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Discussione: Cosa ne pensate del jazz europeo?

  1. #61

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Raccontata come una favoletta, potrebbe "apparire"... come tu riassumi, MyLadySax...ma ci sono questioni un po' piu' complesse che è difficile definire in modo completo o quanto meno accettabile. Per ciò che concerne il blues, le "influenze mediterranee" e le "coincidenze" con le musiche del Sud Italia, sono state ampliamente dimostrate dalle ricerche di Lomax e Carpitella...per ciò che concerne il "collegamento"...popolazioni delle foreste pluviali con "linguaggio percussivo poliritmico" e influenza diretta di questo sul jazz, a mio avviso, non è dimostrabile...c'è chi si accontenta anche fra gli studiosi di questa "suggestione"...ma ci sono una serie di "variabili socio-antropologiche" a cui non è possibile rispondere con certezza e che cercherò ora di evidenziare.

    1) Come si fa a stabilire se le "deportazioni forzate" degli Africani, nelle Americhe, fossero omogenee dal punto di vista etnico
    ovvero che gli "schiavi" deportati nelle varie regioni dell'America del Sud, provenissero dallo stesso ceppo sociale e culturale?
    Lo schiavismo era praticato anche tra le varie tribu' o regni africani in lotta fra loro...se, ad esempio, veniva catturato un guerriero che nella sua tribu' aveva anche "funzioni musicali"...in che modo veniva integrato nel nuovo contesto? Era considerato un "animale da soma" o c'era la possibilitÃ* di un "riscatto integrativo" in termini sociali, stabilito da particolari riti o prove di coraggio o quant'altro? E se sì...gli veniva riconosciuta la sua "vecchia funzione" o gli si attribuivano altri compiti specifici?

    2) C'è chi sostiene che l'idea di ridurre in schiavitu' i popoli africani (o quanto meno una buona parte di questi) sia venuta agli spagnoli e portoghesi, emulando un costume e una credenza tipica del popolo Tuareg: i Tuareg, credevano inferiori le popolazioni di colore, presenti sulla costa...e spesso e volentieri, essendo un popolo di razziatori, saccheggiavano e riducevano in schiavitu', anche i bambini...l'unica nota "positiva" è che li integravano all'interno del loro gruppo sociale affidandoli dei compiti specifici e si prendevano cura di loro, ad esempio, se si ammalavano o fino alla vecchiaia; ma è vero, anche, che incominciarono ad usarli come merce di scambio con gli Europei per avere armi o altre masserizie e in taluni casi aiutavano, come guide, i "negrieri"...i quali dovevano raggiungere un certo "contingente umano" prima di partire per le Americhe e quindi deportavano piu' tribu', piu' popolazioni...insomma, quando questi "sfortunati" venivano imbarcati potevano provenire tanto dalle zone interne quanto da quelle sulla costa...

    3) Le popolazioni sub-sahariane dell'interno, dal punto di vista musicale, non possedevano solo "qualitÃ* melodiche" (come giÃ* ho descritto) ma anche una tradizione ritmica vivace e a suo modo di una certa complessitÃ*...

    4) La poliritmia è piu' evidente e tangibile, nelle musiche delle zone caraibiche e nel Brasile (anche queste zone furono, per lungo tempo, attraversate da flussi di schiavi deportati per lavorare nelle piantagioni di caffè, canna da zucchero ecc.)

    5) Dov'è la poliritmia, nel jazz delle origini? La "contaminazione europea" è piu' evidente di quella africana...la radice africana appare come "ri-appropriazione culturale" a partire dal be-bop in poi...ma come dire...nel frattempo gli "schiavi" erano un triste ricordo...anche se rimaneva la "segregazione razziale"...

    6) Sono passati 91 anni, da quando fu inciso il primo disco di jazz...era il 1917...dalla "Original Dixieland Jass Band"...direttore era un italo-americano, figlio di emigrati siciliani: Nick La Rocca.
    Gli italiani o meglio gli italo-americani hanno dato un contributo alla nascita e agli sviluppi del jazz notevole: dopo tanti anni di "oscurantismo"...è stata fatta luce anche su questo aspetto...ma questo è un altro discorso...
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
    Edgar Varèse

  2. #62

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Ben tornato, Juggler.
    "Influenze mediterranee"? Indubbiamente sì, sono verosimili sul blues, che è nero, ma è pure bianco, dato che in Africa non c'è mai stato.
    Anche se credo si tratti più di "coincidenze" che di "influenze": la musica medio-orientale ha, come tu sostieni, influenzato la zona più interna del Continente che è entrata in contatto con il mondo arabo, ma pure l'Europa, e non solo mediterranea, in seguito all'invasione araba in epoca medioevale (Van Der Merwe).
    Le deportazioni nelle Americhe non potevano essere etnicamente omogenee, poiché l'area dell'Africa occidentale subsahariana interessata dalla presenza colonizzatrice europea (portoghesi, spagnoli, ecc.) è vastissima e comprende Mandinka, Kissi, Akan, Ewe, Yoruba, Ibo, Ngombe, Zulu, ecc., tutti popoli con lingue e tradizioni non solo musicali diverse, per cui il sincretismo ha riguardato anche le stesse tradizioni africane.
    Nè pare vi fosse omogeneitÃ* sociale e culturale tra i deportati nelle navi negriere, poiché la tratta è stata alimentata sia - soprattutto nel primo periodo della colonizzazione, ma successivamente pure ad opera degli inglesi - attraverso il rapimento violento e indiscriminato sia attraverso il meccanismo dello scambio oggetti contro uomini, di norma giÃ* schiavi o prigionieri, appartenenti ai gradini più bassi di un sistema sociale simile a quello feudale.
    Quanto dici sulla possibilitÃ* o meno dello schiavo di guerra di riacquistare, per esempio affrontando una prova di coraggio, la propria libertÃ* e con la propria libertÃ* pure la propria "funzione musicale" mi sembra argomento assai interessante su cui non mancherò di riflettere, però forse è ancor più importante chiederci se allo schiavo, che avesse o non avesse prima di essere schiavo "funzione musicale", fosse preclusa qualsiasi attivitÃ* di tipo musicale oppure no; ma anche chiederci se la funzione musicale presso certi popoli africani sia esclusiva pertinenza di specialisti.
    Quanto alla poliritmia nel jazz primigenio, o, più esattamente, nel jazz delle prime registrazioni, dal 1917 se quello dell'Original Dixieland Jass Band fosse davvero jazz, devo essere sincero, Juggler, ma, benché nelle musiche caraibiche e brasiliane sia assai più tangibile, non mi pare si possa negare (ho quintali di registrazioni del jazz degli anni '20: dixieland, New Orleans style, J. R. Morton, le prime formazioni Hot di Armstrong, il primo stride...): la sovrapposizione di un pattern ritmico di quattro note su un metro di 2/4 o 4/4 con l'accento che, però, cade ogni tre note del pattern, come se il metro fosse di 3/4, è, per esempio, giÃ* comunissima nel ragtime, antenato del jazz (e del tutto assente nelle marce europee).
    Di fatto, nel messaggio da te inviato il 9 luglio, tu stesso riporti la convinzione di Oliver "...che le popolazioni costiere con le loro poliritmie influenzarono il jazz".
    Che, poi, i bianchi, e tra questi pure gli italiani, abbiano contribuito alla nascita del jazz nessuno lo mette più in dubbio (lo sosteneva anche Armstrong); d'altronde, pare che la canzone napoletana abbia influenzato pure le melodie dei primi samba!
    Sax tenore Markneukirchen Klingenthal B&S anni '80, bocchino Aaron Drake "Jerry Bergonzi" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    Sax soprano curvo Yanagisawa 010, bocchino Aaron Drake "New Era" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
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  3. #63
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    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Jelly Roll Morton sosteneva che senza molto Latino nella musica non può esserci il Jazz: cosa che condivido, anche se dobbiamo pure considerare che lui affermava di essere l'inventore del Jazz. Nick La Rocca con la sua band è stato il primo a fare una registrazione di quel genere musicale che ormai da anni veniva suonato da diverse bande a Crescent: come direbbe Miles Davis 'this is the usual white men shit!', e cioè quell'usuale atteggiamento del bianco di volersi appropriare sempre delle cose buone inventate da altre razze; lo stesso vale per gli spaghetti: li hanno inventati i Cinesi! (E si sctenò la polemica...! :lol: )
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  4. #64

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Morton parlava di "spanish tinge", leggera tinta spagnola, e si riferiva in particolare alla figurazione dell'habanera, che, secondo alcuni musicologi (in Italia, per esempio, Marcello Piras e Stefano Zenni), sarebbe in realtÃ* un ritmo afroamericano di origine cubana ("Mamanita" al piano solo del 1923 è un esempio sublime).
    Quello di Nick La Rocca e della sua Band non è che fosse esattamente jazz, piuttosto una riproduzione senza swing nè improvvisazione (ma l'improvvisazione nel jazz primigenio richiederebbe qualche parola in più) del jazz.
    Tuttavia, La Rocca era un gran bel cornettista, tanto che ha influenzato in maniera significativa pure Beiderbecke, e la sua musica ha una sua specifica valenza estetica, a mio personalissimo giudizio.
    Mi piace solo ricordare che l'occasione di registrare jazz per la prima volta era stata data, secondo la leggenda, dalla Victor, giÃ* nel 1916, al cornettista nero Freddie Keppard, che rifiutò, per timore di essere copiato.
    Le registrazioni successive di Keppard (dal 1923) non sono altamente significative, poiché il musicista era ormai alcolizzato e sulla via del declino, anche se le ho sempre trovate toccanti per la straordinaria nobiltÃ* e genuinitÃ* d'accenti.
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  5. #65
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    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Sì, ho sentito anch'io la storia di Keppard: non era comunque il solo a non voler farsi registrare per timore che riuscissero a copiarne lo stile, ed a rubargli il lavoro... :ghigno: ed in fondo, non si può dargli nemmeno torto... Per le altre considerazioni, sembra di assistere ad un match di ping-pong o di tennis o... insomma: la pallina continua a venir rispedita da una parte all'altra, da un continente ad un altro, da un mare ad un altro... :lol:
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  6. #66

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Parafrasando l'incipit di J. H. Kwabena Nketia (etnomusicologo del Ghana, di cui suggerisco a chi volesse...la lettura del suo famoso libro sulla musica delle popolazioni che vivevano a sud del Sahara), le "osservazioni musicologiche" che da poco piu' di vent'anni, hanno svelato la relazione fra cultura mediterranea e jazz, con sempre maggior dettagli (da leggere:"Jazz e cultura mediterranea" di Giorgio Adamo, Salvatore Biamonte e Luigi Bonifazi) può sintetizzarsi come "lo studio delle diversitÃ* nell'unitÃ*". Non può piu' sorprendere, quindi, che siano state confermate le influenze della tradizione arabo-islamica (con tutte le derivazioni, che sottolineavo in un precedente intervento) tanto nel blues quanto nelle tradizioni musicali popolari del Sud-Italia.

    Piccolo incipit: la ricerca musicologica si serve di metodologie analitiche simili alla sociologia e all'antropologia ovvero difficilmente possono essere individuati degli "sviluppi evolutivi" che stabiliscano veritÃ* rivelate o assolute; le societÃ* e gli individui che le compongono sono, per definizione, "fluidi"...certi cambiamenti, influssi, orientamenti, integrazioni ecc. avvengono secondo modalitÃ* non prevedibili e non sempre spiegabili in modo lineare; troppe sono le "eccezionalitÃ*" da dover prendere in considerazione per poterle unificare in una teoria generale e quindi poter arrivare a conclusioni definitive o riuscire a prospettare evoluzioni certe.

    Per questo, i miei dubbi circa il collegamento jazz-poliritmia-popolazioni delle foreste pluviali rimangono... perchè indimostrabile! L'ipotesi di Paul Oliver, per quanto suggestiva, tale rimane...Faccio un esempio: a Cuba, è evidente l'influenza dell'etnia Yoruba, sia nella tradizione musicale quanto nel sincretismo religioso...si possono fare delle ipotesi:
    1) la popolazione indigena dell'isola, aveva visioni del mondo, idee, simbologie ecc. che avevano molte "analogie referenziali"
    con quelle dei "deportati africani"...per cui, non ha opposto "resistenze culturali" e le ha integrate al suo interno...
    2) i "negrieri spagnoli", dopo un po' di esperienza accumulata...possono aver individuato nel tempo, quali "etnie" erano piu' adatte o resistenti a certi lavori nonchè ai massacranti e inumani viaggi...tanto da operare delle "deportazioni selettive"...

    Per gli Stati del Sud degli Stati Uniti, le vicende migratorie tanto degli africani quanto degli europei sono piu' complesse: la musica italiana ebbe il suo peso nell'influenzare il primo jazz di New Orleans; alcuni studiosi hanno messo in evidenza la popolaritÃ* locale del filone operistico rappresentato dalla French Opera House della cittÃ* e l'impatto che certe soluzioni di Verdi e Doninzetti produssero sulle idee musicali di Jelly Roll Morton.
    E' nota inoltre la fortissima impressione che suscitarono fra i neri le voci di Enrico Caruso e di Adelina Patti: una delle prime cantanti di "classic blues" come Sissieretta Jones assunse addirittura il nome d'arte di "Black Patti"; nei numerosi bordelli della Crescent City gestiti da donne italiane era motivo d'orgoglio nazionale e sinonimo di finezza europea raccogliere accanto al grammofono i dischi di Enrico Caruso. Il bluesman di New Orleans, Jack Dupree, ha raccontato che ad ogni angolo della cittÃ* echeggiavano melodiose canzoni siciliane e napoletane, come "O sole mio": la comunitÃ* italiana era giÃ* folta, a New orleans, giÃ* dalla prima metÃ* dell'Ottocento, era la comunitÃ* piu' numerosa fra gli Europei.
    Gli italiani occuparono per molto tempo i gradini piu' bassi della gerarchia sociale, vivendo a stretto contatto con la minoranza di colore, lavorando nei medesimi cantieri e frequentando gli stessi locali: gli italiani non erano considerati dei veri e propri bianchi; venivano chiamati dispregiativamente "dagos" (da "dagger"= coltello; per via dell'abitudine dei siciliani, i piu' numerosi nella comunitÃ* italiana, a risolvere le loro dispute con lo "stiletto") quasi una razza a sè, che era bramosa di promozione sociale e chiusa in compatti gruppi familiari.
    Al critico William Ferris, il pianista Jasper Love dichiarò: "Dove lavoravo io, non c'erano bianchi...molti erano Italiani..."
    Insomma, eravamo considerati come i neri...
    Circa la vicenda umana e artistica di Nick La Rocca, vi invito a leggere la testimonianza di Claudio Lo Cascio, unico musicista italiano ad aver ottenuto la cittadinanza onoraria di New Orleans, per aver fatto estenuanti quanto entusiasmanti ricerche sull'importanza del cornettista italiano nel jazz delle origini...

    http://www.jazzitalia.net/articoli/nicklarocca.asp

    MyLadySax... sono tutte vere le affermazioni che fai su Jelly Roll Morton...ma non si tratta di poliritmia...l'esecuzione di tempi a suddivisione binaria come fossero ternari o lo spostamento di accenti è il germe di ciò che verrÃ* chiamato swing...
    Morton, come poi faranno tutti i grandi del jazz, offriva a se stesso dei margini d'interpretazione di ciò che scriveva tali da potersi "contraddire"....in un certo senso, è la dimostrazione che la "scrittura musicale" di per sè, è un artefatto...
    La poliritmia richiede la sovrapposizione di cicli estesi e circolari con la possibilitÃ* di articolarsi in modo variabile...
    Nel "Ragtime" dell'"Histoire du Soldat" di Strawinsky... c'è l'inizio in 7/16, poi 5/16 ancora 2/16...ogni battuta è diversa...
    sembrerebbe una composizione poliritmica...ma osservando bene la partitura tutto è leggibile come fosse 2/4...si potrebbe dire "complicazione intellettualistica" oppure è la presa d'atto dell'impossibilitÃ* di una scrittura precisa...
    GiÃ* in epoca romantica, vi sono brani scritti in 6/8, i cui spostamenti d'accento della parte solistica, rendono la lettura facilitata se pensata in 3/4 mentre l'accompagnamento rimane a 2 tempi a suddivisione ternaria...ma anche in questo caso, nè trattasi di poliritmia e meno che mai di jazz, ma di "contraddizioni scritturali"...
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
    Edgar Varèse

  7. #67

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    In senso stretto, e sempre che vi siano altri sensi, per poliritmia si intende, semplicemente, l’impiego contemporaneo di ritmi diversi nel contesto di una medesima esecuzione.
    La formula poliritmica cui ho fatto riferimento è ricorrente nel ragtime, antenato del jazz, e si ripete più volte, di norma fino a durare almeno quattro battute (si ascoltino, per esempio, “Gladiolus Rag†e “Pine Apple Rag†di Scott Joplin).
    Il ragtime, benché debitore della marcia europea, se ne distingue, tra l’altro, proprio per la presenza di sincopi e formule poliritmiche come quella descritta (Winthrop Sargeant, 1975; Edward Berlin, 1980).
    Questa ed altre formule basate sulla sovrapposizione di 3 su 2 o 2 su 3 (Aaron Copland, in “Jazz Structure and Influence on Modern Musicâ€, ha interpretato, giÃ* nel 1927, come un poliritmo la cosiddetta sincope senza legatura del ragtime) sono ricorrenti non solo nel ragtime, antenato del jazz, ma un po’ in tutto il jazz anche prima della rivoluzione del bebop, benché dal bebop in poi certi africanismi siano stati con consapevolezza sviluppati.
    Un esempio per tutti: lo scat, modernissimo, di Louis Armstrong in “Hotter than That†nel 1927 con gli Hot Five, ma pure J. R. Morton ripropone la lontana matrice del percussionismo africano nello sfasamento ritmico fra mano destra e sinistra sul pianoforte, che è alla base anche dello stile di James Price Johnson e in genere dello stride.
    Ma vi è molto di più.
    Pur non potendosi negare che nella musica popolare brasiliana, per esempio, l’ereditÃ* africana è più ricca e più evidente (si pensi alla batucada), nel jazz primigenio l'andamento polifonico e poliritmico della tradizione africana è ripreso affidandone l’intreccio alle voci strumentali di derivazione europea (Luca Cerchiari, 2007).
    Lo ha evidenziato Gunther Schuller (1968), che si è basato sulle trascrizioni del Reverendo Arthur Morris Jones di musiche degli Ewe del Ghana basate su strumenti a percussione.
    In anni più recenti, Schuller è stato contraddetto, non saprei quanto a ragione, sia da Alfons Dauer (1985) che da Van Der Merwe (1989), per i quali all’origine del ritmo afroamericano ci sono gli ensemble di strumenti africani a fiato, ma entrambi gli studiosi sono pervenuti a risultati analoghi quanto alla matrice africana della poliritmia presente nel jazz delle origini.
    Quanto alla poliritmia nella musica colta europea, direi che l’espediente esecutivo di pensare in 3/4 brani di epoca romantica (o di altra epoca) scritti in 6/8 è una questione completamente diversa, che nulla ha a che vedere con la poliritmia; direi anche che la musica di Strawinsky – e del Novecento – può essere ricchissima di poliritmi, ma anche questa è una questione diversa e, semmai, è stata la musica afroamericana a influenzare Strawinsky e non viceversa, almeno sotto questo particolare aspetto.
    Quanto all'influenza degli italiani sul jazz primigenio, mi piace ricordare George Paoletti, Luigi Gabicci e Arno Loiacono, maestri rispettivamente di tromba, clarinetto e contrabbasso, che giÃ* da metÃ* Ottocento hanno contribuito alla formazione di tanti futuri jazzisti della prima ora; della enorme diffusione dell'opera italiana, profondamente amata per esempio da Armstrong e da Morton, rappresentata nella French Opera House, ma anche altrove a New orleans; di musicisti dixieland influenti come Tony sbarbaro, Frank Guarente, Charlie Cordilla, Leon Roppolo ... .
    Di Kwabena Nkedia ho letto, circa quindi anni fa, “La Musica dell’Africaâ€, che trovo molto bello, oltre che straordinariamente istruttivo.
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  8. #68

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Con questo intervento, intendo chiudere definitivamente questo thread...sostanzialmente, per mancanza di tempo, ma anche perchè è stato detto abbastanza...chi, da curioso, ha seguito il dibattito, senza parteciparvi, ha giÃ* diversi elementi e indicazioni per poter continuare in modo autonomo, le proprie ricerche, i propri approfondimenti, i propri ascolti...rispondo alle ultime "sollecitazioni" di MyLadySax e mi scuso per l'"eccessivo ritardo"...

    Il termine "poliritmia" è stato usato sempre in modo ambiguo e inappropriato dai musicisti e dagli studiosi occidentali: con esso, si indicano tanto le parti sovrapposte che procedono secondo ritmi diversi e talvolta anche i cambiamenti ritmici che intervengono all'interno di una stessa linea melodica; Sachs, in primis, preferì usare il termine di "ritmo incrociato", poichè la sovrapposizione di ritmi diversi, di molti "modelli ritmici" che si incrociano, è peculiaritÃ* della musica africana (le tesi di Sachs sono state confutate e ampliate dagli apporti di un altro grande studioso di musica africana come Sihma Arom, nel 1989)per ciò che concerne il jazz è, a partire da Max Roach, che il "tessuto poliritmico" diventa evidente e può configurarsi come una "discendenza africana": riferirlo ad esempi musicali precedenti è un "vizio" di matrice eurocentrica, di cui alcuni compositori e studiosi non sono esenti (ahimè, alcuni ancora tutt'oggi...) il concetto di ritmo, nella cultura musicale occidentale, è alquanto confuso e contradditorio...metro-ritmo, poliritmia-polimetria...basta sfogliare i testi di solfeggio presenti nei Conservatori...e la confusione raggiunge vertici parossistici...fra i testi di solfeggio, l'unico "testo serio" che mi sentirei di consigliare è quello scritto da Paul Hindemith: infatti, da quel che mi risulta (non so, se ve ne sono altri simili) è l'unico ad avere dei solfeggi cantati in cui è scritto anche l'accompagnamento ritmico, che l'allievo deve eseguire simultaneamente al canto...ed alcuni non sono per nulla semplici...
    C'è un aspetto esecutivo che caratterizza lo stile di Morton, come di altri pianisti della sua epoca, che va considerato...nel bebop, il pianismo jazz ha conosciuto grandi progressi armonici, ma il tutto si riduce a 2 soli piani sonori: accordi affidati alla mano sinistra, fraseggi alla destra...ai tempi di Morton, ma anche con Scott Joplin, i piani sonori erano 4:
    canto, controcanto, armonie centrali, bassi - la mano sinistra dÃ* il tempo, i bassi e le armonie, alternando un basso e un accordo...l'um-pa, um-pa...che oggi ci appare pesante e vetusto...in realtÃ* offre ad un buon pianista diverse soluzioni...e Morton le sapeva sfruttare tutte...la mano destra, alle melodie unisce sempre un controcanto, un raddoppio, una scia di 2 o 3 note talvolta ben "tagliate ritmicamente", altre volte in funzione "decorativa"...insomma, Morton pensava con le due mani in modo simultaneo e indipendente, tessendo una trama polifonica con i 4 piani sonori in continuo e fitto dialogo fra loro...ed è chiaro che in taluni casi possono affiorare "ritmi incrociati"...lo stesso Morton affermava: "Il piano deve simulare un'intera orchestra"...come afferma Piras (che è un caro amico) "un rag di Morton è come una mazurka di Chopin, è scritto tutto, nota per nota...ha melodia, controcanti, accordi e bassi...lo si può suonare in concerto così com'è"
    Il riferimento che facevo a Stravinsky (ma avrei potuto farlo con altre centinaia di esempi tratti dall'intero corpus della musica europea colta) riguardava proprio questo "errore definizionale" unito alla "contraddizione scritturale" della tradizione eurocolta che con la poliritmia non c'entra nulla...Stravinsky, poi, da aristocratico disincantato e distaccato quale era, non aveva bisogno di prendere alcunchè dal jazz...lui, come tutti i compositori russi, possedeva una "fantasia ritmica" che nei restanti compositori del "continente europeo" era quasi...assente...
    Si ascolti, ad esempio, il "Precipitato", ultimo movimento della 7^ Sonata per pianoforte di S. Prokofiev...

    http://it.youtube.com/watch?v=5LR86sgO6C4
    sembra un'incredibile "anticipazione"...del "percussivismo pianistico" di Cecil Taylor...

    Stravinsky dava inoltre dell'improvvisazione jazzistica un giudizio poco clemente, definendola "una masturbazione che non porta da nessuna parte..." non si sa a cosa o quale stile "jazz" si riferisse...rispetto a certi "revivalisti" che tutt'oggi ci sono in giro, la sua affermazione mi sembra molto pregnante e attuale...
    Schuller, come tanti altri dotti musicologi eurocolti, ignorava la comprovata e rilevante presenza musulmana nei contingenti schiavili che arrivarono in America...per questo, le sue tesi sono state tutte abbondantemente "sconfessate"...
    Non sono "coincidenze" che accomunano blues e musica del Meridione italiano, ma "somiglianze" che derivano dallo stesso ceppo culturale: quello arabo-islamico.
    L'errore piu' diffuso e "imperdonabile" è stato quello di credere per molto tempo la musica africana come un "unicum"...

    Foday Musa Suso, grande virtuoso di Kora, discendente da una famiglia di "griot" di etnia mandingo, che vive a Chicago dal 1966, (ha inciso con DeJohnette e con Hancock) intervistato sull'ereditÃ* africana presente nel jazz, ebbe a dire:
    "La mia opinione potrebbe non piacerti...conosco i musicisti di Chicago, l'Art Ensemble...viviamo piu' o meno tutti nell'area di High Park e li incontro spesso...quando parlano di musica africana, credo che non sappiano di cosa si tratta...se suonassero in un villaggio africano quella che secondo loro è una musica legata all'Africa, la gente non vi si riconoscerebbe affatto...un conto è andare in Africa e suonare con musicisti locali, un'altra cosa è suonare la tua musica tingendoti la faccia da pseudo-tribale e dire che è africana...è indispensabile imparare le forme tradizionali della musica africana per poterla suonare:quello che fanno i neri statunitensi quando cercano di imitare la musica africana spesso sono solo schiamazzi! In Africa, non è così: quando si suona la batteria o un tamburo si sta innanzitutto parlando ai danzatori..."vai a destra...salta verso l'alto...chinati in basso..." la musica africana così come la intendono molti musicisti afro-americani è un concetto astratto...esistono in realtÃ* tanti stili quanti sono i linguaggi (nel senso di lingue parlate)...non lo si deve mai dimenticare!"

    Non credo ci sia molto da aggiungere...così come è fuorviante parlare di non-jazz per la musica di La Rocca...per quanto chiassona e divertente (ha fatto da sottofondo a tante comiche del cinema muto americano pre-StanLaurel&OliverHardy) indicava l'inizio di una "nuova sensibilitÃ*"...che è andata nel corso del tempo, modificandosi...la "matrice africana" riferita al jazz degli inizi e non solo (dimenticando/rimuovendo la radice arabo-islamica di gran parte delle popolazioni deportate...è un caso che a partire dagli anni '50, piu' o meno, molti afro-americani si siano convertiti all'Islam?), è la piu' grande bufala "musicologica" che sia stata mai propagandata...così come distinguere il jazz afro-americano o europeo non ha senso...se non in riferimento ad un ambito geografico o di appartenenza anagrafica...le "intersecazioni" e influenze sono state costanti e variabili nel tempo...senza l'Europa, si è giÃ* detto, il jazz sarebbe morto (così come molti dei suoi protagonisti sarebbero scomparsi) giÃ* dalla fine degli anni '50...senza l'apporto significativo degli emigrati europei con il contributo notevole degli afro-americani forse non sarebbe nato...gli afro-americani hanno dovuto integrarsi in una societÃ* che li vedeva come "reietti" e... reietti erano considerati anche molti europei (soprattutto quelli che non erano di lingua madre inglese...e si sa, gli "sfigati" ,fra loro, sono solidali...), tra cui anche noi italiani...il jazz è stata la musica di chi "sdradicato" o isolato per vari motivi cercava una forma di riscatto o semplicemente "ricreava" creativamente una tradizione inesistente che si è "costruita" al passo con i cambiamenti sociali, economici, ambientali, di costume, che hanno caratterizzato l'intero '900...e iniziato un nuovo Millennio...tutti gli inizi sono sempre confusi e contradditori...qualcosa di nuovo, sta apparendo, qualcosa di "vecchio" resiste (come è sempre accaduto)...alcune "tendenze" (che potranno avere degli sviluppi) sono evidenti...chissÃ*...
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
    Edgar Varèse

  9. #69

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Scusami, Juggler, ma prima di tutto occorre intendersi.
    La nozione ad oggi non solo più ricorrente, ma quella cui tutti, unanimamente, fanno riferimento, di "poliritmia", salvo che non si scomodi proprio quello studioso che la pensa diversamente (c'è sempre chì va controcorrente, ma non sempre a ragione, anzi), è la nozione, semplicissima, di impiego contemporaneo di ritmi diversi nel contesto di una medesima esecuzione.
    A partire dalla seconda metÃ* degli anni '40 e poi negli anni '50 dello scorso secolo, il tessuto poliritmico del jazz si fa non evidente, ma più evidente, per il semplice fatto che molti musicisti di colore, Max Roach in primis, approfondiscono ed ampliano elementi, come la poliritmia, che nel jazz erano giÃ* presenti sin dall'inizio.
    Ciò fanno sia per trovare nuove soluzioni, sia anche per orgoglio nero, ben consapevoli della componente africana che informa il jazz, così come ogni altra musica non per nulla detta afroamericana, e ben consapevoli del fatto che proprio la poliritmia costituisce un profilo che non potrebbe in alcun modo discendere dalla musica europea, colta o popolare.
    Ecco perché, senza entrare nel merito della presenza o meno dell'improvvisazione nella musica di Morton (è questa una questione diversa che, comunque, non riguarderebbe solo Morton, ma tutto il jazz tradizionale), tra Morton e Chopin la differenza è sostanziale: in Morton c'è anche l'Africa, in Chopin no! E non ho dubbi che Piras sottoscriverebbe questa tesi, a meno che non abbia cambiato idea negli ultini anni.
    Quanto a Stravinsky, neanch'io penso che abbia mai attinto dal jazz, anche perché, come tutti i compositori colti del suo tempo, non lo ha mai minimamente compreso, per cui, pur amando la sua musica, ritengo le sue idee sul jazz del tutto trascurabili.
    Schuller è superato nell'approccio e molte delle sue convinzioni sono ormai effettivamente prive di valore, ma è stato uno dei primi a insistere sulla componente africana nel jazz primigenio, dando impulso ad una tesi oggi ritenuta corretta da quasi tutti gli studiosi, Piras compreso.
    Quanto al blues e alla musica dell'Europa meridionale, sì, entrambe sono state influenzate dal ceppo mediorientale (l'ho scoperto grazie a te), per cui credo che certe somiglianze dipendano più da questo che da una influenza diretta della musica dell'Europa meridionale sul blues.
    Ho letto anch'io, e con enorme interesse, su Musica Jazz, l'intervista a Foday Musa Suso: nella misura in cui gli Art Ensemble of Chicago pretendono di suonare musica africana e non afroamericana, Foday Musa Suso ha ragione.
    La scoperta della componente arabo-islamica nel blues, ma anche nel jazz, arricchisce indubbiamente la conoscenza che abbiamo di queste musiche, ma ciò non significa che non esiste una componente africana, significa piuttosto che, quandi facciamo riferimento all'Africa, dobbiamo sempre ricordarci che l'Africa non è, come dici tu, Juggler, un unicum.
    D'accordo sul fatto che la musica di La Rocca inaugura una nuova sensibilitÃ* (considera che sono siciliano e dalle mie parti ci sono un sacco di La Rocca), però quella musica, divertente quanto vuoi, swing non ne ha. Meglio King oliver!
    Sax tenore Markneukirchen Klingenthal B&S anni '80, bocchino Aaron Drake "Jerry Bergonzi" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    Sax soprano curvo Yanagisawa 010, bocchino Aaron Drake "New Era" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    "You've got to be original, man" (Lester Young)

  10. #70

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Ciao MyLadySax...per intendersi, bisogna comprendere interamente le argomentazioni dell'interlocutore...piu' che polemizzare su frasi "distaccate" dal discorso complessivo e interpretarle in modo "libero"...nel corso di questo tread, ho assecondato alcune tue "motivazioni" pur non condividendole (l'analisi musicale applicata all'improvvisazione radicale)...in taluni casi, hai "liberamente interpretato" certe mie posizioni (differenze espressive del jazz europeo visto nella suo insieme e nelle varie compagini nazionali)...e poi...post del 31 Luglio
    "...è stata la musica afroamericana a influenzare Strawinsky e non viceversa, almeno sotto questo particolare aspetto...(poliritmia)"
    post del 31 Agosto: "...Quanto a Stravinsky, neanch'io penso che abbia mai attinto dal jazz, anche perché, come tutti i compositori colti del suo tempo, non lo ha mai minimamente compreso, per cui, pur amando la sua musica, ritengo le sue idee sul jazz del tutto trascurabili..."

    E' difficile intendersi quando si fanno affermazioni che si contraddicono fra loro...

    La definizione di poliritmia, offerta da Arom, attualmente è il "paradigma analitico" da cui parte l'intera comunitÃ* degli studiosi di etnomusicologia o di musicologia comparata...e non il "delirio" di un "pensatore eccentrico"...ovvero la poliritmia come fattore strutturale del discorso musicale e non come evento occasionale...

    Morton, personalitÃ* eccentrica ed "eccessiva" (odiato dall'intera comunitÃ* jazzistica del suo tempo...anche Ellington e Coleman Hawkins non lo sopportavano...non andarono neanche al suo funerale) odiava i "negri"...il suo insegnante di pianoforte era di origini tedesche...Piras, nel suo saggio su Morton, parla molto prudentemente di "influenze africane" anticipando il "sostantivo qualificante" dall'avverbio "forse"...
    Il "paragone analogico" fra Morton e Chopin riguarda la "compostezza formale" non i "versanti espressivi" degli stessi...
    Cerchiari, nel suo libro "Intorno al Jazz" (da te citato) afferma con chiarezza: "...la musicologia jazzistica che si basa su fonti africane è da rivedere, nel senso che vanno piu' ampiamente precisati i contributi africani, così come sono da approfondire quelli europei..."

    A tutt'oggi non esiste una analisi convincente, un approfondimento, che sintetizzi i contributi dei musicologi americani con quelli europei ed africani..."Free-jazz, black power" di Carles Philippe e Jean-Louis Comolli non è mai stato tradotto in inglese...gli studiosi americani non sanno quali tesi sono esposte in quel libro (e sono passati piu' di trentanni dalla sua prima edizione)...
    Nessuno si sogna di dire: "La musica di Sempronio ha influenze europee..." semmai si affermerÃ*..."si notano le influenze di quel o talaltro compositore, della tal Scuola..." Eccentriche sono le "posizioni" di quei studiosi o presunti tali, che parlano di "influenze africane" riferite al jazz delle origini e non solo... senza definire da dove derivi, ma riferendosi ad un "africanitÃ* immaginifica"...inoltre, rimangono tutt'oggi estese aree africane di cui non si sa nulla delle tradizioni musicali esistite ed esistenti..e probabilmente non sarÃ* piu' possibile ricostruire origini ed evoluzioni...

    La poliritmia africana, come ho giÃ* ribadito, fa il suo ingresso all'interno del "linguaggio jazzistico" a partire dagli anni '50 e coincide con la nascita dei movimenti dei diritti civili e l'emancipazione dei neri nella societÃ* statunitense e con le prime tournèe negli USA di musicisti e gruppi africani...

    http://web.tiscali.it/arte_africana/musica.htm

    Strawinsky, come altri compositori occidentali, apprezzavano il jazz piu' che per il linguaggio, per l'ampliamento delle possibilitÃ* estensive/ espressive che esso aveva offerto agli ottoni...

    King Oliver...meglio di La Rocca? Sì...no...forse...non si può giudicare partendo esclusivamente da un parametro (swing) musicisti o "espressioni musicali" che sono configurabili/assimilabili/ispirate al jazz...Parker, al suo apparire, era considerato anti-jazz...stessa sorte è toccata poi a Coltrane, Sun Ra, Dolphy, Coleman, Ayler, Taylor...ma anche ai musicisti bianchi come Tristano, Konitz, Giuffre...nell'Original Dixieland Jazz Band, è giÃ* presente la "personalizzazione" del timbro strumentale dei singoli esecutori...alcuni brani di La Rocca, come "Tiger rag" sono stati "riletti" da jazzisti delle generazioni successive...ciò può essere sufficiente per considerarlo jazz...ovvero quell'espressione musicale, i cui protagonisti, passati e presenti, pur nella diversitÃ* degli stili/orientamenti, hanno sempre dato importanza al "come suonare" piu' che al "cosa suonare"!
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
    Edgar Varèse

  11. #71

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Riguardo al rapporto jazz-poliritmia africana ed al sito che ho segnalato...il riferimento è al saggio del musicologo Karim Alassane.
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
    Edgar Varèse

  12. #72

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Ho giÃ* abbondantemente esposto le ragioni delle mie affermazioni e ritengo sarebbe inutile ripeterle.
    E' un fatto che su alcuni punti non concordiamo: pazienza, non si può essere d'accordo con tutti e su tutto!
    Tengo, però, a ribadire come per me sia sempre istruttivo leggerti; infatti, le tue tesi mi fanno riflettere e la riflessione mi ha portato a volte a rivedere, a volte (non prendertela) a rafforzare alcune mie idee (com'è accaduto riguardo alla poliritmia nel jazz delle prime registrazioni).
    Francamente, non mi pare di avere polemizzato su frasi distaccate dal discorso complessivo con cui hai svolto le tue argomentazioni, ma, se così è, mi dispiace, non l'ho fatto apposta! Semmai, ti ho solo frainteso.
    Quanto a Strawinsky, nel post del 31 luglio, riferendomi alla possibilitÃ* che il jazz abbia influenzato Strawinski o viceversa, ho scritto: "... SEMMAI (= tutt'al più, se proprio dovessimo ipotizzare chi ha influenzato cosa o cosa chi, allora dovremmo dire che ...), è stata la musica afroamericana a influenzare Strawinsky e non viceversa, almeno sotto questo particolare aspetto...(poliritmia)".
    Sono indice del valore avverbiale con cui ho usato "semmai" le virgole che racchiudono la parola.
    Ne consegue che non v'è alcuna contraddizione con il post del 31 Agosto: "...Quanto a Stravinsky, neanch'io penso che abbia mai attinto dal jazz, anche perché, come tutti i compositori colti del suo tempo, non lo ha mai minimamente compreso, per cui, pur amando la sua musica, ritengo le sue idee sul jazz del tutto trascurabili...".
    Che poi Strawinski non potesse fare a meno di notare che Louis Armstrong (per esempio), giÃ* nei primi anni '30 dello scorso secolo, era capace di suonare con la sua tromba sovracuti che allora i suoi colleghi accademici non si sognavano neppure è un altro discorso.
    Piras non ha dubbi sulla presenza di elementi di provenienza africana nella musica di Morton; altrimenti, escludo che, proprio negli anni in cui presiedeva la SISMA (SocietÃ* Italiana per lo Studio della MUSICA AFROAMERICANA), avrebbe organizzato una registrazione di diciassette brani di Morton eseguiti da Richard Trythall per la "AFRICAN-AMERICAN Serious Musc Festival" di Pescara!
    Nè Piras ha mai avuto dubbi sulla poliritmia nel jazz primigenio in genere: basti leggere l'articolo, pubblicato tanti anni fa ormai su Musica Jazz, scritto a sua cura su Freddie Keppard (per la veritÃ*, anche senza il contributo di Piras, sarebbe sufficiente ascoltarne le poche registrazioni).
    Neppure Cerchiari ha dubbi sulla presenza di "african retentions" nel jazz primigenio e nel suo libro "Intorno al Jazz" la sua idea è semplicemente inequivoca.
    Mi sbaglierò, ma l'improvvisazione è sempre esistita nella musica, lo swing, per quanto possiamo saperne, no: per questo giudico lo swing la vera essenza del jazz, nonché il contributo più importante del jazz alla musica.
    Ma non ti pare che siamo andati un po' fuori tema rispetto all'argomento jazz europeo?
    Alla prossima.
    Sax tenore Markneukirchen Klingenthal B&S anni '80, bocchino Aaron Drake "Jerry Bergonzi" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    Sax soprano curvo Yanagisawa 010, bocchino Aaron Drake "New Era" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    "You've got to be original, man" (Lester Young)

  13. #73

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    E' una gran perdita di tempo voler convincere qualcuno di qualcosa: non appartiene alla mia filosofia di vita! Chi vuol convincere qualcuno di qualcosa vuol dimostrare ed avere un certo potere sugli altri: i politici, i commercianti, i predicatori religiosi hanno questa presunzione e pretesa...in un certo senso, anche i filosofi e gli scienziati, certi artisti o presunti tali...in generale, tutti gli "specialisti" presumono di avere la chiave per interpretare giustamente un aspetto della vita, della cultura, della societÃ* ecc. e poichè sono degli eterni insicuri, per avere conferme su loro stessi, si affannano a far proseliti...che a loro volta si "scanneranno" per affermare questa o quella idea, quel metodo, quella visione...inconsapevoli di "indossare un abito" giÃ* confezionato da altri e di non essere in grado di pensare/agire/ricercare autonomamente una propria "via"!

    Ho aperto questo topic per sollevare problemi, non per offrire soluzioni...ognuno trovi la sua... mi risulta, fin troppo facile, trovare tutte le "contraddizioni" delle tue ultime affermazioni nonchè in quelle che attribuisci agli studiosi in questione...mi autoesonero definitivamente da tale penoso compito!

    Il termine jazz... su cosa sia jazz o non jazz, per me, non ha nessuna rilevanza...nè tutte le attribuzioni, differenziazioni ecc. su cui molti si affannano e si dannano...poichè tale termine leggendario, di incerta etimologia, è di per sè un'aporia, una strada senza uscita, un coacervo di paradossi insolvibili quanto inspiegabili, come la sua storia o se spiegabili possono essere risolti/ letti anche al contrario...non è un campo di veritÃ*, ma di possibilitÃ*...possibilitÃ* di ascoltare/comunicare in modo diverso con se stessi e con gli altri, apprezzare la diversitÃ*:possibilitÃ* negata dal conformismo, dai luoghi comuni, dal terrorismo del "pensiero unico"...un vortice della sensibilitÃ* umana trasfigurato in suoni, che non chiedono di essere spiegati, incasellati, giudicati ma solo di essere ascoltati, percepiti, trasformati, evocati, vissuti...chi dice di amare il jazz, costringendolo in una gabbia, in un concetto, in una "camicia di forza", in una categoria, in uno stile...non ama in modo "jazz": nega a se stesso e agli altri che possano esistere altri modi di sentire/vivere la propria sensibilitÃ*, le proprie percezioni e la propria vita!
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
    Edgar Varèse

  14. #74

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    Ad una mentalitÃ* aperta, onnivora di esperienze, che non si pone confini - come, riferendosi alla musica ideale verso cui mirava, diceva Edward Duke Ellington: "beyond categories" -, a questa mentalitÃ*, questo approccio universale che va anche oltre la stessa musica, il jazz, tra le musiche afroamericane, ha dato un contributo incommensurabile nel corso del Novecento.
    Da una prospettiva diversa e più ampia rispetto a quella da cui mi sono posto e, dunque, al di lÃ* di quelle che sono state le innovazioni strettamente musicali, è questo il più grande regalo che il jazz ha fatto all'umanitÃ*.
    Grazie di averlo ricordato.
    Sax tenore Markneukirchen Klingenthal B&S anni '80, bocchino Aaron Drake "Jerry Bergonzi" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    Sax soprano curvo Yanagisawa 010, bocchino Aaron Drake "New Era" n. 8, ance Rigotti Gold n. 2,5 s, legatura Rovner Dark
    "You've got to be original, man" (Lester Young)

  15. #75

    Re: Cosa ne pensate del jazz europeo?

    E' l'insegnamento che ho ricevuto dai "maestri" che ho conosciuto e con cui in qualche caso, ho avuto modo di suonare...il complimento piu' bello che ho ricevuto, non sono state le lusinghiere recensioni apparse su vari giornali, ma dopo un concerto...una giovane coppia mi avvicina e lei con uno sguardo estasiato, mi dice: "Non ho capito nulla, ma è stato bellissimo..."

    Lasciamo "parlare" la musica...

    Manfred Schoff Quintet...dove potete apprezzare il belga Michael Pilz, l'unico europeo ad aver adottato il clarinetto basso come unico strumento
    http://it.youtube.com/watch?v=TuoCjto_axE
    http://it.youtube.com/watch?v=GJp3EgvAicA

    Il pianista belga Jasper van't Hof, giÃ* nel quintetto di Schoff...piu' recentemente
    http://it.youtube.com/watch?v=WHJXYRh9ptY

    Albert Mangelsdorff e Wolfgang Dauner
    http://it.youtube.com/watch?v=_9ocJoUpVnQ

    Un pianista che adoro: Misha Alperin con il suo Moskow trio
    http://it.youtube.com/watch?v=qBH8KJZW22o

    Lo straordinario Siergiej Starostin... "vocal solo performance"
    http://it.youtube.com/watch?v=mQMB446FcNQ

    Le "pirotecnie" della Vienna Art Orchestra...e di Klaus Dickbauer
    http://it.youtube.com/watch?v=42ZI4dGG5i4

    Omaggio doveroso a Esbjorn Svensson...morto tragicamente a giugno di quest'anno dopo una immersione...è riuscito, a mio avviso, a dare una veste nuova alla forma logora del "piano trio" con una poetica molto suggestiva e personale...
    http://it.youtube.com/watch?v=iB9mjSrdyl8
    http://it.youtube.com/watch?v=SbL5qCVrbCE
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
    Edgar Varèse

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