e si attaccasero al tram
    tutti i "tele-dipendenti" da "monnezza circolante"...c'è chi pensa e chi è "pensato" direi telecomandato...fottuto e "felice"...la televisione (aggiungerei anche cellulari e computer) è un elettrodomestico quando non serve...si spegne! Non mi appassionano e non credo a tutte quelle false discussioni deprimenti sui modelli televisivi, messaggi negativi ecc. E' sempre un problema culturale ed educativo ma anche di sensibilit* e intelligenza individuale!

    Sax'O...non avevo dubbi sulla tua buona fede...mi vien tuttavia da dire che forse Horace Silver in quel mentre...cercava o ha cercato i musicisti che gli servivano nel posto sbagliato...se si ha chiaro quel che si vuole in termini musicali si sa pure dove andare a "pescare"...rimane comunque la questione che se si studia orchestrazione e/o arrangiamento è impossibile non conoscere l'armonia...come fai a distribuire, ad esempio, un block chord fra una tromba, un sax ed un trombone se non sai quale rivolto esalta i colori degli strumenti prescelti e come far procedere melodicamente le "voci" degli stessi? Mi sovviene un pensiero provocatorio...se Silver avesse potuto avere nei suoi gruppi... Eric Dolphy...avrebbe detto che non conosceva l'armonia? Bah...+ di qualcosa non mi convince...l'idea di jazz che propone mi sembra quella tipica per telefilm polizeschi tipo "Starsky e Hutch"...

    Hello, MyLadySax...forse potevi spendere qualche parola in piu' per definire meglio il tuo concetto su Ornette Coleman
    (sorvolo sul "improvviso come compongo" - "compongo come improvviso"....cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia...piccola svista..."improvviso su ciò che compongo" ha + di una "sfumatura di senso"...)
    Ornette è stato indubbiamente un compositore di belle melodie, ora tragiche, ora ironiche, ora comiche (secondo me, alcune... a tratti esilaranti) tuttavia, c'è una "continuit* concettuale" nei suoi procedimenti tanto compositivi quanto improvvisativi ovvero quello di procedere melodicamente quasi come in un "collage di immagini"...come certi pittori informali...soprattutto nei suoi primi lavori: il solo che fa in "Peace" (The shape of jazz to come), ad esempio, è una "vertigine melodica" (fra le piu' belle della storia del jazz) che potrebbe essere splendidamente cantata!
    Anche i "bozzetti brevissimi" della Suite "Skies of America" hanno quest'andamento per immagini sovrapposte che hanno piu' di un'analogia con i procedimenti compositivi magmatici e per "accumulazione" usati da Charles Ives: ma rimane sempre questa "continuit*" fra composizione e improvvisazione. Monk è molto piu' discontinuo...Round Midnight...Evidence...Bemsha swing...per chi non sapesse...potrebbero sembrare brani di compositori diversi!
    Ho amato e apprezzato Steve Coleman, quando suonava alla fine degli anni '80 nel gruppo di Dave Holland (secondo me, ancora uno fra i "vecchietti" creativi con il suo "free" variamente strutturato e orchestrato) e anche i suoi primi lavori "Motherland Pulse", "Black science" ecc. Ad un certo punto, si è "seduto" su se stesso...autocompiacendosi...e producendo sempre la stessa "minestrina" infarcita di hip-hop, rap, free-funk e varie suggestioni esoteriche...chiss*, forse, il punto è che non si può essere eternamente creativi...e dopo un po' si fa il verso...a se stessi! Di Henry Threadgill apprezzo l'uomo...di grande amabilit*, intelligenza e lucidit*...musicalmente siamo comunque sulla scia della Scuola di Chicago...Butch Morris non mi appassiona...il suo sistema di direzione produce una musica che va verso l'aleatoriet*...i risultati che ottiene sono simili ai procedimenti compositivi del primo Maderna, Nono... Musicisti come Lovano, Liebman... credo abbiano conservato quella caratteristica fondamentale dei grandi di un tempo ovvero la voce strumentale unica e irripetibile: per Liebman, magari, rispetto a Lovano, si può parlare di maggiore "ecclettismo stilistico"...se considero però altri "coltraniani" come Bergonzi o Garzone...mi è difficile distinguerli tanto il "lessico" è simile!

    A mio avviso, innovatore e originale è chi fa scaturire la propria ispirazione dalla profondit* dell'irrazionale: le "intuizioni rivoluzionarie" sono state sempre percepite al loro apparire come prive di buon senso e assurde (è accaduto a Parker, Coltrane, Mingus, Dolphy, Coleman):solo dopo molto tempo, vengono accettate da chi prima le avversava!
    Artisticamente, la vera saggezza non è in un atteggiamento compiacente e razionale, che porta solo a sterilit* e conformismo, ma in una lungimirante visionaria pazzia!
    La musica la materializzazione dell'intelligenza che nel suono.
    Edgar Varse

  11. #26

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Citazione Originariamente Scritto da juggler
    Hello, MyLadySax...forse potevi spendere qualche parola in piu' per definire meglio il tuo concetto su Ornette Coleman
    (sorvolo sul "improvviso come compongo" - "compongo come improvviso"....cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia...piccola svista..."improvviso su ciò che compongo" ha + di una "sfumatura di senso"...)
    Ornette è stato indubbiamente un compositore di belle melodie, ora tragiche, ora ironiche, ora comiche (secondo me, alcune... a tratti esilaranti) tuttavia, c'è una "continuit* concettuale" nei suoi procedimenti tanto compositivi quanto improvvisativi ovvero quello di procedere melodicamente quasi come in un "collage di immagini"...come certi pittori informali...soprattutto nei suoi primi lavori: il solo che fa in "Peace" (The shape of jazz to come), ad esempio, è una "vertigine melodica" (fra le piu' belle della storia del jazz) che potrebbe essere splendidamente cantata!
    Anche i "bozzetti brevissimi" della Suite "Skies of America" hanno quest'andamento per immagini sovrapposte che hanno piu' di un'analogia con i procedimenti compositivi magmatici e per "accumulazione" usati da Charles Ives: ma rimane sempre questa "continuit*" fra composizione e improvvisazione. Monk è molto piu' discontinuo...Round Midnight...Evidence...Bemsha swing...per chi non sapesse...potrebbero sembrare brani di compositori diversi!
    Ho amato e apprezzato Steve Coleman, quando suonava alla fine degli anni '80 nel gruppo di Dave Holland (secondo me, ancora uno fra i "vecchietti" creativi con il suo "free" variamente strutturato e orchestrato) e anche i suoi primi lavori "Motherland Pulse", "Black science" ecc. Ad un certo punto, si è "seduto" su se stesso...autocompiacendosi...e producendo sempre la stessa "minestrina" infarcita di hip-hop, rap, free-funk e varie suggestioni esoteriche...chiss*, forse, il punto è che non si può essere eternamente creativi...e dopo un po' si fa il verso...a se stessi! Di Henry Threadgill apprezzo l'uomo...di grande amabilit*, intelligenza e lucidit*...musicalmente siamo comunque sulla scia della Scuola di Chicago...Butch Morris non mi appassiona...il suo sistema di direzione produce una musica che va verso l'aleatoriet*...i risultati che ottiene sono simili ai procedimenti compositivi del primo Maderna, Nono... Musicisti come Lovano, Liebman... credo abbiano conservato quella caratteristica fondamentale dei grandi di un tempo ovvero la voce strumentale unica e irripetibile: per Liebman, magari, rispetto a Lovano, si può parlare di maggiore "ecclettismo stilistico"...se considero però altri "coltraniani" come Bergonzi o Garzone...mi è difficile distinguerli tanto il "lessico" è simile!

    A mio avviso, innovatore e originale è chi fa scaturire la propria ispirazione dalla profondit* dell'irrazionale: le "intuizioni rivoluzionarie" sono state sempre percepite al loro apparire come prive di buon senso e assurde (è accaduto a Parker, Coltrane, Mingus, Dolphy, Coleman):solo dopo molto tempo, vengono accettate da chi prima le avversava!
    Artisticamente, la vera saggezza non è in un atteggiamento compiacente e razionale, che porta solo a sterilit* e conformismo, ma in una lungimirante visionaria pazzia!
    Hallo, Juggler.
    Sì, penso che tu abbia ragione su Ornette Coleman. C'è continuit* tra il suo comporre e il suo improvvisare, una continuit* che caratterizzava pure la musica, per esempio, di Charles Parker. Pensa che poche settimane fa, ascoltando proprio Skies of America, io ed un mio amico chitarrista constatavamo divertiti come quell'orchestrona rispecchiasse il modo di procedere "per addizione" di Coleman in maniera sostanzialmente non dissimile da una qualsiasi formazione di ridotte dimensioni guidata dal geniale musicista e come le stesse cellule motiviche potrebbero essere altrettanto bene concepite all'interno di un suo assolo.
    Per inciso, feci notare al mio amico pure come l'arrangiamento orchestrale ricordi alquanto certe cose di Charles Ives.
    Forse, Coleman si distacca un po' da se stesso, per così dire, con composizioni come Forms and Sounds (1967), benché la concezione rimanga anche in tali casi fondamentalmente orizzontale, come la concezione che sorregge le sue improvvisazioni.
    Non avevo colto quel che intendevi, ma sono perfettamente d'accordo con te.
    Ciò non toglie che Coleman, portando alle estreme conseguenze la propria visione e sperimentando forme più estese, è andato ben oltre la semplice forma canzone e ben oltre il tipico combo jazz (diversamente da Charles Parker).
    Quanto a Steve Coleman, che dirti? L'ho visto in concerto l'estate scorsa con una formazione che mi è parsa alquanto scricchiolante, ma i suoi dischi mi piacciono molto, anche gli ultimi (Lucidarium, Invisible Paths), e trovo avvincente (e musicalmente vincente) l'idea di una musica nera globale e il lavoro, straordinario, sul ritmo e sulle radici africane del jazz. Francamente, non ho l'impressione di un autocompiacimento, semmai di un approfondimento di soluzioni gi* presenti nelle proposte giovanili.
    Certo che Henry Threadglill è sulla scia della Scuola din Chicago, come Dizzy Gillespie era sulla scia del be-bop, ma ascolta, per esempio, "Up Popped the Two Lips" o "Evr'ybody's Mouth's a Book" (2001): ce n'è di strada dal Trio Air! Solo non capisco perché non faccia più dischi.
    Indubbiamente, possiamo parlare di aleatoriet* della musica di Morris, nella misura in cui i musicisti chiamati a seguire le sue conductions partecipano, inevitabilmente, alla creazione dell'opera, ma il presupposto di base delle conductions è quello di estendere l'improvvisazione alla direzione d'orchestra in ambito jazz, per cui non chiamerei in causa Maderna o Nono. Hai mai visto Morris dirigere? E' meraviglioso. Un Nono o un Maderna che dirigono in quel modo sarebbero assolutamente impensabili, farebbero crepare dalle risate! Magari, un Duke Ellington contemporaneo...
    Su Lovano, Liebman, Bergonzi e Garzone, credo che tu abbia perfettamente ragione, benché Lovano, proprio per la sua riconoscibilit* di suono e di fraseggio, sia, tra i vivi, il mio sassofonista preferito.
    Sax tenore Markneukirchen Klingenthal B&S anni '80, bocchino Aaron Drake "Jerry Bergonzi" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    Sax soprano curvo Yanagisawa 010, bocchino Aaron Drake "New Era" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
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  12. #27
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    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Citazione Originariamente Scritto da juggler
    [...]
    mi vien tuttavia da dire che forse Horace Silver in quel mentre...cercava o ha cercato i musicisti che gli servivano nel posto sbagliato...se si ha chiaro quel che si vuole in termini musicali si sa pure dove andare a "pescare"
    Probabilmente a Malibù, clima a parte, difficlmente trovi qualcosa di veramente hot and cookin'...
    Citazione Originariamente Scritto da juggler
    ...rimane comunque la questione che se si studia orchestrazione e/o arrangiamento è impossibile non conoscere l'armonia...come fai a distribuire, ad esempio, un block chord fra una tromba, un sax ed un trombone se non sai quale rivolto esalta i colori degli strumenti prescelti e come far procedere melodicamente le "voci" degli stessi? Mi sovviene un pensiero provocatorio...se Silver avesse potuto avere nei suoi gruppi... Eric Dolphy...avrebbe detto che non conosceva l'armonia? Bah...+ di qualcosa non mi convince...l'idea di jazz che propone mi sembra quella tipica per telefilm polizeschi tipo "Starsky e Hutch"...
    Su questo non sono molto d'accordo con te: nella mia limitata esperienza non credo proprio che la conoscenza armonica per comporre o arrangiare possa assimilarsi all'immediatezza necessaria nell'improvvisazione, e credo che questo fosse il senso del discorso di Silver... e poi paragonarlo ad un compositore di sigle di telefilm poliziotteschi mi sembra un po' troppo riduttivo, sopratutto nel suo caso, e mi fa pensare che quasta volta sei forse tu a sparare troppe note e a spararle troppo grosse, ma essendo anche una questione di gusto, ognuno ha il suo kundal... guarda caso proprio Peace che tu citi e Lonely Woman, altro famoso pezzo visitato da Coleman, non è che venivano, che so, dalla serie Murder She Wrote?
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  13. #28

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Attenzione, Sax O'Phone: Lonely Woman di Horace Silver e Lonely Woman di Ornette Coleman sono composizioni differenti.
    Comunque, non so cosa intendesse esattamente Horace Silver.
    Vero (e ovvio) che saper comporre e orchestrare implica - come scrive Juggler - la conoscenza dell'armonia, per cui sarei indotto a interpretare le parole di Silver nel modo in cui le hai interpretate tu: conoscere l'armonia non significa automaticamente saper mettere in pratica tale conoscenza nell'improvvisazione.
    D'altronde, mi chiedo: com'è mai possibile che musicisti bravi a tal punto da arrivare a suonare con Silver sbagliassero addirittura le note nei propri soli?
    Per capire il senso, che a mio avviso resta recondito, temo avremmo bisogno dell'aiuto dello stesso Silver (un giurista direbbe: di un'interpretazione autentica)!
    Comprendo la provocazione di Juggler, ma ritengo che Silver, che è un pianista e musicista straordinario, non avrebbe mai avuto dubbi su Eric Dolphy, che sapeva sempre perfettamente cosa faceva, anche quando suonava "fuori".
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  14. #29
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    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Hai ragione MyLadySax: sia Peace che Lonely Woman condividono solo il titolo. Resta comunque il fatto che Silver ha scritto pezzi memorabili, e che la sua discografia dopo gli anni '70 rimane tutt'ora molto poco ascoltata e valutata, proprio a causa delle sue scelte contro-tendenza, e dal fatto che abbia voluto, proprio per avere maggiore libert* artistica, di auto prodursi con la Silveto, che di fatto non aveva una gran distribuzione, e non era neppure supportata dalle radio jazz: queste preferivano trasmettere solo i pezzi di Silver antecedenti, fatti con la Blue Note e Columbia, degli anni '50 e '60.
    Certamente il suo discorso relativo al livello qualitativo della nuova generazione di musicisti potrebbe essere veramente condizionato dal fatto che dopo anni di lotta in trincea Horace abbia deciso di lasciare NYC e di andare a stabilirsi in California; è altrettanto vero che i suoi quintetti sono sempre stati di altissimo livello, difficilmente ripetibili. Bisogna anche considerare che il buon Silver è ora un ottuagenario che ne ha viste e sentite di cotte e di crude, e che comunque, nelle sue parole riguardo alla musica di Coleman, non è his cup of tea, per dire che comunque lui rimane un main-streamer, se proprio vogliamo definirlo...
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  15. #30

    Re: Riflessione sul momento del jazz...

    Citazione Originariamente Scritto da juggler
    Lan...mi viene in mente la frase di Forrest Gump, dal film omonimo: "Stupido è, chi lo stupido fa"...e si attaccasero al tram
    tutti i "tele-dipendenti" da "monnezza circolante"...c'è chi pensa e chi è "pensato" direi telecomandato...fottuto e "felice"...
    Posso essere daccordo... anzi lo sono in quanto senza tv in casa e solo poco pcdipendente... Però non ho l'abitudine di sottovalutare le persone o di sentirmi più grande di altri... Questo perchè conosco persone VERAMENTE geniali, che, ahimè, seguono il Grande Fratello... Musicisti veramente con le palle, scrittori e pittori.... insomma Artisti con la A maiuscola. Per questo non me la sento di sentirmi superiore a nessuno, ma semplicemente fortunato ad avere i gusti che ho, anche se questo è come sempre soggettivo ed opinabile.
    SOPRANO SEMICURVO R&C R1 Jazz
    Bari 6*, Vandoren 3
    Tenore R&C R1
    Jody Jazz 6*, Rico 3
    Akai EWI 4000s +modulo Yamaha Motif XS Rack
    + Yamaha VL70m con Turbo Patchman

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