• La nascita del saxofono

    Autore: Walter Geromet

    Indice:

    1. Adolphe Sax e la nascita del saxofono
    2. Il successo iniziale e gli anni della crisi
    3. Il primo repertorio
    4. La sua rinascita
    5. Primi interpreti e formazioni
    6. La sax mania e le case produttrici
    7. Le prime Big Bands
    8. La rinascita del saxofono classico e del suo repertorio
    9. I nuovi interpreti e la musica contemporanea
    10. L’ ancia e la produzione del suono
    11. Parti costitutive e loro evoluzione

    1. Adolphe Sax e la nascita del saxofono

    Il saxofono, essendo l’ultimo strumento musicale meccanico della storia, contrariamente agli altri strumenti, non ha avuto una sua particolare evoluzione morfologica, ma è stato inventato nella metà del 1800 da Adolphe Sax, persona dal quale appunto prede il nome.



    Adolphe Sax nasce nel 1814 a Dinant, una città del Belgio che ancora oggi rappresenta un punto d’incontro per tutti i sassofonisti del mondo e dove ogni quattro anni si tiene uno tra i più grandi concorsi internazionali dedicati a questo strumento. Primo di undici figli, influenzato dal padre musicista e costruttore di strumenti a fiato, Adolphe Sax già dall’età di 11 anni era in grado di tornire i pezzi di un clarinetto, molarne le chiavi, fonderle, lucidarle e sistemarle. Studiò inoltre flauto, clarinetto e armonia a Bruxelles rivelandosi un eccellente strumentista.

    All’età di 16 anni Sax presentò nuovi modelli di flauto e di clarinetto, mentre nel 1841, presentò per la prima volta il saxofono all’Exposition di Bruxelles: per l’evento si limitò a suonare lo strumento nascosto da un sipario solo per far sentire il suo suono, dato che non aveva ancora depositato il brevetto. Pur meritando la medaglia d’oro fu considerato troppo giovane per una simile onorificenza e la giuria gli assegnò la medaglia d’argento, che rifiutò.

    Nel 1842 Sax si trasferì a Parigi con soli 30 franchi per cercare di convincere musicisti e finanziatori della validità delle sue invenzioni. Qui fu accolto da Hector Berlioz il quale fece anche scrivere degli articoli su di lui e sul suo nuovo strumento facendo suscitare l’interesse di musicisti e costruttori. Poco tempo dopo Sax fu invitato al Conservatorio di Parigi per tenere un concerto nel quale utilizzò il saxofono e un nuovo modello di clarinetto basso da lui inventato ottenendo un notevole successo. Nel 1842 si recò a Berlino per studiare le tecniche costruttive tedesche e ritornato a Parigi neanche un anno dopo vi si stabilì definitivamente affittando nel 1943 un capannone per dare inizio alla sua produzione di strumenti musicali.

    Il marchio “Sax” iniziò a dilagare; nel 1845 la maison Sax aveva conquistato il monopolio nazionale nel campo della produzione e distribuzione degli strumenti a fiato e ciò gli creò un sacco di ostilità tanto che sfuggi fortunosamente da un avvelenamento e un suo collega morì assassinato, forse perché scambiato per lui. E mentre le altre fabbriche andavano in rovina Sax otteneva numerosi premi e riconoscimenti e nutriva sempre più interesse tra i compositori e i musicisti del tempo.

    Il vero e proprio brevetto del saxofono arrivò il 22 giugno 1846. Nella domanda di deposito del brevetto Sax dice di essere partito dalla considerazione che “All’aperto, solo gli ottoni avevano una resa soddisfacente, mentre gli strumenti a corda, a causa della debolezza del suono, non erano utilizzabili. Era quindi necessario creare uno strumento che per il carattere della propria voce potesse suonare con gli strumenti a corda, ma che possedesse maggiore forza e intensità di questi ultimi”.
    E’ difficile trovare un antenato del saxofono. C’è chi lo vede come un’evoluzione dell’oficleide, uno strumento ad ancia in ottone, che per la sua forma ricorda il flicorno, ma che è dotato di un sistema di chiusura dei fori mediante tazze metalliche con cuscinetti; c’è chi per la forma lo fa derivare dal serpentone (vedi foto a destra), ma si pensa che il nuovo strumento nasca dai numerosi tentativi di Sax di migliorare il clarinetto, strumento da lui conosciuto benissimo.

    A quel tempo l’inventore aveva differenziato i saxofoni in due famiglie: quelli in sib e in mib, destinati alle bande militari; quelli in do e in fa, da usare in orchestra. Alla fine dell’800 la famiglia dei saxofoni si estendeva dal sopranino al contrabbasso per un totale di 13 strumenti, ma i costi elevati degli strumenti in do e fa, la mancanza di interesse timbrico, la loro scarsa utilizzazione in orchestra, sono tutti fattori che contribuirono a frenarne la diffusione.
    Oggi i saxofoni esistenti sono sette. Dal più acuto al più grave e quindi dal più piccolo al più grande, così come sono distribuiti nella figura seguente, questi sono: il sopranino in mib; il soprano in sib; il sax alto in mib; il tenore in sib, il baritono in mib; il basso in sib; il contrabbasso in mib del quale esistono soltanto rari esemplari.


    2. Il successo iniziale e gli anni della crisi

    Nei primi 25 anni dalla sua invenzione il saxofono raggiunse il successo, grazie soprattutto alla sua introduzione nell’organico delle bande militari francesi. Queste però non stavano conoscendo un periodo di particolare prosperità, anzi, gli anni dal 1840 al 1845 coincidono in Francia e in altri paesi europei, anche al momento di riorganizzazione dell’apparato musicale militare che aveva il fine di ottenere un’organizzazione solida, organici di qualità ed un repertorio nuovo ed importante: non c’era infatti mai stata una persona competente in grado di far fronte ad una serie di necessità propriamente musicali o uno specialista del settore che potesse stabilire serie direttive. Come se non bastasse anche la preparazione degli strumentisti era approssimativa e le sezioni erano molto disordinate.
    Si inasprirono quindi le polemiche e le denuncie da parte degli intellettuali e dei critici musicali, che riconoscevano alle bande e alle fanfare militari il ruolo di importanti mezzi di diffusione della musica: lo stesso musicista Hector Berlioz richiese a viva voce una riforma della musica militare attraverso articoli che venivano pubblicati sui giornali più importanti di Parigi. La Monarchia accolse finalmente le proteste e con la supervisione del Re Luigi Filippo la riorganizzazione fu affidata al ministro della guerra maresciallo Soult. Per elevare poi il livello degli strumentisti fu creato il Ginnasio Musicale Militare e all’interno dell’equipe del ministro fu discussa la configurazione strumentale degli organici.
    Nel 1845 a Parigi, con lo scopo di confrontare le diverse formazioni proposte, fu allestito un concerto pubblico dove tutte le personalità musicali del tempo potevano confrontare le diverse formazioni proposte. Fu in quest’occasione che si impose l’organico di Adolphe Sax, anche se, causa un cambio provvisorio di governo che complicò le cose, per poter definire la configurazione delle formazioni strumentali si dovette aspettare un decreto del 1852. Fu da questa data che il saxofono incominciò ad acquistare sempre più importanza grazie anche alla nascita di trascrizioni e di nuove musiche che cercavano di dare valore e importanza anche a questo nuovo strumento. Ricordo tra le formazioni più prestigiose delle bande dell’epoca, la “Musica della Guardia Repubblicana”, che ha goduto di fama e prosperità fino ad oggi.

    Nel 1857 l’imperatore fece chiudere il Ginnasio Musicale annettendolo al Conservatorio e la classe di saxofono fu affidata ad Adolphe Sax. Fu questo il momento di successo più alto ottenuto dal saxofono nell’Europa nel 1800. Da qui in poi però, lo strumento conobbe una fase discendente fino a precipitare di nuovo nel buio. A causa degli elevati costi impiegati dalla Francia per vincere la Seconda guerra d’Indipendenza, gli organici all’interno delle bande militari diminuirono drasticamente e nel 1867 le bande vennero tolte da tutti i reggimenti di cavalleria: questo causò una contrazione enorme nella produzione della maison Sax. Per contrastare la decadenza delle bande militari, che avrebbero significato una grave perdita per l’arte musicale francese, lo stesso Rossini scrisse nel 1868 “La corona d’Italia. Fanfara per musica militare” includendo anche i saxofoni nell’organico.

    Ma con la successiva guerra franco-prussiana la corte distolse totalmente l’attenzione dai problemi musicali dell’esercito e fece persino chiudere le classi per allievi militari interni al Conservatorio facendo scomparire anche la prima e unica classe ufficiale di saxofono dell’epoca. Sax si offrì persino di continuare ad insegnare gratuitamente, consapevole del fatto che senza insegnante non potevano esserci nemmeno studenti, ma la sua offerta fu respinta e il saxofono andò nel dimenticatoio per ben 72 anni: la fabbrica di Adolphe Sax fu chiusa; nel 1877 la sua collezione di 467 strumenti fu messa all’asta e tutti i suoi tentativi di ottenere giustizia furono vani tanto che morì in miseria nel 1894. Dopo la sua morte anche il figlio tentò di prendere in mano la fabbrica ma solo nel 1922 riuscirà a far nascere una collaborazione con il clarinettista e costruttore Henry Selmer che finirà per rilevare nel 1928 tutta l’antica maison Sax.


    3. Il primo repertorio


    Nell’ambiente accademico “colto” il saxofono ha tardato non poco ad imporsi ed anzi, a mio parere personale, ancora oggi non gode della presenza e del rispetto che potrebbe avere in questo campo. La diffusione del saxofono classico era gravata infatti , come lo è tuttora, da pregiudizi in base ai quali non si riconosce il saxofono al di fuori dei contesti bandistici e popolari in genere ed anzi esistono ancora numerosi detrattori ed irriducibili conservatori che ne sminuiscono valore e portata.

    Fino al 1920 il saxofono occuperà nella musica classica solo un posto marginale e pochissimi compositori prevederanno il suo utilizzo. Le prime composizioni per questo strumento si devono a compositori non molto celebri ma non per questo poco audaci, che scrissero musica proprio nei primi anni della diffusione del saxofono, ovvero negli anni della sua invenzione.
    George Kastner è stato il primo compositore ad utilizzare il saxofono in orchestra introducendolo nell’oratorio Le dernier Roi de Juda del 1844 e lo stesso Kastner viene anche ricordato come il redattore del primo metodo per saxofono edito a Parigi nel 1846. Tra gli altri compositori che scrissero per Adolphe Sax ricordo Joseph Arban, Hyacinthe Klosé, autore per altro di Méthode complète de saxophone (1877), Jules Demerssman e sicuramente il più importante Jean Baptiste Singelée. Quest’ultimo infatti ha scritto le prime opere interamente per saxofono: tre quartetti per saxofono e non meno di diciannove lavori di musica da camera, duetti, fantasie e piccoli concerti. E’ a lui che si deve l’introduzione del quartetto di saxofoni formato dal soprano, dall’ alto, dal tenore e dal baritono e nei suoi brani è evidente l’intenzione di far emergere le qualità e le possibilità di questo nuovo gruppo.
    Grazie al lavoro svolto da Singelée altri autori più importanti utilizzarono il saxofono in alcune opere, dedicandogli comunque uno spazio ancora molto limitato: tra questi ricordiamo Bizet, Halévy, Massenet, Saint Seans, Limnander, Savari, d’Indy, Charpentier.


    4. La sua rinascita

    Abbiamo detto che il saxofono ha conosciuto il successo grazie al suo inserimento nelle forze armate francesi, ma i problemi politici tra la Francia e il resto d’Europa frenarono una sua diffusione in campo internazionale.

    Nel 1853, mentre in Francia il saxofono stava conoscendo un periodo di prosperità e diffusione, l’orchestra diretta da Antoine Jullien, di cui faceva parte il saxofonista Edouard Lefèbre, tenne alcuni concerti in America ed ottenne un enorme successo. Qualche anno dopo Lefèbre si stabilì definitivamente negli Stati Uniti e nel 1873 entrò a far parte della 22nd Regiment of New York Band diretta da Patrick Gilmore acquistando popolarità grazie anche alla sua tecnica stupefacente. Da questo momento, mentre in Europa lo strumento di Sax veniva dimenticato, in America grazie a Lefèbre, la fama del saxofono cresceva smisuratamente. Fu così che nel 1895 Charles Gerard Conn, mostrando un vivo interesse per le sue potenzialità commerciali, fondò un’azienda: la prima negli Stati Uniti a costruire saxofoni e la prima ad introdurre modelli innovativi e insoliti di questo strumento. Lo stesso Lefèbre, che fornì il suo sax contralto “Adolphe Sax” come modello per la costruzione dei primi saxofoni , fu uno dei supervisori delle varie fasi di costruzione dei suoi saxofoni: i risultati furono eccellenti.
    Nacque in quel periodo il primo quartetto di saxofoni nel quale tutti i componenti suonavano saxofoni Conn: il famosissimo ed eccellente Wonder Saxophone Quartet. La Conn continuò a sfornare nuovi modelli e a migliorare le caratteristiche estetiche e tecniche dei precedenti strumenti e il suo mercato si ingrandì a dismisura: per 34 anni la Conn Company fu la più importante fabbrica di strumenti al mondo. Un’altra fabbrica di strumenti, che gradualmete cominciò a costruire anche saxofoni man mano che le richieste aumentavano, fu la Buescher Band Instrument Company, fondata da un’ex operaio della Conn nel 1888. La fabbrica di Buescher, adeguandosi tuttavia passo a passo alle iniziative della sua grande rivale, finì per diventare, insieme alla Conn, una delle fabbriche di strumenti a fiato più importanti degli Stati Uniti. Gli strumenti più unici che rari, prodotti in quegli anni di spietata concorrenza furono il sarrusofono della Conn (vedi foto a destra) in alternativa del saxofono contrabbasso e lo straordinario contralto diritto della Buscher, nonché alcuni saxofoni one-handed, ovverò strumenti che potevano essere suonati, per la particolare posizione dei tasti, con una mano sola: il tenore one-handed della Conn e il soprano one-handed ricurvo della Buscher.
    Nel frattempo, le sezioni di saxofoni erano destinate a diventare una presenza normale all’interno dell’organico delle bande americane. Sempre più numerosi erano i trii e i quartetti che adottavano questo strumento, nonché le orchestre di varietà.
    Lo strumento aveva già raggiunto una notevole popolarità quando nel 1907 una delle più importanti formazioni di saxofoni, l’American Saxophone Band incise The bullfrog and the Coon, un disco che riscosse notevole successo.
    Si incominciavano a vedere saxofoni in gruppetti musicali, in band di ragtime e nelle compagnie di vaudeville, uno spettacolo particolare con numeri di attrazione e interventi musicali che accompagnavano le performance o intrattenevano il pubblico nei cambi di scena. Il vaudeville visse il suo momento di prosperità durante i primi decenni del 1900 raggiungendo il suo apice nel 1913 con l’apertura del Palace Theatre a New York dove ottenne una fama notevole il sestetto di saxofonisti The six Brown Brothers (vedi foto seguente), che vestiti da pagliacci e con la faccia truccata sbalordivano il pubblico suonando un repertorio che andava da arrangiamenti di passi d’opera a divertentissimi ragtime.


    5. Primi interpreti e formazioni


    Un personaggio che contribuì più di altri alla rinascita del saxofono fu Rudy Wiedoeft (foto successiva). Nato a Detroit nel 1893 da una famiglia di musicisti, scoprì il saxofono da bambino e nel 1916, dopo anni di studi e di attività concertistica, incise il suo primo brano per un’importante compagnia. Forse per la mancata presenza di materiale allora esistente, divenne un compositore molto prolifico e scrisse partiture nuove destinate a diventare “classici” del tempo. Rudy Wiedoeft, che suonava un saxofono tenore in do, noto come C-Melody, fu per molti anni un modello da imitare ed è anche grazie a lui che si diffuse in America la cosiddetta “sax-mania”. Il saxofono diventava sempre più familiare, grazie anche allo sviluppo di radio e grammofono che ne diffondevano il suono e a dimostrazione della sua diffusione possiamo citare la banda della marina di John Philip Sousa, che nel 1924 contava di ben otto saxofoni (quattro contralti, due tenori, un baritono e un basso).
    Bisognerà aspettare il 1921, quando l’altra storica band dei New Orleans Rhythm King inserirà un sax tenore nell’organico. Da qui il saxofono diventò protagonista anche nelle orchestre da ballo, dove fino ad allora era normale trovare un violino: è per questo che gli stessi violinisti, nonché i clarinettisti di allora, per non restare senza lavoro dovettero imparare a suonare il saxofono. L’esempio più eclatante è quello di Sidney Bechet, che affezionatissimo al suo clarinetto e anche già musicista di fama, per continuare a lavorare passò al sax soprano: Bechet, con il suo inconfondibile vibrato, viene oggi ricordato quasi esclusivamente come pioniere del saxofono soprano nel periodo in cui il jazz muoveva i primi passi e in un momento in cui questo tipo di saxofono era ancora considerato uno strumento difficile e noioso.

    Nell’immediato dopoguerra, grazie al forte legame esistente tra Stati Uniti ed Inghilterra e grazie agli scambi culturali che avvenivano tra le due nazioni, la musica americana si diffuse anche nell’isola europea, stimolando a Londra la nascita delle prime band in stile jazz.


    6. La sax mania e le case produttrici

    Iniziava a farsi forma anche l’idea di una “sezione” nella quale il saxofono poteva essere impiegato in più taglie: dal 1925 le big band composte da 10 elementi contavano su una sezione di saxofoni formata da due contralti e un tenore, sezione che resistette per molti anni al interno delle orchestre. Gli anni che vanno dal 1920 al 1930 rappresentano il periodo in cui la popolarità del saxofono toccò i massimi livelli, in sintonia con l’esuberanza di una società, come era quella statunitense dell’epoca, inebriata dalle esplosive prospettive economiche. Sono questi gli anni della cosiddetta “sax mania”, durante i quali il sax rappresentò l’oggetto del mito e la sua produzione aumentò vertiginosamente: divenne uno strumento da possedere come si trattasse di una preziosa opera d’arte e da utilizzare in qualsiasi contesto musicale.
    Alcune tra le numerose fabbriche che in quegli anni produssero buoni saxofoni e nuovi modelli interessanti, oltre la già citata Conn, furono la King Companyi, la Martin, la Evette & Shaffer, la Buescher e le due ditte italiane Rampone & Cazzani (che collaborò alla fine degli anni ’30 con la Conn) e Orsi. Tra gli strumenti più bizzarri e che ottennero un discreto successo ricordiamo il soprano ricurvo, il saxello (ovvero un particolare modello di sax soprano diritto con la campana piegata in avanti di 90 gradi e con il collo leggermente flesso all’indietro), vari modelli di sax contralto diritto (tra i quali ricordo quello in fa della Buescher, con campana sferica), gli slide saxophones (dotati della coulisse come i tromboni e di un solo tasto per l’effettuazione dei trilli) grazie ai quali si potevano suonare scale quartitonali e si potevano ottenere con facilità suoni glissati; poi ancora saxofoni di plastica o di legno. Molte ditte inoltre cercarono di apportare migliorie meccaniche e tecniche a questi strumenti ottenendo spesso buoni risultati: alcuni sono stati dimenticati dopo pochi anni mentre altri sono perdurati fino ad oggi; ma il saxofono non ha avuto una particolare evoluzione costruttiva e dal giorno della sua invenzione da parte di Adolphe Sax ad oggi le sostanziali migliorie sono avvenute soprattutto nell’omogeneità timbrica, nell’intonazione e nella scelta dei materiali di costruzione. Oggi le marche che godono della massima professionalità e serietà restano le storiche King e Conn e poi le più attuali Selmer (che rilevò nel 1922 l’intera maison sax allora nelle mani del figlio di Adolphe), Buffet, Yanagisawa e Yamaha.

    Gli anni della sax mania perdurarono fino al 1929, ovvero fino alla crisi economica che si abbatté pesantemente su tutta l’economia americana del tempo, scoraggiando la produzione di tutto ciò che in qualche modo veniva ritenuto superfluo. Ma il sax si era fortunatamente già affermato ed era per sempre uscito dal buio dentro al quale precipitò a partire dal 1860 in Europa.


    7. Le prime Big Bands

    Nei primi anni 30 in America, dopo il crollo della borsa di Wall Street, ritornò la voglia di divertirsi dimenticando i tristi anni trascorsi e si diffuse una musica allegra ed eccitante, chiamata “swing”: lo swing e di conseguenza il jazz, conobbe un successo mai conosciuto prima di allora. L’incarnazione di quel dilagante fenomeno fu il clarinettista bianco di Chicago Benny Goodman, una persona cresciuta con la musica dei neri che dopo aver militato in numerose formazioni, nel 1932 diede vita ad una sua orchestra finalizzata a far risaltare le sue doti di virtuoso e carismatico solista. Con la sua orchestra suonò in tutte le più prestigiose sale da ballo degli Stati Uniti adottando l’impiego di una sezione formata da più sassofoni. Con Benny Goodman questo fenomeno cominciò ad essere sempre più frequente e ciò diede inizio all’epoca delle Big Band, grandi orchestre di fiati caratterizzate da una sezione ritmica (pianoforte o chitarra, basso e batteria) che costituiva la spina dorsale delle tre grandi sezioni di fiati: trombe, tromboni e saxofoni (vedi foto successiva).



    Colui che contribuì più di nessun altro a recuperare e valorizzare lo swing fu Count Basie, che per lungo tempo rappresentò un insostituibile punto di riferimento per le Big Bands. Count Basie, dopo aver suonato il piano in alcuni locali di Kansas City, nel 1935 riunì una band di nove elementi, i “Barons of Rhythm”, di cui faceva parte anche il famoso tenorista Lester Young, destinato a rimanere nella storia per il tuo originalissimo timbro caldo e possente. La prima importante Big Band della storia fu invece quella di Fletcher Henderson, il quale scelse per il suo organico un altro grande del saxofono, il tenorista Coleman Hawkins, che entrò nella storia nel 1926, in occasione dell’incisione di Stampede. Nel 1934 Hawkins partì per una tournée europea che si protrasse fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale, mentre durante la sua assenza lo swing suonato dalle Big Band crebbe a dismisura fino a rappresentare quasi il 70% dei provenienti dell’intera industria discografica. Non la prima in ordine di nascita ma la migliore Big Band di tutti i tempi fu quella di Duke Ellington tra le quali file militarono personaggi che sarebbero divenuti i più importanti solisti della storia del jazz tra i quali il baritonista Harry Carney, il contraltista Johnny Hodges, il tenorista Ben Webster. Con Duke Ellington la sezione formata da due alti, due tenori e un baritono comincia a prendere forma.

    Purtroppo questo mondo musicale così vivo e fiorente, cambiò radicalmente con le improvvise chiamate alle armi dovute al protrarsi della Seconda guerra mondiale.



    8. La rinascita del saxofono classico e del suo repertorio
    Dopo gli anni della sua invenzione ed il ventennio immediatamente successivo, durante il quale ebbe una vasta diffusione grazie soprattutto al suo utilizzo all’interno delle bande militari, il saxofono fu dimenticato. Solo nel 1942, intorno alla grande personalità del saxofonista Marcel Mule (foto a sinistra), rinascerà in Conservatorio la prima classe dedicata a questo strumento.
    Le prime pagine importanti scritte per saxofono si devono ad una signora americana, Elise Boyer Hall, dotata saxofonista che nel 1901 scrisse a Claude Debussy commissionandogli un’opera degna del saxofono e pagandolo persino in anticipo. Debussy, che non conosceva affatto il saxofono, se non per averlo ascoltato ad un recital tenutosi a Parigi della stessa Hall, consegnò la sua composizione non finita alla committente che la tenne nel cassetto fino alla morte del compositore. L’opera, battezzata col nome di Rapsodie pour orchestre et saxophone, venne così completata da Roger Ducasse ed seguita per la prima volta da Yves Mayeur presso la Société Nationale nel 1919.
    La Hall aveva commissionato composizioni anche ad altri compositori ed è quindi sempre a lei che si devono le opere per saxofono di Florent Schimitt, Philippe Gaubert, André Caplet e George Longy.
    Scrissero pagine importanti anche Gustav Bumcke, saxofonista tedesco al quale si devono due opere del 1908 per quartetto di saxofoni, il saxofonista della Garde Republicaine di Parigi, nonché compositore Francois Combelle e il brasiliano Heitor Villa Lobos, che scrisse la bachanas brasileiras n.2 per sax tenore ed orchestra da camera del 1917 e la fondamentale Fantasia op. 630 per sax soprano, tre fiati ed orchestra d’archi del 1948. Altro autore importante, al quale si devono varie composizioni includenti il saxofono è Jacques Ibert, che scrisse nel 1935 il Concertino da camera per saxofono solista e undici strumenti.

    Fra gli autori invece che impiegarono il saxofono in gruppi orchestrali affidandogli anche piccoli interventi solistici, vanno indubbiamente citati George Gerswhin (“Un americano a Parigi”, “Rhapsody in blue”), Claude Ravel (Bolero), Modest Mussorgskij (“Tableaux d’une exposition”) Darius Milhaud (“Creation du Monde”), Igor Stravinsky, Sostakovic, Berg, Vaughan Williams, Britten, Prokofiev, ed altri ancora.

    Il primo grande interprete della scuola “classica” di saxofono è Marcel Mule. Debutta nel 1923 con la Musique de la Garde Rèpublicane e dà vita al suo primo quartetto di saxofoni nel 1928. Dal ’36, anno in cui lascia la Garde Republicane per proseguire la carriera come solista, moltissimi compositori iniziano a scrivere per lui finché nel 1942 verrà chiamato a condurre la cattedra di saxofono al Conservatorio di Parigi, posto che Adolphe Sax aveva lasciato nel 1870.

    Un’altra personalità rilevante è Sigurd Rascher, che da clarinettista estremamente dotato passò nel 1932 al saxofono e approdò negli Stati Uniti nel 1939 intraprendendo poi una brillante carriera da solista. Nel 1941 scrisse il suo metodo Top-tones for the saxophone, per l’ampliamento del registro dello strumento a quattro ottave.

    Grazie soprattutto alla presenza di interpreti, dal 1930, anche se stentatamente, iniziò a fiorire in campo mondiale la vera e propria letteratura per saxofono. Allora ricordiamo Paul Hindemith con il suo Konzertstuck per 2 sax alti dedicato a Sigurd Rascher; Paul Creston, compositore ed organista americano, con la Suite op. 6 del 1935 e soprattutto con la Sonata op. 19 del 1939 entrambe per sax alto e piano; Pierre Capdevielle con Exorcisme per sax alto solo del 1936; il russo Alexander Glazonouv con il Concerto in mib per sax alto op. 109 del 1936, considerato ormai come il “Mozart” del saxofono; Bernard Heiden con la Sonata per sax alto e piano del 1937; Elliot Carter con la Canonic Suite per 4 sax alti del 1939, lo svizzero Frank Martin con la Ballade per sax tenore e orchestra del 1940; Alfred Desenclos con Prelude, cadence et finale del 1959 per sax alto e piano, pilastro della letteratura per questo strumento; Pierre Max Dubois, che scrisse molte opere per saxofono tra le quali il Concerto per sax alto ed orchestra d’archi del 1959.


    9. I nuovi interpreti e la musica contemporane

    Dal secondo dopoguerra le opere si sono moltiplicate. Gli interpreti sia nel jazz che nel classico sono aumentati sempre di più e con loro anche la letteratura. Non mi dilungherò nel parlare dei diversi e numerosissimi interpreti che hanno contribuito alla diffusione e all’evoluzione del saxofono ma ne citerò solo alcuni tra quelli più importanti. Ricordo per il jazz Charlie Parker, Dexter Gordon, Lee Konitz, Stan Getz, Gerry Mulligan, Art Pepper, Julian Cannonball Adderley, Sonny Rollins. John Coltrane, Ornette Coleman, Eric Dolphy, Archie Sheep, Steve Lacy, Roland Kirk, Joe Henderson, Wayne Shorter, Phil Woods, fino ai grandi jazzisti di oggi. Come nel classico i migliori allievi francesi di Marcel Mule: Jean Marie Londeix, Guy Lacour, Daniel Deffayet, Serge Bichon, Claude Delangle; e per gli altri paesi Eugène Rosseau, David Bilger, Frederick Hemke, Alan Crepin, Nobuya Sagawa, John Harle, Arno Bornkamp, fino agli altri innumerevoli solisti dei giorni nostri.



    I generi nei quali è stato impiegato il saxofono si sono evoluti e allo stesso tempo avvicinati e mescolati tra di loro, così come la musica contemporanea per saxofono più vicina ai giorni nostri riassume in qualche modo le esperienze che lo strumento ha avuto all’interno dei diversi stili e generi musicali e si evolve continuamente anche grazie all’introduzione e all’evoluzione ancora in atto delle tecniche e degli studi elettronici ed elettroacustici. Il debutto del saxofono nella musica contemporanea si ha attorno agli anni settanta: i primi autori ad introdurre simbologie e tecniche nuove nella musica per saxofono sono gli americani Allan Blank (ricordo Three Novelties for Alto saxophone del 1971)e Samuel Adler (canto IV per sax solo), poi il giapponese Ryo Noda (Mai, Improvisation I, II, III tutti pezzi saxofono solista), Edison Denisov del quale sono importanti il suo Concerto piccolo per quartetto di saxofoni e la sua Sonata per saxofono e pianoforte. Pagine importanti del repertorio contemporaneo sono rappresentate dalla Sequenza IXb per sax contralto di Luciano Berio, da In Freundschaft di Karlheinz Stockhausen, e da opere di Giacinto Scelsi, Antoine Tisne, Ida Gotkovsky, Francois Daneels, Paul Méfano, Christian Lauba e molti altri ancora. Le frene egare del 1979 del francese Francois Rossé rappresenta una tappa fondamentale del repertorio, se non altro per la notevole quantità di tecniche nuove e possibilità.



    10. L’ ancia e la produzione del suono

    Il saxofono è uno strumento ad ancia in quanto deve l’emissione del suono alla vibrazione di una linguetta recante tale nome posta sull’imboccatura. L’ancia, vibrando, mette in movimento la colonna d’aria presente nello strumento. Quest’ ultima viene variata in lunghezza e portata dal musicista che agisce sui tasti e sulle chiavi: si comporta come la corda di una chitarra, ovvero se la colonna d’aria sarà corta (quindi molti fori aperti) la nota risultante sarà acuta, viceversa se sarà lunga (quindi molti fori chiusi) la nota risultante sarà grave.
    La funzione dell’ancia, senza la quale il suono non sarebbe quindi possibile, è anche quella di valvola d’aria che apre e chiude il bocchino a una velocità variabile. Il livello di velocità o frequenza di questa operazione controlla l’intonazione del suono ed è governata dalla quantità d’aria messa in vibrazione.
    L’ancia viene fissata saldamente al bocchino, dalla parte di maggior spessore, per mezzo di una legatura o fascetta che gli permette una naturale vibrazione. Tutte le ance per saxofono sono ricavate dalle canne del bambù Arundo Donax, specie particolare detta più comunemente Sativa. La migliore canna proviene dalla regione di Var, nel sud della Francia, dove prospera spontaneamente grazie alle condizioni climatiche a lei favorevoli, anche se ovviamente, trattandosi di una pianta, non vi è garanzia di una resa continua. La pianta impiega dai 15 ai 20 anni per giungere al giusto grado di maturazione dopo di che viene raccolta (a luna calante quando cessa il movimento della linfa), tagliata e scortecciata; poi viene messa ad essiccare al sole per diversi mesi, finché non è pronta per essere lavorata. I fusti vengono tagliati in parti di 1,80 metri circa e nuovamente messi a essiccare al sole per molte settimane, dopo di che vengono selezionati in base al diametro (a seconda del quale vengono destinati ad uno o ad un altro strumento), segati in piccole bacchette ed inviati ai fabbricanti di tutto il mondo che provvedono poi a realizzare le ance vere e proprie. Il fabbricante, dopo la fabbricazione, contrassegnerà le ance in base alla loro durezza, che viene decisa in base al tipo di fibra che le costituisce e alla resistenza al tagliolo.


    11. Parti costitutive e loro evoluzione

    Il saxofono è quindi uno strumento relativamente giovane, ma che nel corso della sua esistenza ha registrato una serie di cambiamenti significativi rispetto alla sua fisionomia originaria. Gli elementi che entrano in gioco nella fabbricazione di un saxofono sono: le caratteristiche metalliche, la parte meccanica, i tamponi o cuscinetti, il colore sonoro, l’intonazione e la facilità di emissione. Grazie a calcoli matematici come la misurazione dei diametri, delle frequenze e delle composizioni armoniche e grazie a percorsi più “umani” che hanno a che vedere con la psicoacustica, si è arrivati ad ottenere nel tempo strumenti sempre più ricchi di armonici e di presenza espressiva. I materiali privilegiati per la costruzione di un saxofono sono l’ottone, il rame ed il nickel, variamente miscelati; i fori contenuti nello strumento sono tra i 23 e i 26, tutti di vario diametro e posizionati all’interno del suo corpo con la massima accuratezza. Il corpo centrale, la testata e la campana, fanno parte di un unico pezzo. Queste parti un tempo erano inamovibili, mentre oggi, grazie ad un sistema di aggancio assolutamente perfetto, le singole parti si possono anche staccare nel caso di un’eventuale riparazione. Gli strumenti sono inoltre ricoperti di una lacca polverizzata che gli garantisce una protezione duratura e un aspetto più accattivante.

    Un innovazione sta nell’attuazione dei fori: il suono infatti non esce solo dalla campana ma anche dalle aperture che vengono praticate nello strumento. In passato, una volta praticati i fori venivano saldati attorno a questi dei bordi, mentre oggi la realizzazione del foro e del suo bordo fanno parte di un unico procedimento, che permette di ottenere in prossimità dei fori un invito verso l’esterno ed un angolo arrotondato e liscio: ciò garantisce alla colonna d’aria un andamento più lineare. Questi fori sono chiusi da tamponi al centro dei quali oggi sono presenti anche dei risuonatori (piccoli cerchietti di metallo o di altri materiali) che favoriscono la propagazione del suono verso l’esterno.
    La fase finale e più delicata è quella dell’inserimento della meccanica, che va fatto manualmente e richiede l’assemblaggio di oltre 400 pezzi diversi: anch’essa ha subito negli anni alcune innovazioni che hanno reso più agili alcuni passaggi tecnici. Una modifica sostanziale è il passaggio dei fori delle note gravi dalla parte sinistra della campana alla parte destra, con notevoli vantaggi dal punto di vista acustico (dato che il suono in questo caso è libero di propagarsi nell’aria, anziché venir assorbito dai vestiti dell’esecutore), ma il loro spostamento ha richiesto alcune levette extra che trasmettono il movimento alle chiavi con un certo attrito e ritardo. Per quanto riguarda il sistema di diteggiatura, Adolphe Sax fece un adattamento del tradizionale sistema Böhm per flauto. Questo rimase in vigore per svariati anni fino a quando il progettista Houvenaghel non introdusse un principio rivoluzionario conosciuto come “Le rationale”: questo oltre a sopperire a certe difficoltà meccaniche permettendo facilmente la chiusura di alcuni fori (sol#, re#, do#), permise di utilizzare un unico tasto per far funzionare le due chiavi d’ottava in modo automatico.
    Importantissimo per la resa sonora dello strumento è il collo o chiver: un tubo curvo di forma e lunghezza variabile a seconda del tipo di saxofono, che collega il bocchino al corpo centrale. Grazie al collo la colonna d’aria, che nasce nel corpo dell’esecutore, crea la sua traiettoria. Non presenta fori se non quello piccolissimo per il cambio di ottava.

    Grande importanza ha anche il bocchino, infatti le sue dimensioni e proporzioni hanno un effetto definitivo su qualità del suono, timbro, volume, omogeneità nei registri, flessibilità e facilità di emissione.

    Le forme e le anatomie dei bocchini sono oggi diversissime: possiamo dire infatti che la sonorità trovata da Sax è stata modificata radicalmente, in particolare a partire dal 1930. I primi bocchini furono realizzati in legno, poi Adolphe Sax, per donare al saxofono un timbro più brillante, ne costruì alcuni in metallo, anche perché il legno cambia notevolmente le sue caratteristiche insieme alle variazioni climatiche e di umidità dell’aria. Dal 1900 sono stati costruiti bocchini in plastica, vetro e bachelite, ma possiamo dire che il materiale più usato era e resta l’ebanite, perché può essere ritoccata con facilità e perché la sua resistenza è riconosciuta; possiede inoltre una struttura cellulare di materia viva ed un suono molto caldo e ricco.



    Per maggiori informazioni:
    Roberto Ottaviano
    "Conoscere e suonare il sax. Lo strumento, la storia, le tecniche"
    Franco Muzzio Editore


    Zermani Andrea
    "Sax. Lo strumento del mito"
    Mondadori Editore


    Per gentile concessione di Walter Geromet (www.waltergeromet.it )