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Discussione: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

  1. #16

    Re: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

    Citazione Originariamente Scritto da juggler
    L'analisi si occupa dei livelli strutturali su cui si basa un percorso musicale:
    in quale maniera riconosceremmo o distingueremmo la forma suite dalla forma sonata?
    Un anatole da una ballad? Una fuga da un procedimento imitativo? Una canzone popolare da una commerciale?
    Perchè hanno una configurazione che ha dei percorsi e precise peculiarità.
    Questo è esattamente il contrario di quello che io ho sempre pensato del jazz, strutture come quelle citate, sono tutte classificazioni a posteriori, riconducibili magari alla tradizione dell'americansongbook, o del blues che a torto viene costretto nella forma a dodici battute e tre accordi, cosa dovremmo dire, ad esempio, ho un disco di Rusty Bryant, in cui suona Night in Tunisia a tempo lento facendone una ballad, non credo che abbia preso una multa o una nota sul registro per questo, qualunque brano venga suonato può mutare di struttura, John Lee Hooker canta Trouble in mind, un blues armonicamente abbastanza articolato, su un solo accordo, sbaglia?.

    La dimensione artistica di musicisti così ampi nella loro produzione e ricerca musicale, (ma in generale nel jazz, almeno finchè non è diventato disciplina da conservatorio), non può prescindere dall'esperienza personale, mi sembra evidente che escludere la tensione spirituale di Coltrane, e non metterla in relazione imprescindibile alla sua ricerca modale, significa farne un funzionario delle scale, ed essere molto superficiali sulle radici di questa tradizione, così come considerare Ornette un compositore e un disassemblatore di forme musicali, significa farne un teorico, e niente è più distante dal fuoco che lo ha sempre animato.

    Poi, se vogliamo, possiamo anche dire che Giant steps e Ascension, compositivamente, sono due pedane di lancio per lo sviluppo improvvisativo, e che Coleman è più attento a costruire strutture impossibili da cui tentare fughe in ogni direzione, ma nessuna di queste caratteristiche condiziona a tal punto nessuno dei due da considerarli come rinchiudibili in etichette così "classiche", come "compositore" e "strumentista improvvisatore".

    Circa le parole dei musicisti, invece, credo che non ci si debba mai fidare, ogni artista ha la necessità di nascondere i suoi segreti e spesso affermano cose non vere, questo è tradizione jazzistica, come lo è nelle altre arti maggiori, è nell'artigianato che considerazioni etiche diventano più importanti e i percorsi produttivi più osservabili con spirito classificatorio.
    L'artista è sempre più libero di quello che dice di essere.
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  2. #17

    Re: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

    "l'artista è sempre più libero di quello che dice di essere".
    Indubbiamente, ciò che produce è piu' significativo di tutte le attribuzioni che può offrire o di quelle che gli vengono attribuite.

    "è nell'artigianato che considerazioni etiche diventano più importanti e i percorsi produttivi più osservabili con spirito classificatorio."
    Affermazione alquanto oscura e indecifrabile. L'artigianato comporta considerazioni etiche? E quale spirito classificatorio comporterebbero
    certi percorsi produttivi?

    Non intendevo mettere etichette a nessuno, ma evidenziare solo delle diversità d'approccio che sono evincibili dalla produzione
    dei 2 artisti chiamati in causa: che Ornette venga considerato anche un teorico di un nuovo approccio musicale, è cosa ben nota
    l' armolodia (il cui termine mi fa un po' sorridere...) è una filosofia, una metodologia, un percorso intuitivo-percettivo?
    Di sicuro, anche Coleman, si è divertito a creare una confusione maggiore con le parole piu' di quanta ne abbia creata con i suoni:
    personalmente, la cosa in sè, mi interessa poco...mi incuriosiscono piu' le sue opere, il suo approccio, anche se poi non tutto mi convince
    pienamente, ma bisogna riconoscere un'apprezzabile coerenza e in piu' casi meravigliose intuizioni, come anche un umorismo musicale sottile,
    non comune.

    E' vero: tutte le classificazioni sono posteriori e questo è accaduto in tutte le epoche; la teoria è sempre posteriore alla creazione.
    Ma tutti i "creatori" si sono posti problemi di ordine strutturale: a volte si son usati riferimenti simbolici, archetipi (come accade nelle forme musicali naturali, popolari o tribali), o anche semplicemente l'intuizione, riferimenti numerici, certi retaggi o rivisitazioni del passato e quant'altro...
    Il bisogno di una configurazione che abbia una sua coerenza è sicuramente un'attitudine, una necessità umana, espressa in molti modi e in tutte le attività umane.

    Per Fra
    Se rifletti meglio, non c'è contraddizione: se sei libero fai delle scelte e una volta che hai scelto sei meno libero,
    la scelta che hai fatto ti darà delle possibilità e dei limiti; la creatività non è possibile senza limiti...anzi, solo chi ha o si dà dei limiti
    esercita la sua creatività...ed è quello che Coltrane ha sempre attuato, tutti gli artisti ispirati o uomini di genio hanno attuato.
    Anche Coleman, che sembra andare dove gli pare, ha un limite: ad un livello di estrema estemporaneità, il limite è l'ispirazione
    che possiedi al momento, l'energia e l'intuizione che ti sostengono nell'azione...e in certi casi, possono venir meno...nessuno è mai o sempre al top delle sue possibilità.
    Prima che artistica è una lezione profondamente umana: la libertà, in senso assoluto, non esiste.
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
    Edgar Varèse

  3. #18
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    Re: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

    Citazione Originariamente Scritto da zkalima
    Circa le parole dei musicisti, invece, credo che non ci si debba mai fidare
    Questa tua affermazione mi ha portato a riflettere e la condivido: effettivamente tutti gli artisti devono confrontarsi con lo spirito ispiratore che li porta alla realizzazione di opere attraverso una forma razionale e tecnica più o meno definita strutturalmente. In questo stesso senso potremmo definire l'artista come artigiano in un senso più elevato, che non è cioè limitato dalle proprie abilità e conoscenze, ma che sfrutta le proprie intuizioni.
    Ora lo stesso autore avendo rivelato la propria scoperta nell'esecuzione, e dovendola descrivere può ricorrere a termini che a volte sviano l'attenzione dal soggetto, oppure addirittura ne contraddicono il messaggio, sopratutto quando un'azione creatrice ed artistica viene determinata dalla scoperta di nuove regole ed assiomi, spesso in collisione con quelli sino a quel momento riconosciuti ed affermati.
    Se poi questo logos dell'artista venga a formularsi celandosi per sue deficienze caratteriali, per secondi fini o per semplice incapacità e limite della sua stessa consapevolezza è pure facilmente accertabile, confrontando le sue affermazioni con la sua azione creativa.
    Spesso nelle avanguardie si è voluto giocare con questa ambiguità intellettuale in modo provocatorio, per esempio lasciando ai critici la 'patata bollente' della definizione 'a posteriori' e della valutazione circa la validità delle proposte dei nuovi movimenti,
    Se un Davis o un Blakey sono notoriamente poco coerenti nelle proprie affermazioni rispetto alle loro opere, e conseguentemente ancor di più rispetto a quelle altrui, probabilmente lo si potrebbe pensare anche di Coltrane (persino rispetto alle sue affermazioni rigurado Coleman): a questo proposito mi viene in mente l'aneddoto di Red Rodney che quando suonava con Parker intimorito chiedeva al Maestro 'ma in che tonalità suoniamo?' e la risposta di Bird era ineluttabilmente 'B flat seventh'! :D
    Citazione Originariamente Scritto da Red Rodney
    ...I always felt that Bird didn't really play with the knowledge of chord changes. His instinct was so great, and his ear was so great and his ability on his horn was so great that he really didn't have to know. But I caught him a couple of times. I asked him, 'Where does the bridge go?' Like on 'The Song Is You'. And he said 'B flat seventh". And I looked at him, like 'what'? And I saw that Al Haig was laughing. And I thought, 'Wait a minute, is he putting me on or what?" And it happened two or three more times on different tunes, and it was always 'B flat seventh'. You know, it might have been F sharp minor seventh or something, and I said, 'Oh oh, maybe he doesn't know'. [...] But what's the difference? He never played wrong. He always played beautifully.[...]I said that I suspect he didn't know the changes, formally. He didn't know that B flat minor seventh went to E flat into A flat. He didn't know that. I think. I'm not sure I'm right... Yes, I am sure I'm right, because many times I asked him where we were, what chord that was and he always gave me that off-the-wall answer.
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  4. #19

    Re: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

    per Juggler
    ed in effetti è quello che penso e che provavo ad esprimere .


    non è un caso che dal mio punto di vista sia da considerare una opera d'arte anche un semplice blues in bb o addirittura un unico suono.

    per Zakalima e Sax ophone

    quello che dite è condivisibile ma manifesta un certo scetticismo.
    è chiaro che nel caso specifico non è possibile interpellare Coltrane .
    ma tra il critico per quanto preparato e l'artista preferisco fidarmi del secondo.
    se si ha la fortuna di conoscere il creatore di un opera che si apprezza e che sia in vena di confidenze
    o di sbottonarsi si può provare a comprendere meglio alcuni aspetti del processo creativo.
    ciao fra
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    ancia di plasticazza (bari) m

  5. #20

    Re: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

    Il fatto è che un critico è quasi sempre qualcuno che vuole misurare una portaerei dentro la sua vasca da bagno, quindi, salvo poche eccezioni, dice delle minchiate.
    Da anni ho smesso di leggere le riviste di jazz per questa ragione, compravo un numero di Musica jazz su Yusef Lateef e le uniche informazioni che avevo erano relative a quando e con chi ha suonato, poche caratteristiche sul suo stile, ma nulla che mi avvicinasse a lui come uomo e come artista.

    In fondo Polillo con tutti i suoi limiti ha sempre lasciato dei ritratti a cui ci si poteva affezionare, senza pretese di obiettività, rifacendosi umilmente alla sua esperienza, oggi è pieno di laureati in jazz che, come diceva Dexter Gordon in 'Round midnight, suonano la sua musica meglio di lui.
    In particolare il "Free" è un territorio che ha vissuto il massimo delle contraddizioni, e di cui parlare è difficile, a meno che uno non faccia "Free" a sua volta, cioè sia un poeta militante.
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  6. #21
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    Re: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

    Bhe, è certo che il 'critico' dovrebbe essere mosso innanzitutto... dall'amore per il soggetto che lo interessa!
    Ovvero, deve avere una grande passione che lo spinge ad approfondire, se non proprio a partecipare, alla forma d'arte che lo coinvolge e che lo muove.
    In questo senso può essere persino utile non solo al pubblico, ma all'artista stesso, fornendogli chiavi di lettura che gli permetteranno appunto di strutturare la propria opera; il guaio per l'artista è che se poi spende le proprie energie in questo, rischia di perdere la propria capacità intuitiva, e forse per questo molti maestri preferiscono dire bischerate lasciando ai critici l'interpretazione delle loro azioni creatrici, ed usano il loro tempo a sviluppare il loro modo espressivo.
    Insomma, una passione condivisa che nasce dall'artista, che contagia il critico che la trasmette al pubblico. Certto non sempre questo accade, per vari motivi.
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  7. #22

    Re: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

    "I critici musicali sono persone che non sanno scrivere,
    che intervistano persone che non sanno parlare, per un pubblico che non sa leggere" (Frank Zappa)
    La musica è la materializzazione dell'intelligenza che è nel suono.
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  8. #23
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    Re: Ornette Coleman su John Coltrane, periodo free

    Hahahaha!
    'E non ho altro da dire su questa faccenda.' Forrest Gump :D
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